(2706) Compenso con preventivo scritto non obbligatorio, ma opportuno (Fonte: Eutekne)

Riforma delle professioni

Compenso con preventivo scritto non obbligatorio, ma opportuno

Al professionista potrebbe tornare utile un accordo scritto, per opporre una prova documentale più certa in caso di contestazione del cliente

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/ Giovedì 23 febbraio 2012
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La misura del compenso, adeguata all’importanza dell’opera, deve contenere le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. Il professionista è tenuto a illustrare al cliente la complessità dell’incarico, a comunicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale e a fornire le informazioni utili sugli oneri ipotizzabili fino alla conclusione della pratica. L’inosservanza delle prescrizioni costituisce illecito disciplinare.

È questo quanto prevede l’art. 9, comma 3, del DL n. 1/2012, con una norma già immediatamente efficace dal 24 gennaio 2012 (data di entrata in vigore del Decreto) e operativa – si ritiene – solo con riferimento ai rapporti sorti successivamente a tale data.
Questione, quest’ultima, che ha dato adito a diversi problemi interpretativi, a causa di una formulazione della norma imprecisa proprio dal punto di vista tecnico. Per questo, da più fronti, le categorie professionali coinvolte nella riforma auspicano chiarimenti ufficiali o, quantomeno, l’emanazione di emendamenti migliorativi nella legge di conversione, se non l’integrale soppressione dell’art. 9 citato.
Si segnala che, per la conversione del presente Decreto, manca ormai poco più di un mese, essendo previsto il termine per il 24 marzo 2012.

L’art. 9 del DL n. 1/2012, dunque, oltre a contenere la disciplina sulle professioni regolamentate in tema di tariffe professionali e tirocinio, fissa anche alcune regole sul compenso che sembrano “appesantire” ancora di più il professionista di nuovi oneri informativi

Da un lato, il Legislatore rimette alla libera contrattazione con la clientela la determinazione dei compensi, abrogando definitivamente le tariffe professionali, dall’altro, però, pone una serie di prescrizioni, a partire – elemento di non poco conto – dall’obbligo di pattuizione del compenso già al momento del conferimento dell’incarico professionale, con una determinazione analitica e dettagliata fatta di voci di costo per singole prestazioni.

Tuttavia, l’obbligo di formulare un compenso fatto di oneri dettagliati è spesso inattuabile, e non solo per la categoria degli avvocati (come da più parti reclamato), poiché l’attività professionale è funzione di attività correlate e connesse talvolta non facilmente prevedibili.
Da questo punto di vista, dunque, il Legislatore sembra aver gravato del rischio del maggior costo dell’attività, rispetto alle previsioni fatte, proprio il professionista. L’unico a pagare per la sua probabile impossibilità di definire con rigore la totalità dei compensi.

Compenso non sempre prevedibile da subito

Si pensi, ad esempio, alle prestazioni di carattere continuativo che, sviluppandosi nel lungo periodo, potrebbero non consentire la completa definizione dei costi, soprattutto con riferimento a circostanze non prevedibili al momento del conferimento dell’incarico. Né si potrebbe valutare a priori interamente la complessità dell’incarico stesso.

Non si può nascondere, allora, il fatto che la determinazione del compenso possa avere ugual grado di “analiticità” per tutte le prestazioni professionali. Per alcune, infatti, il compenso non potrà che essere calcolato per valori di massima, cioè prevedibili secondo la diligenza professionale al momento in cui è stato affidato l’incarico.
A tal proposito, potrebbe soccorrere l’inserimento nel contratto di una clausola di salvaguardia di rinvio a circostanze non previste o non prevedibili dalle parti, che implicano un’integrazione del compenso sulla base di una nuova negoziazione.

Ai fini deontologici, sembra bastare una pattuizione verbale sul compenso al momento del conferimento dell’incarico professionale (salvo richiesta di forma scritta da parte del cliente). Il problema è, però, come potersi poi difendere da un cliente che contesti l’omissione di tale obbligo oppure contesti proprio la non analiticità del compenso. Allora, forse, anche se obbligatorio non è, potrebbe essere più che opportuno procedere con un accordo scritto, così da poter opporre, in caso di contestazione, una prova documentale più certa.