L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 35/E/2025, chiarisce che i contributi concessi alle imprese nell’ambito del bando “Investimenti sostenibili 4.0” non possono beneficiare della detassazione prevista dall’art. 10-bis del Dl 137/2020, salvo che una norma specifica lo stabilisca espressamente.
Il Fisco ribadisce il principio generale: tutte le misure di sostegno, comprese indennità e contributi, concorrono alla formazione del reddito imponibile, a meno di deroghe esplicite. Nel caso oggetto dell’interpello, il contributo è classificato come “contributo in conto impianti”, ovvero una misura legata all’acquisto di specifici beni strumentali. Tale tipologia non rappresenta né ricavi aggiuntivi né ristori per perdite subite, ma una rettifica del costo del bene.
Secondo l’Agenzia, applicare la detassazione a un contributo in conto impianti genererebbe un vantaggio eccessivo: consentirebbe di dedurre il costo del bene al lordo del contributo e, allo stesso tempo, escludere il contributo stesso dalla base imponibile, aumentando di fatto il beneficio fiscale oltre la finalità dello strumento.
L’Amministrazione finanziaria ricorda inoltre che i contributi di questo tipo devono essere registrati in bilancio secondo le regole dell’OIC 16, imputando il beneficio come riduzione del costo dell’investimento o come componente positiva correlata agli ammortamenti.
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Risposta n. 35 del 17/02/2025
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare, si evidenzia che il presente parere viene reso sulla base delle
informazioni e degli elementi rappresentati dall'Istante, assunti acriticamente così come
illustrati nell'istanza di interpello e nella documentazione integrativa, nel presupposto
della loro veridicità, completezza, concretezza ed esaustività, e non riguarda, in
particolare, la verifica della sussistenza di accesso al contributo menzionato in istanza;
tali verifiche, infatti, esulano dalle competenze esercitabili dalla scrivente in sede di
risposta a interpello e in relazione a detti aspetti resta impregiudicato il potere di controllo
dell'amministrazione finanziaria nelle opportune sedi.
L'articolo 10bis del Decreto Ristori, tenuto conto del principio di carattere
generale secondo cui tutti i contributi e i sussidi concorrono comunque alla formazione
del reddito imponibile IRPEF/IRES e del valore della produzione ai fini IRAP,
tranne quelli per i quali la disciplina istitutiva abbia previsto esplicitamente la ''non
imponibilità'' ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, ha previsto, in riferimento ai
''contributi'' e alle ''indennità'' di qualsiasi natura, erogati in via eccezionale a seguito
dell'emergenza epidemiologica da COVID19, un regime generalizzato di irrilevanza
fiscale ai fini delle citate imposte, in favore di tutti i soggetti esercenti impresa, arte o
professione, nonché dei lavoratori autonomi.
Come già precisato nella risposta all'interpello n. 618 del 2021, l'articolo 10bis
del Decreto Ristori ha inteso riconoscere la non concorrenza al reddito imponibile ai fini
IRES e al valore della produzione ai fini IRAP, dei ''contributi'' e delle ''indennità'' di
qualsiasi natura erogati:
a) in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID19
(seppur diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza);
b) da chiunque erogati;
c) spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori
autonomi;
d) indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione.
Giova, inoltre, sottolineare come precisato con la recente risposta all'interpello
n. 458 del 2023 che la ratio della disposizione in esame (articolo 10bis del
Decreto Ristori) è quella di evitare in via generalizzata che gli effetti positivi
derivanti dall'erogazione dei diversi contributi (e indennità) concessi durante il periodo
di emergenza COVID19 finalizzati, com'è noto, a limitare le gravi conseguenze
economico/finanziarie della crisi pandemica vengano, anche solo in parte, depotenziati
dall'incidenza della tassazione dei contributi stessi.
Con l'introduzione di una disposizione di carattere generale, quindi, il legislatore
ha perseguito l'obiettivo di assicurare l'integrale fruizione del sostegno economico,
sterilizzando la possibile incidenza dell'obbligo fiscale, con riferimento a tutte le misure
di sostegno, genericamente identificate come ''contributi'' o ''indennità'', per le quali lo
stesso legislatore non avesse già provveduto inserendo ab origine nella medesima norma
istitutiva dell'agevolazione stessa, un'apposita previsione di irrilevanza fiscale.
In linea con la suddetta ratio, costituisce, quindi, presupposto imprescindibile,
ai fini dell'applicazione del citato regime di detassazione, la circostanza che al soggetto
destinatario sia assegnato un ''beneficio'' che comporti un ''vantaggio economico''
effettivo e quantificabile che la norma indica in maniera generica come ''contributo''
o ''indennità'' che consista, in sostanza, in una integrazione di ricavi oppure in una
partecipazione (totale o parziale) al sostenimento di determinati costi, purché rimasti ''a
carico'' del soggetto beneficiario.
Ciò posto, va rilevato che il trattamento fiscale dei contributi ricevuti dalle
imprese cambia a seconda della finalità per cui sono erogati (cfr., la risoluzione n. 2/E
del 22 gennaio 2010). In particolare, in base alle loro caratteristiche si classificano come:
''in conto esercizio'', quei contributi erogati a integrazione di ricavi o riduzione
di costi e oneri di gestione;
''in conto capitale'', quelli finalizzati a incrementare i mezzi patrimoniali
dell'impresa, senza che la loro erogazione sia collegata all'onere di effettuare uno
specifico investimento;
''in conto impianti'', quelli corrisposti per la realizzazione di un investimento
duraturo.
In particolare, per quanto qui di interesse, i contributi in conto impianti sono
attribuiti in relazione a specifici investimenti e come evidenziato nella Risoluzione n.
2/E del 2010 non generano né sopravvenienze attive né ricavi in quanto rilevano in
diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono. Ciò significa
che i contributi in conto impianti non assumono autonoma rilevanza fiscale ma vengono
ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi: sotto il profilo
contabile, tale obiettivo che può essere raggiunto [secondo quanto indicato dall'OIC n.
16, paragrafo 88, lettere a) e b)] con due metodi alternativi:
(i) con la tecnica dei ''risconti passivi'' mediante imputazione graduale a conto
economico (nella voce A5 ''altri ricavi e proventi'') dei contributi in misura pari a quella
adottata per gli ammortamenti dei cespiti a cui si riferiscono o
(ii) imputando il contributo percepito a riduzione diretta del costo degli stessi
(cfr., da ultimo, risposte a istanze di interpello sub n. 6 del 2024, n. 156 del 2023 e n.
188 del 2020).
Nel caso in esame, i contributi in argomento sono erogati in base al bando
''Investimenti sostenibili 4.0'' disciplinato dal D.M. 10 febbraio 2022 e, secondo
quanto disposto dall'articolo 8, comma 1, di detto D.M., sono concessi ''[n]ella
forma del contributo in conto impianti, a copertura di una percentuale nominale
massima delle spese ammissibili determinata in funzione del territorio di realizzazione
dell'investimento e della dimensione delle. imprese beneficiarie''.
La finalità dei contributi in conto impianti, come quello in esame, è quella di
ristorare il beneficiario del costo sostenuto per l'acquisto di determinate categorie di
immobilizzazioni.
Va rilevato che la citata tipologia di contribuito rappresenta, di fatto, una rettifica
del costo di acquisto del bene per il quale lo stesso è concesso, che avviene come
sopra indicato o attraverso l'iscrizione dell'ammontare del beneficio riconosciuto tra gli
''altri ricavi'' e la contestuale imputazione a conto economico di quote di ammortamento
determinate sulla base del costo di acquisto (al lordo del contributo ricevuto) o, in
alternativa, mediante la diretta rilevazione di quote di ammortamento determinate sulla
base del valore del bene al netto del contributo ricevuto per il suo acquisto.
In entrambi i casi, l'eventuale riconoscimento della detassazione prevista
dall'articolo 10bis del Decreto Ristori per un contributo in conto impianti come quello
in esame determinerebbe un'amplificazione del contributo stesso poiché consentirebbe
sostanzialmente al beneficiario di godere sotto il profilo fiscale di un ammortamento
del costo del bene sempre e comunque al lordo dell'ammontare del contributo ricevuto
per il suo acquisto.
Pertanto, la scrivente non condivide la soluzione interpretativa proposta
dall'Istante e ritiene non applicabile la disciplina di cui all'articolo 10bis del Decreto
Ristori al contributo in conto impianti qui in esame. Resta, di conseguenza, assorbita
ogni ulteriore eventuale valutazione sugli altri presupposti sopra evidenziati per
l'applicazione dell'articolo 10bis citato.
Va evidenziato che l'Istante ha formulato un ulteriore quesito subordinato volto
ad avere conferma, qualora non fosse stata accolta la propria soluzione interpretativa,
''della correttezza dell'imputazione temporale'' del contributo in esame. In particolare,
con detto quesito, l'Istante chiede ''conferma'' della correttezza della rilevazione del
contributo in parola, secondo il cd. metodo indiretto (previsto dall'OIC n. 16), nel
bilancio relativo all'esercizio chiuso al 31 dicembre 2023 e nei successivi fino alla sua
integrale imputazione a conto economico.
In relazione a quest'ultimo quesito (subordinato), va ricordato che l'articolo 11,
comma 1, lettera a), della legge n. 212 del 2000 [come modificato, da ultimo, dall'articolo
1, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 219] dispone che ''[i]l
contribuente può interpellare l'amministrazione finanziaria per ottenere una risposta
riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla:
a) applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di
obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione [...]''.
L'obiettiva incertezza della fattispecie oggetto di interpello è un requisito
dell'istituto in esame. L'interpello ha, infatti, l'obiettivo di tutelare il contribuente nella
fase dell'interpretazione della norma tributaria quando vi sono condizioni di obiettiva
incertezza.
Al riguardo, occorre ricordare che con la Circolare n. 9/E del 1° aprile
2016 (cfr., il par. 1.1) è stato chiarito che ''[i]n un primo passaggio [della relazione
illustrativa al decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, n.d.r.] si legge che ''La
facoltà di presentazione delle istanze di interpello presuppone in ogni caso l'esistenza
di un'obiettiva incertezza sulla qualificazione delle fattispecie, con la conseguenza
che quelle ricorrenti, se non caratterizzate da elementi di peculiarità o, comunque,
di complessità, non possono costituire oggetto dell'istanza''. Con questa precisazione
il legislatore ha inteso conferire all'obiettiva incertezza quale presupposto applicativo
dell'interpello una connotazione particolare o in termini di ''peculiarità'' e non
ricorrenza delle fattispecie o in termini di complessità. Così, ad esempio, nel caso in
cui l'istanza abbia ad oggetto la determinazione del periodo di corretta imputazione
temporale di un costo (che costituisce in sé fattispecie ricorrente nelle dinamiche
dell'impresa) ovvero il parere in ordine all'inerenza di un determinato componente di
reddito aisensi dell'articolo 109 del TUIR, il contribuente può legittimamente presentare
un'istanza solo se il dubbio qualificatorio nasca dalla peculiarità del componente
può accadere, ad esempio, in relazione a componenti generati da operazioni riferite
a rapporti commerciali non riconducibili a figure contrattuali conosciute dal nostro
ordinamento, come accade di frequente per quelle di derivazione estera. In assenza di
dette caratteristiche, l'interpello si trasformerebbe in uno strumento di accertamento
preventivo. Va da sé, infatti, che la mancanza di una obiettiva incertezza, in assenza
di un dubbio che legittimi la presentazione di un interpello, si traduce come si
ricorderà di seguito (par. 4.3.1.) in un vizio dell'istanza tale da determinarne
l'inammissibilità'' (enfasi aggiunte).
Ciò posto, va rilevato che a fronte del quesito formulato in via subordinata,
l'Istante si limita semplicemente a chiedere una mera ''conferma'' che il contributo in
parola concorra alla formazione della base imponibile IRES e IRAP nei periodi d'imposta
in cui assume rilevanza ai fini contabili secondo il cd. metodo indiretto previsto dall'OIC
n. 16.
Alla luce di quanto sopra, in relazione a detto quesito manca sostanzialmente un
dubbio ''interpretativo'' che legittimi la sua formulazione, tramutandosi lo stesso in una
richiesta di un accertamento preventivo della correttezza della condotta fiscale posta in
essere dal contribuente.
Pertanto, si ritiene che quest'ultimo quesito sia inammissibile ai sensi
dell'articolo 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 156 del 2015 e improduttivo,
come tale, degli effetti tipici dell'interpello di cui all'articolo 11, comma 5, della legge
n. 212 del 2000.


