Omessa dichiarazione con credito: è possibile richiedere il rimborso
Il diritto a favore del contribuente è subordinato al recupero, da parte dell'ufficio, delle somme dovute per l'errore. La regola vale per l'Iva e le imposte sul reddito
In fase di liquidazione, da parte dell'ufficio delle Entrate, delle dichiarazioni fiscali Iva, Irpef, Ires e Irap, a volte si verifica il caso in cui il contribuente dichiarante riporta un credito maturato relativo a un'annualità per la quale non è stata presentata la dichiarazione.
L'eccedenza è effettivamente maturata ma, mancando il documento che la evidenzia all'origine, non è possibile riconoscerla. L'errore "viene a galla" al momento del controllo delle dichiarazioni e l'ufficio non può fare altro che recuperare le somme.
Il contribuente può riavere l'attivo spettante ma deve prima sanare l'irregolarità commessa.
Queste le indicazioni della circolare 34/E del 6 agosto.
Il riconoscimento del credito Iva
Il documento dell'Agenzia distingue il trattamento di questo tipo di richieste in campo Iva e in quello delle imposte dirette.
In fase di liquidazione della dichiarazione Iva (articolo 54 del Dpr 633/72) se è riportato un credito che viene da annualità per cui la dichiarazione risulta omessa, l'ufficio non lo riconosce e di conseguenza richiede la restituzione del maggiore debito d'imposta o della minore eccedenza detraibile, con le relative sanzioni del 30 per cento.
Come prevede l'articolo 30, sempre del 633/72, infatti, "se dalla dichiarazione annuale risulta un'eccedenza il contribuente ha diritto di computare l'importo … in detrazione nell'anno successivo": in caso di omessa presentazione, quindi, non è possibile riportare il credito o chiederne il rimborso, a prescindere dal fatto che lo stesso sia effettivamente maturato.
Se da un lato però, anche da sentenze della Cassazione, viene esclusa la possibilità di riportare il credito, ed è perciò ritenuto corretto il comportamento dell'ufficio, dall'altro la stessa Corte, in coerenza con il principio di neutralità che ispira l'Iva, riconosce la validità dell'eccedenza e, qualora ne venga riscontrata l'effettività, ammette il contribuente al rimborso attraverso la presentazione di una domanda ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 546/1992, da produrre entro due anni dal pagamento degli esiti della liquidazione o della definizione del contenzioso instaurato.
L'ufficio competente nell'esaminare le domande verificherà l'effettiva esistenza e spettanza del credito, richiedendo eventualmente documentazione contabile ed extracontabile.
Il credito per le imposte sul reddito
Le conclusioni valide per l'Iva sono in realtà buone anche per l'Irpef, l'Ires e l'Irap.
Anche in questi casi se viene riportata un'eccedenza relativa a un'annualità per cui non si è presentata dichiarazione, la stessa non è riconosciuta e in fase di liquidazione, questa volta con l'articolo 36-bis del Dpr 600/1973, sono esclusi dal conteggio gli importi portati a credito con conseguente emissione di provvedimenti di recupero, con sanzioni e interessi.
Il contribuente che vuole vedere riconosciuto il suo diritto al credito deve, anche in tale ipotesi, regolarizzare le somme pretese dall'ufficio in fase di liquidazione e poi, entro due anni dal pagamento, produrre una domanda di rimborso dell'eccedenza ai sensi dell'articolo 21 del Dlgs 546/1992.
Mediazione e conciliazione
Nel rispetto del principio generale della giusta imposizione fiscale, le controversie relative a questo tipo di contrasti possono essere definite anche per mezzo di un accordo di mediazione o conciliazione, che prevede il riconoscimento del credito effettivamente spettante (scomputandolo dalle somme originariamente richieste dall'ufficio) e il pagamento della sanzione ridotta al 40% e degli interessi.
L'eccedenza è effettivamente maturata ma, mancando il documento che la evidenzia all'origine, non è possibile riconoscerla. L'errore "viene a galla" al momento del controllo delle dichiarazioni e l'ufficio non può fare altro che recuperare le somme.
Il contribuente può riavere l'attivo spettante ma deve prima sanare l'irregolarità commessa.
Queste le indicazioni della circolare 34/E del 6 agosto.
Il riconoscimento del credito Iva
Il documento dell'Agenzia distingue il trattamento di questo tipo di richieste in campo Iva e in quello delle imposte dirette.
In fase di liquidazione della dichiarazione Iva (articolo 54 del Dpr 633/72) se è riportato un credito che viene da annualità per cui la dichiarazione risulta omessa, l'ufficio non lo riconosce e di conseguenza richiede la restituzione del maggiore debito d'imposta o della minore eccedenza detraibile, con le relative sanzioni del 30 per cento.
Come prevede l'articolo 30, sempre del 633/72, infatti, "se dalla dichiarazione annuale risulta un'eccedenza il contribuente ha diritto di computare l'importo … in detrazione nell'anno successivo": in caso di omessa presentazione, quindi, non è possibile riportare il credito o chiederne il rimborso, a prescindere dal fatto che lo stesso sia effettivamente maturato.
Se da un lato però, anche da sentenze della Cassazione, viene esclusa la possibilità di riportare il credito, ed è perciò ritenuto corretto il comportamento dell'ufficio, dall'altro la stessa Corte, in coerenza con il principio di neutralità che ispira l'Iva, riconosce la validità dell'eccedenza e, qualora ne venga riscontrata l'effettività, ammette il contribuente al rimborso attraverso la presentazione di una domanda ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 546/1992, da produrre entro due anni dal pagamento degli esiti della liquidazione o della definizione del contenzioso instaurato.
L'ufficio competente nell'esaminare le domande verificherà l'effettiva esistenza e spettanza del credito, richiedendo eventualmente documentazione contabile ed extracontabile.
Il credito per le imposte sul reddito
Le conclusioni valide per l'Iva sono in realtà buone anche per l'Irpef, l'Ires e l'Irap.
Anche in questi casi se viene riportata un'eccedenza relativa a un'annualità per cui non si è presentata dichiarazione, la stessa non è riconosciuta e in fase di liquidazione, questa volta con l'articolo 36-bis del Dpr 600/1973, sono esclusi dal conteggio gli importi portati a credito con conseguente emissione di provvedimenti di recupero, con sanzioni e interessi.
Il contribuente che vuole vedere riconosciuto il suo diritto al credito deve, anche in tale ipotesi, regolarizzare le somme pretese dall'ufficio in fase di liquidazione e poi, entro due anni dal pagamento, produrre una domanda di rimborso dell'eccedenza ai sensi dell'articolo 21 del Dlgs 546/1992.
Mediazione e conciliazione
Nel rispetto del principio generale della giusta imposizione fiscale, le controversie relative a questo tipo di contrasti possono essere definite anche per mezzo di un accordo di mediazione o conciliazione, che prevede il riconoscimento del credito effettivamente spettante (scomputandolo dalle somme originariamente richieste dall'ufficio) e il pagamento della sanzione ridotta al 40% e degli interessi.
r.fo.
pubblicato Lunedì 6 Agosto 2012