Fonte: www.pmi.it
Costi in crescita e stretta creditizia: la corsa a ostacoli delle Pmi
di Edoardo Musicò - Venerdì 17 Febbraio 2012
Le Pmi italiane rappresentano il 94% della forza produttiva ma, tra strette creditizie, ritardati pagamenti e costo del lavoro, molti imprenditori si trasferirebbero volentieri all’estero.
Le Pmi fanno da cassa allo Stato e alle banche e molte piccole imprese preparano i budget solo per andare in pareggio.
Laura Costato imprenditrice e promotrice di “imprese che resistono” riassume la situazione: i dipendenti costano molto ma guadagnano poco (complice anche la tassazione più alta d’Europa), le utenze si pagano il 30% in più che altrove e costi schizzano anche per polizze assicurative e servizi bancari.
L’Italia è precipitata all’ottantottesimo posto della classifica della competitività e le proposte fatte agli ultimi due governi da “Imprese che resistono”, per mettere in sicurezza la situazione economica delle aziende sono state considerate di buon senso, ma senza applicazioni pratiche.
Il problema del ritardo nei pagamenti è il colpo di grazia e le grandi imprese trattano quelle piccole come fossero banche: in pratica, il fornitore vuole essere pagato subito mentre il cliente paga a 180 giorni. Le Pmi anticipano i soldi senza averli ancora riscossi e sopportano un onere aggiuntivo di circa 10 miliardi l’anno tra costi e interessi da pagare.
Se poi non si fa fronte alle tasse, scattano i pignoramenti Equitalia di case e macchinari.
Il fatturato delle piccole aziende è diminuito del 30% dall’inizio della crisi e le banche considerano le piccole imprese come clienti in sofferenza, anche se hanno grande prestigio professionale. Di conseguenza, chiedono un piano di rientro dal fido entro un anno al 15% che è devastante per l’imprenditore.
La stretta creditizia ai danni delle imprese è confermata anche dalla Cgia di Mestre che cita il supplemento statistico al Bollettino economico della Banca d’Italia: nel 2011 i prestiti alle imprese hanno superato 995 miliardi di euro (+3% rispetto al 2010).
Ma l’inflazione ha marciato al 3,3% e la crescita vertiginosa dello spread ha provocato una stretta creditizia pesante (1,5% negli ultimi tre mesi e del 2,2% a dicembre).
Il sistema produttivo è stato gravato da un costo aggiuntivo nei tassi d’interesse di 3,7 miliardi di euro, mentre le insolvenze hanno superato gli 80 miliardi di euro (+ 36% rispetto al 2010).