Credito d'imposta R&S

  • 4506 - Credito d'imposta R.&S. - Attività attinenti al design e all'ideazione estetica (Agenzia delle Entrate - Risoluzione n.41 del 26.7.2022)

    RASSEGNA STAMPA

    Fisco Oggi 27.7.2022

    Credito R&S nei settori moda e accessori: l’incertezza tecnologica è criterio vincolante (EC News - 27.7.2022)


    Agenzia delle entrate circolare n.5 del 16.03.2016

    Viene richiamata la circolare M.I.S.E. n. 46586 del 16.4.2009 dove è chiarito che il Design è attività di R.&S.


     MISE faq del 29 settembre 2017 il design è attivita di R&S anche nelle industrie creative


    Risoluzione n. 41 del 26/07/2022

    Credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo - Attività attinenti al design e all’ideazione estetica - Articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 - pdf


    OGGETTO: Credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo
    - Attività attinenti al design e all’ideazione estetica - Articolo 3 del
    decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145

    Con la presente risoluzione sono portati all’attenzione degli Uffici
    dell’Agenzia delle Entrate i chiarimenti forniti per la corretta individuazione dei
    criteri che, in generale, rilevano ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta per
    investimenti in attività di ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 VIENE FATTO RIFERIMENTO ALLA LEGGE DEL 2013, QUINDI L'APPLIICAZIONE DELLA CIRCOLARE E' RETROATTIVA
    dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014,
    n. 9, e successive modifiche ed integrazioni (di seguito anche “decreto-legge”),
    effettuati nel comparto della moda, della pelletteria, della gioielleria e
    dell’occhialeria.  LA CIRCOLARE E' RIVOLTA A TUTTA L'INDUSTRIA CREATIVA

    Nell’ambito delle attività istruttorie relative a istanze di interpello riferite ad
    attività svolte nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, presentate prima
    della pubblicazione della circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 (con la quale, si
    ricorda, sono state fornite, per quanto di interesse nel caso di specie, nuove
    indicazioni sulla gestione degli interpelli che involgono questioni tecniche di
    competenza di altre Amministrazioni), la scrivente ha provveduto a chiedere al
    Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito anche “Mi.S.E.”) il parere tecnico
    previsto dalla previgente modalità di istruttoria delle istanze in argomento (cfr.
    circolare n. 5/E del 16 marzo 2016).

    In considerazione di quanto espresso dal Mi.S.E alla scrivente in ordine
    all’ammissibilità delle attività rappresentate al beneficio di cui all’articolo 3 del
    decreto legge, relativamente agli aspetti che interessano in questa sede, si ritiene
    opportuno portare a conoscenza il contenuto di uno dei pareri in questione,  VIENE RIPORTATO UNO DEI PARERI ESPRESSI DAL MISE
    riguardante la società ALFA SPA (di seguito anche “ALFA”, “società” o “istante”),
    esercente l’attività di ideazione e prototipia di beni rientranti nel comparto della
    moda, della pelletteria, della gioielleria e dell’occhialeria – e quella successiva di
    produzione –svolta per alcuni marchi detenuti da società appartenenti ad un Gruppo
    BETA di cui anche ALFA fa parte (di seguito anche “Brand Owners”).

    Al riguardo, ALFA riferisce di svolgere “attività di ricerca e sviluppo a
    partire dalle fasi di ideazione, sino alla fase di prototipia … per i summenzionati
    Brand”.

    In particolare, come rappresentato nell’istanza d’interpello, a seguito “...
    della individuazione di un tema stilistico che dia l’impronta riconoscibile della
    singola Brand Owner al prodotto, la Società procede con la realizzazione di diversi
    modelli prototipali estetici e tecnici, ognuno finalizzato ad un diverso studio delle
    caratteristiche del futuro prodotto richiesto. Solo successivamente si procede alla
    realizzazione di un modello di prototipo che racchiude tutte le soluzioni tecniche le
    quali saranno compatibili con le scelte estetiche e con le esigenze di vestibilità e di
    comfort nell’utilizzo del prodotto …. A seguito della realizzazione dei vari step di
    prototipia, ogni modello di prototipo verrà presentato alla Brand Owner che
    esprimerà le proprie valutazioni in ordine al successivo sviluppo dell’input creativo
    ...”.

    In ordine alle attività svolte, ALFA chiede di usufruire dell’incentivo del
    credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decretolegge per taluni costi sostenuti nell’anno d’imposta 2019.
    Il Mi.S.E., nell’aprile 2022, ha espresso il seguente parere in merito
    all’ammissibilità dell’attività svolta da ALFA al credito d’imposta in argomento:

    «… [S]i ricorda in via generale che l’individuazione delle attività di ricerca e sviluppo
    ammissibili al credito d’imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le
    definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale”
    contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione
    Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato
    a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”. Tali definizioni, com’è noto, risultano a
    loro volta mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni
    statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di
    classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di
    Frascati, concernente “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research VIENE RICHIAMATO IL MANUALE DI FRASCATI (senza riportare una data di approvazione, adozione e traduzione !!!!!)
    and Experimental Development”. In questo senso, si ricorda, al punto 75 della citata
    Comunicazione 198/01 del 2014, viene espressamente precisato che: “Per
    classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si
    baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite
    nel Manuale di Frascati dell’OCSE”. Pertanto, come più volte precisato e ribadito da
    questo Ufficio e dalla stessa Agenzia delle Entrate nei documenti di prassi emanati in
    materia, i principi generali e i criteri contenuti nelle suddette linee guida per le
    rilevazioni statistiche nazionali delle spese per ricerca e sviluppo elaborate
    dall’OCSE assumono diretta rilevanza anche ai fini dell’applicazione della disciplina
    del credito d’imposta.

    Secondo i principi e i criteri contenuti in tale manuale, le attività qualificabili
    come ricerca e sviluppo sono quelle specificamente svolte, nell’ambito di un processo
    di innovazione condotto da un’impresa, per il superamento di una o più incertezze   VIENE RICHIESTA L'INNOVAZIONE MONDIALE NEL PROPRIO SETTORE
    scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello
    stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze
    già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la
    finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi o
    al miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti. Si tratta, quindi, di
    attività (lavori) che necessariamente si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di
    elementi di novità e creatività e, quindi, anche per il grado di incertezza o rischio
    d’insuccesso scientifico o tecnologico che, di regola, implicano. Proprio per tali
    contenuti e caratteristiche, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali
    attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e,   
    quindi, producendo un beneficio per l’intera economia, le attività di ricerca e sviluppo
    sono potenzialmente meritevoli di essere incentivate con la concessione di contributi
    pubblici. In coerenza con tale impostazione, quindi, le attività di ricerca e sviluppo
    agevolabili sono quelle che si rendono necessarie, nell’ambito di uno specifico   OSTACOLI O INCERTEZZE SCIENTIFICHE O TECNOLOGICHE PER UN CAMPIONARIO !!!!!!! 
    progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo
    o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le
    capacità già disponibili; mentre, non si considerano attività di ricerca e sviluppo
    ammissibili al credito d’imposta le attività innovative che costituiscono il risultato di
    un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore e che, pertanto, pur
    potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità
    della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non
    comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili
    (stato dell’arte).

    In tal senso, come più volte chiarito anche dalla stessa Agenzia delle Entrate
    (si veda, in particolare, la risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019), nel campo di        COME MAI NON SI E' FATTO RIFERIMENTO ALLA CIRCOLARE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE NR.5 DEL 16.3.2016?
    applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che
    l’impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle –
    svolte internamente ovvero commissionate all’esterno – che si caratterizzano per la
    presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo secondo i criteri di classificazione e
    qualificazione sopra indicati: vale a dire, si ripete, le attività che nell’ambito di un
    determinato progetto finalizzato all’introduzione di un nuovo prodotto (bene o
    servizio) o di un nuovo processo (di produzione di un prodotto) – o finalizzato ad
    apportare significativi miglioramenti a prodotti o processi esistenti – si rendano
    necessarie per il superamento di un problema o di un’incertezza scientifica o
    tecnologica, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del
    settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e
    disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico. Per converso,
    devono ritenersi escluse le attività che, pur dando luogo a un ampliamento del livello
    delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, derivino essenzialmente
    dall’effettuazione di investimenti volti all’introduzione da parte della stessa di
    tecnologie e conoscenze già note e diffuse nell’ambito del settore di appartenenza.

    I criteri sopra ricordati, come ribadito dalla stessa Agenzia delle Entrate con
    la risposta n. 188 del 17 marzo 2021, assumono valenza generale, nel senso che
    devono intendersi applicabili a tutti i settori economici, sia pur con gli adattamenti di
    nozioni e concetti che i diversi comparti (industriali e commerciali) richiedono in
    ragione della loro specificità. Pertanto, avendo riguardo al settore e alla fattispecie
    che qui occupa, potrebbero essere considerate in via di principio attività ammissibili
    al credito d’imposta le attività volte, nell’ambito di uno specifico progetto di
    innovazione industriale o commerciale, al superamento di un ostacolo o un’incertezza
    scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già
    disponibili, in materia, a esempio, di performance tecniche (omissis…). Mentre,
    devono in via di principio ritenersi escluse dalle attività ammissibili al credito
    d’imposta le attività concernenti il lancio di nuovi prodotti, o le modifiche ai prodotti
    e procedimenti esistenti, non finalizzate alla risoluzione di un ostacolo di carattere
    scientifico e/o tecnologico non risolvibile sulla base delle conoscenze e capacità già
    disponibili nello stato dell’arte e nella prassi del settore. In particolare, è questo il
    caso delle attività attinenti al design e all’ideazione estetica, il cui obiettivo sia la
    concezione e la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino
    elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti con riguardo ai
    materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri
    elementi rilevanti, ma il cui unico “effetto tecnico” riguardi, in senso ampio, la forma
    esteriore o l’aspetto estetico del prodotto. Tali attività non costituiscono attività di
    ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta, non comportando in linea di
    principio lo svolgimento di lavori necessari per il superamento di ostacoli di tipo
    scientifico o tecnologico non superabili con le conoscenze generali già disponibili.
    Analogamente, non costituiscono attività ammissibili al credito d’imposta le attività
    relative alle ricerche di mercato finalizzate a raccogliere dati concernenti i gusti e le
    abitudini dei consumatori, nonché le attività riguardanti la valutazione di gradimento
    dei prodotti (sotto il profilo estetico), necessarie per il corretto posizionamento di una
    nuova collezione, al fine anche di individuarne il mercato di inserimento. In generale,
    devono considerarsi escluse le attività finalizzate alla modifica in senso ampio
    dell’estetica dei prodotti e al lancio di nuove tendenze di moda, ma non finalizzate
    alla risoluzione di un’incertezza di carattere tecnico o scientifico.

    In questo senso, tornando all’esame della fattispecie oggetto d’interpello,
    (omissis), la società istante ha, tra l’altro, rappresentato che “…la Società … è
    chiamata alla realizzazione di prodotti (omissis) che, per poter cogliere le aspettative
    e i gusti dei clienti, devono presentare soluzioni tecniche e di materiali sempre nuovi,
    collegate da un vincolo di stretta complementarietà con lo sforzo estetico unico e
    nuovo per ogni stagione”; senza tuttavia documentare in che modo e per quali
    specifici aspetti l’utilizzo di nuovi materiali e soluzioni tecniche per la realizzazione
    delle nuove collezioni stagionali avrebbe reso necessari lavori finalizzati al
    superamento di ostacoli tecnici o scientifici non superabili con le conoscenze già in
    possesso della società e del gruppo di appartenenza e comunque facenti parte delle
    conoscenze già ampiamente diffuse nel settore di appartenenza. Allo stesso modo, le
    attività descritte (omissis) in generale come “…sforzo preliminare, in termini di
    compatibilità dei tre elementi fondamentali succitati (materiali, tecnica e forma,
    complementariamente intesi), mediante lo svolgimento di studi (omissis),
    individuando soluzioni strutturali compatibili con il tipo di prodotto (omissis) …” e
    “…ricerca soluzioni nuove come l’ideazione e lo sviluppo (omissis) o la
    sperimentazione di materiali mai utilizzati nel comparto, testandoli in termini di
    resistenza, leggerezza e qualità (omissis) …” non sembrano potersi classificare, in
    mancanza di altri elementi più specifici, alla stregua di attività di ricerca e sviluppo
    nell’accezione sopra precisata. Anche l’evidenziata circostanza che “…di pari passo
    allo studio di materiali nuovi, vi è anche quello delle tecniche di realizzazione delle
    parti strutturali o meramente estetiche (omissis), che possono comportare delle
    difficoltà per la realizzazione di dettagli (omissis) …” rappresenta una problematica
    di carattere ricorrente nell’ambito dello specifico settore in cui opera l’impresa e che,
    pertanto, non può qualificarsi alla stregua di un’incertezza tecnica non superabile con
    le conoscenze già disponibili nel settore.

    Gli elementi forniti dalla società istante (omissis) …, non consentono,
    dunque, di enucleare quali sarebbero state le attività di ricerca e sviluppo
    nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta svolte dalla medesima società
    nel periodo d’imposta 2019 e per le quali, inoltre, la medesima società avrebbe
    assunto anche il rischio d’insuccesso tecnico e finanziario (sempre nell’accezione
    rilevante ai fini della disciplina agevolativa). A ben guardare, infatti, le ulteriori
    informazioni fornite dalla società istante poggiano sull’assunto apodittico e generico
    secondo il quale le attività relative all’ideazione e alla successiva produzione dei
    nuovi modelli dei prodotti sarebbero complementari e, pertanto, includendo anche
    fasi di ingegnerizzazione delle creazioni elaborate nelle fasi di design e ideazione
    estetica, assumerebbero automaticamente la qualificazione di attività di ricerca e
    sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta. In effetti e più
    propriamente, sulla base delle informazioni rappresentate dalla società istante, le
    attività in questione devono considerarsi quali attività ricollegabili all’ordinario
    processo di progettazione e realizzazione dei nuovi prodotti, sia pur sulla base degli
    obiettivi e di programmi individuati in esito alle attività di ricerca stilistica; tali
    devono considerarsi, in particolare, anche le attività svolte per l’individuazione di
    materiali e soluzioni tecniche compatibili con gli input dei reparti deputati alla
    definizione del tema stilistico, attraverso la scelta di materiali di alta qualità … e
    l’effettuazione di prove di combinazione di forme, materiali e colori, per le quali la
    società istante non ha fornito concreti elementi per l’individuazione di eventuali fasi
    e lavori di ricerca e sviluppo finalizzati al superamento di un ostacolo o un’incertezza
    scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili
    nel settore e soprattutto già note nell’ambito del gruppo di appartenenza.
    Naturalmente, non può escludersi che nell’ambito dei progetti finalizzati al lancio di
    nuovi prodotti possano essere stati svolti dei lavori con contenuti di ricerca e sviluppo
    nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta; tuttavia, la documentazione
    prodotta dalla società non fornisce alcuna evidenza di tali lavori, né della tempistica
    di eventuale svolgimento, né delle spese eventualmente correlate. In particolare, si
    ricorda che, a stretto rigore, sia l’individuazione degli specifici lavori ammissibili, sia
    la determinazione delle correlate spese eleggibili, non possono prescindere da una più
    chiara definizione della Work Breakdown Structure (o struttura analitica) del progetto
    di ricerca, all’interno della quale siano individuabili le singole unità più elementari
    (Work Packages e Work Breakdown Elements), alle quali siano associabili il team di
    progetto (personale interno e/o esterno all’impresa), i costi connessi, il valore dello
    stato di avanzamento (Work In Progress), sia in termini di costi sostenuti e sia di
    rapporto verso l’obiettivo.

    In sostanza e in conclusione, deve osservarsi che le attività descritte dalla
    società istante, pur essendo in generale finalizzate al rinnovo ricorrente dei prodotti
    secondo lo schema operativo tipico delle imprese del settore attraverso la
    realizzazione di nuove collezioni e campionari, non evidenzino in concreto contenuti
    significativi ai fini dell’individuazione di eventuali fasi qualificabili come attività di
    ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta; senza
    considerare che, attenendo le medesime attività in larga parte a innovazioni inerenti
    al marketing, non risultano caratterizzate, come già rilevato, neanche da elementi di
    rischio di insuccesso tecnico e finanziario nell’accezione rilevante ai fini del credito
    d’imposta.

    Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, ferma restando la
    possibilità per l’impresa di produrre eventualmente ulteriori elementi a supporto
    dell’applicazione del beneficio, anche in punto di corretta ricostruzione sia della
    tempistica di svolgimento di eventuali attività ammissibili e sia del rispetto
    dell’approccio incrementale, si ritiene che le attività svolte dalla società istante nel
    corso del periodo d’imposta 2019, così come descritte nella documentazione
    prodotta, non costituiscano nel loro complesso attività di ricerca e sviluppo
    nell’accezione rilevante agli effetti del credito d’imposta.

    Ciò precisato, si ritiene opportuno segnalare, da ultimo, che la nuova
    disciplina del credito d’imposta, introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta
    successivo a quello in corso alla suddetta data del 31 dicembre 2019, dall’art. 1,
    commi 198 e ss., della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha ampliato la tipologia delle
    attività ammissibili al beneficio. Nel nuovo contesto normativo, infatti, l’ambito
    oggettivo delle fattispecie agevolabili non è più circoscritto alle sole attività di ricerca
    e sviluppo nell’accezione sopra ricordata, ma è stata estesa, tra l’altro, anche alle
    attività di design e ideazione estetica, nell’ambito delle quali, tenendo presente il
    carattere di misura generale del credito d’imposta, potrebbero in linea di principio
    rientrare, pur sempre verificandosi il requisito della novità e della significatività (e
    della “non ripetitività”) nonché gli altri requisiti richiesti dalla norma, alcune attività
    di carattere creativo svolte dalla società istante.».

    Ciò posto, alla luce del suddetto parere tecnico qui sopra riprodotto, ALFA
    non può usufruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo di cui al più volte
    richiamato articolo 3 del decreto-legge.

    Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni
    fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni
    provinciali e dagli Uffici dipendenti.


    RASSEGNA STAMPA

    Credito R&S nei settori moda e accessori: l’incertezza tecnologica è criterio vincolante (EC News - 27/7/2022)


    FISCO OGGI  27.7.2022

    Tax credit ricerca e sviluppo:
    nel 2019, design ancora escluso

    26 Luglio 2022

    Un articolato parere del ministero dello Sviluppo economico conferma che tale tipo di attività non può rientrare nel beneficio, per mancanza di novità e rischi di insuccesso, previsti dalle norme vigenti fino al 2020

    La realizzazione di beni rientranti nel comparto della moda, della pelletteria, della gioielleria e dell’occhialeria, è il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore. Non costituisce un avanzamento delle conoscenze ottenuto attraverso il superamento di ostacoli scientifici o tecnologici e non rientra nel bonus ricerca e sviluppo. Lo afferma l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 41/E del 26 luglio 2022, dopo aver ricevuto un preciso e articolato parere del ministero dello Sviluppo economico, secondo il quale, in estrema sintesi, tali attività non possono essere ricomprese nel beneficio fiscale, per mancanza di novità e rischi di insuccesso tecnologico. Nella risoluzione, al proposito, coglie l’occasione per ricordare che, con la legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019) queste attività potrebbero, in astratto, rientrare nell’agevolazione, se si verifica il requisito della novità e della significatività (e della “non ripetitività”).

    L’affermazione trae spunto da un’istanza di interpello presentata da una società, che esercita l’attività di ideazione e prototipia – e quella successiva di produzione – per alcuni marchi detenuti da società del Gruppo a cui appartiene, e che ha chiesto di usufruire dell’incentivo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del Dl n. 145/2013, per taluni costi sostenuti nel 2019.
    Quindi, nell’ambito delle attività istruttorie relative alle istanze di interpello riferite ad attività svolte nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, come previsto dalla normativa originaria, l’Agenzia si è rivolta al Mise per un parere tecnico sul caso.

    Ebbene, secondo il ministero consultato, le attività agevolabili “…si caratterizzano, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e creatività e, quindi, anche per il grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico che, di regola, implicano. Proprio per tali contenuti e caratteristiche, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e, quindi, producendo un beneficio per l’intera economia, le attività di ricerca e sviluppo sono potenzialmente meritevoli di essere incentivate con la concessione di contributi pubblici. In coerenza con tale impostazione, quindi, le attività di ricerca e sviluppo agevolabili sono quelle che si rendono necessarie, nell’ambito di uno specifico progetto di innovazione industriale o commerciale, per il superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili; mentre, non si considerano attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività innovative che costituiscono il risultato di un semplice utilizzo dello stato dell’arte nello specifico settore e che, pertanto, pur potendo dare luogo sia a un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa e sia a un miglioramento dei suoi prodotti o processi, non comportino un progresso delle conoscenze o delle capacità generali già disponibili (stato dell’arte)…”.

    In tal senso, ricorda il Mise, si è espressa più volte anche l’Agenzai delle entrate, ad esempio, con la risoluzione n. 40/2019, dove ha precisato, che nel campo di applicazione del credito d’imposta non rientrano automaticamente tutte le attività che l’impresa intraprende nel suo processo di innovazione, ma esclusivamente quelle – svolte internamente ovvero commissionate all’esterno – che si caratterizzano per la presenza di reali contenuti di ricerca e sviluppo (vedi articolo “Gestione applicativa di un software: non genera bonus ricerca e sviluppo”).


    Questi criteri, come ribadito dalla stessa Agenzia con la risposta n. 188/2021, assumono valenza generale, nel senso che devono intendersi applicabili a tutti i settori economici, sia pur con gli adattamenti di nozioni e concetti che i diversi comparti (industriali e commerciali) richiedono in ragione della loro specificità (vedi articolo “Investimenti agevolati: due paletti sostenuti anche dai pareri del Mise”).

    Le attività di design e ideazione estetica, continua il ministero dello Sviluppo economico, il cui obiettivo è la concezione e la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino elementi di novità rispetto a quelli precedenti, con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico “effetto tecnico” riguarda la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto, non costituiscono attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta. Non comportano, infatti, lo svolgimento di lavori necessari per il superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico non superabili con le conoscenze generali già disponibili. Analogamente, non costituiscono attività ammissibili al credito d’imposta le attività relative alle ricerche di mercato finalizzate a raccogliere dati concernenti i gusti e le abitudini dei consumatori, nonché le attività riguardanti la valutazione di gradimento dei prodotti (sotto il profilo estetico), necessarie per il corretto posizionamento di una nuova collezione, al fine anche di individuarne il mercato di inserimento. In generale, devono considerarsi escluse le attività finalizzate alla modifica in senso ampio dell’estetica dei prodotti e al lancio di nuove tendenze di moda, ma non finalizzate alla risoluzione di un’incertezza di carattere tecnico o scientifico.
     
    Infine, per completezza il Mise segnala, che la nuova disciplina del credito d’imposta, introdotta, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, dall’articolo 1, commi 198 e seguenti del Bilancio 2020 (legge n. 160/2019), ha ampliato la tipologia delle attività ammissibili al beneficio. Nel nuovo contesto normativo, infatti, l’ambito oggettivo delle fattispecie agevolabili è stato esteso, tra l’altro, anche alle attività di design e ideazione estetica, le quali potrebbero, in linea di principio, rientrare nell’agevolazione, naturalmente se si verifica il requisito della novità e della significatività (e della “non ripetitività”) nonché gli altri requisiti richiesti dalla norma.

    Alla luce di quanto detto, le attività di design e ideazione estetica svolte nel 2019 non possono usufruire del credito d’imposta ricerca e sviluppo.

     

     


    AGENZIA DELLE ENTRATE - CIRCOLARE N.5 DEL 16.3.2016

    La circolare

    Viene richiamata la circolare M.I.S.E. n. 46586 del 16.4.2019 dove è chiarito che il Design è attività di R.&S.

     

     


    MISE - FAQ del  29 settembre 2017 -  Il Design è attività di R&S anche nelle industrie creative

     

  • 4514 - Credito d'imposta R&S e circolare del luglio 2022 sul Made in Italy: interrogazione parlamentare del 7.9.2022

    LINK


     

    Senato della Repubblica - 4-07371 - Interrogazione sui ai criteri ai fini dell'ammissibilità al credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo

  • 4515 - Credito d'imposta R.&S: il copia/incolla dei pareri tecnici del Mise

    Dopo avere presentato relazioni tecniche di decine/centinaia di pagine il Mise, quasi sempre, si limite a fare il copia/incola di dieci righe che contengono sempre le seguenti frasi:

    "... l'applicazione di competenze e tecnologie già disponibili all'interno dell'impresa... non si evidenzia quindi una attività volta ad superamento di documentati ostacoli di carattere scientifico e/o tecnologico non superabili sulla base delle competenze e tecnologie già disponibili nel settore".

    Troppo facile vincere in questa maniera !!!!!!!!!!!!!!.

  • 4518 - Pubblicato il Focus n. 8/2022 “Gli incentivi fiscali alla Ricerca e Sviluppo in Italia” (Ufficio Parlamentare di Bilancio - 28/10/2022)

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    Rassegna stampa


    Pubblicato il Focus n. 8/2022 “Gli incentivi fiscali alla Ricerca e Sviluppo in Italia”

     
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    Il Focus “Gli incentivi fiscali alla Ricerca e Sviluppo in Italia” analizza gli incentivi pubblici agli investimenti in R&S, valutando la loro convenienza per le imprese italiane negli ultimi anni. Lo studio si concentra in particolare sui crediti d’imposta per le spese in R&S, che hanno subito diverse modifiche nel corso del tempo (tab. 1), e sul cosiddetto patent box, che è stato radicalmente trasformato l’anno scorso.

     

    Cos’è il patent box

    Il patent box è un regime fiscale di favore introdotto con la legge di stabilità del 2015 che permette alle imprese di escludere dalla base imponibile (ai fini sia delle imposte sul reddito sia dell’IRAP) una quota di redditi prodotti dall’uso di beni immateriali giuridicamente tutelati (come software protetti da copyright o brevetti industriali) e delle plusvalenze (se reinvestite al 90 per cento) derivanti dalla loro cessione. Dal 2021, però, il patent box è cambiato (tab. 2): invece della detassazione dei redditi, è prevista una maggiorazione pari al 110 per cento della deducibilità (ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP) dei costi di R&S sostenuti in relazione ai beni immateriali giuridicamente tutelati. Il regime attuale risulta più generoso del precedente per le imprese che manifestano, a parità di costi, una redditività inferiore. Di conseguenza, potrebbe incentivare maggiormente le imprese di minori dimensioni rispetto alle grandi imprese, che invece erano le principali beneficiarie della prima versione del patent box anche alla luce degli elevati costi amministrativi iniziali.

    La convenienza degli incentivi

     

    Per valutare la convenienza a investire in R&S rispetto ad altri investimenti è stato utilizzato il B index, che misura ex ante il costo effettivo di un euro di spesa in R&S al netto del risparmio di imposta ottenuto con le agevolazioni. Dall’analisi emerge che la convenienza complessiva degli incentivi è particolarmente elevata fino al 2019 grazie alle aliquote elevate del credito d’imposta, si ridimensiona nel 2020 con il cambio di regime del credito stesso e risale dal 2021, grazie sia a un nuovo rafforzamento del credito d’imposta sia alla generosità del nuovo patent box. Nei prossimi anni, tuttavia, la convenienza sembrerebbe destinata a ridursi a causa del progressivo depotenziamento del credito di imposta (fig. 1).

     

    In termini di aliquota media effettiva (Effective Average Tax Rate, EATR) – che condensa il risparmio di imposta derivante dagli incentivi tributari sulla spesa (deduzioni e crediti) con l’imposta dovuta sui redditi generati dagli investimenti – il vecchio patent box sembrerebbe più vantaggioso, rispetto al nuovo regime, per i beni immateriali che garantiscono una redditività maggiore (fig. 2). L’inversione della convenienza fra le due agevolazioni avviene in corrispondenza di una redditività pari a circa il 131 per cento della spesa iniziale. Al variare dei tassi di interesse ipotizzati varia anche la redditività che determina l’equivalenza delle due misure: più alto il tasso di interesse maggiore la redditività necessaria per l’equivalenza.

     

    Costi per lo Stato superiori al previsto

     

    Nell’arco di tempo considerato (2015-2020), queste misure hanno determinato una riduzione potenziale di gettito pari a circa 17 miliardi, a fronte di uno stanziamento complessivo pari a 6 miliardi. Il costo effettivo delle agevolazioni si è rivelato superiore a quello preventivato non solo nei primi anni, ma anche dopo le varie modifiche delle misure. Sarebbe quindi opportuna una valutazione dell’effettiva capacità delle agevolazioni di raggiungere i loro obiettivi.

     

    Quante imprese hanno usato le agevolazioni

     

    L’utilizzo degli incentivi è stato analizzato sulla base delle dichiarazioni dei redditi delle società di capitali per gli anni 2015-2020 e del modello di microsimulazione MEDITA dell’UPB. Ne è emerso che il numero di imprese beneficiarie del credito d’imposta è passato da 10.268 nel 2015 a 27.072 nel 2019: una quota molto bassa, pari al 3 per cento circa del totale delle società di capitali. Anche per quanto riguarda il patent box il numero dei beneficiari è aumentato fra il 2015 e il 2019, passando da 555 a 1.821. L’incremento è significativo, ma riguarda una percentuale delle società di capitali ancora inferiore rispetto a quella del credito d’imposta.

     

    La grande maggioranza dei beneficiari è al Nord

     

    Per quanto concerne la distribuzione territoriale, nel 2020 il 66 per cento delle imprese che hanno beneficiato del credito d’imposta era al Nord, poco meno del 20 per cento era al Centro e circa il 15 al Sud. Per il patent box, invece, le differenze territoriali sono ancora più accentuate: nel 2019 quasi il 72 per cento dei fruitori era collocato al Nord (e beneficiava del 79 per cento del reddito agevolato), mentre le imprese localizzate al Sud rappresentavano solo l’11 per cento dei beneficiari (e meno del 3 per cento del reddito agevolato).

     

    Investimenti in R&S: Italia ancora lontana dalla media UE

     

    Pur crescendo dall’1,2 all’1,5 per cento del PIL tra il 2011 e il 2020, la spesa in R&S italiana è rimasta costantemente e significativamente inferiore alla media UE-27, che nello stesso periodo è salita dal 2 al 2,3 per cento. Malgrado gli incentivi, nel 2020 siamo stati raggiunti anche dalla Grecia, che nel 2011 era il paese europeo con la spesa in R&S più bassa (0,7 per cento del PIL). Negli ultimi anni solamente in sei paesi europei – Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia – la spesa ha superato il 3 per cento del PIL, il target fissato dalla Commissione europea.

     

    Brevetti: Italia decima in Europa

     

    Il basso livello di spesa si riflette anche sul fronte dei brevetti. Nel 2020 l’Italia, con 76,5 domande di brevetto per milione di abitanti, supera di poco la metà della media UE (144,4) e si colloca al decimo posto in Europa. Nelle prime posizioni ci sono ancora i paesi del Nord Europa – Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia – insieme ad Austria e Germania, con valori che variano da 255 a 435 domande di brevetto per milione di abitanti.

     

    L’indice di innovazione dell’Italia

     

    Inoltre, l’Italia presenta un valore dell’indice di innovazione (European Innovation Scoreboard della Commissione europea) inferiore alla media UE-27, sebbene tra il 2015 e il 2022 migliori la sua posizione rispetto agli altri paesi, passando dalla sedicesima alla quindicesima posizione (fig. 3).

     

  • 4552 - Patent Box: cumulabilità con il credito d'imposta R&S (Circolare nr.5 del 24.2.2023)

     

     Circolare n. 5 del 24/02/2023

    Chiarimenti sulle modifiche alla disciplina del Patent Box - Articolo 6 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 - pdf


    TESTO DELLA  CIRCOLARE

    4.5 Spese agevolabili ai fini del meccanismo premiale

    ....

    Il tema del meccanismo premiale impone di coordinare la disciplina del nuovo regime Patent box con quella del credito d’imposta ricerca e sviluppo contenuta nell’articolo 1, commi da 199 a 206, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

    In particolare, occorre considerare che il comma 203 prevede che «per le attività di ricerca e sviluppo previste dal comma 200, il credito d'imposta è riconosciuto […] in misura pari al 20 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili».

    Al riguardo, si ritiene che il nuovo Patent box rientri nel novero «delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti», analogamente a quanto già sostenuto nella Circolare n. 13 del 13 maggio 2022, ove è stato precisato che per «sussidio deve interventi qualsiasi beneficio economico (fiscale e non fiscale)». Pertanto, ove i medesimi costi considerati ammissibili ai fini della maturazione del credito d’imposta in questione, siano riferibili anche ad una delle attività rilevanti ai fini del riconoscimento del nuovo Patent box e, sempreché in relazione agli stessi, il contribuente decida di avvalersi del meccanismo premiale, 43 si ritiene che, in tali ipotesi, i costi, sui quali è stata applicata la maggiorazione prevista dalla nuova agevolazione, debbano essere riconsiderati ai fini della determinazione del credito d’imposta in questione. A tal fine, i predetti costi devono esseri assunti al netto dell’imposta sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive riferibili alla variazione in diminuzione derivante dalla maggiorazione del 110% del costo ammesso al nuovo regime Patent box.


    IL SOLE 24 ORE - 25/2/2023

    Ad esempio, se il costo comune è 1.000, il credito di imposta R&S (20%) si calcolerà su (1.000 - 306,90) = 693,10 (dove 306,90 rappresenta il 27,9% - pari all’Ires e all’Irap - di 1.100 – che è la super deduzione).

    EUTEKNE 28/2/2023

    Tax credit R&S cumulabile con il nuovo Patent box

    L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della circolare n. 5/2023, ha fornito rilevanti indicazioni in merito alla modalità di calcolo ai fini del cumulo tra la nuova super deduzione del 110% (denominata anche nuovo Patent box) e il credito d’imposta per la ricerca e sviluppo ex art. 1 comma 198 ss....

    / Pamela ALBERTI

  • 4565 - Credito d'imposta R&S&I&D e beni strumentali - Nel modello unico 2023 deve essere indicato il titolare effettivo (Agenzia delle Entrate - Modelli dichiarativi 2023)

    L'obbligo riquarda:

    - società di capitale;

    - società di persone;

    - persone fisiche.

    Periodi d'imposta interessati: 2020, 2021 e 2022

    TITOLARE EFFETTIVO

  • 4565 - Credito d'imposta R&S&I&D e Beni strumentarli - Nel modello unico 2023 deve essere indicato il titolare effettivo (Agenzia delle Entrate - Modelli dichiarativi 2023)

    L'obbligo riquarda:

    - società di capitale;

    - società di persone;

    - persone fisiche.

    Periodi d'imposta interessati: 2020, 2021 e 2022

    TITOLARE EFFETTIVO

  • 4566 - Credito d'imposta R&S&I&D e beni strumentali - Nel modello unico 2023 devono essere indicate le altre agevolazioni per la verifica del rispetto del cumulo (Agenzia delle Entrate - Modelli dichiarativi 2023)

    L'obbligo riquarda:

    - società di capitale;

    - società di persone;

    - persone fisiche.

    Periodi d'imposta interessati: 2020, 2021 e 2022

    TITOLARE EFFETTIVO

     

  • 4572 - Disegno di legge di bilancio 2022 - Nella tregua fiscale dovrebbero rientrare anche gli atti di recupero relativi al Credito d'imposta R.&S.

    RASSEGNA STAMPA 

    Italia Oggi  28/11/2022

    Atti e liti, il fisco tende la mano

    Nella definizione agevolata anche gli atti per crediti R&S

    Nota di merito afferisce alla previsione della definizione anche degli "atti di recupero" non impugnati, e ai giudizi pendenti scaturenti dai predetti. In questo modo si permetterà, data l'ampia accezione normativa espressamente prevista, di ricomprendervi anche quelli afferenti alla compensazione dei crediti d'imposta derivanti dall'attività di R&S


    Bozza del disegno di bilancio 2022

    RAVVEDIMENTO SPONTANEO quanto non ci sono contestazioni

    Sanzione: 1/18 del minimo

    Rateizzazione: otto rate trimestrali  (2 anni)

    Interessi legali

    ART. 40. (Ravvedimento speciale delle violazioni tributarie)

    1. Con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, le violazioni diverse da quelle definibili con gli articoli 38 e 39, riguardanti le dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti, possono essere regolarizzate con il pagamento di un diciottesimo del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti. Il versamento delle somme dovute ai sensi del periodo precedente può essere effettuato in otto rate trimestrali di pari importo con scadenza Disegno di legge di bilancio 2023 27 novembre 2022   73  della prima rata il 31 marzo 2023. Sulle rate successive alla prima, da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno, il 30 settembre, il 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno, sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale. La regolarizzazione di cui al presente articolo è consentita sempreché le violazioni non siano state già contestate, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni di cui all’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

    2. La regolarizzazione di cui alla presente disposizione si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni. Il mancato pagamento, in tutto o in parte, di una delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata successiva comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata sul residuo dovuto a titolo di imposta, e degli interessi nella misura prevista all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023. In tali ipotesi, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza della rateazione.

    3. La regolarizzazione non può essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.

    4. Restano validi i ravvedimenti già effettuati alla data di entrata in vigore della presente disposizione e non si dà luogo a rimborso.

    5. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere definite le modalità di attuazione del presente articolo. 

    Relazione illustrativa

    La disposizione introduce una regolarizzazione delle violazioni, diverse da quelle formali e da quelle definibili con la definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni, riguardanti dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e precedenti. Per accedere alla regolarizzazione è necessario che le violazioni non siano state già contestate, alla data del versamento di quanto dovuto o della prima rata, con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, contestazione e irrogazione di sanzioni, comprese le comunicazioni di cui all’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

    La regolarizzazione comporta il pagamento di un diciottesimo del minimo edittale delle sanzioni irrogabili previsto dalla legge, oltre all’imposta e agli interessi dovuti e si perfeziona con il versamento di quanto dovuto ovvero della prima rata entro il 31 marzo 2023.

    È ammesso il pagamento rateale in otto rate trimestrali di pari importo con scadenza della prima rata [il 31 marzo 2023], mentre sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del tasso legale. Il mancato versamento, anche parziale, alle prescritte scadenze delle somme dovute, determina la decadenza dalla rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti nonché della sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, applicata sul residuo dovuto a titolo di imposta e degli interessi nella misura prevista all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, con decorrenza dalla data del 31 marzo 2023. In tali ipotesi, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di decadenza della rateazione.

    La regolarizzazione disposta dal presente articolo non è consentita per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.

    La norma precisa, altresì, che i ravvedimenti già effettuati alla data di entrata in vigore della disposizione restano validi e non è possibile chiedere il rimborso delle somme già versate. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere definite le modalità di attuazione del presente articolo.

    ART. 41. (Adesione agevolata e definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento)

    SANZIONI:  1/18 di quelle irrogate

    RATEIZZAZIONE: 20 rate trimestrali (5 anni)

    1. Con riferimento ai tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, per gli accertamenti con adesione di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativi a processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, e consegnati entro la data del 31 marzo 2023, nonché relativi ad avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e liquidazione non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della presente disposizione e quelli notificati successivamente, entro il 31 marzo 2023 le sanzioni di cui al comma 5 dell’articolo 2 e al comma 3 dell’articolo 3 si applicano nella misura di un diciottesimo del minimo previsto dalla legge. Le previsioni di cui al precedente periodo si applicano anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti di cui all’articolo 5-ter del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, notificati entro il 31 marzo 2023.

    2. Gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della presente disposizione e quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023, sono definibili in acquiescenza ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, entro il termine ivi previsto con la riduzione ad un diciottesimo delle sanzioni irrogate.

    3. Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche agli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata di entrata in vigore della presente disposizione e a quelli notificati dall’Agenzia delle entrate successivamente, fino al 31 marzo 2023, con il pagamento delle sanzioni nella misura di un diciottesimo delle sanzioni irrogate e degli interessi applicati, entro il termine per presentare il ricorso.  I CREDITI D'IMPOSTA R.&S. VENGONO CONTESTATI CON GLI ATTI  DI RECUPERO

    4. Le somme dovute ai sensi dei commi 1, 2 e 3 possono essere versate anche ratealmente in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al tasso legale. È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, non derogate.

    5. Sono esclusi dalla definizione gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all’articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.

    6. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono adottate le ulteriori disposizioni necessarie per l’attuazione del presente articolo.

    7. Le eventuali maggiori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo, accertate sulla base del monitoraggio periodico effettuato dall'Agenzia delle entrate, sono destinate, anche mediante riassegnazione, al Fondo per la riduzione della pressione fiscale da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

    Relazione illustrativa

    La norma riguarda la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento adottati dall’Agenzia delle entrate purché non impugnati e per i quali non siano decorsi i termini per presentare ricorso, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle entrate entro la data del 31 marzo 2023.

    Nello specifico, il primo comma, con riferimento agli accertamenti con adesione di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, relativi a processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, e consegnati entro la data del 31 marzo 2023, nonché ad avvisi di accertamento e avvisi di rettifica e liquidazione non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della norma e a quelli notificati fino al 31 marzo 2023, prevede che ai fini della definizione agevolata sia necessario il pagamento delle sanzioni di cui ai commi 5 e 3 dei citati articoli 2 e 3 nella misura di un diciottesimo del minimo previsto dalla legge. Le stesse previsioni si applicano anche agli atti di accertamento con adesione relativi agli inviti di cui all’articolo 5-ter del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, notificati entro la data del 31 marzo 2023.

    Il secondo comma prevede che, in caso di acquiescenza su avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e di liquidazione notificati dall’Agenzia delle entrate e ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della norma e sui medesimi atti notificati fino al 31 marzo 2023, la definizione sia ammessa, ai sensi dell’articolo 15 del Disegno di legge di bilancio 2023 27 novembre 2022 76 decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, con il pagamento delle sanzioni di cui al comma 1 del medesimo articolo 15 nella misura di un diciottesimo delle sanzioni irrogate (anche in deroga a quanto previsto dall’ultimo periodo del comma 1 del menzionato articolo 15).

    Il comma 3 consente la definizione, alle medesime condizioni dei commi precedenti, anche degli atti di recupero notificati dall’Agenzia delle entrate.

    Con riferimento alle modalità di versamento la norma consente il pagamento rateale delle somme dovute con un massimo di venti rate trimestrali di pari importo, con applicazione degli interessi al tasso legale sulle rate successive alla prima. Non si applica la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241

    La disposizione, con una clausola di chiusura, conferma l’applicabilità delle disposizioni di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, non espressamente derogate. Dalla procedura di definizione sono esclusi gli atti emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all’articolo 5-quater del decretolegge 28 giugno 1990, n. 167. Si rinvia ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità attuative della norma.

    ART. 42. (Definizione agevolata delle controversie tributarie)

    IMPORTO: dipende dal grado di giudizio

    RATEIZZAZIONE: massimo 20 rate trimestrali (5 anni)

    1. Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello pendente presso la Corte di cassazione e anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

    2. In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del [90] per cento del valore della controversia.

    3. In deroga a quanto previsto dal comma 1, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le controversie possono essere definite con il pagamento:

    a) del 40 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado;

    b) del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

    4. In caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle entrate, l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni è dovuto per Disegno di legge di bilancio 2023 27 novembre 2022 77 intero relativamente alla parte di atto confermata dalla pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le disposizioni di cui al comma 3, per la parte di atto annullata.

    5. Le controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite con il pagamento di un importo pari al [5] per cento del valore della controversia.

    6. Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del [15] per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull'ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e con il pagamento del [40] per cento negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione.

    7. Il presente articolo si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente disposizione e per le quali alla data della presentazione della domanda di cui al comma 1 il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

    8. Sono escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte: a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/ UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio del 14 dicembre 2020, e l'imposta sul valore aggiunto riscossa all'importazione; b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

    9. La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 10 e con il pagamento degli importi dovuti ai sensi del presente articolo entro il 30 giugno 2023; nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale, con applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 e da versare, rispettivamente, entro il 30 giugno 2023, 30 settembre, 20 dicembre e il 31 marzo di ciascun anno. Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi legali calcolati dalla data del versamento della prima rata. È esclusa la compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Nel caso di versamento rateale, la definizione si perfeziona con la presentazione della domanda di cui al comma 10 e con il pagamento degli importi dovuti con il versamento della prima rata entro il termine previsto del 30 giugno 2023. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

    10. Entro il 30 giugno 2023 per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione esente dall’imposta di bollo ed effettuato un distinto versamento. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

    11. Dagli importi dovuti ai sensi del presente articolo si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

    12. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 luglio 2023. Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2024.

    13. Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente disposizione e il 31 luglio 2023.

    14. L’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine. Disegno di legge di bilancio 2023 27 novembre 2022 78

    15. In mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2024 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.

    16. La definizione perfezionata dal coobbligato giova in favore degli altri, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fatte salve le disposizioni del secondo periodo del comma 11.

    17. Con uno o più provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo.

    18. Resta ferma, in alternativa a quella prevista dal presente articolo, la definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione di cui all’articolo 5 della legge 31 agosto 2022, n. 130.

    19. Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il [31 marzo 2023], con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale.

    20. Le maggiori entrate derivanti dall'attuazione del presente articolo affluiscono ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere destinate al Fondo per la riduzione della pressione fiscale da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. 

     

    Relazione illustrativa

    La norma in esame – che ripropone, sostanzialmente, la medesima disciplina prevista dall’articolo 6, del decreto-legge n. 119 del 2018 – consente di definire, con modalità agevolate, le controversie tributarie pendenti, anche in Cassazione e a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi (avvisi di accertamento, atti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione). Sono, quindi, escluse dalla definizione le controversie relative ad atti privi di natura impositiva.

    La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda da parte del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia, determinato a norma dell’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (“Per le controversie di valore fino a tremila euro le parti possono stare in giudizio senza assistenza tecnica. Per valore della lite si intende l'importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l'atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”).

    Il comma 2 stabilisce che, in caso di ricorso pendente in primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del [90 per cento] del valore della controversia. In deroga a quanto previsto dal comma 1, il comma 3 stabilisce, tuttavia, che qualora l’Agenzia delle entrate risulti soccombente nell’ultima o nell’unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data di entrata in vigore della presente disposizione, la definizione può avvenire con il pagamento [del quaranta per cento] del valore della controversia nel caso di soccombenza nella pronuncia di primo grado e del [quindici per cento] nel caso di soccombenza nella pronuncia di secondo grado.

    Per il caso di soccombenza parziale le medesime misure si applicano limitatamente alla parte del valore della controversia in cui l’Agenzia delle entrate è risultata soccombente. Per il caso di soccombenza parziale, il comma 4, precisa che le misure di cui al comma 3 si applicano limitatamente alla parte del valore della controversia in cui l’Agenzia delle entrate è risultata soccombente, mentre per la parte del valore della controversia in cui è risultato soccombente il contribuente è dovuto l’intero importo. Nel caso sia intervenuta sentenza di Cassazione con rinvio, la controversia si considera pendente in primo grado, in coerenza con la previsione dell’articolo 68, comma 1, lettera c-bis) del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in materia di riscossione in pendenza di giudizio di rinvio.

    Il comma 5 stabilisce che le controversie tributarie pendenti in Cassazione, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono essere definite mediante il pagamento di un importo pari al [cinque per cento] del valore della controversia.

    Il comma 6 prevede che le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del [quindici per cento] del valore in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate nell’ultima o unica pronuncia non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Se la controversia riguarda esclusivamente le sanzioni collegate al tributo, per la definizione non è dovuto alcun importo, sempreché il rapporto relativo ai tributi cui si riferiscono tali sanzioni sia stato oggetto di definizione, anche diversa da Disegno di legge di bilancio 2023 27 novembre 2022 79 quella in esame. In mancanza di definizione del predetto rapporto tributario, la controversia va definita secondo le modalità di cui al comma 1.

    Il comma 7 stabilisce che sono interessate dalla definizione le controversie nelle quali il ricorso di primo grado sia stato notificato entro la data di entrata in vigore della presente disposizione e per le quali il processo non si sia concluso con decisione definitiva alla data di presentazione della domanda di definizione. Ai sensi del comma 8, non possono essere definite le controversie riguardanti, anche solo in parte, le risorse proprie tradizionali dell’UE, l’IVA riscossa all’importazione e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di stato.

    Il comma 9 stabilisce che il perfezionamento della definizione avviene con il pagamento degli importi dovuti ovvero della prima rata. In mancanza di importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

    È prevista la possibilità di rateizzare le somme dovute per la definizione secondo la disciplina della dilazione degli importi dovuti a seguito di accertamento con adesione, ma con un massimo di venti rate trimestrali di pari importo. Non è ammesso il pagamento tramite compensazione e non sono rateizzabili gli importi fino a mille euro. Il termine per il pagamento delle somme dovute per la definizione o della prima rata è fissato al 30 giugno 2023.

    Il comma 10 precisa che, in presenza di autonome controversie, occorrerà presentare una distinta domanda di definizione entro il 30 giugno 2023, esente dall’imposta di bollo. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

    Il comma 11 prevede che dagli importi dovuti per la definizione delle controversie si scomputano quelli versati, a qualsiasi titolo, in pendenza di giudizio, vale a dire gli importi versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio. In ogni caso, la definizione agevolata della controversia non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato prima della data di entrata in vigore dell’articolo in commento.

    Il comma 12 stabilisce che le controversie definibili non sono sospese, salvo apposita richiesta al giudice da parte del contribuente. In tale ultimo caso il processo resta sospeso fino al 10 luglio 2023. Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2024.

    Il comma 13 prevede che, per le controversie definibili, sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali, di riassunzione e per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente disposizione e il 31 luglio 2023.

    Il comma 14 stabilisce che l’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. È consentita l’impugnazione del diniego entro sessanta giorni dinanzi all'organo giurisdizionale presso il quale pende la lite. Nel caso in cui la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest'ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.

    Il comma 15 dispone che il processo si estingue con decreto presidenziale in mancanza di istanza trattazione presentata entro il 31 dicembre 2024 dalla parte che ne ha interesse. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.

    Il comma 16 prevede che, nei casi in cui la definizione sia perfezionata dal coobbligato, i relativi effetti giovano in favore degli altri obbligati, inclusi quelli per i quali la controversia non sia più pendente, fermo restando che la definizione non dà luogo alla restituzione di quanto già versato, anche in eccesso.

    Il comma 17 fa rinvio ad uno o più provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate con i quali stabilire le modalità di attuazione del presente articolo.

    Il comma 18 è finalizzato a coordinare la definizione di cui al presente articolo con quella prevista dall’articolo 5 della legge n. 130 del 2022. Con il comma 19 viene riconosciuta a ciascun ente territoriale la possibilità di stabilire, entro il [31 marzo 2023], l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale

     

  • 4598 - Credito d'imposta R&S - Dati del 2021: 8.700 richieste contro le 10.300 fissate come obbiettivo Pnrr (ItaliaOggi - 4/2/2023)

    Il quadro dipinto da Giovanni Spalletta, direttore del dipartimento delle finanze, intervenuto il 2 febbraio 2023 in commissione 6 finanze:

    In base alla dichiarazioni 2021 il bonus vale 560mln.

    Il PNRR prevedeva però 1.600 beneficiari in più per raggiungere il target, fissato a 10.300 imprese nel 2021 e a 20.600 imprese totali nel biennio 2021-2022.

     

  • 4603 - Credito d'imposta R&S: interrogazione parlamentare 5-01427 del 5.10.2023

     

     

     

    5-01427 Osnato: Chiarimenti in ordine alla disciplina dei crediti di imposta concessi alle imprese per ricerca e sviluppo.

    TESTO DELLA RISPOSTA

    Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento al credito d’imposta per le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 3 del decreto legge n.145 del 2013.

    (INCERTEZZE INTERPRETATIVE E APPLICATIVE)

    Gli Onorevoli segnalano che la disciplina dell’agevolazione ha subìto reiterate modifiche che hanno creato incertezze interpretative e applicative.

    (INTERPRETAZIONE RIGIDA) Più in particolare, gli Onorevoli lamentano che il Ministero delle imprese e del made in Italy ha adottato un’interpretazione piuttosto rigida dell’ambito oggettivo dell’agevolazione in argomento e che anche l’Agenzia delle entrate ha accolto una «nozione ampia di credito inesistente», contestando in via pressoché automatica l’inesistenza dei crediti d’imposta R&S.

    (LA POSIZIONE DELLA CASSAZIONE SUI CREDITI INESISTENTI) Gli Interroganti rilevano che la contestazione di «compensazione di crediti asseriti inesistenti» effettuata dall’Agenzia delle entrate è stata censurata da tre sentenze della Cassazione (nn.34443, 34444 e 34445 del 2022) e rimessa nel dicembre scorso (sentenza n.35536) alle sezioni Unite.

    Pertanto, viene evidenziato che occorrerebbe introdurre una chiara distinzione tra crediti «non spettanti» ed «inesistenti», in coerenza con i più recenti orientamenti della giurisprudenza della Cassazione.

    (IL PROBLEMA DEI CREDITI UTILIZZATI DOPO IL 22 OTTOBRE 2021) Inoltre, gli Onorevoli sottolineano che la normativa speciale di «Riversamento consente di spalmare gli importi al massimo in tre anni ed è applicabile ai soli crediti di R&S registrati nei periodi 2014-2019, utilizzati entro il 22 ottobre 2021, escludendo i crediti utilizzati oltre detto limite».

    Alla luce di quanto suesposto, si chiede «quali iniziative intenda adottare il Governo, con riferimento a quanto richiamato in premessa, in attuazione dei principi comunitari e nazionali dello Statuto del Contribuente e del relativo Codice Europeo».

    Al riguardo, sentiti gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria, si osserva quanto segue.

    (PER I CREDITI INESISTENTI SI RESTA IN ATTESA DELLA PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE) In merito alle questioni poste nell’interrogazione, quanto alla corretta esegesi della vigente disciplina di settore, appare opportuno attendere la pubblicazione della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione (la relativa udienza si è svolta il 12 settembre 2023 e la sentenza non risulta ancora depositata), alle quali è stata rimessa la questione relativa alla predetta distinzione tra le due tipologie di credito, e ciò in ragione della diversità degli indirizzi giurisprudenziali sul punto.

    (LE NOVITA' PREVISTE DALLA RIFORMA FISCALE PER QUANTO RIGUARDA LE SANZIONI)

    Deve poi osservarsi che la legge 9 agosto 2023, n.111, recante la delega al Governo per la riforma fiscale, all’articolo 20 indica tra i «principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, con riferimento alle imposte sui redditi, all’IVA e agli altri tributi indiretti nonché ai tributi degli enti territoriali» quelli volti a:

    (…)

    1) razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, anche attraverso una maggiore integrazione tra i diversi tipi di sanzione, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem; (...)

    c)per le sanzioni amministrative:

    1) migliorare la proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo ai livelli esistenti in altri Stati europei;

    2) assicurare l’effettiva applicazione delle sanzioni, rivedendo la disciplina del Giovedì 5 ottobre 2023 —85— Commissione VI ravvedimento mediante una graduazione della riduzione delle sanzioni coerente con il principio previsto al numero 1);

    3) prevedere l’inapplicabilità delle sanzioni in misura maggiorata per recidiva prima della definizione del giudizio di accertamento sulle precedenti violazioni, meglio definendo le ipotesi stesse di recidiva;

    4) rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione, onde renderla coerente con i princìpi sopra specificati, anche estendendone l’applicazione agli istituti deflativi;

    5) escludere, in virtù dei princìpi di cui all’articolo 10 della legge 21 luglio 2000, n.212, l’applicazione delle sanzioni per i contribuenti che presentino una dichiarazione integrativa al fine di adeguarsi alle indicazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria con successivi documenti di prassi pubblicati ai sensi dell’articolo 11, comma 6, della medesima legge 27 luglio 2000, n.212, sempreché la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria e il contribuente provveda al pagamento dell’imposta dovuta.

    Negli stessi termini, in modo ancora più specifico, si pone l’articolo 20, comma 1, lettera a)n.5) si prevede di «introdurre, in conformità agli orientamenti giurisprudenziali, una più rigorosa distinzione normativa anche sanzionatoria tra le fattispecie di compensazione indebita di crediti di imposta non spettanti e inesistenti».

    Appare, dunque, evidente l’impegno del Governo ad adeguare il sistema sanzionatorio.

    (LA CERTIFICAZIONE DEI CREDITI D'IMPOSTA)

    In merito alla spettanza del credito di imposta in argomento giova evidenziare che su proposta del Ministero delle imprese e del made in Italy, di concerto con il MEF, è stato approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri istitutivo dell’albo dei certificatori previsto dall’articolo 23, comma 2 del decreto-legge n.73 del 2022.

    Le imprese potranno pertanto chiedere la certificazione del credito ricerca e sviluppo utilizzato «a condizione che le violazioni relative all’utilizzo dei crediti d’imposta non siano state già constatate con processo verbale di constatazione».

    Saranno successivamente redatte le Linee guida a cui dovranno attenersi i certificatori iscritti al predetto albo ai fini del rilascio della certificazione.

    Il rilascio della certificazione impedisce all’Agenzia delle entrate di contestare, se non nei limiti della normativa di settore, la sussistenza dei requisiti previsti per la fruizione del credito di imposta ricerca e sviluppo.

    (IL PERIMETRO DELLA PROCEDURA DI RIVERSAMENTO)

    Per ciò che concerne, infine, il quesito afferente alla procedura di riversamento spontaneo prevista dell’articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146, si fa presente che, con tale procedura, possono essere regolarizzati, senza l’applicazione delle sanzioni e degli interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n.145.

    La procedura è riservata ai soggetti che intendono riversare il credito maturato in uno o più periodi di imposta a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 e utilizzato indebitamente in compensazione alla data del 22 ottobre 2021 (data di entrata in vigore della disposizione de qua).

    Il disposto normativo, dunque, definisce puntualmente il perimetro dell’intervento, circoscrivendolo agli indebiti utilizzi del credito in argomento effettuati entro la data del 22 ottobre 2021 e, in ogni caso, relativi alla maturazione del credito agevolativo nelle annualità dal 2014 al 2019.

    (IL RAVVEDIMENTO OPEROSO)

    Da ultimo, per completezza, si rappresenta che, a fronte di eventuali indebiti utilizzi del credito, che non risultino ancora contestati dal competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate, ma soltanto constatati dal contribuente, quest’ultimo potrà avvalersi del «ravvedimento operoso», ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.472.

    (ISTITUTO DELLA DEFINIZIONE AGEVOLATA)

    Inoltre, sempre con riferimento agli indebiti utilizzi del credito in esame, a se Giovedì 5 ottobre 2023 —86— Commissione VIconda della situazione che ricorre in concreto (ad esempio: avvenuta constatazione; notifica dell’atto di recupero; pendenza della lite) potrebbero anche configurarsi i presupposti per l’applicazione degli istituti di definizione agevolata (cosiddetta «Tregua fiscale»), previsti dalla legge 29 dicembre 2022, n.197 (legge di bilancio per il 2023).

     

  • 4605 - Credito d'imposta R&S: Unico 2023, compilazione del Rigo RU151 - Divieto "Doppio finanziamento" (Agenzia delle entrate, faq del 15.11.2023)

    LINK AGENZIA DELLE ENTRATE


    RASSEGNA STAMPA

    Fisco e Tasse 16.11.2023

  • 4606 - Crediti d'imposta: Controlli automatizzati sulle dichiarazioni (avvisi bonari), l'agenzia delle entrate non può richiedere documenti (CNDEC, nota informativa n.139 del 29/11/2023)

    LINK

    La richiesta documentazione riguarda la mancata indicazione dei crediti d'imposta nel quadro RU sanata mediante presentazione della dichiarazione integrativa.


    Informativa n. 139/2023: Avvisi bonari e richieste documentali

     

    Informativa n. 139/2023  Controlli automatizzati ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972 (c.d. avvisi bonari). Assenza della necessità di richiesta e produzione di documentazione in fase di gestione dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate

    pdfInformativa_139_-_Avvisi_bonari_e_richieste_documentali_.pdf


     

    EdN/SPRE/tg

    Roma, 20 novembre 2023

    Informativa n. 139/2023

    AI SIGNORI PRESIDENTI DEI CONSIGLI DEGLI ORDINI DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI

    OGGETTO: Controlli automatizzati ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972 (c.d. avvisi bonari). Assenza della necessità di richiesta e produzione di documentazione in fase di gestione dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate

    Cara, Caro Presidente,

    il Consiglio Nazionale ha ricevuto diverse segnalazioni da Iscritti in merito alla gestione da parte degli Uffici dell’Agenzia delle Entrate dei Controlli automatizzati ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633/1972 (c.d. avvisi bonari). In particolare, le segnalazioni riguardano richieste di integrazioni documentali (es. fatture, registri fiscali e contabili, contabili di pagamento, ecc.) in fase di gestione del processo di interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate attraverso il canale CIVIS, nello specifico nel caso di mancata indicazione dei crediti di imposta nel quadro RU sanata mediante presentazione della dichiarazione integrativa.

    Il Consiglio Nazionale, per il tramite del Tesoriere nazionale con delega all’area fiscalità Salvatore Regalbuto, ritenendo che, in ossequio alla norma, tali controlli debbano limitarsi alla correttezza delle dichiarazioni (o all’eventuale presenza di errori) senza alcuna necessità di richiesta documentale, neppure in fase di presentazione di eventuali dichiarazioni integrative, nell’ambito della costante interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate ha sottoposto la questione alla competente Divisione Centrale Servizi ricevendo le seguenti condivisibili indicazioni di carattere generale, con conferma che le stesse sono state precisate e ribadite anche agli Uffici territoriali che gestiscono l’attività di controllo anche mediante le funzionalità CIVIS:

    • l’attività di controllo automatizzato, di cui agli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, si basa esclusivamente sui dati presenti nelle dichiarazioni fiscali o negli archivi dell’Anagrafe Tributaria;

    • in caso di riesame degli esiti del controllo automatizzato in sede di assistenza al contribuente, gli uffici devono comunque valutare esclusivamente le suddette informazioni, anche derivanti  da dichiarazioni integrative, senza chiedere alcuna documentazione ulteriore a supporto. Ad esempio, nel caso in cui la comunicazione di irregolarità derivi dalla mancata o errata compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi, gli uffici dell’Agenzia dovranno riesaminare la posizione del contribuente avendo esclusivo riguardo alla dichiarazione presentata per integrare o correggere la dichiarazione originaria, senza richiedere la documentazione giustificativa della spettanza del credito dichiarato, salvo che non si tratti del riconoscimento di crediti maturati in annualità per le quali le dichiarazioni risultano omesse (cfr. circolare n. 21/E del 25 giugno 2013);

    • nel caso in cui il contenuto delle dichiarazioni integrative inviate dai contribuenti non sia immediatamente consultabile dagli uffici, questi ultimi dovranno attendere la disponibilità dei dati prima di riscontrare l’istanza di riesame;

    • i controlli sostanziali sul contenuto delle dichiarazioni (anche integrative) saranno svolti nelle sedi opportune. Gli Iscritti potranno utilizzare la presente informativa nei rapporti con gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate qualora quanto sopra precisato non trovi applicazione. Ti invito, pertanto, a diffondere la presente ai Colleghi iscritti all’Ordine da Te presieduto. Un caro saluto Elbano de Nucci

    Gli Iscritti potranno utilizzare la presente informativa nei rapporti con gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate qualora quanto sopra precisato non trovi applicazione. Ti invito, pertanto, a diffondere la presente ai Colleghi iscritti all’Ordine da Te presieduto.

    Un caro saluto

     

  • 4622 - Scissione e crediti d'imposta (R&S 2019, R&S 2013, società benefit, non energivore, investimenti pubblicitari e sanificazione) - Agenzia delle entrate risposta n.48 del 22.2.2024

    Risposta n. 48 del 22/02/2024

    Scissione – art. 173 del TUIR – agevolazioni fiscali – crediti d'imposta della scissa – ripartizione – criteri - pdf


    Eutekne - 23.2.2024

    Nella scissione i tax credit per R&S, energia e pubblicità sono disponibili dalle parti

    L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 48 di ieri, ha escluso, a quanto consta per la prima volta, che i crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, per le imprese non energivore e per gli investimenti pubblicitari rientrino tra le “posizioni soggettive” di cui all’art....

    / Pamela ALBERTI


     

    PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

    In via preliminare, si evidenzia che il presente parere ha ad oggetto

    esclusivamente i crediti d'imposta (ossia, Credito R&S 2019, Credito R&S 2013, (CREDITI INTERESSATI)
    Credito società benefit, Credito non energivore, Credito investimenti pubblicitari
    e Credito sanificazione) per i quali la Società ha prospettato un concreto dubbio
    interpretativo concernente l'applicazione dell'articolo 173, comma 4, del TUIR, con
    esclusione di tutti gli altri crediti tributari per i quali la Società non ha sollevato alcuna
    specifica questione interpretativa concernente la loro ripartizione in sede di scissione
    (come, ad esempio, il Credito IRES).

    Con l'Istanza, la Società solleva sostanzialmente un dubbio interpretativo
    concernente l'applicazione dell'articolo173, comma 4, del Tuir e, in particolare, della (ART.173 RELATIVO ALLA SCISSIONE)
    parte in cui detta disposizione fissa il criterio di ripartizione delle posizioni soggettive
    nell'ambito delle operazioni di scissioni, in relazione ad alcuni crediti d'imposta per
    agevolazioni maturati dalla stessa Società (scissa).


    In via generale, occorre ricordare che il citato comma 4 stabilisce che ''[d]alla
    data in cui la scissione ha effetto, a norma del comma 11, le posizioni soggettive
    della società scissa, ivi compresa quella indicata nell'articolo 86, comma 4, e i relativi
    obblighi strumentali sono attribuiti alle beneficiarie e, in caso di scissione parziale, alla
    stessa società scissa, in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile
    trasferite o rimaste, salvo che trattisi di posizioni soggettive connesse specificamente
    o per insiemi agli elementi del patrimonio scisso, nel qual caso seguono tali elementi
    presso i rispettivi titolari''.


    Con la risoluzione n. 91/E del 2002, è stato chiarito che ''[i]n ordine a tale
    disposizione [l'articolo 123­bis del Tuir, ora articolo 173, n.d.r.] la scrivente ritiene in
    primo luogo di sottolineare come ­ a differenza dell'analoga disciplina in tema di fusioni
    (art. 123, comma 3) ­ essa non si riferisca ''ai diritti e agli obblighi'' della scissa, ma alle
    sue ''posizioni soggettive''. Con l'utilizzo di questa più generica espressione il legislatore
    ha indubbiamente inteso ricomprendere, entro la sfera di applicazione della norma, ogni
    situazione giuridica attiva e passiva generata dalla normativa sulle imposte dirette in
    capo alla scissa e cioè non solo i crediti e i debiti d'imposta di questa società, ma anche
    tutte quelle situazioni di potere e di dovere che avrebbero spiegato effetto nell'attività di
    misurazione del reddito della scissa nei periodi d'imposta successivi alla scissione''.

    Nel caso di specie, occorrerà preliminarmente chiarire se i crediti d'imposta
    indicati in istanza siano o meno qualificabili come ''posizioni soggettive'', ai sensi
    dell'articolo 173, comma 4, del Tuir e, quindi, ripartibili esclusivamente secondo i criteri
    ivi indicati.


    Al fine di stabilire il corretto criterio di attribuzione di ciascun singola credito, è
    dunque necessario verificare se gli stessi si qualificano come una ''posizione soggettiva'';
    in caso affermativo, occorrerà valutare se tale posizione sia connessa (specificamente
    o per insiemi) agli elementi del patrimonio scisso: in tal caso seguirà integralmente
    la sorte, in sede di scissione, degli elementi o dell'elemento a cui risulta connessa;
    in caso contrario, si ripartirà secondo il criterio proporzionale di cui al menzionato
    comma 4. Invece, qualora tali crediti non siano riconducibili tra le ''posizioni soggettive'',
    essi dovranno ritenersi liberamente disponibili dalle parti, secondo quanto stabilito nel
    progetto di scissione.


    Ciò posto, con riferimento ai singoli crediti d'imposta oggetto dell'istanza, si
    segnala quanto segue.


    ­Credito R&S 2013


    L'articolo 3 del decreto ­legge n. 145 del 2013, al comma 1, riconosce un credito
    di imposta a favore delle imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e
    sviluppo ''a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre
    2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019''. Il comma 8 del medesimo articolo,
    con riferimento alle modalità di fruizione del credito d'imposta in oggetto, dispone che
    tale credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del
    decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241

    L'Amministrazione finanziaria, proprio in relazione al credito in parola, ha
    avuto modo di ribadire la non trasferibilità di detti crediti d'imposta in forza della natura
    soggettiva dei medesimi: questi, infatti, maturano esclusivamente in capo ai soggetti che
    effettuano l'investimento e non possono essere trasferiti a soggetti terzi per effetto di atti
    realizzativi.


    In relazione al divieto di cessione o trasferimento di un simile credito d'imposta,
    con la risposta a interpello pubblicata sub n. 72 del 2019, è stato chiarito che ''[i]l
    trasferimento della titolarità è, infatti, ammissibile unicamente nei casi in cui specifiche
    norme giuridiche prevedono, al verificarsi dell'operazione, una confusione di diritti
    e obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati; ad esempio, nei casi di fusione
    (cfr. circolare del 9 maggio 2002, n. 38/E), successione per decesso dell'imprenditore
    individuale (cfr. risoluzione del 26 giugno 2003, n. 140/E), scissione (cfr. risoluzione del
    30 giugno 2003, n. 143/E). Ugualmente i crediti di tal natura possono essere trasferiti
    nell'ambito della cessione del ramo d'azienda che lo ha generato'' (enfasi aggiunta).

    In particolare, la richiamata risoluzione n. 143/E del 2003, emessa in relazione (CREDITO D'IMPOSTA INVESTIMENTI AREE SVANTAGGIATE)
    al credito d'imposta investimenti aree svantaggiate di cui all'articolo 8 della legge 23
    dicembre 2000, n. 388 (ripresa, poi, dalla risoluzione n. 179/E del 15 settembre 2003),
    ha chiarito che ''[p]er quanto riguarda la possibilità della società istante di continuare a
    fruire del credito d'imposta come società scissa a seguito di un'operazione di scissione,
    si osserva che tale operazione straordinaria non costituisce necessariamente causa di
    rideterminazione del credito d'imposta ai sensi della norma antielusiva contenuta nel
    comma 7 dell'articolo 8

    Infatti, se in seguito alla operazione straordinaria viene mantenuta, per tutto
    il periodo di ''sorveglianza'' stabilito nella citata norma antielusiva, la destinazione del
    bene all'originaria struttura produttiva, il credito d'imposta non dovrà rideterminarsi.
    Al riguardo si precisa che la destinazione all'originaria struttura produttiva è mantenuta
    a condizione che insieme al singolo bene agevolato sia trasferita anche l'azienda o il
    ramo d'azienda in cui lo stesso è inserito''.


    La citata risoluzione ha poi precisato che, nel caso di assenza di una
    specifica disposizione che comporta la rideterminazione del credito d'imposta in caso
    di dismissione, cessione a terzi, destinazione a finalità estranee o ad altre strutture
    produttive (cfr., l'articolo 8, comma 7, della legge n. 388 del 2000), il credito d'imposta
    in questione può ''non necessariamente'' essere mantenuto in capo alla scissa (ossia,
    ''[...] nei casi (diversi da quello oggetto del presente interpello) in cui per effetto della
    scissione non consegue l'obbligo di rideterminare il credito d'imposta, lo stesso non
    necessariamente è mantenuto in capo alla scissa'' ­ così testualmente la citata risoluzione
    n. 148/E).


    Successivamente, con la risoluzione n. 22/E del 6 febbraio 2006, sempre in
    merito al credito d'imposta ex articolo 8 della legge n. 388 del 2000, è stato ribadito
    che ''[i]n ordine alla possibilità di trasferire il diritto a fruire del credito d'imposta
    in questione, le richiamate risoluzioni n. 179 e n. 143 del 2003 hanno precisato che
    tale trasferimento è consentito unicamente con riguardo ad operazioni che, in base a
    specifiche disposizioni giuridiche, prevedono una confusione di diritti e obblighi dei
    soggetti giuridici interessati (ad esempio, in caso di operazioni di fusione, scissione e
    trasformazione di società). Considerato che il diritto maturato in capo alla società scissa di fruire del credito d'imposta rientra tra le posizioni soggettive connesse specificamente
    ad elementi del patrimonio traferito, il credito stesso compete alla società cui sia
    stato attribuito il ramo d'azienda scorporato nell'ambito del quale è stato realizzato
    l'investimento agevolato, in applicazione del principio generale contenuto nell'articolo
    173 del TUIR [...]''.


    Inoltre, va rilevato che il Credito R&S 2013, come precisato dalla circolare n.
    10/E del 16 maggio 2018, costituisce ''un incentivo automatico diretto a finanziare gli
    investimenti privati incrementali in attività di ricerca e sviluppo, concesso attraverso il
    riconoscimento di un credito d'imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione e
    la cui determinazione non incide sulle ordinarie modalità di determinazione del reddito
    imponibile e delle imposte. La disciplina agevolativa si caratterizza, quindi, per la sua
    sostanziale autonomia rispetto alla ordinaria disciplina di determinazione del reddito
    di impresa''.


    Di conseguenza, mancando una disposizione volta a rideterminare o limitare il
    credito d'imposta in questione in determinate fattispecie (ad esempio, in presenza di una
    disciplina analoga a quella prevista dal comma 7 del citato articolo 8) ed essendo ­ in
    base alla prospettazione della Società ­ il Credito R&S 2013 puntualmente quantificato
    e spettante, questo non può ritenersi riconducibile tra le ''posizioni soggettive'' di cui al
    comma 4 dell'articolo 173 del TUIR in quanto rappresenta un autonomo elemento del
    patrimonio della scissa che, come tale, è idoneo a essere oggetto di ripartizione, in sede
    di progetto di scissione, secondo la volontà delle parti

    Pertanto, considerato che nell'ambito della Scissione (i.e., nel relativo progetto)(CONSLUSIONE)
    non è stata prevista alcuna ripartizione del Credito R&S 2013, quest'ultimo si deve
    ritenere rimasto in capo alla scissa ai sensi dell'articolo 2506­bis del codice civile.
    ­

    Credito R&S 2019


    Il comma 198 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 ha previsto un
    credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in
    innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative effettuato dai soggetti indicati
    dal comma 199 dello stesso articolo.


    Il successivo comma 204 dello stesso articolo 1 stabilisce che tale credito
    d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del
    decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere
    dal periodo d'imposta successivo a quello di maturazione, precisando ulteriormente che
    ''[i]l credito d'imposta non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche
    all'interno del consolidato fiscale.''

    In relazione a tale credito d'imposta, si ritiene che possano essere estese le
    considerazioni espresse in merito al Credito R&S 2013.(CONCLUSIONE)
    ­

    Credito società benefit


    Occorre premettere che il credito d'imposta in questione è stato introdotto dal
    decreto­legge n. 34 del 2020 al fine di promuovere e rafforzare, nell'intero territorio
    nazionale, il sistema delle c.d. società benefit. Con l'espressione società benefit, si
    intendono quelle società che nell'esercizio di una attività economica, oltre allo scopo
    di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in
    modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territorie ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di
    interesse.

    La norma in parola ha, quindi, previsto un contributo sotto forma di credito
    d'imposta nella misura del 50 per cento dei costi di costituzione di una società benefit
    o di trasformazione in società benefit.

    In proposito, si segnala che il decreto del Ministero dello Sviluppo economico
    di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze 12 novembre 2021 (recante
    ''Disposizioni attuative degli interventi per la promozione del sistema delle società
    benefit''), all'articolo 10, ha previsto che detto credito è utilizzabile esclusivamente in
    compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

    Vista la natura e la genesi di tale credito, si ritiene che anche in questo caso
    possano essere estese le considerazioni espresse in merito al Credito R&S 2013.
    ­

    Credito non energivore

    Nell'ambito delle misure adottate per contenere gli effetti degli incrementi
    dei prezzi dell'energia elettrica e del gas naturale, il decreto­legge n. 21 del 2022 ha
    previsto, all'articolo 3, il riconoscimento di un contributo straordinario, sotto forma di
    credito d'imposta, a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l'energia
    elettrica, parametrato a indici specificamente stabiliti dal comma 1 della norma citata.

    Nello specifico, possono beneficiare del credito d'imposta le imprese dotate di contatori
    di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW, diverse dalle
    imprese a forte consumo di energia elettrica di cui al decreto del Ministro dello sviluppo
    economico 21 dicembre 2017 (c.d. imprese ''non energivore'')

    Sul punto, la circolare n. 13/E del 13 maggio 2022 ha chiarito che ''[c]ostituisce,
    quindi, presupposto perl'applicazione della disposizione in commento ilsostenimento di
    spese per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel periodo
    dal 1° aprile al 30 giugno 2022. Si considera spesa agevolabile quella sostenuta per
    l'acquisto della componente energetica (costituita dai costi per l'energia elettrica, il
    dispacciamento e la commercializzazione), ad esclusione di ogni onere accessorio,
    diretto e/o indiretto, indicato in fattura diverso dalla componente energetica''.

    Considerata l'origine del Credito non energivore, si ritiene che anche in questo
    caso possano essere estese le considerazioni espresse in merito al Credito R&S 2013.
    ­

    Credito investimenti pubblicitari

    L'articolo 57­bis del decreto legge n. 50 del 2017 riconosce, a decorrere
    dall'anno 2018, un contributo sotto forma di credito d'imposta sugli investimenti
    pubblicitari incrementali effettuati, utilizzabile esclusivamente in compensazione ai
    sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, previa istanza diretta al
    Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri,
    a fronte di investimenti in ''campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica
    anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali''.

    In particolare, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 16 maggio
    2018, n. 90 (avente a oggetto ''Regolamento recante le modalità ed i criteri per la
    concessione d'incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani,
    periodici e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, in attuazione dell'articolo 57­
    bis, comma 1 del decreto­legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni,
    dalla legge 21 giugno 2017, n. 96''), stabilisce che ''[l]e imprese o lavoratori autonomi, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, dalle dimensioni aziendali e dal
    regime contabile adottato, nonché gli enti non commerciali, possono beneficiare del
    credito d'imposta in relazione agli investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa
    quotidiana e periodica, anche on­line, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali,
    analogiche o digitali, effettuati a partire dal 1° gennaio 2018, [...]''.

    Vista la natura del credito in questione e le relative disposizioni, si ritiene
    che anche in questo caso possano essere estese le considerazioni espresse in merito al Credito R&S 2013.
    ­

    Credito sanificazione


    L'articolo 32 del decreto­ legge n. 73 del 2021, riconosce un credito d'imposta in
    relazione alle spese sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021 per la sanificazione
    degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l'acquisto di dispositivi di protezione
    individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti,
    comprese le spese per la somministrazione di tamponi per COVID­19, nella misura e
    alle condizioni indicate dal medesimo articolo 32.

    Vista la natura del credito in questione e le relative disposizioni, si ritiene
    che anche in questo caso possano essere estese le considerazioni espresse in merito al
    Credito R&S 2013.

    Si ribadisce che il presente parere attiene esclusivamente ai profili interpretativi
    sollevati nell'istanza in relazione alla Scissione, concernenti i crediti d'imposta Credito
    R&S 2019, Credito R&S 2013, Credito società benefit, Credito non energivore,
    Credito investimenti pubblicitari e Credito sanificazione, per i quali la Società ritiene dussistere un dubbio interpretativo, con esclusione di tutti gli altri crediti tributari diversi
    da quelli sopra indicati. Il presente parere, inoltre, non presuppone né implica alcun
    esame della sussistenza dei requisiti previsti per la fruizione dei crediti d'imposta oggetto
    dell'istanza e della loro quantificazione nonché di ogni altro profilo attinente l'operazione
    straordinaria descritta nell'istanza.

    Il presente parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli
    elementi prima esaminati, assunti acriticamente così come esposti nell'istanza di
    interpello e nella documentazione integrativa, nel presupposto della loro veridicità e
    concreta realizzazione anche sotto il profilo civilistico, con riferimento ai quali resta
    impregiudicato ogni potere di controllo e sindacato da parte dell'Amministrazione
    Finanziaria

  • 4623 - Patent Box e restituzione del contributo R&S (ItaliaOggi 2 e 6 Marzo 2023)

    Il problema della cumulabilità riguarda i crediti d'imposta a partire dal 2020 (Legge 27.12.2019) in quanto è stato introdotto questo limite:

    La base di calcolo deve essere assunta al netto delle altre sovvenzioni o contributi pubblici.

    Per gli esercizi precedenti al 2020 occorre rispettare solo il limite alla cumulabilità.

    203.  Per le attività di ricerca e sviluppo previste dal comma 200, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 12 per cento della relativa  base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 3 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi. Per le attività di innovazione tecnologica previste dal comma 201, il credito d’imposta è riconosciuto, separatamente, in misura pari al 6 per cento della relativa  base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi.  Per le attività di design e ideazione estetica previste dal comma 202, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 6 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi. Per le  attività di innovazione tecnologica previste dal comma 201 finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, individuati con il decreto del Ministro dello sviluppo economico previsto dal comma 200, il credito d’imposta è riconosciuto in misura pari al 10 per cento della relativa base di calcolo, assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti sulle stesse spese ammissibili, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro, ragguagliato ad anno in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi. Nel rispetto dei massimali indicati e a condizione della separazione analitica dei progetti e delle spese ammissibili pertinenti alle diverse tipologie di attività, è possibile applicare il beneficio anche per più attività ammissibili nello stesso periodo d’imposta.

    204. Il credito d’imposta spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione, subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione previsti dal comma 205. Al solo fine di consentire al Ministero dello sviluppo economico di acquisire le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative disciplinate dai commi da 198 a 207, anche in funzione del perseguimento degli obiettivi generali indicati al comma 184, le imprese che si avvalgono di tali misure effettuano una comunicazione al Ministero dello sviluppo economico. Con apposito decreto direttoriale del Ministero dello sviluppo economico sono stabiliti il modello, il contenuto, le modalità e i termini di invio della comunicazione. Il credito d’imposta non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale. Non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.  LIMITE ALLA CUMULABILITA'  Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto

    Considerazioni ItaliaOggi  

    Con l'interpretazione fornita dall'Agenzia, va da sé che, in termini generali, il credito R&S&I non sarà mai definitivo e potrà sempre formare oggetto di determinazione, anche a distanza di anni. Si pensi a chi nei prossimi anni fruirà del patent box per dei nuovi beni immateriali che verranno ad esistenza e che in quel momento, in caso di meccanismo premiale, dovranno rivedere i crediti R&S&I dei precedenti periodi d'imposta ed eventualmente rettificarli (restituendo una parte di essi).

     

     

     

     

     


    Per la restituzione non sono previste sanzioni.

     

    CIRCOLARE DEL 24.2.2023

    4.5 Spese agevolabili ai fini del meccanismo premiale

     

  • 4632 - Credito d'imposta R&S: Nei modelli Redditi 2023 richieste ulteriori informazioni (Eutekne - 4/5/2023)

    Rispetto al precedente modello REDDITI 2022, I NUOVI RIGHI  RU100, RU101 e RU102 richiedono molti più dettagli.

  • 4637 - Crediti d'imposta non spettanti e inesistenti (Nota di comportamento nr. 219 dell'associazione italiana dottori commercialisti dell'11.5.2023)

    LINK 

    AIDC - Associazione Italiana Dottori Commercialisti

    Norma di comportamento n. 219

     


    COMMISSIONE NORME DI COMPORTAMENTO E DI COMUNE INTERPRETAZIONE IN MATERIA TRIBUTARI

    NORMA DI COMPORTAMENTO N. 219 

    REDITI D’IMPOSTA NON SPETTANTI E INESISTENTI

    Maggio 2023

    Il credito d’imposta si definisce non spettante laddove il contribuente, pur nell’intento di rispettare il presupposto normativo, commette degli errori di qualificazione o quantificazione dello stesso. Viceversa, il credito d’imposta è da definirsi inesistente nei casi in cui la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera.

    La definizione di credito inesistente rileva in quanto l’articolo 27, comma 161, D.L. 29.11.2008 n. 185, stabilisce che l’atto di recupero emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati in F24 per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione orizzontale, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo2 .

    Inoltre, l’articolo 13, D.Lgs. n. 471/1997, prevede una sanzione più elevata nel caso in cui sia utilizzato un credito inesistente, rispetto a quella prevista nel caso in cui sia utilizzato un credito non spettante; in particolare: - al comma 4, dispone che nel caso di utilizzo di un credito d'imposta3 in misura superiore a quella spettante4 sia applicabile5 la sanzione del 30% del credito; - al comma 5, che nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti sia applicabile6 la sanzione dal 100% al 200% del credito7 .

    Non sfugge la rilevanza della corretta determinazione della misura della sanzione, anche con riferimento al ravvedimento operoso che venga posto in essere dal contribuente.

    La definizione di credito inesistente è demandata al terzo periodo del comma 5, art. 13, D.Lgs. n. 471/1997, il quale dispone che: “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. Il comma 5 identifica dunque come inesistente il credito in relazione al quale manchi, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter, D.P.R. n. 600/1973, e all’articolo 54-bis, D.P.R. n. 633/1972.

    Ciò atteso, appare evidente come la prima parte della definizione del credito inesistente offerta dalla norma non sia discriminante, in quanto l’insussistenza anche parziale del presupposto costitutivo determina la sua inesistenza sulla base della chiara evidenza del dato normativo. Discriminante, quindi, è la sola seconda parte della definizione, nella quale si fa riferimento alle attività che l’Amministrazione finanziaria pone in essere per controllare le dichiarazioni presentate dal contribuente, nell’ambito di quelli che sono i poteri di controllo finalizzati alla c.d. liquidazione ed al c.d. controllo formale delle dichiarazioni.

    Con particolare rilievo alla seconda ipotesi, vi è da rilevare che le disposizioni in materia di controllo formale possono esplicitarsi, a differenza della mera attività di liquidazione, nell’esame della documentazione richiesta al contribuente o comunque nella disponibilità dell’Agenzia delle Entrate8.

    Per conseguenza, posto che la sola astratta applicabilità delle disposizioni contenute nel DPR n. 600 del 1973 ovvero nel DPR n. 633 del 1972 esplicitamente richiamate nell’ambito dell’art. 13, comma 5 del D.Lgs. n. 471 del 1997, non può comportare, per definizione, che un credito non possa essere definito inesistente, la distinzione prevista dalla norma deve tenere conto, in generale, dei poteri esercitabili dall’Amministrazione finanziaria9 . Deriva che, a prescindere dalla modalità di controllo esercitabile, laddove il presupposto normativo alla base del credito sia soddisfatto dal contribuente sulla scorta di documentazione attendibile e veritiera, il credito non potrà mai essere definito inesistente. In questa ipotesi, laddove il contribuente abbia errato nel riporto, nella quantificazione ovvero nella qualificazione della fattispecie, la rettifica operata dall’Amministrazione finanziaria dovrà essere ricondotta alla fattispecie del credito non spettante. Viceversa, laddove in sede di controllo si rilevi che è stato indicato un credito in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera, detto credito dovrà essere ascritto alla categoria dell’inesistenza.

    VIENE RICHIAMATA LA NORMA SUL RIVERSAMENTO DEL CREDITO D'IMPOSTA R.&S.

    Ciò premesso, al fine di rilevare una chiara linea di demarcazione tra le due fattispecie, appare possibile tenere conto del disposto dell’articolo 5, D.L. n. 146 del 2021. Tale norma, infatti, seppure finalizzata a regolamentare la specifica sanatoria in tema di credito di imposta per ricerca e sviluppo, contiene alcune indicazioni che possono assumere, nei termini sopra descritti, la valenza di principi generali, e, pertanto, in grado di rappresentare un orientamento con riferimento alla problematica qui affrontata.

    Si tenga conto, infatti, che la norma da ultimo richiamata delinea due ipotesi che, alternativamente, consentono o non consentono, l’accesso alla sanatoria in questione:

    - la prima fattispecie, che apre l’accesso alla sanatoria, è quella dell’avvenuto effettivo sostenimento di spese correlate ad attività di ricerca e sviluppo che, però, siano state erroneamente ricomprese tra quelle che davano diritto al credito di imposta. Sono inoltre ammessi alla sanatoria anche coloro che hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità, nonché nella determinazione della media storica di riferimento;

    - la seconda fattispecie, che, al contrario, impedisce l’accesso alla sanatoria, riguarda quelle posizioni nelle quali la determinazione e l’utilizzo del credito sia il risultato di assetti che appaiano oggettivamente o soggettivamente simulati, di false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti non veritieri o di fatture che documentano operazioni inesistenti, nonché nelle ipotesi in cui manchi la documentazione idonea alla dimostrazione delle spese ammissibili al credito di imposta.

    Appare chiaro come il legislatore abbia dunque voluto distinguere le ipotesi nelle quali i contribuenti abbiano effettivamente svolto una attività di ricerca e sviluppo comprovata da documentazione attendibile, ma che abbiano commesso, ad esempio, degli errori interpretativi sulla natura delle spese ovvero di quantificazione del credito di imposta, rispetto alle ipotesi in cui la genesi e l’utilizzo del credito sia avvenuta avvalendosi di documentazione non veritiera, ovvero in assenza di ogni e qualsiasi documentazione.

    CONCLUSIONI

    Ciò posto, la medesima distinzione appare potersi ricondurre al disposto dei commi 4 e 5 dell’articolo 13, D.Lgs. n. 471/1997, nel momento in cui si deve individuare il distinguo tra il credito non spettante e il credito inesistente. A tale fine si può dunque affermare che:

    - in tutti i casi in cui il contribuente si trovi nella situazione di fatto disciplinata dalla norma per la determinazione del credito di imposta e sia sostenuto da documentazione reale, ma incorra in violazioni riconducibili all’interpretazione delle disposizioni ovvero alla determinazione quantitativa del credito, non si avrà mai una contestazione per inesistenza del credito, ma solo per non spettanza, sanzionabile nella misura più contenuta e nel termine di decadenza ordinari;

    - nei casi in cui, invece, la determinazione del credito sia avvenuta in assenza di documentazione o sulla base di documentazione non veritiera, tale violazione sarà sanzionabile nella misura più grave e nel termine di decadenza più lungo previsto per il credito inesistente10 .


    RASSEGNA STAMPA

    ItaliaOggi 12 Maggio 2023

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  • 4666 - Credito R&S: il viceministro dell'Economia Maurizio Leo ha incontrato la delegazione marchigiana degli imprenditori del settore moda e calzature (Il Sole 24 Ore - 7/9/2023)

    “Moda verso l’intesa sui crediti R&S: la chiave sarà la certificazione”

    Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, accompagnato dalla sottosegretaria al Mef Lucia Albano ha incontrato la delegazione marchigiana degli imprenditori del settore moda e calzature.

    Leo ha poi escluso la possibilità per l’amministrazione finanziaria di tornare a chiarire, con un documento di prassi, la questione della “innovatività dei progetti” che investe la eleggibilità delle spese sostenute per i campionari di moda e calzaturiero, rassicurando circa la piena valenza della circolare 5/E/2016.

    Non viene quindi citata la risoluzione nr.41 del 26/7/2022 che ha messo in crisi tutto il comparto in quanto viene  richiamato il Manuale di Frascati (stato dell'arte a livello mondiale)

  • 4668 - Credito d'imposta R.&S.: Il viceministro Leo incontra i calzaturieri al Micam

    https://www.laprovinciadifermo.com - 19.9.2023

    Credito d'imposta, ecco cosa accade. Dal Micam l'assist del Governo. Leo: "Subito i certificati, poi opposizione in tribunale"


     https://www.ilrestodelcarlino.it 19/9/2023

    Cna: "Stop restituzione credito d’imposta, una scelta responsabile"

    Il direttore Moriconi commenta dal Micam il decreto firmato dal ministro Urso: "Abbiamo maggiore ottimismo".


    www.cronachemaceratesi.it - 18/9/2023

    «Restituzione credito di imposta
    “ricerca e sviluppo”: questione
    risolta grazie a Cna»

    ECONOMIA - Massimiliano Moriconi, direttore Cna Macerata: «Il Ministro ha firmato il decreto. Un sospiro di sollievo per imprese di molti settori ed in particolare per quelle del calzaturiero, presenti proprio in questi giorni al Micam di Milano»

     


    www.cronachepicene.it - 17/9/2023

    Credito d'imposta: con la certificazione dal Governo una risposta risolutiva

     


    Il Resto del Carlino  16.9.2023

    Niente credito d’imposta da ridare: carica d’ossigeno per le imprese del Fermano

    C’è il decreto del ministro Urso: sollievo per gli imprenditori presenti al Micam. La restituzione della somma avrebbe messo a rischio le imprese della moda

     


    Il Resto del Carlino 16/9/2023

    Credito d’imposta, c’è il decreto. Fenni esulta: "Stop restituzione"


    www.corriereadriatico - 16/9/2023

    Crediti d’imposta, serve la certificazione. «Il ministro Urso ha firmato il decreto»

     

  • 4675 - Contenzioso R&S: Sentenza del 15/9/2023 nr.738 della CGT di secondo della Marche (Il sole 24 Ore - 2/10/2023)

    I PUNTI PIU' IMPORTANTI DI QUESTA SENTENZA QUASI COMPLETAMENTE A FAVORE DELL'AZIENDA CHE HA FATTO RICORSO

    La sentenza  impugnata dalla ditta

    Con tempestivo atto di appello del 07.07.2022, depositato nella segreteria di questa Corte in data 21.07.2022 la (...) srl società appellante, ha impugnato la sentenza n. 246/01/2022 depositata in data 11.04.2022 dalla CGT I° G di Ancona chiedendone in via principale, l'integrale riforma

    Le valutazioni devono essere fatte sulla base della normativa vigente all'epoca, il Manuale di Frascati non può quindi essere applicato

    Secondo il principio generale del "tempus regit actum", che governa il processo tributario, sulla scorta degli insegnamenti della Corte Costituzionale, anche in relazione allo ius superveniens, le valutazioni della legittimità della richiesta di credito d'imposta formulata dal contribuente e quella dell'atto di accertamento (ergo recupero) emesso dall'Agenzia delle Entrate vanno ricondotte con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento delle loro adozioni; vedasi al riguardo (Corte Costituzionale Sent. 49del 2016; Sent.30 del 2016; Sent. 151 del 2014, principio confermato dalla Corte di Cassazione in materia tributaria con giurisprudenza consolidata vedi ex multis Cass. Civ. sent. 3633 /2015; 1476/2015 27525/2014; 15016/2014; 24998/2013.

    Ne consegue, quindi, che il giudice è sempre chiamato ad applicare alla fattispecie scrutinanda la normativa pro-tempore vigente ed applicabile per il periodo di imposta oggetto di giudicato.

    In aggiunta a tale principio generale al caso di specie si applica altresì un ulteriore principio specifico per le agevolazioni tributarie rappresentato dal divieto di applicazione analogica di giudicati, di norme o prassi similari, principio ormai consolidato presso il giudice di legittimità; vedi al riguardo: (Cass sez. Trib. Ordinanza n. 14781 del 10.05.2022).

    ..

    Al riguardo un contributo tecnico alla materia così complessa e difficile è stato fornito dal cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nel 2015-2016 ma che ha trovato una postuma consacrazione legislativa solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n.160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1),

    ..

    La modificazione della portata della norma agevolativa per il triennio 2020-2022 e l'emanazione della nuova normativa se da un lato hanno contribuito a chiarire la portata e l'ambito della disposizione agevolativa per il futuro certamente non hanno risolto quelle incertezze che hanno caratterizzato la prima fase applicativa dell'agevolazione.

    ..

    Al riguardo questa Corte, intende porre l'accento sul fatto secondo cui le indicazioni fornite nel "Manuale di Frascati" sebbene codificato per gli anni di ricerca e sviluppo successivi (2021-2022) a quello di cui è causa (2015-2016) potevano in ogni caso, laddove conosciute ed applicate, contribuire a fornire una buona base di ragionamento per l' indicazione e per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo al riguardo come invece avvenuto dal 2021 in poi.  

    Il credito d'imposta è non dovuto, quindi l'accertamento deve essere fatto entro il quinto anno

    Pertanto l'atto di accertamento per il recupero del credito "d'imposta inesistente" deve considerarsi fuori termine rispetto all'ordinario termine previsto dall'art. 43/600 -ratione temporis vigente- fissato per il 2015 entro il termine del 31.12.2020, data entro la quale l'Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento piuttosto che un atto di recupero del credito d'imposta volto a contestare nel merito l'attività di R&S svolta dal contribuente qui appellante. Il primo motivo di appello, merita accoglimento.

    Il parere del MISE non è obbligatorio

    E' evidente, quindi, come l'attività di controllo rappresenti, per riserva di legge, una esclusiva attività di accertamento spettante di diritto all'Agenzia delle Entrate che può sviluppare in piena autonomia o. se lo ritiene necessario, avvalendosi anche di altre strutture della pubblica amministrazione utili e competenti per la motivazione dell'atto di accertamento; ovviamente trattasi di facoltà e non di obbligo e nell'ambito della piena autonomia della formazione dell'atto impositivo l'Agenzia delle Entrate ha, nel caso di specie, correttamente operato senza alcun abuso di potere. Per questa ragione anche il terzo motivo di appello non può trovare accoglimento.

    Il progetto è innovativo in presenza di un brevetto per modello di utilità e di disegni e modelli ornamentali

    4) Fondato appare il quarto motivo in ordine alla "infondatezza delle ragioni di merito" dell'atto di recupero del credito d'imposta. Il giudice di prime cure ha ritenuto con una motivazione non sorretta da un valido percorso logico-giuridico motivazionale, non spettante l'agevolazione per il riconoscimento del credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo basando principalmente il giudicato sull'analisi del rapporto esistente fra brevettabilità dei progetti e conseguente "innovazione" degli stessi. La ragione che ha condotto i giudici di prime cure al mancato riconoscimento del credito d'imposta per i progetti oggetto di esame si basa sul fatto che gli stessi " siano privi del requisito della innovatività" limitando però l'analisi della ricerca al superfluo rapporto esistente fra la stessa e i diritti di privativa (brevetti) richiesti per gli stessi ed argomentando, di conseguenza che: "la (...) ha ottenuto per i primi due progetti la registrazione per disegni e modelli ornamentali e per il terzo progetto il brevetto di utilità industriale laddove se i progetti fossero stati davvero innovativi avrebbe dovuto ottenere i brevetti di invenzione caratterizzati dalla necessaria ricorrenza di un alto grado di innovazione dell'invenzione presentata alla registrazione e che soprattutto rappresenti una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico mai risolto prima". Una affermazione che non può essere condivisa. E' di tutta evidenza come né la legge (Art.3 D.L.145/13), ratione temporis vigente, né il D.M. (27.05.2015) né la circolare dell'ADE (n. 5 del 2015) né tanto meno il "Manuale di Frascati" richiedono che i progetti di R&S per essere riconosciuti "Innovativi" tali debbano ottenere una privativa industriale di brevetto per "invenzione". Analizzando il merito della vicenda il giudice di prime cure nella motivazione della sentenza impugnata stigmatizza la mancanza del requisito di innovatività" nei progetti indicati di R&S ricavando impropriamente dalla documentazione versata in atti (diritti di privativa industriale quali i brevetti per "modelli di utilità") la prova della mancanza di uno dei requisiti richiesti per l'ammissione al beneficio quale appunto quello della "Innovazione" che, a dire del primo giudice, può essere verificato solo con un brevetto registrato di "invenzione". L'assunto non può essere condiviso in quanto il sito del ministero dello sviluppo economico nell'introduzione riservata all'utilizzo per le piccole e medie imprese di brevetti trattando di brevettazione dei modelli di utilità così precisa:" l'articolo 82 CPI prevede che possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficienza o comodità di applicazione o di impiego di macchine o di parti di esse strumenti utensili ovvero oggetti di uso in genere quali nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni disposizioni configurazioni o combinazioni di parti. Per essere protetto con modello di utilità è necessario che il prodotto industriale sia nuovo ed originale che abbia particolare efficacia o comodità); E' evidente, quindi, come il concetto di innovazione debba ricomprendersi tanto nel brevetto di utilità quanto nelle brevetto di invenzione nel senso che senza la novità e l'originalità ergo, l'innovazione, non è possibile ottenere l'iscrizione neanche come brevetto di utilità. Questa conclusione conforta la Corte nella sua interpretazione anche in considerazione delle disposizioni legislative (art 76 CPI) laddove è prevista anche la possibilità di conversione della domanda di brevetto in domanda di modello di utilità e viceversa su sentenza del giudice. (La stessa avvertenza è pubblicata anche nel sito del MISE). In definitiva quindi la registrazione come modello di utilità piuttosto che come invenzione nulla toglie al concetto di "innovazione" che qui interessa, individuando nella tutela legale più limitata quella della registrazione del brevetto di utilità rispetto a quella del brevetto di invenzione; ma ciò rientra nella libera scelta imprenditoriale, non sindacabile dal giudice ai fini dell'agevolazione richiesta per R&S in quanto anche la registrazione del brevetto per "utilità" per essere ottenuta necessita di un prodotto o processo "innovativo". Le controdeduzioni all'appello su questo punto non possono essere condivise per le ragioni sopraesposte in quanto la scelta del tipo di privativa da adottare dal punto di vista privatistico-imprenditoriale non può mai costituire una "ammissione implicita" al mancato riconoscimento del requisito di "novità", laddove peraltro come precisato deve comunque essere rinvenibile anche nel brevetto di "utilità".


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