Il credito d’imposta si recupera solo con lo specifico avviso
Se, dopo la notifica dell’avviso, vengono iscritte a ruolo le stesse somme a seguito della liquidazione automatica ex art. 36-bis, c’è doppia imposizione
Si verifica un’illegittima doppia imposizione se l’Amministrazione finanziaria, dopo aver notificato l’apposito avviso di recupero del credito d’imposta indebitamente utilizzato dal contribuente, iscrive a ruolo le stesse somme a seguito della liquidazione automatica della dichiarazione ex art. 36-bis. Lo ha stabilito la C.T. Reg. di Bari, con la sentenza n. 27/5/12 del 19 aprile 2012.
Nel caso affrontato dai giudici di merito, l’Ufficio, avendo accertato l’insussistenza dei presupposti per la fruizione del credito d’imposta per investimenti agevolati nelle aree svantaggiate, aveva notificato al contribuente l’apposito avviso di recupero. Avverso tale atto era stato promosso un ricorso, in esito al quale il provvedimento veniva annullato, anche in appello (il giudizio pendeva in Cassazione).
Nella frattempo, l’Amministrazione Finanziaria, sulla base del controllo automatizzato della dichiarazione ex art. 36-bis del DPR 600/1973, iscriveva a ruolo le somme derivanti dal disconoscimento del predetto credito d’imposta e, quindi, al contribuente veniva notificata la relativa cartella di pagamento. Quest’ultima veniva tempestivamente impugnata, perché, secondo il ricorrente, violava il divieto di doppia imposizione di cui all’art. 67 del DPR 600/1973, in base al quale la stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto.
I giudici baresi hanno stabilito che, in effetti, l’Ufficio aveva violato la prefata disposizione, atteso che l’oggetto dell’avviso di recupero e quello della cartella di pagamento era lo stesso, ovvero il credito d’imposta che secondo il Fisco era stato indebitamente utilizzato dal contribuente.
In sostanza, si potrebbe affermare che la stessa pretesa tributaria era stata azionata due volte: una con l’avviso di recupero, poi impugnato dal contribuente, e l’altra con la cartella di pagamento oggetto della pronuncia in commento. Perciò, la Commissione ha ritenuto fondata la censura del contribuente circa la doppia tassazione così subita.
Il collegio d’appello, peraltro, ha anche ricordato che, al fine di recuperare il credito d’imposta, l’Ufficio non avrebbe comunque potuto ricorrere alla procedura di cui al predetto art. 36-bis, dovendo procedere, invece, ai sensi dell’art. 1, comma 421, della L. 311/2004, alla notifica di un apposito avviso di recupero motivato, così come, infatti, aveva già operato in precedenza.
Mette conto di ricordare che il predetto comma 421 reca la disciplina per il recupero dei crediti d’imposta previsti dalle legge speciali (bonus assunzioni, bonus ricerca e sviluppo, ecc.). In particolare, essa prevede che l’Agenzia delle Entrate possa emanare appositi avvisi di recupero dei crediti d’imposta utilizzati anche in compensazione, e che tali atti siano motivati e notificati ex art. 60 del DPR 600/1973; rimangono, peraltro, fermi tutti gli altri poteri e attribuzioni previsti da quest’ultimo decreto, e la riscossione deve avvenire nel rispetto del DPR 602/1973. Le somme devono essere versate entro il termine indicato nell’atto, comunque non inferiore a sessanta giorni.
L’Amministrazione finanziaria, pertanto, non può recuperare i crediti d’imposta (speciali) avvalendosi della procedura prevista per la liquidazione automatica della dichiarazione, ma deve utilizzare quella stabilita per gli atti di accertamento, di cui gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta ne sono una specie.
Del resto, in più occasioni, la Suprema Corte ha confermato che tali avvisi di recupero, già utilizzati dall’Amministrazione finanziaria anche prima della L. 311/2004, hanno natura accertativa (cfr. Cass. 6582/2011, 22322/2010, 13858/2010). Conformemente, la dottrina li ha definiti quali provvedimenti amministrativi di natura decisoria e con efficacia dichiarativa, tendenti ad accertare la sussistenza o meno dei requisiti e delle condizioni legali da cui deriva il diritto all’agevolazione.