Detassazione ambientale anche senza indicazione di «futuri risparmi»
In assenza di criteri per la valutazione dell’investimento incrementale, è sufficiente la rilevazione del «sovraccosto»
Al fine di fruire della detassazione ambientale (art. 6 commi 13 -19 della L. 388/2000) non occorre la dimostrazione dei “futuri risparmi di spesa“, ma è sufficiente la prova dei “sovraccosti“ sostenuti per gli impianti che determinano un impatto ambientale positivo. Questo, in buona sostanza, è quanto affermato dalla C.T. Prov. Reggio Emilia 29 febbraio 2012 n. 19/4/12.
Nel caso di specie, la società, con stabilimenti a ridosso di nuclei edilizi ad alta concentrazione abitativa, si occupava di attività di lavorazione (taglio, previo lavaggio) di forme di formaggio per il confezionamento e/o la produzione di grattugiato. La società aveva realizzato un evaporatore per trattare ed ottenere un’acqua di produzione con basse concentrazioni di inquinanti da poter scaricare in fognatura e fanghi da smaltire separatamente come rifiuti, per il quale aveva fruito della detassazione ambientale. L’Amministrazione finanziaria non riconosceva la variazione in diminuzione operata, disconoscendo i criteri eseguiti dalla ricorrente per il calcolo dei vantaggi in termini di “futuri risparmi di spesa”.
La questione riguarda, quindi, le modalità di calcolo del beneficio fiscale spettante.
Ai sensi dell’art. 6, comma 15 della L. 388/2000 gli investimenti ambientali vanno calcolati mediante l’approccio incrementale. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, con la ris. 11 luglio 2002 n. 226, ha chiarito che, secondo l’approccio incrementale, “i benefici per gli investimenti ambientali sono rigorosamente limitati ai costi di investimento supplementare (sovraccosti) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale”.
Secondo i giudici, quantificare concretamente i costi d’investimento supplementare basandosi su criteri oggettivi certi risulta alquanto “fumoso e indeterminato“, specie ove la stessa risoluzione precisa che “occorre rettificare il costo dell’investimento con riferimento ai vantaggi economici ottenuti in conseguenza dell’investimento ambientale realizzato, valutati in termini di aumento della capacità produttiva, di risparmi di spese e di produzioni accessorie aggiuntive”, senza indicare tra l’altro prescrizioni tassative. Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate suggerisce l’opportunità di ricorrere ad una certificazione, rilasciata da soggetti abilitati, sulle caratteristiche tecniche dei beni oggetto d’investimento in termini di riduzione dell’impatto ambientale e conseguimento di futuri risparmi di spesa.
L’Amministrazione finanziaria, ad avviso dei giudici, non potendo addebitare alla società alcuna omissione in termini di legge né la mancata osservanza della prassi amministrativa, “ripiega“ sulla mancata e dettagliata indicazione dei calcoli sui vantaggi in termini di “futuri risparmi di spesa“. La sentenza precisa che la norma agevolativa, tuttavia, non condiziona il beneficio fiscale all’indicazione specifica dei vantaggi in termini di risparmi; inoltre, la prassi ha previsto non l’obbligatorietà, ma l’opportunità della relazione tecnica a corredo dell’investimento.
La società ricorrente ha dimostrato di essere in possesso dei requisiti per accedere all’agevolazione previste dalla legge; inoltre, ha dato prova sufficiente, nella relazione tecnica, delle caratteristiche dell’impianto in relazione alla potenzialità di prevenire, ridurre e riparare i danni causati e dei rientri in termini di risparmio, specificando altresì che non si trattava di investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Di conseguenza, “ha detassato il reddito d’impresa in misura pari alla differenza, tra il costo totale di acquisto del macchinario oggetto dell’agevolazione - nessun acquisto di attrezzature equivalenti non ambientali - e i costi di produzione risparmiati, per effetto della maggiore produttività conseguente all’investimento con un impianto di distillazione”.
Ad avviso dei giudici, l’Amministrazione finanziaria ha effettuato solamente rilievi inerenti le valutazioni di convenienza relativa all’investimento, contestando, per motivare il mancato riconoscimento dell’agevolazione in esame, “la differenza tra la percentuale riportata nella scheda prodotta dalla società sui costi di smaltimento con impianto e l’indice di rilevanza ambientale certificato nella relazione tecnica”.
L’irragionevolezza di tale motivo, secondo la sentenza in esame, non solo è dimostrata dalla lettera della legge, che nulla dispone in merito, ma risulta incoerente con la “ratio“ delle disposizioni legislative che, nello spirito di favorire gli investimenti ambientali, a beneficio di tutta la collettività, hanno previsto tale agevolazione.