Il Sole 24 Ore 26 novembre 2011
MILANO Un esercito di 25mila caselle attivate, che spesso però rimane nelle retrovie, troppo nascosto per farsi vedere. È questa l´immagine della posta elettronica certificata nella Pubblica amministrazione che emerge dall´incrocio fra i censimenti ufficiali e la pratica quotidiana di chi segue il dialogo telematico tra uffici e cittadini. Il monitoraggio in tempo reale condotto da DigitPa, l´ente nazionale per la «digitalizzazione della Pubblica amministrazione» vigilato dalla Funzione pubblica, traccia un quadro caratterizzato da numeri confortanti. Negli enti medio-grandi la posta elettronica certificata sembra ormai di casa, con l´eccezione della Regione Sicilia che anche in questo caso (come avviene per esempio nei censimenti del personale pubblico gestiti dalla Ragioneria generale) sfugge alle comunicazioni ufficiali. Nei ministeri la Pec fa l´en plein, e anche scendendo sul territorio la diffusione è quasi totalitaria nelle Province e largamente maggioritaria nei Comuni: il 24% di sindaci che ancora manca all´appello, spiegano gli addetti ai lavori, è concentrato quasi sempre in piccoli Comuni, dove resiste un gap tecnologico colmato solo in parte dai programmi ad hoc messi in campo negli anni scorsi da Palazzo Vidoni per gli enti minori. Forte anche la diffusione nel campo della sicurezza, con i Carabinieri che, per esempio, primeggiano con migliaia di caselle di posta elettronica certificata attivate, e fra gli enti pubblici non economici, a partire da Inps e Inail che vantano centinaia di caselle a testa. «La Pec si sta diffondendo in maniera capillare nella Pubblica amministrazione – spiega Secondo Amalfitano, presidente di FormezItalia – ma molte di queste non sono comunicate e quindi nei fatti rimangono morte, perché il problema è la reciprocità». La casella di posta, ovviamente, per funzionare deve essere conosciuta, anche per gli obblighi che scattano automaticamente una volta che l´indirizzo è a disposizione di cittadini e imprese. Quando un ufficio pubblico riceve una comunicazione dal privato tramite posta elettronica certificata, secondo il Codice dell´amministrazione digitale, ha l´obbligo di rispondere utilizzando lo stesso canale, e di conseguenza deve organizzarsi per andare oltre il mero adempimento formale dell´attivazione della casella e della comunicazione al registro ufficiale (www.indicepa.gov.it). Su questo secondo versante nascono gli altri problemi. I canali di posta elettronica certificata, in base alle norme, seguono l´articolazione per «protocolli» dell´ente pubblico, che però cittadini e imprese non sono tenuti a conoscere. Per ovviare al problema, gli enti si organizzano in modo diverso: alcuni pubblicizzano un indirizzo generale (nel caso del Comune di Milano, per esempio, ci si arriva in due click, e lo stesso accade a Roma), occupandosi poi al proprio interno della distribuzione delle comunicazioni. In altri casi, invece, le caselle si moltiplicano all´interno della stessa amministrazione: «Anche il numero eccessivo – sottolinea Amalfitano – crea confusione, perché costringe gli utenti a orientarsi fra una selva di indirizzi, a volte senza indicazioni chiare». Chiuso il cantiere normativo, comunque, la Pec "pubblica" punta sulla prassi, per creare un´abitudine diffusa che non si può introdurre per decreto. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
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