(264) Accertamento con adesione "incerto" per i recuperi di crediti d'imposta (Fonte: Eutekne.info)

Accertamento con adesione «incerto» per i recuperi di crediti d’imposta

Per l’applicabilità degli istituti deflativi del contenzioso, occorre valutare caso per caso la questione

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 / Giovedì 12 luglio 2012
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Come sostenuto in un precedente articolo (si veda “Ampia tutela contro gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta” del 7 luglio 2012), gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta hanno sostanziale natura di avvisi di accertamento e ciò comporta, a nostro avviso, una serie di conseguenze in merito ai vari istituti deflativi del contenzioso presenti nell’ordinamento.
Vi è da dire che, a quanto pare, nelle “avvertenze” relative a detti atti non sono presenti indicazioni circa la possibilità di definire la vertenza mediante adesione o acquiescenza.

Stante la mancanza di interventi della giurisprudenza sul punto, il contribuente dovrebbe tenere un comportamento sempre cautelativo, valutando l’opportunità di non ricorrere ad istituti deflativi del contenzioso ove ciò, se disconosciuto dagli Uffici, possa comportare effetti pregiudizievoli (il tutto in attesa che sopravvengano le prime pronunce della giurisprudenza).

Nell’adesione ai “PVC”, il contribuente ben potrebbe inviare la comunicazione di adesione: se l’Ufficio ritenesse la fattispecie non definibile, semplicemente non notificherebbe l’atto di definizione dell’accertamento parziale, ma opporrebbe il diniego e il procedimento seguirà il suo corso senza particolari problemi.

Diverso sarebbe il caso dell’accertamento con adesione, posto che se il giudice, investito del successivo ricorso, ritenesse non definibile la vertenza, potrebbe dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione per tardività, sulla base del fatto che la domanda di adesione, a questo punto, sarebbe priva di effetti e non cagionerebbe la sospensione del termine per impugnare per il consueto periodo di novanta giorni.

Anche il ricorso all’acquiescenza potrebbe avere effetti pregiudizievoli: se il contribuente versasse le somme entro il termine per il ricorso con le sanzioni ridotte e l’ufficio ritenesse non eseguibile l’acquiescenza, potrebbe richiedere le restanti somme a titolo di sanzione e allora occorrerebbe impugnare la cartella di pagamento e l’esito del contenzioso sarebbe incerto.

Reclamo sempre obbligatorio

Le medesime considerazioni valgono per la definizione agevolata delle sanzioni, peraltro espressamente inibita dall’art. 27 del DL 185/2008 nel caso degli avvisi di recupero per crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione.
Invece, nessun dubbio sussiste per la proponibilità del reclamo, stante la chiara formulazione dell’art. 17-bis del DLgs. 546/92.

L’istituto è obbligatorio per tutti gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000 euro (si calcola la sola maggiore imposta contestata), quindi anche per gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta.
Stesso discorso per la conciliazione giudiziale: nelle cause non reclamabili (ove la conciliazione è inibita) il contribuente, prima dell’udienza di trattazione, può definire la controversia previo accordo con l’Ufficio, poiché l’art. 48 del DLgs. 546/92 non prevede preclusioni di sorta.
Nel caso della mediazione e della conciliazione giudiziale, le sanzioni sono ridotte nella misura del 40%.