Compensi con obbligo di preventivo scritto
In base al DL liberalizzazioni, il professionista deve pattuire col cliente un compenso «onnicomprensivo»
L’art. 9, comma 3, della bozza di decreto sulle liberalizzazioni prevede la pattuizione del compenso con il cliente per le prestazioni professionali già al momento del conferimento dell’incarico professionale. La determinazione del compenso va fatta per iscritto.
Il professionista dovrà andare nel dettaglio, informando il proprio cliente sul grado di complessità dell’incarico. Inoltre, il professionista dovrà seguire il criterio della trasparenza, mediante l’indicazione degli oneri ipotizzabili per tutto il rapporto professionale, dal conferimento alla conclusione dell’incarico.
Andranno inseriti, poi, anche i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale.
Ed ancora, la misura del compenso dovrà essere oggetto di “preventivo scritto”. La determinazione deve essere pattuita rispettando l’importanza dell’opera e in modo onnicomprensivo.
L’inosservanza costerà cara al professionista, scontando una sanzione disciplinare.
Questo quanto prevedrebbe la bozza del decreto. Abolite le tariffe, delineate dagli Ordini come un fattore posto a garanzia di qualità, la fissazione del “prezzo” afferente alle caratteristiche della prestazione dovrebbe essere perseguita, ora, nell’ottica del legislatore, con i due strumenti dell’accordo scritto con il cliente e del preventivo sulla determinazione dei compensi. Ciò nella prospettiva di consentire al cliente di confrontare varie proposte di più professionisti.
All’attenzione del professionista si aprono, però, alcune problematiche.
Innanzitutto, nulla la norma dispone circa gli effetti sui rapporti già in corso. Dalla lettura della norma, ove si fa riferimento alla pattuizione dell’accordo “al momento del conferimento” e secondo i principi generali (art. 11 delle preleggi, sull’efficacia della legge nel tempo), si desumerebbe che l’obbligo valga solo per i nuovi conferimenti di incarico. Rimarrebbe così nella scelta del professionista di valutare l’opportunità di segnalare ai propri clienti un eventuale preventivo sulle prestazioni future.
Si è detto che l’inadempimento del professionista, che non si attiene all’obbligo del preventivo scritto, costituisce illecito disciplinare. Anche in merito, la norma non precisa null’altro. Si riterrebbe allora che, in questo caso, la mancata presentazione del preventivo, salvo prospettare un’ipotesi di nullità virtuale, non infici l’accordo pattuito dalle parti, rimanendo però in capo al cliente la possibilità di fare una segnalazione al competente Ordine professionale.
Il preventivo, in quanto “proposta” descrittiva dell’incarico poi accettata dal cliente, è vincolante per il professionista. Ma rendere noto il grado di complessità dell’incarico, prefigurare gli oneri ipotizzabili e poi la pattuizione onnicomprensiva del compenso, può risultare estremamente complesso.
Ciò soprattutto con riferimento alle prestazioni continuative. Si pensi, ad esempio, al conferimento dell’incarico su tenuta delle scritture contabili, assistenza degli adempimenti amministrativi e tributari, per i quali la determinazione di un compenso unitario rispetto alle voci delle singole prestazioni future potrebbe essere non così semplice nella prima fase, salvo affidarsi a particolari “facoltà divinatorie”. Ove, si ribadisce, la misura del compenso non può “scadere” in prezzari forfait, dovendo essere adeguata all’importanza dell’opera.
Certo, trattandosi di un “accordo”, si ritiene si possa ricorrere alla sua modifica in itinere. Sul punto, allora, potrebbe essere opportuno il ricorso a un preventivo/accordo analitico, suddiviso per singole voci.
Ma senza la collaborazione delle parti, quali armi potrebbe avere il professionista, comunque tenuto alla prestazione in base ai doveri di diligenza professionale?
Fra le alternative ipotizzabili, il professionista, così come, d’altro canto anche il cliente, potrebbe recedere dall’accordo e ridiscutere il calcolo dei corrispettivi pattuiti nella fase iniziale.
Si potrebbe, poi, supporre l’apertura di un contenzioso giudiziario mediante impugnazione dell’accordo davanti ad un giudice che, ferma l’abrogazione delle tariffe, liquiderà il compenso seguendo “parametri” stabiliti con decreto ministeriale.
Sempre sotto il profilo civilistico, poi, si potrebbe ipotizzare, di fronte a oneri sopravvenuti non previsti né prevedibili, il ricorso ai rimedi per eccessiva onerosità sopravvenuta.