PEC, bancomat e start up nel nuovo Decreto «crescita e sviluppo»
La bozza circolata nelle scorse ore, in discussione al CdM di venerdì prossimo, pone al centro la digitalizzazione del sistema Paese
Un indice nazionale degli indirizzi di PEC di imprese e professionisti, l’obbligo di accettare pagamenti tramite bancomat, un credito d’imposta per le nuove infrastrutture e un’intera sezione dedicata allo sviluppo delle start up innovative: stando alle bozze circolate nelle scorse ore, sarebbero queste alcune delle novità più rilevanti contenute nel nuovo Decreto “crescita e sviluppo”, che dovrebbe approdare in Consiglio dei Ministri venerdì 14 settembre.
E sarà un decreto dedicato, in massima parte, all’attuazione della cosiddetta “Agenda digitale”, volta alla promozione delle nuove tecnologie e alle connesse possibilità di sviluppo economico sostenibile. Si tratta di un progetto presentato nel maggio 2010 dalla Commissione europea, secondo specifiche aree d’azione: mercato digitale unico, internet veloce e superveloce, interoperabilità e standard, fiducia e sicurezza informatica, ricerca e innovazione, alfabetizzazione informatica e ICT per la società. In altre parole, per agevolare la competitività degli Stati membri, l’Europa scommette sul superamento, entro il 2020, del digital divide.
La bozza di decreto rilancia questi principi concentrandosi, soprattutto, sulla digitalizzazione dell’Amministrazione Pubblica e sulla trasmissione telematica dei documenti utili al cittadino. Rientrerebbe in questo contesto anche il nuovo Indice nazionale degli indirizzi di PEC delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), con l’aggiunta dell’art. 6-bis al DLgs. 82/2005: l’INI-PEC dovrebbe quindi essere creato presso il Ministero dello Sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del testo, a partire dagli elenchi tenuti dagli Ordini o collegi e contenuti nel Registro delle imprese.
Le modalità di comunicazione degli indirizzi PEC da parte degli Ordini saranno stabilite con un successivo regolamento del Ministero dello Sviluppo economico, che a sua volta utilizzerà le strutture informatiche delle Camere di Commercio per la realizzazione pratica dell’Indice.
Una sezione della bozza riguarda, poi, l’utilizzo della moneta elettronica: coloro che forniscono servizi anche professionali o vendono prodotti dovranno accettare i pagamenti via bancomat. Il decreto non specifica le soglie minime né i soggetti coinvolti, rinviando a ulteriori decreti attuativi.
Tra le misure per la crescita, assumerebbe un posto di rilievo il credito d’imposta per la realizzazione di nuove infrastrutture, purché d’importo superiore a 500 milioni di euro e per le quali – si legge nella bozza – vigano contratti di partenariato pubblico-privato, senza contributi pubblici a fondo perduto, e sia stata stabilita la non sostenibilità del piano economico-finanziario. Si tratterebbe di un credito d’imposta “sull’IRES e sull’IRAP generate in relazione alla costruzione e gestione dell’opera”. Quanto alla misura del contributo, si parla di un importo tale da garantire l’equilibrio del piano economico-finanziario e, comunque, pari ad un massimo del 50% del costo investito.
Come anticipato, grande attenzione è dedicata alle start up innovative. In sintesi, la bozza definisce tale una società di capitali di diritto italiano (o una Societas Europae residente in Italia) non quotata su un mercato regolamentato e che:
- a partire dal secondo anno di attività, abbia un valore totale della produzione annua inferiore a 5 milioni di euro;
- non distribuisca utili;
- abbia come oggetto sociale esclusivo lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti/servizi ad elevato valore tecnologico.
Inoltre, la start up innovativa deve spendere in ricerca e sviluppo più del 30% del maggiore valore tra spese totali e valore della produzione; oppure, almeno un terzo del personale complessivo impiegato deve essere in possesso di dottorato, dottorando o ricercatore presso istituti di ricerca pubblici o privati; o, ancora, la start up dev’essere titolare di una privativa industriale su un’invenzione. Le start up innovative potranno essere costituite sotto forma di srl semplificate o a capitale ridotto “o in una qualunque altra forma prevista per le società di capitali”. Sarebbero poi previsti incentivi all’investimento: ad esempio, il contribuente che intenda investire in una start up, avrebbe diritto (per gli anni 2013, 2014 e 2015) a una detrazione del 19% della somma investita. Tale investimento non può essere superiore a 500mila euro per ogni periodo d’imposta e dev’essere mantenuto almeno per due anni, pena la decadenza dal beneficio. Inoltre, il 20% della somma investita nel capitale sociale di una start up non concorre (per il 2013, 2014 e 2015) alla formazione del reddito dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società. Anche in questo caso, la bozza fissa una soglia massima d’investimento deducibile, pari a 1.800.000 euro per ciascun periodo di imposta, con l’obbligo di mantenimento per un minimo di due anni.