Determinazione del compenso libero fra le parti
La misura va resa nota nel preventivo di massima, la cui mancanza rischia di penalizzare il professionista
Al momento del conferimento dell’incarico, il professionista è tenuto ad una serie di obblighi. Fra questi, vi è la determinazione del compenso per le prestazioni professionali, la cui disciplina è contenuta all’art. 9, comma 4, del DL 1/2012.
Quanto alla forma dell’accordo, non essendo previsto nulla in merito e salvo una specifica previsione in tal senso, si ritiene che l’accordo fra professionista e cliente possa risultare anche in forma verbale. Si rileva, comunque, l’opportunità di un accordo scritto, così da avere una prova sul compenso qualora vi siano contestazioni successive sul punto.
Quanto alla determinazione del compenso, il quantum è lasciato alla libera contrattazione tra le parti sulla base di un accordo ed indipendentemente dalle previgenti tariffe professionali. Il contenuto della disposizione in commento va, infatti, coordinato con quanto disposto dal comma 1 dell’art. 9 citato, relativo all’abrogazione delle tariffe professionali, e dal comma 5 sempre del suddetto 9, relativo all’abrogazione delle disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano a tali tariffe.
Fra i limiti generali il professionista incontra quello dell’adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera (art. 9, comma 4, terzo paragrafo, del DL 1/2012).
Alla luce di ciò ne derivano due considerazioni.
Innanzitutto, circa le modalità di determinazione del compenso, le parti, in virtù del principio di libertà negoziale, godono di una più ampia scelta dei criteri di valutazione della prestazione del professionista. Le parti, così, avuto riguardo all’oggetto della prestazione, potranno fare riferimento, ad esempio, alla commisurazione del compenso rispetto a singole prestazioni afferenti a specifiche attività ed adempimenti oppure ad un prospetto su base oraria rispetto alle ore effettivamente impiegate per lo svolgimento della prestazione o su base forfettaria rispetto a ciascuna parte/fase della prestazione relativa all’incarico conferito. Inoltre, il compenso potrà essere adattato al valore del risultato raggiunto (patto di quota lite) o alla percentuale sul valore della controversia. Infine, le parti potrebbero ricorrere ad un prospetto secondo un sistema misto di utilizzo dei modelli sopra citati.
Si precisa che, per le singole prestazioni, l’art. 9, comma 4, terzo paragrafo, del DL 1/2012 richiede l’indicazione di tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi.
Circa, poi, la misura del compenso stesso, si ritiene che il professionista non possa più proporre al cliente l’applicazione diretta delle vecchie tariffe, ma possa comunque, in conformità alla ratio del decreto – cioè, garantire al libero accordo delle parti una maggiore flessibilità – fare riferimento, si ritiene almeno fino all’adozione dei parametri ministeriali, ai valori già in uso, formatisi alla luce delle tariffe già vigenti.
D’altro canto, con l’adozione dei parametri ministeriali da parte dell’emanando decreto ministeriale (lo schema di regolamento è ancora in attesa di pubblicazione sulla G.U.), non sembra potersi escludere la possibilità di un prospetto determinato proprio sulla base dei suddetti parametri.
L’art. 9, comma 4, terzo paragrafo, del DL 1/2012 stabilisce che “in ogni caso la misura del compenso è previamente resa nota al cliente con un preventivo di massima (…)”.
Secondo questa disposizione, il professionista deve illustrare al cliente un preventivo, quale “proposta” descrittiva formulata prima del conferimento dell’incarico professionale sulla definizione dei compensi professionali per lo svolgimento della propria prestazione. Tale preventivo, considerata la natura anticipata della valutazione rispetto al conferimento dell’incarico stesso e sempre in relazione all’oggetto della prestazione, potrà avere natura sommaria (“di massima”) e, cioè, contenere indicazioni generali su attività e prestazioni da svolgere e solo ragionevolmente ipotizzate dal professionista, anche sulla base delle informazioni fornite dal cliente.
Sebbene non obbligatorio, ragioni di opportunità potrebbero rendere preferibile, così come già rilevato per la determinazione del compenso, la predisposizione del preventivo in forma scritta. Ciò soprattutto alla luce del nuovo schema di regolamento del Ministro della Giustizia (non ancora pubblicato in G.U.), relativo ai parametri da adottare da parte del giudice in caso di liquidazione giudiziale dei compensi dei professionisti, che sembra conferire al preventivo un particolare rilievo. In particolare, sembra rappresentare un incentivo alla sua predisposizione la disposizione secondo la quale “l’assenza di prova del preventivo di massima (…) costituisce elemento di valutazione negativa da parte dell’organo giurisdizionale per la liquidazione del compenso” (art. 1, comma 6, dello schema). Si tratterebbe insomma di una “valutazione negativa” del giudice che verrebbe ad incidere sulla determinazione del compenso a sfavore del professionista.