SENTENZE PUBBLICATE SULLA BANCA DATI DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E SULLA STAMPA
Link della Banca dati: Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
La banca dati è stata attivata dal Dipartimento della Giustizia Tributaria del MEF il 27 giugno 2024.
L'11/10/2024 è stato fatto il primo monitoraggio comunicando anche che sono state caricate oltre 400.000,00 sentenze.
Finora le sentenze erano disponibili solo per l'agenzia delle entrate, è stato sicuramente un importante passo avanti a favore dei contribuente.
Per leggere tutte le sentenze che ora sono state pubblicate ci vuole tempo quindi il resoconto è veramente parziale.
COMUNICATO STAMPA DEL MINISTERO
Primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito
Comunicato stampa del MEF Dipartimento della Giustizia tributaria del 11/10/2024
Pubblicazione del primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
Nei primi tre mesi di avvio del servizio, la banca dati è stato oggetto di circa 37.000 accessi, di cui oltre 16.000 si riferiscono a più consultazioni effettuate dallo stesso utente. Oltre 64.000 sentenze sono state oggetto di visualizzazione e download del relativo documento. Il 14% degli accessi ha registrato una durata superiore a 15 minuti, mentre la permanenza media è stata pari a 8 minuti.
La banca dati è aggiornata con 429.998 sentenze native digitali depositate fino al 30 giugno 2024.
Sono state pubblicate circa 2000 sentenze, leggerle tutte è quasi impossibile.
Con riferimento a quelle esaminate (comunque veramente poche rispetto a quelle ora pubblicate) circa il 70% sono favorevoli alle aziende.
Molte delle sentenze a favore dell'Agenzia delle Entrate riguardano casistiche dove le imprese hanno presentato progetti obbiettivamente poco credibili, non sono quindi considerate nella statistica.
Quando le aziende hanno perso per questioni interpretative le sanzioni sono state tolte perchè la norma è incerta (statuto del contribuente).
Agenzia delle Entrate e Mise tengono ferme le loro posizioni in attesa della pronuncia della Cassazione a cui spetta la decisione finale.
Dopo aver letto diverse sentenze la posizione della commissione tributaria di Ascoli Piceno è chiara:
- Il Manuale di Frascati deve essere applicato (ricorsi persi)
- Il parere del Mise non deve essere richiesto (ricorsi persi)
- Il credito è non spettante, quindi sanzione del 30% invece del 100% (ricorsi vinti)
- La disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa (stauto del contribuente) non viene accolta (ricorsi persi)
Al 29/10/2024 non ho avuto modo di leggere le sentenze ma da una ricerca molto semplice (credito ricerca e sviluppo) la situazione che viene fuori è la seguente, quasi mai a favore del contribuente:
Numero | % | |
Favorevole all'ufficio | 25 | 50% |
Favorevole al contribuente | 4 | 8% |
Giudizio intermedio | 21 | 42% |
Totale | 50 | 100 % |
RICORSI | |||||
VINTI | PERSI |
Vinto e Perso |
Persi ma i progetti erano deboli |
TOTALE | |
Ricorsi primo e secondo gradoNon sono conteggiati i ricorsi persi perchè i progetti sono debolii o per carenze documentali o perchè l'attività non è stata effettivamente svolta. Non sono conteggiati i Ricorsi di Ascoli Piceno |
67
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22 |
2 |
1 |
93
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75% |
25% |
100% |
|||
Ricorsi di secondo grado |
8 |
5 |
13 |
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60% |
40% |
100% |
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Applicazione del Manuale di Frascati (primo e secondo grado). Alcuni ricorsi, relativi a progetti veramente interessanti, sono stati vinti per mancanza del parere del Mise anche se viene confermata l'applicazione del Manuale di Frascati. |
32
|
20
|
1 |
52
|
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60% |
40% |
100% |
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Richiesta parere al Mise |
38
|
8 |
46
|
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85% |
15% |
100% |
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Credito non spettane (sanzione del 30% e controllo in 5 anni dalla fruizione) |
17 |
6
|
23 |
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80% |
20% |
100% |
|||
Disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa |
8 |
4
|
12 |
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100% |
0% |
100% |
8945 | 7/6/2024 | Napoli |
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato, occorre fare riferimento al Manuale di Oslo (innovazione per l’azienda) - vintoIl parere del Mise deve essere richiesto - vinto |
Importo del credito € 38.000,00 Progetto di ricerca: Nell'anno 2017 ha svolto attività di studio e ricerca di soluzioni per l’eliminazione del dicromato di sodio e la sua sostituzione con l’acido citrico nei processi di passivazione dei metalli, finalizzata all’individuazione di alternative tecnologiche e “non convenzionali” di processo, valutate anche in funzione dell’impatto ambientale che queste possono avere. Per la ditta deve essere applicato il Manuale di Oslo - innovazione per l’azienda – innovazione di processo Deduce, in senso contrario, la ricorrente che normativa di settore (Circolare n. 5/E del 16/03/2016, che richiama la Circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, emanata dalla Direzione Generale per la politica industriale e la competitività del M.I.S.E.), include tra le attività ammissibili ex art. 2 del decreto attuativo 27/05/2015, quelle di innovazione in base al "Manuale di Oslo". Sarebbero ammissibili ad agevolazione le attività di c.d. innovazione di processo, concernenti, cioè, il rinnovamento di un processo di produzione esistente, considerato innovativo perché implementato per la prima volta nel contesto produttivo dell'azienda. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Manuale di Frascati non deve essere applicato L’art. 3, comma 1, del D.L. n. 145/2013 (conv. con mod. dalla L. n. 9/2014), interamente sostituito dall’art. 1, comma 35, della L. n. 190/2014, e da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 15, della L. n. 232/2016, riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere da periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27.05.2015, sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione. Con particolare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione, all’articolo 3, commi 4 e 5, ed all’articolo 2 del Decreto attuativo sono elencate le attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, mentre all’articolo 3, comma 6, vengono individuati gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, definiti anche attraverso l’articolo 4 del sopra richiamato Decreto attuativo. L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27.06.2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, fonte giuridica dell’articolo 3 del citato D.L. n. 145 del 2013. Sulla base della citata normativa di riferimento, l'attività di R&S nell'ambito del progetto deve portare a risultati nuovi per le imprese. Sono escluse dalla ricerca e sviluppo le attività volte a copiare, imitare o decodificare le conoscenze, in quanto non si tratta di conoscenze nuove. Nel caso di specie la ricerca condotta è, all'evidenza, finalizzata al conseguimento di un risultato finale avente caratteristiche di novità rispetto al passato, riconducibile alle previsioni del "Manuale di Oslo", che considera tale una innovazione tecnologica "di processo", consistente nella attuazione ed adozione di metodi di produzione o di consegna nuovi o significativamente migliorati. Occorre fare riferimento al Manuale di Oslo, innovazione per l’azienda Quanto alla valenza dei criteri stabiliti dal "Manuale di Oslo", non può essere tralasciato il rilievo secondo cui nel decreto 26/05/2020 riguardante il nuovo credito imposta R&S, vengono considerate agevolabili sia le attività di ricerca e sviluppo con riferimento al "Manuale di Frascati"; che le attività di innovazione tecnologica di cui al "Manuale di Oslo". Il parere del Mise non deve essere richiesto |
87 | 6/6/2024 | Rimini |
Attività di R&S svolta dopo il deposito del brevetto ed illazioni sui costi del personale - Vinto |
Importo del credito € 39.000,00 Contestazione relativa all’attività svolta dopo aver ottenuto il brevetto relativo ad una porta Contesta quanto affermato da AE, ossia che l’attività di ricerca sia stata effettuata non nel 2016 ma in precedenza, allorchè la porta blindata “Porta Major” sarebbe stata progettata; secondo AE (anche considerando che la domanda di brevetto è stata presentata il 24.2.16) nel 2016 la società ha solo sviluppato accorgimenti tecnici tali da consentire l’ottenimento di alcune certificazioni, ma la fase propriamente di ricerca agevolabile era stata già superata. Sostiene invece la ricorrente che l’attività di progettazione non era affatto conclusa all’atto dalla presentazione della domanda di brevetto, posto che all’epoca lo sviluppo del progetto era limitato alla realizzazione dei disegni tecnici, mentre era ancora da sviluppare l’attività volta al conseguimento degli obiettivi propri del progetto, ossia elevato grado di resistenza all’effrazione, considerevole risparmio energetico attraverso l’abbattimento della trasmittanza termica e della dispersione del calore. Contestazione sulle prestazioni professionali ed illazioni sull’attività scolta dai dipendenti Quanto alle prestazioni professionali rese da Studio E evidenzia che la fattura indica l’oggetto dell’attività disegni di brevetto, stessi disegni a corredo della domanda di brevetto. Quanto alle attrezzature risulta documentalmente che i due investimenti erano indispensabili per sviluppare il progetto (stampi per la pultrusione dei profili e centro lavoro). Quanto ai dipendenti, alle pagine da 16 a 19 del ricorso ribadisce le attività svolte, del resto già ampiamente documentate, eccependo l’infondatezza delle generiche “criticità” rilevate dall’Ufficio, mere “illazioni” costituite dalla “circostanza che taluni addetti alla R&S abbiano a ciò dedicato gran parte delle ore lavorate”, o dalla differenza rispetto al triennio 2012/14. MOTIVI DELLA DECISIONE E’ stata adeguatamente documentata l’attività svolta dopo la presentazione del brevetto A prescindere dalla irrilevanza, in questa sede, della presentazione o non presentazione di altre domande di brevetto, la tesi di AE si basa su un unico dato, cronologico, ossia la presentazione della domanda di brevetto il 24.2.16 (che si tradurrebbe in una progettazione risalente al 2015) mentre la parte ricorrente ha ampiamente documentato che l’attività di progettazione della Porta Major è perdurata non solo nell’anno 2016, ma anche in seguito. Peraltro, la fase di “progettazione” di un prodotto non è l’unica che può rientrare nell’alveo della R&S. Nel caso di specie, alla data di presentazione della domanda di brevetto la Porta Major era una idea trasfusa su carta (come da tavole tecniche allegate alla domanda di brevetto), in seguito è avvenuto lo sviluppo del progetto, sino a giungere alla realizzazione del prototipo di un prodotto certamente innovativo per il settore. Non ci sono problemi per le prestazioni professionali e per le spese degli stampi Le prestazioni professionali dello “Studio E sono fatturate, e si riferiscono ai disegni che sono a corredo della domanda di brevetto. Le spese per attrezzature si riferiscono a stampi per la pultrusione di profili e per il centro di lavoro, ed appaiono inerenti al progetto. Le illazioni dell’agenzia delle entrate sul personale, compresa la media del triennio troppo bassa, non sono state accolte I costi del personale sono adeguatamente documentati, in conformità alle prescrizioni dettate dalle norme; sul punto, i rilievi dell’Ufficio, già del tutto generici e ipotetici (mancanza di nuove assunzioni, impiego di propri dipendenti sia per l’attività di R&S che per le ordinarie attività, numero di ore più esiguo nel triennio 2012-14 pur trattandosi di società che costantemente di dedica alla ricerca), appaiono superati dalla documentazione prodotta dal ricorrente e dalle deduzioni difensive (forse neppure necessarie, certamente specifiche e concrete) contenute alle pagine da 15 a 21 del ricorso, a cui si rimanda. |
8945 | 7/6/2024 | 2024 | Milano |
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato, occorre fare riferimento al Manuale di Oslo (innovazione per l’azienda) - vintoIl parere del Mise deve essere richiesto - vinto |
Importo del credito € 38.000,00 Progetto di ricerca: Nell'anno 2017 ha svolto attività di studio e ricerca di soluzioni per l’eliminazione del dicromato di sodio e la sua sostituzione con l’acido citrico nei processi di passivazione dei metalli, finalizzata all’individuazione di alternative tecnologiche e “non convenzionali” di processo, valutate anche in funzione dell’impatto ambientale che queste possono avere. Per la ditta deve essere applicato il Manuale di Oslo - innovazione per l’azienda – innovazione di processo Deduce, in senso contrario, la ricorrente che normativa di settore (Circolare n. 5/E del 16/03/2016, che richiama la Circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, emanata dalla Direzione Generale per la politica industriale e la competitività del M.I.S.E.), include tra le attività ammissibili ex art. 2 del decreto attuativo 27/05/2015, quelle di innovazione in base al "Manuale di Oslo". Sarebbero ammissibili ad agevolazione le attività di c.d. innovazione di processo, concernenti, cioè, il rinnovamento di un processo di produzione esistente, considerato innovativo perché implementato per la prima volta nel contesto produttivo dell'azienda. MOTIVI DELLA DECIZIONE Il Manuale di Frascati non deve essere applicato L’art. 3, comma 1, del D.L. n. 145/2013 (conv. con mod. dalla L. n. 9/2014), interamente sostituito dall’art. 1, comma 35, della L. n. 190/2014, e da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 15, della L. n. 232/2016, riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere da periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27.05.2015, sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione. Con particolare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione, all’articolo 3, commi 4 e 5, ed all’articolo 2 del Decreto attuativo sono elencate le attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, mentre all’articolo 3, comma 6, vengono individuati gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, definiti anche attraverso l’articolo 4 del sopra richiamato Decreto attuativo. L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27.06.2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, fonte giuridica dell’articolo 3 del citato D.L. n. 145 del 2013. Sulla base della citata normativa di riferimento, l'attività di R&S nell'ambito del progetto deve portare a risultati nuovi per le imprese. Sono escluse dalla ricerca e sviluppo le attività volte a copiare, imitare o decodificare le conoscenze, in quanto non si tratta di conoscenze nuove. Nel caso di specie la ricerca condotta è, all'evidenza, finalizzata al conseguimento di un risultato finale avente caratteristiche di novità rispetto al passato, riconducibile alle previsioni del "Manuale di Oslo", che considera tale una innovazione tecnologica "di processo", consistente nella attuazione ed adozione di metodi di produzione o di consegna nuovi o significativamente migliorati. Occorre fare riferimento al Manuale di Oslo, innovazione per l’azienda Quanto alla valenza dei criteri stabiliti dal "Manuale di Oslo", non può essere tralasciato il rilievo secondo cui nel decreto 26/05/2020 riguardante il nuovo credito imposta R&S, vengono considerate agevolabili sia le attività di ricerca e sviluppo con riferimento al "Manuale di Frascati"; che le attività di innovazione tecnologica di cui al "Manuale di Oslo". Il parere del Mise non deve essere richiesto |
239 | 5/6/2024 |
2024 |
Brescia |
Campionario Deve essere applicato il Manuale di Frascati (perso)Il credito è inesistente (perso) |
Importo del credito: € 72.844,00 L’attività di R&S riguarda un campionario , "[…] L'esperienza acquisita di anno in anno ha permesso di arricchire le successive collezioni con nuovi articoli quali abiti, camicie, gonne, giacche e cappotti. Stile, sviluppo di prototipi, campioni e taglio uniti al controllo scrupoloso del prodotto sono tutte operazioni svolte all'interno dell'azienda allo stesso modo del cucito e dello stiro, così da garantire una produzione esclusivamente Made in Italy. L'impresa credendo che il prestigio di un'azienda e la qualità di un prodotto devono esser supportati da una meticolosa analisi degli elementi che influenzano la moda per anticiparla e interpretarla nel 2016 ha dedicato parte del lavoro all'attività di studio, ideazione e realizzazione di una nuova collezione che si è concretizzata nell'attività di ricerca e ideazione stilistica di prodotti e nella realizzazione di prototipi […]”. RICORRENTE La ditta si è basata sulle indicazione del MISE vigenti alla data di svolgimento dell’attività: In via principale: annullare l'impugnato avviso di recupero, perché il credito è stato legittimamente e debitamente utilizzato dalla ricorrente nel 2017 per attività ammesse al credito di imposta per ricerca e sviluppo introdotto dall'art. 3 del D.L. n. 145/2013 (nel testo vigente sino al 31/12/2019), secondo le indicazioni fornite dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall'Agenzia delle Entrate citate in ricorso e di cui ai documenti di prassi prodotti in atti. MOTIVI DELLA DECISIONE Il credito è inesistente Il Collegio ha esaminato la documentazione prodotta dalle parti, le domande e le contestazioni della parte ricorrente, le eccezioni e le repliche nelle controdeduzioni dell'Ufficio, ed è pervenuto alla presente decisione accogliendo le argomentazioni dell'Ufficio accertatore. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente eccepisce la decadenza del potere di accertamento da parte dell'Ufficio "Trattandosi di credito esistente ritenuto a posteriori non spettante e utilizzato in compensazione nel 2017, ai sensi dell'art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973 l'avviso di recupero doveva essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo, quindi entro il 31/12/2022, mentre la notifica è avvenuta il 14/09/2023" Sul punto il Collegio ritiene infondata la doglianza. L'Ufficio, in esito all'attività istruttoria svolta sull'esame della documentazione prodotta dalla ricorrente in sede di risposta al questionario, ha accertato "L'assenza ab origine del presupposto costitutivo dell'agevolazione fiscale" e ciò è avvenuto attraverso l'intervento dei funzionari, non essendo riscontrabile "automaticamente" in sede di controllo ex artt. 36 bis e 36 ter DPR n. 600/73 e 54 bis DPR n. 633/72). Si ritiene applicabile, nel caso di specie, il disposto dell'art. 27, comma 16, D.L. n. 185 del 2008 che prevede "[...] l'atto [...] emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'art. 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo." Nel caso de quo il controllo dell'Ufficio ha riguardato la compensazione del credito, ritenuto inesistente, effettuata dalla Società nel periodo d'imposta 2017; il conseguente atto di recupero (qui impugnato) risulta essere stato notificato il 14.09.2023, quindi, prima dello scadere del termine di legge. Non viene data importanza alla risoluzione n.41 del 26/7/2022 La ricorrente indica quale fonte di innesco del recupero la Risoluzione n. 41/E emessa dall'Agenzia delle Entrate il 26/07/2022, mentre l'Ufficio, contestando tale affermazione (come rilevabile nella motivazione dell'atto impugnato), conferma essere fonte d'innesco l'art. 3 del D.L. 23/12/2013 n.145. Entrando nello specifico della contestazione si rileva come la ricorrente abbia utilizzato, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del D.L. 9 luglio 1997, n. 241 nell’anno 2017, l'importo di euro 72.844,00. Deve essere applicato il Manuale di Frascati L’Ufficio sostiene: “Orbene, il progetto di ricerca e sviluppo della Ricorrente_1 ha l’obiettivo di realizzare una nuova collezione che presenta elementi di novità rispetto alle collezioni precedenti con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico “effetto tecnico” riguarda la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto. Tali attività, ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 145/2013, non costituiscono attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta non comportando lo svolgimento di lavori necessari per il superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico non superabili con le conoscenze generali già disponibili. Detto assunto trova ulteriore conferma nella “Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014 (recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”) e nella Circolare n. 5/E del 16.03.2016”. Nel caso di specie, la sopra sintetizzata argomentazione, qui condivisa dal Collegio, racchiude l’essenza della negazione dell’agevolazione, laddove incide sugli aspetti, previsti dalla normativa, afferenti all’assenza del “[…] superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico […] con le conoscenze generali già disponibili.”. |
264 | 5/6/2024 |
2024 |
Bologna |
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)Il Parere del Mise deve essere richiesto (vinto) |
MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene al riguardo questa Corte che la parte ricorrente abbia fornito elementi di prova, ancorchè soli indiziari, relativamente alla spettanza del credito d’imposta in discussione. Va osservare che la materia all’esame di questa Corte è caratterizzata da particolare tecnicismo e che, di conseguenza, per la soluzione della questione non può essere richiesto un livello di prova particolarmente elevato. Riconoscimento di un certo favor nei confronti del contribuente Ciò anche per un certo favor che deve essere riconosciuto al contribuente a fronte di una norma agevolativa, la quale non può essere certo posta nel nulla attraverso una stretta applicazione della medesima normativa ovvero attraverso la richiesta del superamento di rigidi oneri probatori. Valutazione positiva sull’attività svolta dall’impresa Il proprio convincimento questa Corte lo trae anzitutto dalla particolare attività svolta dalla ricorrente, società operante sin dal 2013, nel settore altamente specialistico della raccolta e depurazione delle acque di scarico e di trattamento di altri rifiuti pericolosi, nonché della consulenza ambientale. Attività particolare e molto delicata, da un punto di vista ambientale, così come descritta alle pagg. 13 e 14 del ricorso. Innovazioni Mentre, sotto il profilo strettamente oggettivo, appaiono convincenti le illustrazioni della innovazione consistente, in estrema sintesi, nello sviluppo di processi e macchinari già presenti in azienda e volti a ottenere una serie di miglioramenti dell’attività di smaltimento e di depurazione svolta dalla ricorrente. Il parere del MISE deve essere richiesto Si ricorda, a tale proposito, che recentemente, la C.T.P. di Napoli (sent. 4988/2022) ha sancito che, per contestare il credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo, il Fisco deve chiedere il parere al MISE, pur in assenza di una specifica norma al riguardo. In buona sostanza, si riconosce che, sul piano formale, tale parere costituisce una facoltà e non un obbligo, ma diventa un atto necessario dal momento che ogni accertamento deve essere adeguatamente motivato e la motivazione non può che essere meramente apparente se di fronte a problematiche di grande complessità come quelle in questione non si fonda su valutazioni da parte di organismi tecnici. Sulla stessa scia si allineano anche la C.T.P. di Vicenza (sent. 365/2021) e la C.T.P. di Ancona (sent. 392/2021). Il Manuale di Frascati non deve essere applicato Vero è che parte del periodo d’imposta in discussione (2017 - 2018 - 2019) è anteriore al riconoscimento legislativo attribuito al cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nell’anno d’imposta in questione, ma consacrato legislativamente solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n°160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1 ). Ma è altrettanto vero che il contenuto di tale Manuale ben può essere utilizzato per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo anche per anni d’imposta precedenti al 2021, pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo. Sul punto, diffusamente e con chiarezza Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, Sentenza del 21/09/2023 n. 738. Per l’agenzia delle entrate ci doveva essere un calo di fatturato perché un dipendente si era occupato di R&S Peraltro a tali obiezioni dell’Agenzia pare avere dato soddisfacente risposta la parte ricorrente, alle pagine 15, 16 e 17 del proprio ricorso. E ciò sia per quanto riguarda la presenza di idonea documentazione tecnica anche per l’anno d’imposta 2017, sia per quanto riguarda la pretesa anomalia del mancato calo del fatturato solo perché un dipendente si dedicava all’attività di ricerca e sviluppo in questione atteso che trattasi di evenienza non necessaria e non correlata, tanto per citare quelle più rilevanti. L’agenzia delle entrate è stata condannata al pagamento delle spese di giudizio pari ad € 6.000,00 |
7351 | 4/6/2024 |
2024 |
ROMA |
Deve essere richiesto al Mise il parere (vinto) |
Importo del credito € 1.202.291,75 Attività svolta dalla ditta: di autotrasporti merci, per conto proprio e di terzi, spedizioni, magazzinaggi, depositi, traslochi, confezionamenti, facchinaggio e servizi accessori, compreso il supporto tecnologico alla logistica e alla consegna – Oggetto della ricerca, software con un algoritmo brevettato: La ricorrente espone come il progetto con riferimento ai cui costi essa ha utilizzato il credito di imposta era finalizzato a rendere disponibile, nell’applicazione di gestione della flotta/driver e dei task di consegna, un algoritmo di calcolo dell’efficienza, che analizzasse la performance in termini di raggiungimento degli obiettivi e provvedesse ad implementare soluzioni in real time per proporre nuovi percorsi/task, utilizzando come criterio di ricalcolo gli obbiettivi di: a) minimmizzazione dei tempi di completamento della rotta e rientro del mezzo e ridurre le emissioni; b) massimizzazione del carico dei mezzi per singolo trasporto; c) mantenimento dell’efficienza di consegna di ogni singola rotta elevata, constante e indipendente dal singolo driver che effettivamente la esegue, affrontando con un approccio euristico, il c.d. problema del commesso viaggiatore e sviluppando un applicativo che fornisca ai drivers indicazioni per l’ottimizzazione delle rotte, tenendo conto della geolocalizzazione dei DDT/pacchi, anche con l’aiuto di specifici devices. Rappresenta poi, nel corso del 2022, essa abbia intrapreso un procedimento per ottenere il brevetto del progetto elaborato, procedimento che, al momento di proposizione del ricorso, era stato valutato dai competenti uffici come nuovo, originale e industrializzabile a livello mondiale ed era in attesa del solo provvedimento formale di riconoscimento. MOTIVI DELLA DECISIONE Vista la complessità del progetto doveva essere richiesto un parere al Mise Osserva la Corte come il necessario continuo richiamo ad aspetti di carattere tecnico, sia nel PVC sia nel provvedimento, evidenziano la complessità della valutazione volta a giudicare la possibilità di qualificare il progetto come attività di ricerca e sviluppo, nei termini previsti dall'art. 3 del D.L. n. 145 del 2013, come pure della consequenziale valutazione relativa all'inerenza o meno dei singoli costi. Si tratta, tuttavia, di valutazioni relative al campo dell'informatica e della logistica, il giudizio sulle quali importa cognizioni tecniche e competenze che non sono proprie dell'amministrazione finanziaria. Ne discende, come osservato in giurisprudenza in casi similari, che illegittimamente l'Ufficio ha adottato le proprie determinazioni prescindendo dal ricorso al parere del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e ponendosi autonomamente in contrasto non solo rispetto alle prospettazioni della società oggi ricorrente, ma anche rispetto alla valutazione effettuata dall'Ufficio brevetti che, come riferito dal difensore della ricorrente, ha concluso positivamente il procedimento con provvedimento del 9 aprile 2024, in ciò riconoscendo l'innovatività e originalità del progetto sviluppato (cfr., in fattispecie similare, Comm. trib. prov.le Napoli sez. XXX, 02/05/2022, n.4988) La Corte ritiene dunque di aderire all'orientamento giurisprudenziale richiamato da parte ricorrente (cfr. Comm. trib. prov.le Vicenza sez. II, 11/01/2022, n. 14, C.T.P. Ancona, Sez. II, Sent., 11/08/2021, n. 392) secondo il quale, a fronte della necessità di valutazioni ad alto tecnicismo (quali quelle richieste nella fattispecie con riferimento ad aspetti eminentemente informatici), la mancata acquisizione del parere del Ministero importa la ricorrenza di una forma di eccesso di potere da parte dell'aministrazione finanziarie atteso che la valutazione relativa alla ricorrenza delle condizioni oggettive richieste dall'art. 3 del D.L. n. 145 del 2013 per beneficiare del credito ricerca e sviluppo ha comportato l'esercizio di una discrezionalità tecnica da parte di soggetti a ciò non preposti. |
74 | 2024 |
3/6/2024 |
Oristano |
Sentenza ben motivata sotto l’aspetto giuridicoIl Manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)Il Parere del Mise deve essere richiesto (vinto) |
Importo del credito: € 106.661,11 Attività svolta: produzione di mangimi per animali da allevamento Contestazione dell’AE: L’Ufficio ha giudicato che non si trattava di investimenti per ricerca e sviluppo agevolabili, dichiarando nell’atto di recupero (pag.4) che “Dall'esame dei vari progetti riportati nelle relazioni si evince chiaramente che l'attività posta in essere dalla società è più propriamente una ricerca orientata al marketing, alla soddisfazione della clientela, alla competitività e all'ampliamento dei prodotti offerti, ciò a beneficio diretto dell'impresa o del consumatore finale piuttosto che all'innovazione e al superamento di incertezze scientifiche o tecnologiche estese all'intera economia” MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del MISE deve essere richiesto, l’azienda ha personale altamente qualificato Si ritiene poco credibile che l’Ufficio, in autonomia e senza ausilio di esperti, abbia esaminato i vari progetti redatti da personale qualificato, perché non in possesso delle competenze tecnico-scientifiche pari a quelle del “…..personale altamente qualificato in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso un’università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico secondo la classificazione UNESCO Isced (International Standard Classification of Education) o di cui all'allegato 1 annesso al D.L. 145/2013….. (art.2 c.1 D.M. 27/5/15 MEF). Inoltre, l’Ente accertatore non ha sfruttato neppure l’opportunità fornita dall’art.8 del citato D.M. MEF, che dava facoltà di chiedere il preventivo parere del MISE prevedendo che “Qualora, nell'ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall'Agenzia delle entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere”. A tal proposito si condivide l’orientamento della C.G.T. di II Grado della Campania (sent.6212/07/2023 depos.9/11/2023): “…..se da un lato è vero che l’art. 8, comma 2 del D.M. 27/05/2015, contempla solo una facoltà dell’Ufficio di chiedere al competente Ministero di esprimere un parere in ordine a valutazioni di carattere tecnico, dall’altro lato, a fronte di problematiche tecniche di complessità non trascurabile, tale facoltà avrebbe dovuto essere esercitata. In tal senso si è pronunciata condivisibile giurisprudenza di merito (cfr. Ctp la Spezia Sez. 1 Sentenza n. 276 del 16.09.2022, Ctp Vicenza 365/03/2021, Ctp Ancona 392/02/2021, Ctp Napoli 4988/30/2022; Ctp Roma 5918/22/2022) e, in qualche fattispecie (cfr.Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sez. Il, sent., 11 agosto 2021, n. 392), è stata financo evocata la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art.3, comma 14 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti. In particolare, in una fattispecie quale quella in esame, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto rivendicare il possesso di conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una congrua e tecnicamente appropriata disamina circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta e, in assenza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto sebbene in via facoltativa (ossia, dal Ministero dello Sviluppo Economico), le pur articolate motivazioni esposte nell'atto di recupero (sostanzialmente replicate nelle argomentazioni difensive) “si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva” (così Comm. trib. region. Campania Napoli, sez. XXX, sent. 2 maggio 2022 n.4988)”. La normativa primaria non prevede il superamento di ostacoli scientifici Infatti, sia la normativa primaria (art.3 D.L. 145/2013) che introduce l’agevolazione, che quella secondaria (D.M. MEF del 27/5/2015) che dà attuazione al credito d'imposta per attività R&S, non prevedono il “superamento di ostacoli scientifico-tecnologici non risolvibili con le conoscenze e capacità già disponibili nello stato dell'arte e nella prassi del settore”. La disciplina legislativa del credito d’imposta R&S prevede proprio l’opposto e cioè “…..utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati….” (comma 4 lett. c, art. 3 D. L. 145/2013; comma 1 lett. c, art.2 D.M. MEF del 27/5/15). La prassi citata dall’agenzia delle entrate è successiva agli esercizi accertati La prassi citata dall’Ufficio (risposta interpello del 2021 suindicata), poi, oltre ad essere in contrasto con le norme di legge, è dell’anno 2021 cioè posteriore di ben cinque anni dal primo utilizzo dei crediti maturati (2016). Tale operato è scorretto, perché l’Ente che effettua il controllo non può interpretare “a posteriori” una norma in maniera diversa, dopo che i contribuenti l’hanno già applicata in modo puntuale, così come previsto dal testo di legge. L’Ufficio col suo comportamento ha violato il dettato dello Statuto dei Diritti del Contribuente che, all’art.10 c.1 prevede che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”. Per lo stesso motivo non si tiene conto della Risoluzione indicata nell’atto di recupero (n.40/E del 2/4/2019) e che cita altri documenti di riferimento, tra l’altro non presenti nelle disposizioni di legge (Manuale di Frascati) e neppure nella Circolare esplicativa della stessa Agenzia delle Entrate (n.5/E del 2016). Proprio l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n.5/E del 16/3/2016 (paragr.2.1 AMBITO OGGETTIVO - La ricerca agevolabile) chiarisce che “…..sono classificabili nello “sviluppo sperimentale” le attività di: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”. Utilizzo delle conoscenze già esistenti: L’A.d.E. si riferisce anche nella suddetta circolare, così come prevede la norma, all’utilizzo delle conoscenze già esistenti, mentre nell’atto impositivo dice l’opposto, introducendo il concetto di “superamento di incertezze scientifiche o tecnologiche la cui soluzione non sarebbe possibile applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico”. L’utilizzo del Manuale di Frascati non si trova nemmeno nella relazione illustrativa al testo della legge: Il riferimento a testi e/o documenti esterni eccepito dall’Ufficio, non si trova neanche nella relazione illustrativa al testo del decreto legge “Destinazione Italia” (n.145/2013), presentata dal Governo alla Camera all’interno del disegno di legge di conversione: in essa si fa riferimento solo alla norma ed è specificato che “La misura in oggetto è tesa a favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema delle imprese. La norma, non prevedendo alcun criterio di selettività, né territoriale, né settoriale, né di premialità, è da ritenere a tutti gli effetti una norma non rientrante tra i regimi di aiuto previsti dalla Commissione europea e quindi non soggetta ad obbligo di notifica, ma di mera comunicazione ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008…..Inoltre, la misura definisce quali siano le attività di ricerca e sviluppo soggette all’agevolazione e quali spese sono ammissibili…..”. Spese a carico dell’agenzia delle entrate: La Corte accoglie il ricorso e per l'effetto annulla l'atto impegnato. Condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 8.433,00 oltre rimborso, accessori ed esborsi come per legge, a favore del procuratore antistatario dott. Difensore_3 |
8563 | 3/6/2024 |
2024 |
Napoli |
Ricorso vinto per mancanza del Parere del Mise a fronte di un progetto finanziato dal Miur; il Manuale di Frascati deve essere comunque applicato. |
Contributo: € 15.000,00 Attività svolta dall’impresa: e attività di ricerca nelle scienze sociali e umanistiche Progetto di ricerca finanziato dal Miur: Ricorrente_1 esercente attività di ricerca nelle scienze sociali e umanistiche ha impugnato l’atto di recupero in epigrafe indicato esponendo che: aveva presentato, per gli anni dal 2013 al 2017, istanza di accesso al credito di imposta ex art. 3 D.L. 145/20131 e D.M. 27 Maggio 2015, riconosciuto per gli investimenti in materia di ricerca e sviluppo, in relazione alle spese sostenute e sulla base di un progetto illustrativo dell’attività innovativa posta in essere nel proprio settore di esercizio; nella specie era attuatrice di una parte di un progetto generale, finanziato dal MIUR a valere sull’avviso AVVISO 713/RIC DEL 29 OTTOBRE 2010 PROGETTO – TITOLO III; il progetto, prima sotto forma di studio di Fattibilità poi come Progetto esecutivo, era stato presentato dal Distretto Alta Tecnologia per i Beni Culturali; aveva avuto affidata delle specifiche attività, all’interno del progetto PON03PE_00163_1 - SNECS (Social Network delle Entità dei Centri Storici); la valutazione del progetto, in uno con i suoi contenuti di innovatività di creatività, di innovazione tecnologica e di valenza scientifica, era stata effettuata da una Commissione del Ministero della Ricerca Scientifica, con la partecipazione anche di esperti internazionali; il progetto era in linea con le richieste del manuale Frascati, cosi come richiesto dall’avviso del MIUR ed era coerente con il Decreto attuativo del MISE (DECRETO 26 maggio 2020 ); il progetto, concluso il 27/04/2017, aveva avuto valutazione positiva da parte dell’esperto tecnico scientifico (ETS, Prof. Nominativo_1) che aveva presentato la sua relazione conclusiva, inviata al MIUR che procedeva all’approvazione. L’agenzia delle entrate si è basato su parere analoghi espressi al Mise: il MISE interpellato su progetti analoghi, che riguardano la ricerca e lo sviluppo di piattaforme informatiche, si è espresso negativamente circa l'ammissibilità di dette attività nell'accezione rilevante agli effetti dell'applicazione del credito d'imposta,” contestava “l'ipotesi di indebito utilizzo in compensazione di crediti agevolativi inesistenti”. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Manuale di Frascati deve essere applicato (fonte giuridica dell’art.3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145): La vicenda sottoposta all’attenzione della Corte di inquadra nella disciplina del credito di imposta per ricerca e sviluppo di cui all’art.3 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 (modificato dall’art. 1 comma 35 della L. 190/2014) relativa ai progetti di R&S agevolabili secondo i criteri stabiliti nel Manuale di Frascati 2015 dell’OCSE “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development” (richiamato al punto 75 della Comunicazione della Commissione Europea “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca sviluppo e innovazione” - 2014/C 198/01- , fonte giuridica dell’art.3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145). Il parere del MISE deve essere richiesto Si rileva pertanto, come a fronte delle documentate prospettazioni del ricorrente, impropriamente l’Ufficio ha adottato le proprie determinazioni in maniera apodittica prescindendo peraltro dal ricorso al parere del MISE in ordine ad una questione dagli aspetti tecnici problematici e discutibili; invero in virtù dell’elevato tasso di tecnicismo che caratterizza le valutazioni in ordine alla ammissibilità del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa, nel contesto della Circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 ha previsto al capitolo 8 in tema di controlli che: << ... ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.>> Questa Corte non ignora che, come messo in evidenza dall’Ufficio, la richiesta di parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo. Purtuttavia a parere di questa Corte tale facoltà, a fronte di problematiche tecniche di particolare complessità doveva necessariamente essere esercitata, in quanto l’Agenzia delle Entrate non possiede dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell’atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono di fatto insufficienti a legittimare la pretesa impositiva. Tali argomentazioni appaiono in linea con quanto ritenuto in materia dalla ormai prevalente giurisprudenza di merito (in particolare: CTP Ancona, Sez. II, Sent., 11/08/2021, n. 392, che ha richiamato la figura dell’eccesso di potere nell’attività svolta dall’Amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art. 3, c. 14, D.L n. 145/2013), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi |
2370 | 3/6/2024 | 2024 | MIlano |
Il parere del Mise non è obbligatorio (non viene comunque fatto riferimento al Manuale di Frascati) - persoIl credito è inesistente - persoDisapplicazione delle sanzioni (perso) |
Importo del credito: € 64.872,31 Il progetto è relativo ad un software per la gestione dei rifiuti: Il progetto dal quale nasce il credito per ricerca e sviluppo è relativo: “… alla realizzazione di un nuovo ed innovativo software per la gestione ottimizzata degli impianti di trattamento e riciclo rifiuti, che si caratterizza in particolare per la capacità di poter ridurre i costi di processo attraverso una significativa riduzione degli impegni energetici di impianto, andando ad attivare i macchinari in modo intelligente, sulla base di algoritmi di analisi puntuale e critica del ciclo di lavoro, solo nei modi e tempi puntualmente necessari alle singole fasi di lavorazione. Da quanto si legge appare chiara la carenza dei requisiti fondamentali per il riconoscimento del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo legittimamente qualificato come inesistente. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise non è obbligatorio: Il parere al MISE come previsto dalla norma, è solo facoltativo ed in ogni caso non risulta vincolante in quanto non espressamente previsto dalla stessa disposizione. Le nullità sono tassative e devono essere espressamente previste dalla legge. Non viene comunque fatto riferimento al Manuale di Frascati L’art 3 DL DL 145 /2013, così prevede: -Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Il credito è inesistente Si intende credito d’imposta “inesistente” ai sensi dell’art. 13 comma 5 Dlgs 471/97, “nel caso in cui manca in tutto o in parte il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36 bis e 36 ter DPR 600/73 e 54 bis DPR 633/72”, sanzione dal 100% al 200%. In questi rientrano crediti creati ad arte al fine di sottrarre illecitamente risorse al fisco La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta: Nel caso di specie non sussistono obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni applicabili al caso di specie. Il ricorrente è stato condannato a pagare le spese |
258 | 31/5/2024 | Bologna |
Il ricorso riguarda la congruità dei costi (consulenza e personale)Il progetto era già stato finanziato dal MiurIl parere del Mise deve essere richiesto anche per la congruità (vinto)E’ ammesso anche il personale con mansioni amministrative (vinto) |
Importo della contestazione € 65.482,00 Attività svolta dall’impresa: Si occupa altresì della vendita, installazione manutenzione di sistemi di rilevamento e spegnimento incendi e di manutenzione di sistemi di protezione contro le esplosioni. Già dal 2012, la ricorrente ha avviato un contratto di rete (Gruppo servizi di rete di imprese per la sicurezza) con lo scopo di promuovere, tra le altre, l’attività di ricerca nel settore antincendio Progetto di ricerca: "Nuove tecnologie di prevenzione incendi dedicata al sistema di sicurezza attivo, integrato, intelligente per prevenire gli incidenti e gli atti terroristici", Contestazione relativa all’inerenza di alcune costi per consulenza e personale Progetto finanziato Horizon 2020: Contestualmente, per il medesimo progetto viene presentata domanda di partecipazione al bando indetto dal Ministero dello Sviluppo Economico - Fondo per la Crescita Sostenibile - dal titolo "Progetti di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici identificati dal programma quadro comunitario Horizon 2020". Tali agevolazioni sono state riconosciute con provvedimento del 05/02/2016 (Decreto MISE - AOO IAI REGISTRO INTERNO R.0000690 – all. 2, 3 e 4) Lo stesso progetto era stato precedentemente oggetto di una decisione della commissiona tributaria: Ritenendo del tutto infondato il recupero, la ricorrente ha tempestivamente impugnato l’Atto avanti alla C.G.T. di Bologna, la quale con Sentenza n. 37/03/2023 depositata il 17/01/2023 ha integralmente annullato l’atto, confermando la piena spettanza del credito d’imposta portato in compensazione «in quanto l’atto di recupero è viziato sotto il profilo della motivazione e nel merito è infondato, anche perché dalla corposa documentazione prodotta emerge che il progetto di ricerca e sviluppo presenta i requisiti fondamentali previsti dalla normativa per essere considerato innovativo. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise deve essere richiesto anche in merito all’inerenza dei costi Questa Corte fa osservare che l’art. 8 del D.M. del 27/05/2015 del Ministero dell’Economia e delle Finanze dispone infatti che: “Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto, l'Agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto. Qualora, nell'ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall'Agenzia delle Entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere…”. La stessa Agenzia delle Entrate ha ulteriormente specificato: «…con la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 16/03/2016, n. 5/E è stato precisato che le indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali (ad esempio: sviluppo di una data molecola da parte di un’azienda nel settore chimico-farmaceutico) tra quelle accreditabili, analiticamente elencate dalle predette norme, comportano accertamenti di natura tecnica che involgono l’esclusiva competenza del Ministero dello Sviluppo economico (MISE)…» (Circ. n. 31/E del 23 dicembre 2020). Ciò in quanto, la possibilità di accedere al beneficio del credito d’imposta implica l’esame e la valutazione del progetto sviluppato dal contribuente sotto un profilo spiccatamente tecnico e scientifico. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate non può fondatamente ritenere di possedere conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una disamina circa la sussistenza dei parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta che sia congrua e tecnicamente appropriata. A tal proposito, si è consolidata una copiosa giurisprudenza di merito a conforto della necessità di ricorrere alla richiesta di parere al Ministero dello Sviluppo economico. “…ogniqualvolta debba prevalere la natura tecnica degli accertamenti, la mera facoltà attribuita all’Agenzia delle Entrate di richiedere al Ministero dello Sviluppo economico di fornire il proprio parere, prevista dal comma 2 dell’art. 8 del D.M. 27 maggio 2015, attuativo del D.L. n. 145/2013, esprime in realtà la necessità di una discrezionalità tecnica che non può essere autonomamente esercitata dalla Pubblica amministrazione, se non attraverso il parere necessario degli organi tecnici e quindi delle strutture in seno al Ministero dello Sviluppo economico o altri enti pubblici che, se del caso, possono essere chiamati in veste di consulente super partes. Di conseguenza, è illegittimo l’atto impositivo che scaturisca dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici preposti» (Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Chieti, sent. del 12/12/2022, n. 454/1/2022. Nello stesso senso anche CTP Ancona, sent. del 11/08/2021, n. 392/2/2021; CTP Vicenza, sent. del 09/07/2021, n. 365/3/2021; CTP Napoli, sent. del 03/06/2022, n. 5952/15/2022 – all. 7). Anche la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Bologna si è espressa in merito, sia nei confronti dell’odierna ricorrente (Sentenza n. 37/03/2023 depositata il 17/01/2023 – RGR n. 202/2022 –Ud. del 24/10/2022 – Anno 2015), sia in altre fattispecie del tutto analoghe: «In tema di credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, in caso di accertamento fiscale, stante la complessità tecnica dell'attività svolta, l'Agenzia delle Entrate non può fondare la propria contestazione solo su accertamenti basati solo sulla lettura di documenti di difficile interpretazione, senza incorrere nella fattispecie dell'eccesso di potere. Poiché l'ufficio, non essendo competente, sotto l'aspetto tecnico, a valutare la complessità dell'attività svolta, deve richiedere un parere al MISE, parere che resta facoltativo ma opportuno, per dare una motivazione tecnico-scientifica alla pretesa tributaria. In mancanza, l'atto di recupero è viziato sotto il profilo della motivazione e nel merito è infondato» (Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Bologna, Sent. del 22/12/2022, n. 977/1/2022 – RGR n. 167/2022 – Ud.13/12/2022. Così anche CGT di I grado di Bologna, Sent. 325/1/2023 del 20/06/2023 – RGR n. 521/2022 – Ud.16/05/2023. Infine la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Bergamo la quale ha sostenuto che «il recupero fiscale così posto in essere integra gli estremi dell’eccesso di potere giacché l’Ufficio non è competente, sotto l’aspetto tecnico, a valutare la valenza dell’attività svolta in quanto la fruizione del beneficio fiscale è subordinata al riscontro di presupposti di natura tecnologica e di rilevante complessità, che necessitano una valutazione supportata da competenze tecniche che permettono di valutare le certificazioni prodotte dall’impresa ricorrente» (cfr. CGT I Bergamo sent. n. 300/1/2023). Ad oggi, tutta la giurisprudenza di merito è concorde nel riconoscere che la formulazione di giudizi tecnici esula dalle competenze dell’Amministrazione finanziaria, la cui interpretazione è circoscritta alla normativa tributaria. Questa Corte fa rilevare che la documentazione acquisita agli atti non è generica come vuol far credere parte resistente ma, è completa nella sua formulazione in riferimento al relativo progetto ed ai relativi costi inerenti e connessi all’attività di ricerca e sviluppo. Ebbene, nel caso in esame, alla luce della complessità tecnica del progetto di R&S è assolutamente evidente come fosse necessaria la richiesta di un parere tecnico dell’amministrazione competente (ovvero il MISE) in assenza del quale l’atto di recupero deve ritenersi del tutto illegittimo e merita di essere integralmente annullato. Ciò a maggior ragione anche alla luce della considerazione che di fatto, riconoscendo i finanziamenti richiesti da Ric_1, il parere del MISE sull’eleggibilità all’agevolazione del progetto e dei relativi costi è insito nel provvedimento che lo ammette anche ai finanziamenti europei. Quindi, il progetto e i costi ad esso connessi è pacifico che fossero ascrivibili all’ambito dell’agevolazione. La congruità era stata valutato dal Ministero che ha erogato il contributo. Tale giudizio tecnico è stato autonomamente formulato dai Verificatori prima e dagli Accertatori con motivazioni del tutto generiche senza tenere conto del fatto che si trattasse di un progetto già esaminato e autorizzato dal competente Ministero anche sotto il profilo della rendicontazione. Pertanto, le contestazioni dell’Ufficio oltre ad essere del tutto infondate, sono anche assolutamente prive di alcun valido e concreto riscontro che provi la fondatezza della ripresa. La consulenza è stata ritenuta ammissibile, per l’ufficio era invece una consulenza amministrativa non agevolabile: A differenza di quanto sostenuto dall’Ufficio che indica tale attività “è apparsa” di natura essenzialmente amministrativa, l’attività di consulenza effettivamente svolta da Società_1 non è limitata ad attività amministrativa o di mera consulenza finanziaria, ma, come documentato in atti, il contratto stipulato prevede vari servizi integrati, aventi per oggetto la diretta partecipazione ed il coordinamento dello sviluppo del Progetto: Il contratto di consulenza prevede chiaramente attività strettamente connesse alla predisposizione e allo sviluppo del progetto di R&S e quindi sono pienamente ascrivibili al credito d’imposta. I compensi erogati relativi ad attività che si sarebbero potute qualificare come amministrative sono stati a monte esclusi dalla Società al momento del calcolo del credito indicato in dichiarazione (come rilevato da atti). Entrando nel dettaglio delle attività svolte da Società_1 pertinenti e connesse al progetto di R&S si ricava chiaramente dalla relazione predisposta dal consulente che esse non sono da ricondurre ad attività amministrativa e/o di mero coordinamento per l'anno 2016. Nell’atto di recupero si legge che non sarebbero state dimostrate le competenze tecniche del consulente e la documentazione attestante l’attività svolta non sarebbe in ogni caso sufficiente. Tali rilievi non sono in alcun modo condivisibili. Le competenze tecniche del consulente sono chiaramente indicate nel piano di sviluppo del progetto, nella persona del Sig. Nominativo_4 , esperto nella consulenza e nell’assistenza alle imprese nello sviluppo di piani industriali ed aziendali e nell’ideazione e realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo. Egli, quale Innovation manager è altresì iscritto all’apposito Albo istituito presso il MISE. Respinte le contestazioni relative a personale con mansioni amministrative. Quanto al costo di € 202.427,62 per personale dipendente (dipendenti Nom_2, Nom_1 e Nom_3) si afferma nell’Atto impugnato «…Tutti e tre i dipendenti sono stati inseriti dalla società verificata tra il personale non qualificato coinvolto nelle attività di ricerca e sviluppo. I verbalizzanti hanno rilevato che i Sigg.ri Nom_2 e Nom_1 svolgono ordinariamente mansioni amministrative. … le mansioni svolte nell’ambito del progetto non attenevano strettamente alle attività di ricerca, ma erano qualificabili come attività di supporto alla stessa relative all’espletamento di mansioni amministrative e, quindi, non eleggibili nell’ambito dei costi agevolabili». A differenza di quanto sostenuto dall’Ufficio, l’attività svolta dai 3 dipendenti indicati non si è limitata al mero supporto o allo svolgimento di compiti amministrativi rientranti nell’ordinaria attività dei dipendenti, ma era pienamente integrata e funzionale al progetto di ricerca. Le attività, svolte dai dipendenti Nom_2 e Nom_1, non rientrano nell'ordinarietà dei loro compiti, ma trattasi di attività di carattere straordinario svolte specificamente per il progetto di R&S così come attestato dal Capo Progetto nei rapporti ore mensili, attività che in alternativa sarebbero state svolte dai tecnici e come tali non sarebbero state contestate. Quanto poi alla posizione del Sig. Nom_3, ha svolto attività di ricerca per l'unità di sviluppo e di supporto per i sistemi di gestione di sicurezza antincendio connessi al progetto di R&S. Come dichiarato nel processo verbale giornaliero di verifica n. 15 del 26/03/2018. Tali costi, oggi rientrano pacificamente tra i costi del personale agevolabili, essendo stata soppressa la distinzione tra personale qualificato e non qualificato, rilevando esclusivamente il fatto che il personale sia direttamente impiegato nel progetto di Ricerca & Sviluppo. Manuale di Frascati e personale agevolabile per le attività di R&S In proposito il Manuale Frascati specifica che «Per identificare e distinguere il personale addetto alla R&S dal totale del personale dell’unità di ricerca che svolge attività di R&S, si può usare come riferimento il seguente elenco di compiti chiave relativi alla R&S. Il personale addetto alla ricerca e sviluppo: -Svolge lavori scientifici e tecnici per un progetto di R&S (allestimento e realizzazione di esperimenti o rilievi, costruzione di prototipi, etc) -Pianifica e gestisce progetti di R&S -Prepara relazioni intermedie e finali per i progetti di R&S -Fornisce servizi interni per progetti di R&S (ad es. elaborazioni informatiche dedicate o lavori di biblioteca e documentazione -Fornisce supporto per l’amministrazione degli aspetti finanziari e del personale dei progetti di R&S. In definitiva, questa Corte di Giustizia Tributaria conclude sul punto che non vi può essere alcun dubbio che il personale (Vedi in atti) fosse direttamente inserito nel progetto di ricerca, avendo svolto tutti quei compiti che chiaramente vengono individuati quale indice di coinvolgimento diretto. Ne discende che i compensi erogati per tale attività rientrano appieno nelle previsioni di cui all’art. 3 del D.L. 145/2013 e al D.M. 27/05/2015 e rientrano pertanto fra i costi oggetto della relativa agevolazione.
L’agenzia delle entrate è stata condannata a pagare le spese |
256 | 30/5/2024 | Bologna |
Il parere del MISE deve essere richiesto (vinto)Il Manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)Contestazioni relative al personale (vinto) |
Importo del credito: € 59.900,00 Attività svolta dell’impresa: “costituita nel 2001 ed iscritta da febbraio 2019 nella sezione delle PMI innovative, è società che svolge attività di consulenza tecnica ed assistenza alle imprese in materia di sicurezza sul lavoro, analisi e valutazione dei rischi ai sensi del d.lgs. 81/08 e smi. Negli anni la società si è specializzata nella valutazione del rischio da Sovraccarico Biomeccanico Lavorativo (SBL). La società svolge inoltre attività di formazione ed è ente di formazione accreditato presso la Regione Emilia-Romagna.”). In secondo luogo dalle caratteristiche personali e curriculari del suo legale rappresentate (si legge sempre nel ricorso: “Il legale rappresentante è membro di UNI (Ente Italiano di Normazione), da diversi anni all’interno della Commissione Tecnica: UNI/CT 015/GL 06 "Antropometria e biomeccanica", e dalla stessa UNI è stato nominato come “esperto” alla più rinomata Associazione ISO – International Organization for Standardization) per la commissione tecnica del gruppo ISO/TC159/SC3 “Anthropometry and biomechanics”. Da anni lo stesso collabora con l’associazione EPM -IES di ergonomia, che ha lo scopo principale di diffondere in tutto il mondo le conoscenze più avanzate in materia.”). Infine anche da precedenti depositi effettuati dalla stessa ricorrente, sempre con caratteristiche innovative (ancora dal ricorso: “La società dal 2018 ha effettuato presso il Pubblico Registro Software della Siae quattro depositi, di cui tre aventi ad oggetto dei programmi originari (Calcoli TS alta precisione; Check List – OCRA -FCL; Raccolta Dati Avanzamento Lavori – FCL – AP)”.) Progetto di ricerca: Mentre, sotto il profilo strettamente oggettivo, appaiono convincenti le illustrazioni della innovazione consistente, in estrema sintesi, nello sviluppo di un metodo di calcolo e il relativo foglio di calcolo per la stima delle probabilità di accadimento dell'evento Malattia Professionale o Infortunio in soggetti esposti a valori di rischio variabili. Ci si riferisce al contenuto delle pagine da 3 a 9 del ricorso e ai documenti versati a corredo. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise deve essere richiesto: Si ricorda, a tale proposito, che recentemente, la C.T.P. di Napoli (sent. 4988/2022) ha sancito che, per contestare il credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo, il Fisco deve chiedere il parere al MISE, pur in assenza di una specifica norma al riguardo. In buona sostanza, si riconosce che, sul piano formale, tale parere costituisce una facoltà e non un obbligo, ma diventa un atto necessario dal momento che ogni accertamento deve essere adeguatamente motivato e la motivazione non può che essere meramente apparente se di fronte a problematiche di grande complessità come quelle in questione non si fonda su valutazioni da parte di organismi tecnici. Sulla stessa scia si allineano anche la C.T.P. di Vicenza (sent. 365/2021) e la C.T.P. di Ancona (sent. 392/2021). Il Manuale di Frascati non può essere applicato Vero è che il periodo d’imposta in discussione (2017 - 2018 - 2019) è anteriore al riconoscimento legislativo attribuito al cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nell’anno d’imposta in questione, ma consacrato legislativamente solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n°160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1 ). Ma è altrettanto vero che il contenuto di tale Manuale ben può essere utilizzato per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo anche per anni d’imposta precedenti al 2021, pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo. Sul punto, diffusamente e con chiarezza Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, Sentenza del 21/09/2023 n. 738. Le contestazioni relative alle percentuali di impiego del personale sono state respinte: Per contro le contestazioni sollevate dall’Agenzia non appaiono specifiche né circostanziate e neppure supportate da adeguata valutazione tecnica. Le medesime paiono incentrarsi sull’utilizzo del personale dipendente, per l’attività di sviluppo e ricerca in questione, ma a tali obiezioni dell’Agenzia pare avere dato soddisfacente risposta la parte ricorrente, con l’indicazione della percentuale di ore lavorative dedicate dalle due dipendenti nell’anno 2017 e le funzioni svolte (v. ricorso ivi pag. 18). L’AE è stata condannata al pagamento delle spese |
Corte di giustizia tributaria di ASCOLI PICENO (ha competenza anche per Fermo)
229 | 2024 | 28/5/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (Perso) Il parere del Mise non deve essere richiesto (Perso) Il credito è non spettante (Vinto), le sanzioni sono state quindi ridotte al 30% ma non tolte per incertezza normativa |
Importo del credito: € 75.015,00 Attività svolta dall'impresa che opera nel settore aeronautico: La Ricorrente_1 rappresenta una delle realtà più importanti nei servizi tecnici all’industria aereonautica, a quella automobilistica, alla difesa, all’ Oil&Gas e ai sistemi Ropeways con 12 sedi in Luogo_1 e 4 all’estero e si avvale di oltre 500 specialisti investendo sull’innovazione, ogni anno, il 3,5 % del fatturato. Ha ottenuto dalla Borsa Italiana il certificato ELITE che la colloca nelle eccellenze Italiane. Il 28/03/17 taglia l’importante traguardo dell’ingresso in Borsa, quotandosi al mercato AIM. Il Gruppo sviluppa un fatturato di 37 milioni di euro ed è certificata dai diversi organismi indicati. A seguito dei processi di fusione, opera nello sviluppo dell’integrazione e del test di software installati all’interno dei sistemi di bordo dei velivoli civili e militari, nei contenuti multimediali e nelle piattaforme interattive destinate al supporto tecnico e a servizi di training specializzato per la manutenzione e gestione dell’elicottero e nei servizi di progettazione aereonautica a supporto dei costruttori oltre che nella definizione dei contenuti tecnici della documentazione a supporto del velivolo e nella progettazione di parti e componenti dei velivoli. È specializzata anche nella progettazione di sistemi medicali aereonautici e nella personalizzazione dei Kit per aerei adibiti a sorveglianza e videoriprese. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Manuale di Frascati deve essere applicato Riguardo la controversia sull’ammissibilità del credito per R&S, vanno condivise le argomentazioni sviluppate dall’Ufficio a proposito del contenuto della relativa normativa che consente di configurare tale credito d’imposta (esattamente l’art. 3, c. 1 D.L. 145/2013, conv. In L. 9/2014, come successivamente modificato e integrato, e successivo Decreto attuativo del 27/05/2015 del MEF, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico) nonché le linee interpretative alla cui stregua va valutata l’attività di ricerca e sviluppo (si tratta di quelle indicate nel c.d. “Manuale Frascati”, nella circolare n° 59990 del 09/02/2018 del Ministero dello Sviluppo Economico e nella risoluzione n° 40 del 02/04/2019 dell’A.E.). Coerentemente con il significato di “ricerca e sviluppo”, deve trattarsi di progetti che apportano un apprezzabile progresso di novità scientifico-tecnologico per l’intero mercato, e non un mero vantaggio operativo per l’impresa. L’innovazione realizzata non deve significare la semplice utilizzazione o miglioramento di conoscenze già esistenti, ma deve avere quelle caratteristiche di novità che sono richieste dalla normativa. Come è noto l’individuazione delle attività di R&S ammissibili al credito sono state stabilite dal Legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel par, 1.3, punto 5 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01/2014, recante la disciplina degli “aiuti di Stati” a favore della ricerca e sviluppo e innovazione. Al punto 75 della Comunicazione 198/01 del 2014 è espressamente previsto che per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, ci si dovrà basare sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche formulate dal “Manuale Frascati” dell’OCSE. È pur vero che il c.d. “Manuale Frascati” è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi dal 2018 (circ. MISE 59990/2018 e circ. A.E. 46/E/2018), ma è altrettanto incontestabile che tale “Nominativo_2” abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi di ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica (Comunicazione CE 2006/C 323/01 del 30/12/2006- Comunicazione 214/C 198/01 del 27/06/2014 richiamata dalla circ. dell’A.E. 5/E del 16/03/2016- par. 1 . Non è condivisibile, pertanto, che la Società negli anni degli investimenti, non poteva immaginare l’utilizzo dei criteri di classificazione del “Manuale Frascati”. L'ufficio non è obbligato a richiedere il parere al MISE Questa Corte non ritiene che spetti all’organo giudicante valutare se l’A.E. disponga o meno di competenze tecniche e se, quindi, sia necessario avvalersi del supporto di altre Amministrazioni. L’Organo giudicante deve limitarsi, in base agli atti di causa a valutare se l’Amministrazione abbia fatto un corretto uso della sua discrezionalità tecnica, ovvero se l’impianto argomentativo offerto dall’Ufficio sia idoneo a eliminare i dubbi di irragionevolezza e arbitrio del suo operato che deve seguire un percorso logico e non contraddittorio. Sulla presunta violazione dell’art. 3 del D.L. 145/2013 e 8 del D.M. del 27/05/15, per omessa richiesta del parere tecnico del MISE, l’Amministrazione non era preventivamente obbligata a richiedere il suddetto parere, considerato che trattasi di una possibilità, esercitabile in maniera discrezionale e, comunque, solo dove l’Ufficio controlli dell’A.E. si senta impossibilitato, per le circostanze del singolo caso, a svolgere adeguatamente tutte le valutazioni tecniche. La commissione è entrata nel merito tecnico del progetto Venendo alla fattispecie in esame, l’ufficio ha sviluppato una articolata istruttoria svolta sulla documentazione prodotta dalla parte e attentamente valutata, da cui è emerso che i due progetti della Società non potevano beneficiare delle favorevoli condizioni di legge, perché carente dei requisiti prescritti dalla norma. In particolare, come si può desumere dalla motivazione dell’atto, la convinzione è maturata in quanto sul primo progetto “cabinet elettroattuato”, non si riscontrano elementi di novità e di creatività e non si identifica il superamento di quelle incertezze scientifico-tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile con le conoscenze già disponibili nel settore di riferimento. Anche nel secondo progetto “acquisizione video iper-spettrale per elicotteri leggeri”, non si riscontra l’innovazione e la creatività nell’ambito di riferimento, né il superamento di ostacoli ed incertezze che possano produrre un beneficio per l’intera economia, al fine di soddisfare le” caratteristiche qualitative” richieste dalla normativa. Il primo progetto può rappresentare solo un incremento e miglioramento delle funzioni già esistenti dell’oggetto che è già presente negli arredi interni degli elicotteri- automobili- camper – yatch e, anche i materiali utilizzati sono già presenti in molti oggetti di uso comune ed hanno solo la finalità di abbattere i costi di produzione. Alla luce di ciò, tali modifiche che rendono maggiormente funzionante l’oggetto, non rientrano fra le attività agevolabili. Anche il secondo progetto non rileva le qualità evidenziate. La progettazione si sviluppa solo in un supporto per il posizionamento che è già presente sul mercato, nonché i materiali utilizzati sono principalmente l’alluminio che viene usato per le proprie ottime proprietà meccaniche già conosciute. La ditta ha presentato una perizia tecnica che la commissione ha ritenta non idonea Il revisore doveva certificare anche la relazione tecnica ? La documentazione prodotta dalla Società (inclusa la Perizia tecnica dell’esperto, che ricalca quanto già evidenziato nelle relative relazioni dei singoli progetti), non si è dimostrata idonea a supportare quegli elementi di novità e innovazione necessari per superare ostacoli ed incertezze nel proprio ambito e, fra l’altro, non è stata “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o da un professionista iscritto nell’albo dei Revisori, come la norma prevede. Tale professionista avrebbe dovuto attestare la regolarità formale della documentazione contabile e delle effettività dei costi. Inoltre, la successiva relazione prodotta, a seguito del contraddittorio, identica alla certificazione precedentemente esibita, è stata sottoscritta solo dal Legale rappresentante della Società e non anche dal Revisore, per cui non si conosce se tale documentazione si stata esaminata e valutata dall’organo preposto. Il credito è non spettante Il motivo del ricorso che, invece, merita di essere preso in considerazione, è quello relativo alla illegittimità nella parte in cui l’Ufficio irroga la sanzione per utilizzo in compensazione di crediti ritenuti “inesistenti”. Questa Corte, come già si è espressa più volte, ritiene che il caso di inesistenza del credito esprima qualcosa di diverso e grave (operazioni fraudolente fatte a scopo evasivo ecc.) della insussistenza dei requisiti che danno titolo all’agevolazione e giustificano il recupero fiscale. Nel caso, si deve ritenere che l’Ufficio abbia operato correttamente nel recupero, poiché in una fase di controllo successivo non è stata riscontrata la rispondenza dei requisiti di legge per poter beneficiare dell’agevolazione in quanto il progetto è mancante del carattere di innovabilità e sviluppo con portata generale previsto dalla specifica normativa. Tuttavia, tale mancanza ha un aspetto diverso della inesistenza oggettiva del credito legato ad un’attività elusiva /evasiva posta in essere dalla Società, per cui il credito deve considerarsi solo “non spettante” anziché “inesistente” con la conseguente riduzione al 30% della sanzione anziché quella applicata del 100% dall’Ufficio. Per la S.C(cfr. Sent. 3444/2021- 7615/2022 e la recentissima Sent. a SS.UU. 34452/2023), il credito è considerarsi “inesistente” solo al sussistere della duplice condizione di inesistenza totale o parziale del presupposto costitutivo e allorché tale inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli ex artt. 36-bis36-ter DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72. In mancanza la sanzione irrogabile sarà unicamente quella ordinaria , pari al 30%, non potendo trovare applicazione quella più grave pari al 100% ( art. 13,c.5 D.Leg. 471/97). Le sanzioni non sono state comunque azzerate per l'incertezza normativa. |
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230 | 2024 | 28/5/2024 |
L'atto di recupero è stato iscritto nel ruolo straordinario (che è valido solo per i crediti inesistenti) che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi. La ditta ha chiesto la sospensiva per il versamento di questa somma ma non è stata concessa (ricorso perso). |
Importo della contestazione € 43.150,00: La società Ricorrente_1 la cartella di pagamento n. 008 2023 0013554603000, notificata il 22.11.2023, dall’Ente di Riscossione portante le iscrizioni a ruolo straordinario di imposte, sanzioni ed interessi di cui all’atto di recupero crediti n. TQ3CRT300008/2023. In particolare, con l’atto di recupero crediti, impugnato in separato giudizio dalla ricorrente, l’Ufficio avendo acclarato l’assenza dei requisiti per l’esistenza del credito di imposta per ricerca e sviluppo, rilevava l’indebita fruizione del credito de quo per l’ammontare totale di € 351.488,73 e recuperava le indebite compensazioni del credito sorto nell’esercizio 2016 ed utilizzato in compensazione nel 2017 per l’importo di € 43.150,00. La cartelle era stata iscritta a ruolo straordinario che prevede il pagamento dell'intero ammontare delle imposte e delle sanzioni: Contestualmente, l’ufficio formava ed emetteva le partite di ruolo ai sensi del suddetto art. 27, comma 19 del D.L. n. 185/2019, che prevede l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell’art. 15 bis del D.p.r. n. 600/1973 (vale a dire dell’intero ammontare delle imposte e sanzioni, oltre agli interessi) notificate al contribuente con la cartella esattoriale qui impugnata. Il ruolo straordinario è previso solo per il crediti inesistenti: 1) Illegittimità della cartella per violazione dell’art. 27, commi 16 e 19 del D.L. n. 185/2008 e art. 15-bis del DPR n. 602/1973, atteso che l’iscrizione nei ruoli straordinari (e, pertanto, senza accesso alla riscossione frazionata in pendenza di giudizio) di tutti gli importi contenuti in atti di recupero è possibile solo per i crediti c.d. “inesistenti” e non anche per i crediti non spettanti. Richiesta delle sospensiva da parte dell'impresa relativa al versamento dell'intero importo del credito+sanzioni+interessi: Chiedeva nel contempo la sospensione dell’atto impugnato rappresentando, quanto al periculum che l’importo del credito erariale pari ad euro 96.724,20 avrebbe costretto la società a ricorrere al finanziamento bancario, peraltro difficilmente ottenibile, con ulteriori aggravi in termini di interessi passivi e che, in ogni caso, la pendenza del giudizio, in assenza di sospensiva, potrebbe pregiudicare la partecipazione della società alle gare pubbliche e, quindi, precluderle la possibilità di conseguire ricavi per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale. Per i giudici la sospensiva sul versamento dell'intero importo non può essere concessa. Viene riportata la differenza fra Iscrizione a ruolo straordinario e iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio che prevede il solo pagamento di un terzo del credito e degli interessi (con esclusione delle sanzioni). Orbene, ritiene la Corte che in primis non sussistano i presupposti per poter procedere alla invocata sospensiva in difetto dei presupposti di legge e che, invece, ricorrano i presupposti per una definizione del procedimento ai sensi dell’art 47 ter dlgs 546/92. In particolare quanto alla sospensiva deve evidenziarsi che come è noto, il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione della contemporanea sussistenza dei due requisiti previsti dalla legge: a) il "fumus boni iuris": il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato; b) il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente, ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e, quindi, della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute, oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento. Orbene, nel caso in esame, non può dirsi sussistente il requisito del periculum in mora, non ravvisandosi la sussistenza di un danno grave ed irreparabile. A ciò deve aggiungersi che, come si vedrà insussistente è anche il requisito del fumus. A tal riguardo, preliminarmente deve evidenziarsi che dalla lettura congiunta del comma 16 e 19 dell’art 27 del D.L. n. 185/2008 le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16 (utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti), anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Nello specifico l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dall’art.15 bis del d.P.R. 602/1973 consente all’Ufficio di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentito dalla iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio ex art.15 d.P.R. 602/1973. Orbene, il ricorrente contesta il modus procedendi dell’Ufficio, atteso che, a suo dire, non vi sarebbero i presupposti per procedere ad iscrizione nel ruolo straordinario, trovandoci al cospetto di crediti non spettanti e non anche di crediti inesistenti. L’ufficio sostiene l’inammissibilità del ricorso sul presupposto per cui i vizi dedotti dovrebbero farsi valere solo con l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto. Deve innanzitutto osservarsi come l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis consente all'amministrazione finanziaria di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell'intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni) consentito dalla iscrizione nei ruoli ordinari. Il carattere eccezionale di tale procedura giustifica la necessità, prevista dall'art. 11, comma 3, del citato decreto, che sussista un "fondato pericolo per la riscossione" e correlatamente, e come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, fonda l'obbligo dell'Amministrazione di indicare nella cartella le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, tale pericolo è ritenuto sussistente, e non, quindi, aprioristicamente affermato (Cass. n. 22306 del 2021; Cass. n. 12239 del 2017). E' stato affermato, in particolare, che se fosse consentito all'Amministrazione di omettere qualunque motivazione circa i fatti costitutivi della pretesa di riscossione integrale di un credito tributario ancora sub iudice, risulterebbe compromesso il diritto di difesa del contribuente, il quale si vedrebbe costretto ad impugnare la cartella senza conoscere le ragioni (e quindi senza poterle specificamente contestare) per le quali l’Ufficio, sulla base di motivi non palesati, ha ritenuto la sussistenza delle condizioni per procedere alla iscrizione a ruolo straordinario (v. Cass. n. 7795 del 2020). Né, in tal senso, sarebbe rilevante il semplice fatto che la società contribuente sia stata soccombente in primo grado davanti alla Corte di Giustizia Tributaria; come recentemente ribadito dalla Suprema Corte, infatti, l’aver indicato quale possibilità esecutiva, all’interno dell’atto di recupero, la procedura dell’iscrizione al ruolo straordinario ex art. 15bis, determina la mera facoltà di iscrivere le imposte a ruolo straordinario, sempre che sussista il fondato pericolo e sia adeguatamente esplicitato (v. Cass. n. 5779 del 2021). Tuttavia, se quanto sopra concerne la regola, il caso di specie, invece, afferisce alla fattispecie eccezionale di cui all'art. 27 commi 16 e 19 del dl 185/2008, convertito in legge n. 2/2009. In caso di crediti inesistenti, decorso il termine per il pagamento, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (cfr. ex multis Cass 21.4.2017 n. 10112). Dunque, in caso di inesistenza del credito l’Ufficio è obbligato ad usare il ruolo straordinario art. 27 comma 19 del DL 185/2008 in deroga alle normali condizioni di utilizzo dell'iscrizione al ruolo straordinario. Ebbene, non è chi non veda come le ragioni del fondato pericolo per la riscossione che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 gg delle somme dovute in base all’atto di recupero. In definitiva, le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa la pretesa impositiva sono già note al ricorrente, così come le ragioni dell’iscrizione a ruolo straordinaria perché contenute nell’atto impositivo, trattandosi di atto di recupero di crediti ritenuti inesistenti dall’Ufficio, anche se oggetto di impugnazione. Pertanto l’Ufficio, nel caso specifico, si è limitato ad applicare le disposizioni di legge in materia, una volta accertato il mancato pagamento da parte del contribuente delle somme dovute entro il termine di 60 giorni |
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218 | 2024 | 13/5/2024 | Atto di recupero per crediti inesistenti iscritto al ruolo straordinario che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi (perso) |
Importo del credito € 95.062,02 MOTIVI DELLE DECISIONE Per i crediti inesistenti viene emesso l'atto di recupero iscritto al ruolo straordinario Con il primo, la Società sostiene che non sarebbe ammessa l’iscrizione a ruolo per l’intero ammontare ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, poiché l’atto di recupero deve considerarsi una specie del più ampio genere dell’avviso di accertamento e, essendo stato tale atto oggetto di impugnazione, si deve applicare nel caso specifico la normativa dell’iscrizione a ruolo frazionata ex art. 15 dello stesso decreto presidenziale; inoltre, non sarebbe nemmeno possibile l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi del successivo art. 15-bis, non essendo stata riportata, nella cartella qui impugnata, alcuna motivazione circa la sussistenza di fatti indicativi di un fondato periculum in mora, tale da giustificare la riscossione integrale del credito tributario (comprese le sanzioni), ancorché privo del requisito della definitività. Invero, si osserva che l’atto da cui scaturisce l’iscrizione a ruolo a titolo straordinario è un atto di recupero del credito d’imposta per Ricerca & Sviluppo, essendo stata accertata l’indebita fruizione di un credito d’imposta, per mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi, ed avendo l’Ufficio sostenuto che il credito d’imposta sorto in precedenza ed utilizzato in compensazione nel 2016 e 2017 fosse inesistente e, quindi, dovesse essere recuperato. Ciò premesso, all’ultima pagina dell’atto di recupero crediti, nella sezione rubricata “Riscossione conseguente alla notifica dell'atto di recupero”, è riportata la seguente indicazione: “In caso di mancato versamento diretto l'Ufficio, ai sensi dell'art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008, procede alla riscossione coattiva delle somme complessivamente dovute, maggiorate degli ulteriori interessi maturati, mediante iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell'art. 15-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602”. A sua volta, l’art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008 prevede che, “in caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'Ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'art. 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”. Ebbene, emerge che le ragioni del fondato pericolo per la riscossione, che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario, siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 giorni delle somme dovute in base all’atto di recupero. |
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155 | 2024 | Ascoli Piceno |
Il ManuAle di Frascati deve essere applcato (perso) Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso) Il credito è non spettante (vinto) |
Importo del credito €155,00 Il Manuale di Frascati deve essere applicato I presupposti su cui si fonda il credito d’imposta sono essenzialmente riconducibili allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo intesa come attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo tecnologico o scientifico, come si evince dalla disciplina normativa contenuta nel d.l. 145/2013 e nel decreto attuativo emanato dal Mef in concerto con il Mise nel 2015 (art.8 D.M. 27.5.2015) e le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” sono contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della commissione UE (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”). Tali definizioni sono sostanzialmente mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati i cui criteri di qualificazione e classificazione costituiscono in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina agevolativa di cui all’art. 3 del citato decreto attuativo del 2015. Invero, al fine di soddisfare le “Caratteristiche qualitative”, richieste dalla normativa, occorre che l’attività sia innovativa in senso assoluto (non solo innovativa per la società, ma per l’intero mercato): ossia deve individuare delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alle capacità che formano lo stato dell’arte del settore e per il cui superamento si è reso, appunto, necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo – elementi, questi, rilevanti per la valutazione della “novità” dei nuovi prodotti o dei nuovi processi. Al contrario, non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Infine per quanto concerne il motivo di ricorso che richiama la non conoscibilità all’epoca delle attività svolte del c.d. “Manuale di Frascati” e l’impropria riconducibilità del relativo contenuto al rango di “fonte del diritto”, la Corte ritiene ragionevole e del tutto condivisibile l’orientamento seguito sul punto dalla prevalente giurisprudenza di merito (in particolare, Corte Tributaria di La Spezia sentenza n.276/22) secondo cui “Se è vero che il Manuale di Frascati è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi solo a partire dal 2018 (cfr. circolare ministeriale MISE 9 febbraio 2018, n. 59990, e circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 46E del 22.06.2018), è altrettanto incontestabile che il Manuale di Frascati abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi in ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica. Si allude sia alla Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01 del 30.12.2006 sia alla più recente Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, comunicazione, quest'ultima, espressamente richiamata dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 5/E del 16.03.2016, par. 2.1. Non è, dunque, condivisibile la tesi della società ricorrente, secondo cui essa non poteva immaginare negli anni 2016, 2017 e 2018 l'utilizzo dei criteri di classificazione definiti dal Manuale di Frascati. Parimenti destituita di fondamento è l'eccezione relativa alla mancata traduzione ufficiale del Manuale di Frascati in lingua italiana. Coglie doppiamente nel segno, l'Agenzia delle Entrate laddove, da un lato, ribadisce che il contenuto del Manuale di Frascati è stato recepito nella normativa comunitaria e nella prassi e, dall'altro, evidenzia che la società ricorrente neppure ha identificato con precisione quale pregiudizio abbia subito per effetto della mancanza di traduzione ufficiale in lingua italiana, posto che ha dimostrato di conoscerne il contenuto (del resto, come detto, ampiamente recepito nella normativa di provenienza eurounitaria). Il progetto riguarda un software In particolare, l’Ufficio ha dato prova di aver analizzato in termini analitici i cinque progetti della Ricorrente_1 i quali sono stati ritenuti ricadere fra le attività di tipo ricorrente o di routine connesse al software non classificabili come R&S, di cui alla citata Circolare ministeriale, atteso che trattasi più propriamente di un aggiornamento dei propri sistemi informatici con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, un’implementazione di sistema informatico già diffuso e nella disponibilità della società, una selezione e messa a punto di framework di migrazione di tecnologie di sviluppo Oracle, superando i limiti delle precedenti tecnologie, quali SQL forms3, in modalità carattere, e il DB Oracle nella versione 9.2, nonché nell’evolvere a tecnologia web la tecnologia client/server di Developer 2000, risalente alla fine degli anni 90. Il parere del Mise non deve essere richiesto Per quanto concerne la lamentata carenza di potere e di conoscenze tecniche da parte dell’Agenzia delle Entrate in ordine alla valutazione dei progetti della società ricorrente la Commissione osserva che la richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione viene sanzionata con la relativa nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, essendo evidente che l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (c.d. decreto attuativo), è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. Il credito è non spettante, le sanzioni vanno ridotto dal 100% al 30% Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni la Commissione osserva, in linea con quanto lamentato dal ricorrente, che in effetti l’art.7 del D.lgs. n.472/92 prevede espressamente alcuni elementi che devono essere presi in considerazione dall’Amministrazione finanziaria in sede di erogazione della sanzione, stabilendo che nel determinare la pena pecuniaria si deve tener conto della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, dell’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché della personalità dell’autore della violazione e delle sue condizioni economiche e sociali. Invero, l’art.13 comma 5 del D.lgs.471/97 prevede che nel “caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi”; in particolare si deve intendere come credito inesistente quello in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controllo di cui agli artt.36 bis e 36 ter del DPR 600/73, e all’art.54 bis DPR 633/72. Questo regime sanzionatorio era stato introdotto dall’art.27 del D.L. 185/2008 per contrastare quei comportamenti connotati da aspetti fraudolenti, in cui l’artificiosa rappresentazione contabile dei crediti in sede di autoliquidazione del debito fosse funzionale ad ostacolare o, comunque, a rendere infruttuosa l’azione di controllo ai danni dell’Erario. Dal canto suo la circolare n.5/E del 16 marzo 2016 precisava che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia stata riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt.36-bis e 36 ter DPR 600/73 e all’art. 54 del DPR 633/72”. In definitiva, la ratio del sistema è volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente “intercettato” mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente si connota per scarsa insidiosità. In tale ottica è ragionevole escludere dall’ambito applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l’inesistenza del credito emerga direttamente dai controlli operati dall’Amministrazione nonché quelle ipotesi di utilizzazione di crediti in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito stesso. In definitiva, in linea con le stesse indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n.36/E dell’8 maggio 2018), la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga “allestito” un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato “artificiosamente” in sede di compilazione del modello F24, sfuggendo così ai controlli dei modelli di dichiarazione dei redditi. Viceversa, qualora, come nel caso di specie, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative concernenti la lamentata carenza dei requisiti oggettivi previsti ex lege per poter beneficiare dell’agevolazione in parola, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente, ma al più quella del credito non spettante. E’indubbio infatti che, laddove il credito di imposta-compensato tramite modelli F24-sia stato correttamente inserito nelle dichiarazioni dei redditi presentate, accompagnato dalla Relazione illustrativa dei progetti come pure dalla certificazione attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento fraudolento, avendo lo stesso fornito , in sede di eventuale verifica, tutta la documentazione comprovante le modalità di calcolo del credito d’imposta, al fine di poter beneficiare a pieno titolo della disciplina agevolativa prevista dal D.L. n.145 del 2013 (cfr. Commissione Tributaria prov. Lazio Roma, sez.XXII, sentenza n.5918/2022). I principi di cui sopra sono stati ripresi recentemente dalla Corte di legittimità che ha avuto modo di chiarire come “In via generale, ai fini della determinazione dell’inesistenza del credito, si possono distinguere le seguenti ipotesi: a) la fattispecie che fonda l’agevolazione o il credito di imposta non è mai venuta ad esistenza ma, semplicemente, è stato solo realizzato un simulacro dei presupposti su cui si fonda la pretesa; b) la fattispecie è carente di un elemento costitutivo; in tal caso la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta. L’ipotesi sub a) è quella più radicale- ma anche di più semplice analisi-per la normale connotazione fraudolenta della condotta, mirata a fornire solo un’ingannevole rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi. In questo caso, l’attività svolta è fittizia perché le attività richieste non sono mai state effettuate” (Cass.S.U. n.34419/23). Nel caso specifico non vi é contestazione circa l’esistenza degli studi e delle ricerche effettuate dalla società ricorrente, ma se ne contesta la portata innovativa; pertanto viene meno uno dei requisiti individuati dalle sezioni Unite della Corte di cassazione per ritenere “inesistente” il credito di imposta. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada accolto solo ed esclusivamente in ragione della lamentela riguardante l’applicazione della sanzione di cui all’art.13 comma 5 del D.lgs. 471/97 e che gli atti vadano conseguentemente annullati limitatamente alle sanzioni che questa Corte ridetermina, per ogni atto, nella minore misura del 30% del credito di imposta utilizzato. |
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131 | 2024 | 22/3/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)Il credito è non spettante (vinto)La disapplicazione delle sanzioni per incertezze normativa non è stata accolta (perso) |
Importo del credito € 73.370,70 Progetto di ricerca Nel 2015 la società ha effettuato investimenti in due progetti di ricerca e sviluppo: 1) creazione di un generatore di energia da cogenerazione basato sul motore Stirling per uso domestico; 2) creazione di un macchinario semovente per la raccolta dei sarmenti di vite, per il quale ha ottenuto un riconoscimento da parte della Associazione_1 Precisa che l’oggetto dell’investimento non è la realizzazione di un motore “Stirling” in quanto tale, ma la sua applicazione nell’ambito della produzione di calore per il riscaldamento domestico, per l’acqua calda e per la generazione di elettricità. Per l’azienda il progetto rientra nel Manuale di Frascati Si sostiene che l’attività posta in essere dalla società è da considerare di ricerca e sviluppo come individuata dal manuale di Frascati, che dispone: “… le prestazioni di ricerca e sviluppo sono spesso incluse nella dicitura generale "progettazione e disegno". Se sono necessari calcoli, progetti, disegni di lavoro e istruzioni per l'uso, la realizzazione e l'esercizio di impianti pilota o prototipi, questi devono essere inclusi nelle attività di ricerca e sviluppo”. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise non è obbligatorio La richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione può essere sanzionata con la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, in quanto l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi del successivo art. 8, comma 1, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del c.d. decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello Sviluppo Economico di esprimere il proprio parere. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito in capo alla società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa di riferimento e, solo qualora lo ritenga necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE. Il Manuale di Frascati deve essere applicato Il Manuale di Frascati rappresenta un documento di supporto per il settore R. & S. e delinea in maniera più specifica le attività riconducibili a tale ambito; nel documento si afferma che risulta rilevante classificare le attività di R. & S. in base al settore della conoscenza in cui vengono condotte, distinguendosi generalmente tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale. Quest’ultimo viene definito come un lavoro sistematico, che si basa sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze aggiuntive, diretto a produrre nuovi prodotti o processi o a migliorare prodotti o processi esistenti. Nella sostanza, quindi, il Manuale in questione non introduce elementi innovativi rispetto allo schema di base già delineato dal Decreto Legislativo n. 145/2013 e dalla Comunicazione C/198 del 2014 emanata dalla Commissione Europea. Le direttive specificate nel Manuale di Frascati, nella circolare del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sopra menzionata e nella Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) conducono alla conclusione che le attività qualificabili come Ricerca e Sviluppo siano riconducibili a quelle poste in essere nel contesto di un processo innovativo intrapreso da un'impresa. Tali attività mirano a superare una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, le cui soluzioni non sarebbero possibili mediante l'applicazione delle tecniche e delle conoscenze già note e disponibili nel settore di riferimento. L'obiettivo finale è conseguire la realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, nonché il miglioramento sostanziale di prodotti e processi preesistenti. Nel caso di specie, risulta necessario stabilire, sulla base della documentazione allegata agli atti, se le attività in concreto realizzate dalla società soddisfino i criteri precedentemente delineati. Il parere del mise non deve essere richiesto Quanto all’onere della prova, è legittimo da parte dell’Agenzia delle Entrate esaminare la sussistenza dei presupposti per poter usufruire dell'agevolazione operando un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che ha richiesto il credito di imposta, anche senza l’intervento del parere tecnico del MISE. Le puntuali osservazioni dell’Agenzia sulla carenza di originalità e dei presupposti per la concessione del beneficio non sono state superate dalle argomentazioni riportate nelle relazioni e nel ricorso né da altra documentazione probatoria. - Riguardo alle eccezioni riguardanti l’onere probatorio rafforzato ex art. 7, comma 5 bis D. Lgs. 546/92, la S.C con l’Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 ha precisato che se è vero che “il comma 5 bis dell'art. 7 d.lgs. n. 546/92, introdotto con l'articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l'onere probatorio gravante in giudizio sull'amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l'inversione dell'onere probatorio” tuttavia “la nuova formulazione legislativa …. non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all'istruttoria dibattimentale un ruolo centrale”. La Corte ha chiarito che questa disposizione non intende sovvertire i principi giuridici preesistenti, brevemente menzionati, ma piuttosto mira a rafforzare la fase di istruttoria nel contesto del processo tributario. In sostanza, essa rappresenta una norma che riconosce e conferma tali principi, contribuendo comunque a fornire una disciplina più completa alla fase istruttoria all'interno del processo tributario. Il credito è non spettante - Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni risulta sostanziale la differenza fra "credito d'imposta " inesistente" e "non spettante”. L’art. 13 del D. Lgs. 471/97 fornisce una definizione di credito non spettante e di credito inesistente: - il comma 4 delinea il credito non spettante come quello relativo all’“utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”; - il comma 5 considera inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica. La S.C di Cassazione, con la sentenza a SS. UU. n. 34419 depositata l'11 dicembre 2023, ha confermato quanto già precisato nelle sentenze n. 34444 e n. 34445 del 2021 e n. 7615/2022, ed interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante. Con la sentenza le Sezioni Unite hanno stabilito che in tema di compensazione di crediti o eccedenze di imposta da parte del contribuente, il credito utilizzato è considerato inesistente, quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi ovvero quando è pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati. In mancanza di anche uno solo dei presupposti, il credito deve considerarsi esistente ma non spettante. Quindi, in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, ossia “priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza” (sentenze Cassazione n. 34444 e 34445 del 2021) deve mancare il presupposto costitutivo, ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente o perché basata su documenti falsi. Nel caso di specie non sono in contestazione le spese che hanno dato origine all'agevolazione né sono stati sollevati dubbi in ordine alla veridicità della documentazione relativa agli investimenti e, pertanto, il credito può essere qualificato come "non spettante". In tale ottica la norma impone che il provvedimento sanzionatorio che irroga la sanzione pari al 100% dell’imposta, debba contenere idonea motivazione in ordine agli elementi soggettivi ed oggettivi che hanno indotto l’Ufficio ad applicare la sanzione prevista per crediti inesistenti. Nel caso di specie l’Ufficio ha affermato che: “Pertanto, con il presente atto, l’Ufficio procede al recupero del credito d’imposta inesistente indebitamente compensato di € 73.371,00, degli interessi dovuti ai sensi dell’art. 20 del DPR 602/1973 e all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del D. Lgs. 471/97, pari al 100% del suddetto credito inesistente, per la quale non è ammessa la definizione agevolata” senza fornire specifica argomentazione in ordine agli ulteriori profili richiesti dalla norma richiamata in materia di provvedimento sanzionatorio, non tenendo conto del fatto che, ad esempio, la ricorrente ha prodotto documentazione (anche se non idonea a provare la spettanza del credito) con cui ha cercato di fornire le spiegazioni richieste in ordine alla riconducibilità delle operazioni nell’ambito della ricerca e dello sviluppo aziendale da cui si poteva evincere la non spettanza dei crediti piuttosto che la loro totale inesistenza. La Corte, pertanto, ritiene applicabile la sanzione prevista per i crediti non spettanti. La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta - La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non può essere accolta non ricorrendo i presupposti delle obiettive condizioni di incertezza normativa previste dall’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 472/97. La normativa ed i documenti di prassi, come sopra già analizzati, emessi anteriormente all’anno 2016, fornivano indicazioni sufficienti per l’identificazione dei requisiti per poter usufruire del credito per le attività di R. & S. Non si ravvisa alcuna incertezza applicativa o oggettiva difficoltà, da parte dei diretti interessati, di valutare quali condotte siano fiscalmente corrette e non sanzionabili. Secondo la Corte di Cassazione, l’incertezza normativa oggettiva che, a norma delle disposizioni appena citate, esime il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferita non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e neppure all’Amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Corte di Cassazione n. 3108/2019). L’ Ordinanza della Cassazione n. 9055/2023 ha esemplificato i "fatti indice", ossia i presupposti fattuali e normativi che il giudice tributario è tenuto a valutare nel loro valore indicativo, al fine di applicare (o meno) la causa di esenzione della responsabilità. Rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. La Corte non ritiene che, nel caso di specie, possano ravvisarsi le condizioni di incertezza sopra delineate (contenuto, oggetto, destinatari della norma tributaria). |
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