(2854) Solo il 2% delle imprese ha ricevuto agevolazioni nel 2010 (www.incentivionline.mcc.it)

N.134 - Maggio 2012
In questo numero
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Solo il 2% delle imprese ha ricevuto agevolazioni nel 2010

 

 


Le politiche pubbliche riguardano una percentuale trascurabile di imprese sia con riferimento agli aiuti di Stato tradizionali si alle garanzie su fondi pubblici. Le imprese che dichiarano di aver avuto agevolazioni sono meno del 2% del totale, percentuale che registra solo un lieve aumento nelle Regioni meridionali cosiddette dell’Obiettivo Convergenza. Una dato che non sorprende considerando che nel 2010 si registrano erogazioni di aiuti per soli 2,7 miliardi di euro. Limitando l’analisi ai soli interventi di garanzia sostenuti dai fondi pubblici si scopre che anche questi interessano una quota molto modesta delle imprese (1,3%), quota molto inferiore rispetto al numero di coloro che hanno avuto problemi con la richiesta di garanzie da parte delle banche (5,6%). La distanza è molto forte per le piccole imprese, mentre si registra un grande utilizzo per le medie e le grandi dimensioni.

Questi dati emergono dalle prime anticipazioni del Rapporto MET 2011, lo studio che annualmente raccoglie analisi sistematiche sulle politiche industriali e di sostegno alle attività produttive nelle venti regioni italiane. Il Rapporto contiene anche i risultati di una rilevazione campionaria che coinvolge nelle singole tornate ben oltre le 20.000 imprese intervistate, di tutte le classi dimensionali.

Da questa indagine risulta che le dinamiche di bilancio mostrano la forte crescita delle imprese in perdita nel 2009 e il parziale recupero nel 2010. Nelle aree Convergenza (il Mezzogiorno) il peggioramento è stato minore nel 2009, ma è proseguito nel 2010. Aumentano anche le imprese che hanno registrato un forte calo del fatturato. Le prospettive per il 2012/2013 appaiono ancora negative soprattutto per le micro imprese. Prevalgono comunque le imprese con stazionarietà delle prospettive (oltre il 75%).

Chi è attivo nella ricerca ha però prospettive significativamente migliori, soprattutto nelle Regioni Convergenza. Più in generale le tre chiavi del dinamismo si confermano innovazione,  R&S e internazionalizzazione che, nonostante la loro stretta interrelazione, nella crisi hanno registrato andamenti aggregati differenziati. Tra il 2008 e il 2011, infatti, si è avuto un forte calo degli investimenti e dell’introduzione di innovazioni di prodotto. Per quanto riguarda la R&S, al contrario, dopo un calo nel 2009, si ha una reazione apprezzabile nel 2011 per tutte le classi dimensionali sopra i 10 addetti (mentre le microimprese calano ulteriormente), con una forte ripresa anche delle Regioni Convergenza e in particolare di Puglia e Campania. L’internazionalizzazione è in accelerazione per tutte le imprese comprese tra i 10 e i 250 addetti, in ripiegamento per le microimprese e in assestamento per le imprese maggiori (comunque più internazionalizzate). Le Regioni Convergenza hanno registrato un ulteriore arretramento relativo tra 2009 e 2011 con l’eccezione, come detto, di R&S, settore nel quale le politiche potrebbero aver avuto un qualche peso.

Un'altra chiave di dinamismo analizzato dal Rapporto Met è rappresentato dalle reti locali che hanno rilievo per un numero molto elevato di soggetti (tra ¼ e 1/3 delle imprese totali). Prevalgono i rapporti stabili di acquisto/vendita, piuttosto che le relazioni più sofisticate di cooperazione (particolarmente ridotte al Sud). Se il campo si restringe alle filiere (relazioni stabili funzionali alla realizzazione di un prodotto specifico e specializzato) il numero di imprese coinvolte cala sensibilmente e coinvolge circa il 13% delle imprese italiane (22% dell’occupazione).

Le tre filiere con maggiore presenza sono quelle dell’ Agroalimentare, del Sistema abbigliamento e moda, e della Meccanica. Il Sistema abbigliamento registra una prevalenza di prodotti finali al Centro Nord e di semilavorati nelle Regioni Convergenza, mentre per la Meccanica la situazione è inversa. Escludendo l’Agroalimentare, che ha caratteristiche relativamente simile nelle due aree, le filiere meridionali sono molto meno diffuse, con una internazionalizzazione minore, e più deboli sul piano strategico. Ciò nonostante, anche nelle Regioni Convergenza le imprese in filiera sono molto più innovative e internazionalizzate della media del territorio.

Segnali di cambiamento sono visibili anche in riferimento alla struttura finanziaria. Dallo studio dei bilanci emerge un calo generalizzato della leva finanziaria tra il 2008 e il 2010: la riduzione dell’indebitamento è stata marcata per le imprese più indebitate, mentre per le meno indebitate si è visto, addirittura, un aumento debito. Il rapporto debiti su fatturato (come indice approssimativo delle esigenze di circolante) tra il 2008 e il 2010 si è apprezzabilmente accresciuto. Il vincolo finanziario per gli investimenti dichiarato dalle imprese è in sensibile calo tra il 2009 e il 2011: in pratica gli investimenti sono frenati più dalla domanda che dai vincoli finanziari.

L’analisi dei vincoli finanziari in relazione all’attività di R&S presenta però dinamiche opposte: il passaggio dal 2009 al 2011 ha portato a  un incremento molto forte del numero di imprese che dichiara un difficoltà di accesso al credito per finanziare progetti rischiosi come quelli di ricerca. Per combattere una crisi di domanda interna un numero consistente di imprese sembra dunque intraprendere l’attività di R&S con l’obiettivo di creare un “nuovo mercato” e generare nuova domanda. In un contesto di questo tipo, la mancanza di risorse finanziarie rappresenta un forte vincolo all’attività aziendale. Se in media il razionamento ha riguardato il 9% delle imprese che intendevano fare investimenti, questo indice sale al 27% per le aziende intenzionate a realizzare programmi di ricerca.

In conclusione, le imprese che investono in ricerca e sviluppo hanno prospettive migliori anche in tempi di crisi, ma trovare risorse finanziarie per questo tipo di spese diventa sempre più difficile. Non è forse in questa direzione che dovrebbe guardare la politica industriale?