La Pa non chiede più certificati
Alessandro Selmin
IlSole24Ore 06 gennaio 2012
Con l'inizio del nuovo anno, si chiude un'epoca nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Ha trovato attuazione, infatti, la norma per cui le pubbliche amministrazioni non possono chiedere ai privati informazioni già in loro possesso. Così, i privati (cittadini, imprese, professionisti) non faranno più la spola da un ente pubblico all'altro (compresi i gestori di servizi pubblici) per consegnare i certificati che attestano situazioni e qualità che li riguardano.
Le nuove disposizioni sui certificati e sulle dichiarazioni sostitutive sono previste dalla legge 183/2011 (legge di stabilità 2012), all'articolo 15. In particolare, si dispone che:
- i certificati rilasciati dalle Pubbliche amministrazioni riguardanti stati e qualità di un privato (residenza, iscrizione in un Albo, situazione penale, elencati nell'articolo 46 del Dpr 445/2000) sono validi e utilizzabili dal privato soltanto nei rapporti con un altro privato. Sui certificati sarà posta una dicitura che precisa questo vincolo («Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi»). Il certificato senza questa dicitura è considerato inesistente.
- le Pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi non possono quindi né richiedere al privato, né accettare certificati
- le Pubbliche amministrazioni e i gestori hanno due possibilità per conoscere stati e qualità del privato: ottenere i dati direttamente dagli enti che li possiedono, oppure richiedere al privato interessato di compilare una dichiarazione che riporti i dati richiesti (autocertificazione).
Queste due modalità, però, non comportano analoghe conseguenze per il privato.
Compilare una dichiarazione sostitutiva di certificazione è un'operazione rischiosa quando i dati da riportare sono di comprensione non immediata, complessi o numerosi. Questo è il caso, per esempio, delle aziende che devono autocertificare i dati riportati negli attuali certificati o visure del Registro imprese: i dati sono numerosi, e in certi casi (come l'attività economica svolta e le eventuali condanne subite) non sempre memorizzati dall'imprenditore.
Il rischio di errore, anche in buona fede, è altissimo e le conseguenze penali e amministrative sono molto pesanti.
Se si vuole instaurare un corretto rapporto con i cittadini, l'unica modalità utilizzabile da una Pubblica amministrazione è l'acquisizione d'ufficio delle notizie detenute dagli enti che hanno il potere di certificare.
Lo strumento della dichiarazione sostitutiva dovrebbe essere usato solo quando riguarda atti di notorietà, cioè atti con i quali si dichiarano fatti che non sono certificati da nessun ente pubblico (articolo 47 del Dpr 445/2000) e non quando la dichiarazione riguarda notizie certificabili dalle Pa. Così operando, si ottengono due risultati: i funzionari pubblici sono quasi del tutto liberati dal lavoro di controllo dell'autocertificazione. Inoltre, l'obiettivo della certezza pubblica è raggiunto perchè i privati evitano il rischio di una dichiarazione infedele.
Le nuove disposizioni sui certificati e sulle dichiarazioni sostitutive sono previste dalla legge 183/2011 (legge di stabilità 2012), all'articolo 15. In particolare, si dispone che:
- i certificati rilasciati dalle Pubbliche amministrazioni riguardanti stati e qualità di un privato (residenza, iscrizione in un Albo, situazione penale, elencati nell'articolo 46 del Dpr 445/2000) sono validi e utilizzabili dal privato soltanto nei rapporti con un altro privato. Sui certificati sarà posta una dicitura che precisa questo vincolo («Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi»). Il certificato senza questa dicitura è considerato inesistente.
- le Pubbliche amministrazioni e i gestori di servizi non possono quindi né richiedere al privato, né accettare certificati
- le Pubbliche amministrazioni e i gestori hanno due possibilità per conoscere stati e qualità del privato: ottenere i dati direttamente dagli enti che li possiedono, oppure richiedere al privato interessato di compilare una dichiarazione che riporti i dati richiesti (autocertificazione).
Queste due modalità, però, non comportano analoghe conseguenze per il privato.
Compilare una dichiarazione sostitutiva di certificazione è un'operazione rischiosa quando i dati da riportare sono di comprensione non immediata, complessi o numerosi. Questo è il caso, per esempio, delle aziende che devono autocertificare i dati riportati negli attuali certificati o visure del Registro imprese: i dati sono numerosi, e in certi casi (come l'attività economica svolta e le eventuali condanne subite) non sempre memorizzati dall'imprenditore.
Il rischio di errore, anche in buona fede, è altissimo e le conseguenze penali e amministrative sono molto pesanti.
Se si vuole instaurare un corretto rapporto con i cittadini, l'unica modalità utilizzabile da una Pubblica amministrazione è l'acquisizione d'ufficio delle notizie detenute dagli enti che hanno il potere di certificare.
Lo strumento della dichiarazione sostitutiva dovrebbe essere usato solo quando riguarda atti di notorietà, cioè atti con i quali si dichiarano fatti che non sono certificati da nessun ente pubblico (articolo 47 del Dpr 445/2000) e non quando la dichiarazione riguarda notizie certificabili dalle Pa. Così operando, si ottengono due risultati: i funzionari pubblici sono quasi del tutto liberati dal lavoro di controllo dell'autocertificazione. Inoltre, l'obiettivo della certezza pubblica è raggiunto perchè i privati evitano il rischio di una dichiarazione infedele.