Capita spesso che per le ragioni piu` disparate un credito d`imposta venga correttamente evidenziato in una dichiarazione ma sia poi riportato in quelle successive.
In tali occasioni, non e` raro che gli Uffici contestino la violazione delle norme sull`esercizio del diritto di credito d`imposta e notifichino al contribuente avvisi di accertamento ovvero neghino il diritto al rimborso. Un caso simile e` quello esaminato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 15229 depositata il 12 settembre 2012 in senso nettamente favorevole al contribuente. Al di la` delle peculiarita` del caso concreto (si trattava, infatti, di un ente pubblico che aveva evidenziato il credito in una dichiarazione rettifica depositata successivamente l`inutile decorso del termine previsto per la presentazione della dichiarazione dell`anno successivo), i principi espressi dai giudici appaiono molto importanti, sia perche` ribadiscono l`irrilevanza dei "salti dichiarativi", sia perche` contestano esplicitamente il diverso e minoritario indirizzo giurisprudenziale.
La Corte, infatti, ha dichiarato perentoriamente che il termine decadenziale biennale deve essere riferito unicamente all`esercizio del diritto e, cioe`, alla manifestazione di volonta` dell`avente diritto (il contribuente) di avvalersi del diritto di credito tempestivamente effettuata con la dichiarazione dei redditi. Al contrario, sono del tutto irrilevanti i riporti formali nelle dichiarazioni successive cosi` come la compilazione dell`apposito modulo di rimborso, il quale rappresenta null`altro che un necessario "adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso". "Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto esso non puo` considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto ora dall`art. 21 proc. trib. [...] ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale".
Avv. Diego Conte
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