CONTENZIOSO R.&S. - Le sentenze pubblicate sulla banca dati della giurisprudenza tributaria

SENTENZE PUBBLICATE  SULLA BANCA DATI  DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E SULLA STAMPA

Link della Banca dati: Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.

La banca dati è stata attivata dal Dipartimento della Giustizia Tributaria del MEF il 27 giugno 2024.

L'11/10/2024 è stato fatto il primo monitoraggio comunicando anche che sono state caricate oltre 400.000,00 sentenze.

Finora le sentenze erano disponibili solo per l'agenzia delle entrate, è stato sicuramente un importante passo avanti a favore dei contribuente.

Per leggere tutte le sentenze che ora sono state pubblicate ci vuole tempo quindi il resoconto è veramente parziale.

 COMUNICATO STAMPA DEL MINISTERO

Primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito

Comunicato stampa del MEF Dipartimento della Giustizia tributaria del 11/10/2024Pubblicazione del primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.Nei primi tre mesi di avvio del servizio, la banca dati è stato oggetto di circa  37.000 accessi, di cui oltre 16.000 si riferiscono a più consultazioni effettuate dallo stesso utente. Oltre 64.000 sentenze sono state oggetto di visualizzazione e download del relativo documento. Il 14% degli accessi ha registrato una durata superiore a 15 minuti, mentre la permanenza media è stata pari a 8 minuti.

La banca dati è aggiornata con 429.998 sentenze native digitali depositate fino al 30 giugno 2024.


Sono state  pubblicate circa 2000 sentenze, leggerle tutte è  quasi impossibile.

Con riferimento  a quelle esaminate (comunque veramente poche rispetto a quelle ora pubblicate)  circa il 70% sono favorevoli alle aziende. 

Molte delle sentenze a favore dell'Agenzia delle Entrate riguardano casistiche dove le imprese hanno presentato progetti obbiettivamente poco credibili, non sono quindi considerate nella statistica.

Quando le aziende hanno perso per questioni interpretative le sanzioni sono state tolte perchè la norma è incerta (statuto del contribuente).

Agenzia delle Entrate e Mise tengono ferme le loro posizioni in attesa della pronuncia della Cassazione a cui spetta la decisione finale.


CORTE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO DI ASCOLI PICENO (ha competenza anche nel territorio della Provincia di Fermo) Dopo aver letto diverse sentenze la posizione della commissione tributaria di Ascoli Piceno è chiara:

- Il Manuale di Frascati deve essere applicato (ricorsi persi)

- Il parere del Mise non deve essere richiesto (ricorsi persi)

- Il credito è non spettante, quindi sanzione del 30% invece del 100% (ricorsi vinti)

- La disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa (stauto del contribuente) non viene accolta (ricorsi persi)

Al 29/10/2024 non ho avuto modo di leggere le sentenze ma da una ricerca molto semplice (credito ricerca e sviluppo) la situazione che viene fuori è la seguente, quasi mai a favore del contribuente:

  Numero %
Favorevole all'ufficio 25            50%
Favorevole al contribuente     4              8% 
Giudizio intermedio     21                42%
Totale 50          100 %

 


RICORSI
  VINTI PERSI

Vinto e Perso

Persi ma i progetti erano deboli

TOTALE

Ricorsi primo e secondo grado

Non sono conteggiati i ricorsi persi perchè i progetti sono debolii o per carenze documentali o perchè l'attività non è stata effettivamente svolta.

Non sono conteggiati i Ricorsi di Ascoli Piceno

 

75

25

2

1

104

75%

25%

   

100%

Ricorsi di  secondo grado

9

5

   

14

60%

40%

   

100%

Applicazione del Manuale di Frascati (primo e secondo grado).

Alcuni ricorsi, relativi a progetti veramente interessanti, sono stati vinti per mancanza del parere del Mise anche se viene confermata l'applicazione del Manuale di Frascati.

35

23

   1

58

60%

40%

   

100%

Richiesta parere al Mise 

42

10

   

52

80%

20%

   

100%

Credito non spettane (sanzione del 30% e controllo in 5 anni dalla fruizione)

18

7

   

25

75%

25%

   

100%

Disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa 

8

4

   

12

100%

0%

   

100%

 

  Vinto Perso Totale
Deve essere emesso l'avviso di accertamento e no l'atto di recupero  1 0 1

 

 

 


INDICE DELLE SENTENZE CHE SONO STATE CARICATE 

COMMISSIONE DI GIUSTIZIA DI SECONDO GRADO

Lazio 2024.5657 del 17.09.2024 - Vinto, la mancata indicazione nel modello Unico non è motivo di decadenza

Campania 2024.3865 dell'11/6/2024 - Perso, campionari

Basilicata 2024.61 del 22/2/2024 - Perso

Campania 2023.621 del 29/11/2023 - Vinto

Marche 2023.728 del 21/9/2023  - Vinto

COMMISSIONE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO

2024

Rimini 95 del 20/06/ 2024 - Ammesso il personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali

Padova 2024.343 del 30.09.2024 - Vinto - Carenza di motivazione

Genova 2024.866 del 30.09.2024 - Vinto - Deve essere richiesto il parere al Mise

Torino 2024.1002 del 26.09.2024 - Ricorso vinto, il credito è non spettante

Firenze 2024.457 del 26.06.2024 - Ricorso perso - Campionari

Campobasso 2024.982 del 24.09.2024 - Vinto

Torino 2024.982 del 24.09.2024 - Ricorso perso

Roma 2024 11465 del 18.09. 2024 - Ricorso perso

Genova 2024.804 del 17.09.2024 - Vinto, deve essere emesso avviso di accertamento

Genova 2024.803 del 17.09.2024 - Vinto, interessanti le motivazioni

Catania 2024.5009 del 18.6.2024 - Perso

Brescia 2024.260 del 12/6/2024 - Vinto

Napoli 8945 del 7/6/2024 

Rimini 87 del 6/6/2024 - Anche sul personale

Brescia 239 del 5/6/ 2024 - Campionario (perso)

Bologna 264 del 5/6/2024

Roma 7351 del 4/6/2024

Oristano 74 del 3/6/ 2024 - Sentenza scritta molto bene

Napoli 8563 del 3/6/2024

Milano 2370 del 3/6/2024

Bologna 258 del 31/5/2024 - Conguità dei costi

2023

Genova 2023.790 del 4.12.2023 - Vinto

2022

Chieti 2022.454 del 12.12.2022 - Vinto

Reggio Emilia 173 del 14/9/2022 - Alimentare

Bologna 549 del 14/7/2022 - Sentenza vinta richiamata molto spesso

Napoli 4988 del 2/5/2022 - Sentenza spesso richiamata


LAZIO (2° grado)  2024.5657 del 17/9/2024

Importo € 54.000

Ricorso vinto

La mancata indicazione in Unico è motivo di decadenza

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene la Corte che l’appello non sia meritevole di accoglimento.

Le argomentazioni del giudice di prime cure appaiono corrette ed in linea con i principi normativi e giurisprudenziali di riferimento.

Va osservato in fatto come la circostanza che la società contribuente abbia effettuato versamenti di denaro in attività di ricerca e sviluppo sia incontroversa, ciò che - del pari - rende incontrovertibile la circostanza che la stessa abbia con ciò maturato un credito d’imposta proporzionale e corrispondente alla somma versata.

(MANCATA INDICAZIONE NEL QUADRO RU) A fronte di tale incontroverso dato fattuale, l’appellante censura l’utilizzazione del credito in compensazione in quanto non indicato nel quadro RU del modello unico relativo alla dichiarazione dei redditi dell’annualità precedente.

Tanto pur a fronte della dichiarazione integrativa unico 2016, con la quale era per l’appunto spontaneamente integrata tale omissione ed erano pagate le sanzioni previste per la sanatoria degli errori formali.

La dichiarazione integrativa perveniva all’ente impositore prima della comunicazione di irregolarità inviata per il modello unico 2017.

(LE CAUSE DI DECADENZA DEVONO ESSERE TASSATIVE) Del tutto correttamente il giudice di prime cure, facendo ricorso al generale principio della tassatività delle cause di decadenza dal riconoscimento dei benefici fiscali, ha conseguentemente affermato come alcuna norma preveda quale causa di decadenza dal beneficio fiscale invocato dalla società contribuente la mancata compilazione del quadro RU, tanto più che tale omissione - non incidendo direttamente sulla determinazione dei tributi dovuti - ha natura meramente formale ed è punita con sanzioni pecuniarie, nella specie anche corrisposte.

(UN DECADENCA NON PREVISTA PER LEGGE VIOLA LO STATUTO DEL CONTRIBUENTE – LEGITTIMO  AFFIDAMENTO) Una decadenza non prevista per legge sarebbe sproporzionata rispetto alla tutela dell’affidamento e della buona fede enunciati nello Statuto del contribuente.

(LE DENUNCE DI REDDITI SONO DICHIARAZIONI DI SCIENZA CHE SONO EMENDABIL) Le argomentazioni del giudice di prime cure appaiono peraltro corrette anche alla luce di una risalente giurisprudenza di legittimità, che ha espresso il principio secondo il quale - stante la natura di dichiarazioni di scienza delle denunce dei redditi, come tali modificabili ed emendabili in presenza di errori – “quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale a una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modello predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione” (cfr. Cass. sez. VI, 13.1.2014, n. 454).

Ebbene, è indubbio che al momento dell’invio della comunicazione di irregolarità per il modello unico 2017 l’amministrazione fosse a conoscenza dell’errore commesso dalla società contribuente, che aveva spontaneamente emendato la dichiarazione precedente, corrispondendo anche la relativa sanzione.

Alla luce delle superiori argomentazioni, la sentenza impugnata si sottrae alle censure dell’appellante e deve essere conseguentemente confermata.

Appare equa la compensazione delle spese di lite anche della presente fase, essendo stato comunque il contenzioso generato da un errore della società contribuente.


GENOVA 2024.803 del 17/9/2024

€ 56.000,00 - settore (videogames e programmi digitali)

Ricorso vinto, interessanti alcune argomentazioni

Non viene fatto riferimento al Manuale di Frascati

Più convinte la documentazione tecnica prodotta dalla ditta

Viene notato un certo pre-giudizio da parte dell’agenzia delle entrate

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorrente_1 srl impugnava nei confronti di Agenzia delle Entrate l’atto di recupero di crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo meglio indicato in epigrafe, relativo all’anno 2018, e concernente € 56.700 di credito d’imposta ed € 56.700 di sanzioni, e quindi, complessivamente di importo pari a € 113.400, oltre agli interessi maturati.

La ricorrente affermava che le attività di ricerca e sviluppo condotte, avevano generato nel 2017 costi per complessivi € 159.500; per altro verso, nel precedente periodo 2012-2014 la società aveva sostenuto, in media, costi di tale natura per € 53.000, con la conseguenza che si era verificato un incremento di spesa di € 106.500, sul quale aveva calcolato il proprio credito d’imposta R&S (ricerca e sviluppo) del 50%, pari ad € 53.250, arrotondato in € 53.000, al quale aveva aggiunto il costo della relativa certificazione, pari a € 3.700, per un totale di credito d’imposta indicato nella dichiarazione dei redditi di € 56.700,00. Tale credito, nel corso del 2018, era stato utilizzato in compensazione dei debiti per versamenti fiscali dovuti, come indicato nell’atto impugnato.

Andando di contrario avviso, l’Agenzia delle Entrate – pur non contestando l’effettività, l’inerenza, la natura e la congruità delle spese di ricerca e sviluppo sostenute nel 2017 – aveva ritenuto che in relazione alle suddette spese non spettasse il credito d’imposta, affermando il mancato concreto ricorrere dei seguenti requisiti, necessari a termini di legge, della a) novità e creatività dell’attività in questione, e del b) rischio finanziario e d’insuccesso tecnico, in particolare in quanto “non sarebbe individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico, che dovrebbe invece caratterizzare tipicamente gli investimenti in ricerca e sviluppo”.

Su detti presupposti, la ricorrente sviluppava motivi di ricorso inerenti

- il difetto di motivazione;

- la mancanza di prova delle contestazioni formulate;

- l’errata applicazione della norma di riferimento;

- il difetto, in ogni caso, delle condizioni per l’applicazione delle sanzioni

L’Agenzia delle Entrate si costituiva contestando in fatto e in diritto il ricorso e, in particolare, nelle proprie controdeduzioni - al netto di amplissimo richiamo alla normativa di settore – giustificava il proprio atto di recupero affermando che nel caso in esame l’attività svolta dalla ricorrente rientrava (INNOVAZIONE DIGITALE) “nell’ordinaria modalità di sviluppo di un prodotto, tanto più di un prodotto digitale, con la conclusione che i progetti risultano “nuovi” solo per l’impresa”.

Considerato che

- (PRINCIPIO DELLA RAGIONE PIU’ LIQUIDA) va ricordato, in termini generali, che per il principio della ragione più liquida la domanda può essere convenientemente decisa sulla base della soluzione di questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l’ordine previsto dall’art. 276c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. (cfr. al riguardo Cass. SS. UU.n. 26242-3/2014);

- il dato normativo di fondamentale rilievo nel caso in esame è costituito dall’art. 3 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 febbraio 2014, n. 9, che al comma 1, nel testo vigente nell’anno 2017, disponeva che “a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020, è attribuito un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”;

- i successivi commi della norma in questione pongono la definizione di “investimento in ricerca e sviluppo”, con estesa indicazione nel cui ambito risulta di preminente rilevanza la “parte” in cui si ammettono (quale presupposto del credito di imposta) attività di ricerca “che, utilizzando conoscenze e capacità esistenti, consente di produrre prodotti nuovi, modificati o migliorati”;

- la decisione nel merito del presente ricorso dipende dalla valutazione della effettiva riconducibilità dell’attività svolta dalla ricorrente – e non contestata dall’ufficio sotto il profilo della effettività, l’inerenza, natura e la congruità delle spese – alla nozione sopra delineata;

- (PRE-GIUDIZIO  DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE) si tratta, in tutta evidenza e senza il concreto venire in rilievo di questioni interpretative – che veicolerebbero a ben vedere solo un mascherato pre-giudizio – di una mera questione di fatto (sia pure afferente una “definizione giuridica”), che impone all’organo giudicante di valutare se, nel caso in esame, ricorra il necessario, e sopra delineato, carattere di novità dell’attività concretamente condotta dal contribuente;

- (LA DECISIONE E’ INCISA DA UN SUBSTRATO “VALORIALE”)  si tratta di decisione che, in ogni caso, rimane incisa da un inevitabile substrato “valoriale”, e ciò a cagione dell’ineliminabile carattere valutativo e soggettivo che la norma impone, facendo riferimento a canoni come quello della novità, miglioramento, et similia;

-  nell’operazione in questione, pertanto, questa Corte non può che ancorare la propria decisione ai profili di allegazione tecnica operati, su posizioni evidentemente contrapposte, dalle parti;

- (PIU’ CONVINCENTE LA DOCUMENTAZIONE PRESENTATA DALLA DITTA) ciò posto, ritiene questa Corte che la documentazione offerta da parte ricorrente sia maggiormente convincente e, dunque, condivisibile, in particolare dovendosi evidenziare il vuoto di argomentazione (tecnica o logica) di segno contrario a fronte dell’amplissimo supporto tecnico offerto in produzione dalla ricorrente a sostegno della tesi della novità oggettiva e della potenzialità di sviluppo e innovativa dell’attività di ricerca oggettivamente posta in essere, anche alla luce della peculiarità del settore (videogames e programmi digitali) di riferimento;


GENOVA   2024.804 del 17/9/2024

Importo €  56.000,00

Ricorso  vinto

Doveva essere emesso un avviso di accertamento e non un atto di recupero

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorrente_1 srl impugnava nei confronti di Agenzia delle Entrate l’atto di iscrizione a ruolo per “recupero credito di imposta” per l’anno 2018 di cui alla cartella di pagamento n. 048 2023 00225964 92 000, per € 124.705,41 di credito d’imposta, interessi e sanzioni, oltre ad € 5,88 di diritti di notifica.

Evidenziava la ricorrente di aver impugnato, con separato ricorso, l’atto di recupero credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, che costituiva il presupposto logico della cartella di pagamento, e contestava, nel presente giudizio, la decisione di Agenzia delle Entrate di procedere a iscrizione a ruolo, relativa a conforme cartella di pagamento, “a titolo provvisorio e in pendenza di ricorso” della intera pretesa, e dunque della totalità del credito di imposta oggetto di recupero e della totalità delle sanzioni irrogate.

A fondamento dell’impugnazione, la società ricorrente evidenziava

- che l’atto di recupero credito operato dall’ufficio non aveva natura di atto della riscossione ma, essendo in concreto fondato su una valutazione di fatti e interpretazione di norme difforme da quella operata dal contribuente, aveva invece natura di avviso di accertamento, così che in applicazione del disposto di cui all’art.15co.1 del dpr n.602/73, l’iscrizione a ruolo era possibile solo nella misura di un terzo dell’ammontare della pretesa complessiva, con i relativi interessi;

- che, attesa la proposizione di ricorso tributario, non potevano essere riscosse – se non dopo la sentenza di primo grado – le sanzioni irrogate. Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio contestan do in fatto e in diritto il ricorso e concludendo per il rigetto dello stesso.

Considerato che

- la società ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.p.r. n. 602 del 1973, dell’art. 68, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto – in tesi - l’Agenzia delle Entrate pur in pendenza di impugnazione avverso atto di recupero di credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo, ha iscritto a ruolo a) il 100% della maggior imposta accertata, anziché un terzo della medesima, ex art. 15 del d.p.r. n. 602 del 1973 e dell’art. 68, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992; b) il 100% dei relativi interessi, anziché un terzo degli stessi; c) il 100% delle sanzioni, in violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 472 del 1997;

- la doglianza si fonda sul presupposto della natura sostanzialmente impositiva – assimilabile a quella di un avviso di accertamento – dell’atto che costituisce il presupposto della iscrizione, e cioè il menzionato atto di recupero oggetto di separato giudizio di impugnazione;

- la doglianza è fondata ove si ponga mente al fatto che “gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell'insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione” (Cass.n.23289/22), e ricordandosi che per atto di accertamento tributario deve intendersi “ogni atto o provvedimento dell'amministrazione finanziaria, che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo, accertando o dichiarando il debito” (ibidem);

- da quanto sopra esposto consegue che la ratio sottesa alla disposizione di cui all’art.15 del D.P.R. n. 602 del 1973 (contemperamento delle contrapposte esigenze del Fisco, di celere riscossione dei tributi, e del contribuente, di non anticipare il pagamento di somme che all'esito del giudizio tributario potrebbero risultare non dovute) ricorre anche nel caso di atti di diniego o revoca di un credito di imposta, con necessaria interpretazione estensiva e applicazione del menzionato art.15 (cfr. Cass. 3838/2013);

- per altro verso, va sottolineato che ai sensi dell’art.19co.1 d.lgs n.472/97 le sanzioni irrogate, nel ricorrere di una impugnazione, non possono essere riscosse se non dopo la sentenza di primo grado e nei limiti di detta statuizione;

- merita pertanto, in conclusione, accoglimento il ricorso nei termini di cui al dispositivo;

- la ripartizione delle spese di lite è orientata dalla soccombenza, secondo la liquidazione operata in dispositivo;

p.q.m. la Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Genova, pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così provvede:

- annulla l’iscrizione a ruolo impugnata ordinandone lo sgravio per la parte eccedente l’importo pari ad un terzo della maggior imposta accertata e relativi interessi;

- condanna Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite in favore di Ricorrente_1; spese liquidate in € 2.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettario al 15%, Iva e Cpa nella misura e con le modalità di legge


ROMA 2024.11465 del 18/9/2024

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Perso

Il Manuale di Frascati deve essere applicato

Il parere del Mise non è obbligatorio

Viene richiamata la legge del 2006

Legittimità della retroattività delle leggi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(Il PROGETTO) Premesso che la ditta ricorrente dal 2017 aveva intrapreso un progetto di ricerca e sviluppo denominato Sistema e metodo di guida personalizzata alla scelta dell’ordinazione da un menù, deduceva, genericamente, a sostegno dell’atto introduttivo :

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

(PER L’IMPRESA IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO DA QUANDO E’ STATO TRADOTTO IN ITALIANO) Il ricorrente non entra nel merito del proprio progetto di ricerca per dimostrare la spettanza del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo precompetitivo ricorrendo le condizioni richieste dalla normativa di settore, ma solo sotto un profilo formale contesta la motivazione posta a base dell’atto di recupero facente riferimento esclusivamente ai requisiti richiamati dai manuali di Oslo e Frascati, e, quindi, sostanzialmente operando una loro applicazione retroattiva perché la traduzione in italiano del Manuale di Frascati 2015, autorizzata dall’OCSE, era giurata solo in data 7 dicembre 2021. Ne deduce che al momento delle attività poste in essere dalla società non esisteva una traduzione ufficiale in lingua italiana tale da consentire al contribuente una corretta identificazione della fonte integrativa normativa da porre alla base dell’accertamento fiscale.

Sul punto si osserva che con il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo il legislatore si è posto l’obiettivo di sostenere la competitività delle imprese stimolando lo studio e la speculazione per soluzioni sempre più innovative e creative nell’ambito dei settori interessati.

Infatti, pur senza procedere molto a ritroso, l’art.3 dl. n.145/2013, rubricato Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, disponeva … l’istituzione di un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo … e considerava quali attività di ricerca e sviluppo :

  1. lavori sperimentali o teorici … aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;
  2. ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);
  3. acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. …;
  4. produzione collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Il comma 4 precisava, poi, che … non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

(IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) E’ evidente, quindi, che già erano stati enucleati i concetti di alcuni tipi di attività : ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale, mutuati dai criteri definiti a livello internazionale per le rilevazioni statistiche in materia di spese in ricerca e sviluppo (cfr.paragrafo 1.3 punto 15 Comunicazione della Commissione Europea _2014/C 198/01_ del 27 giugno 2014 Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione), criteri analiticamente classificati nel cd. Manuale di Frascati, concernente "Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development", documento che stabiliva la metodologia per raccogliere e utilizzare dati sulla ricerca e sviluppo nei paesi membri dell’OCSE risalente, nella prima elaborazione, al 1963. Le definizioni date in questo Manuale erano state accettate internazionalmente e sono servite e servono, tuttora, come linguaggio comune nelle dissertazioni sulla scienza e tecnologia, divenendo, pertanto, uno standard riconosciuto negli studi di ricerca e sviluppo in tutto il mondo.

(VIENE RICHIAMATA LA LEGGE DEL 2006) Peraltro, in precedenza, anche la disciplina agevolativa (triennio 2007-2009) ex art.1 co.280-283 l.n.296/2006 individuava le attività ammissibili al credito d’imposta con riferimento ai criteri di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale; criteri, poi, recepiti nel decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze n.76 del 28.3.2008, e nella circolare n.46/E del 13.6.2008 l’Agenzia delle Entrate precisava che proprio per … evitare possibili problematiche interpretative legate all'utilizzo di termini di significato non univoco per l'ordinamento nazionale e per l'ordinamento comunitario, l'articolo 2 del decreto ricerca (n. 76 del 2008) elenca analiticamente alle lettere a), b), e c) le tipologie di attività di ricerca e sviluppo ammissibili mutuando le "Definizioni" recate dal paragrafo 2.2. della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (2006/C 323/01) relative, rispettivamente alla "ricerca fondamentale"(lettera e), "ricerca industriale" (lettera f) e "sviluppo sperimentale" (lettera g).

Nella normativa comunitaria sopra richiamata era poi evidenziato che … La parte sovvenzionata del progetto di ricerca deve rientrare pienamente in una o più delle seguenti categorie di ricerca: ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale. Per classificare le diverse attività, la Commissione si basa sulla sua prassi nonché sugli esempi e spiegazioni specifiche fornite nel manuale di Frascati.

(IL MANUALE DI FRASCATI E’ NOTO DA ALMENTO 15 ANNI) E’ di piena evidenza, quindi, come sottolineato dall’ufficio resistente, che sono almeno quindici anni che per il credito d’imposta per ricerca e sviluppo ci si deve riferire al cd. Manuale di Frascati, i cui criteri hanno assunto rilevanza quantomeno dal 2014 per stabilire se le attività che possono godere del credito rientrano in una delle tre categorie di ricerca e sviluppo ivi definite (paragrafo 1.3, punto 15 Comunicazione della Commissione Europea -2014/C 198/01.

(LEGITTIMITA’ DELLE LEGGI ORDINARIE RETROATTIVE) Si aggiunge che, comunque, è stata affermata anche la legittimità delle leggi ordinarie (anche quelle tributarie) retroattive, a condizione che esse: «trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, così da non incidere arbitrariamente sulle posizioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti.» [cfr. Cass. Sez. 5, Ord. n. 5733/2018 _ parte motiva ]

(IL PARERE DEL MISE E’ OBBLIGATORIO) Parimenti non condivisibile la doglianza che sostiene la doverosità da parte dell’ufficio di acquisire il parere preventivo del MISE, atteso che il parere tecnico del MISE è previsto come meramente discrezionale e quindi è una facoltà di cui può avvalersi l’amministrazione finanziaria, ad esempio a fronte di problematiche di grande complessità, ma non un obbligo.

Le argomentazioni sopra esposte portano, altresì, a disattendere l’istanza di sospensione degli effetti esecutivi dell’atto.

La soccombenza radica le spese del giudizio.

 


TORINO 2024.1002 del 26/9/2024

Importo € 54.240,00

Ricorso vinto

Non può essere applicato retroattivamente un interpello dell’agenzia delle entrate

Il credito è non spettante

 

MOTIVO DELLA  DECISIONE

Nel merito, l’Ufficio ha elaborato i costi del progetto, rideterminando l’agevolazione spettante per le spese sostenute per i progetti di Ricerca & Sviluppo, come segue: • Anno 2012: imputazione di costi per € 256.114,01 (indicati dalla Parte: zero); • Anno 2013: imputazione di costi per € 223.193,37 (indicati dalla Parte: € 171.419,99); • Anno 2014: imputazione di zero costi (indicati dalla Parte: € 171.419,99); • Anno 2015: imputazione di zero costi (indicati dalla parte: € 171.471,00).

La società ricorrente ha considerato i costi effettivamente sostenuti senza computarli in base ai criteri esposti

nella Cir. 5/2016 e Risp. a Interpello n. 86/2019, sulla base del principio della competenza temporale, a

prescindere dalla capitalizzazione e dalle relative quote di ammortamento.

(NON PUO’ ESSERE APPLICATO RETROATTIVAMENTE UN INTERPELLO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE)

Ad avviso di questa Corte, il rilievo elaborato dalla Direzione Regionale sulla base della diversa individuazione temporale dei costi, e in base all’inserimento delle quote di ammortamento dei beni acquistati in epoca precedente al triennio risulta corretto solo in base alla risposta all’interpello n. 86/2019 che è stata fornita dall’Agenzia delle Entrate in data 27/03/2019, data in cui non era conoscibile dalla ricorrente che ha correttamente operato in base alla normativa vigente ratione teporis.

(IL CREDITO E’ NON SPETTANTE)

In diritto, l’Ufficio con l’atto di recupero impugnato ha quantificato il credito inesistente ex art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997 e s.m.i., in euro 54.240,00. La norma di legge citata così recita: “Nel caso di utilizzo di un credito inesistente ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera g-quater), numero 1), del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica la sanzione pari al settanta per cento del credito utilizzato in compensazione”

La differenza tra crediti d’imposta inesistenti e non spettanti rileva non solo ai fini sanzionatori, ma anche per individuare i tempi entro cui l’Amministrazione finanziaria possa esercitare le azioni di recupero. Ricalcando quanto previsto per le sanzioni amministrative, anche in sede penale si è radicato l’orientamento secondo cui il credito “inesistente” sia riconducibile ad una situazione in cui sia assente il presupposto costitutivo, mentre quello non spettante sarebbe quello in cui il credito utilizzato sia corrispondente dalla realtà fenomenica e giuridica, ma utilizzato in maniera non aderente al dettato normativo. Il discrimine tra le due situazioni deve essere valutato in base alla gravità della violazione che, nel caso di specie appare riconducibile alla situazione collegata ad un utilizzo del credito di imposta effettivamente spettante, ma determinato in maniera non corretta secondo le imputazioni temporali e in base alla già citata risposta ad interpello.

Da quanto espresso il ricorso deve essere accolto in quanto l’atto di recupero impugnato, notificato dalla Direzione Regionale del Piemonte, risulta essere emesso in violazione dell’art. 38 bis del D.P.R. 600/73, oltre il quinquennio dalla data di utilizzo dello stesso. Anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenze n. 34419 e n. 34452, depositate l’11 dicembre 2023) ha affermato che il termine di otto anni entro il quale devono essere emessi gli atti di recupero dei crediti di imposta utilizzati in compensazione può essere applicato soltanto per i crediti di imposta “inesistenti”. In questo ambito è recentemente intervenuto il legislatore delegato, coordinando la durata dei termini di controllo dei crediti di imposta utilizzati in compensazione e prevedendone (nell’art. 38-bis del D.P.R. 600 del 1973) un termine differenziato, ma con unico termine iniziale coincidente con la data di utilizzo del credito di imposta.

Sussistono validi motivi per la compensazione delle spese.


CAMPOBASSO 2024.982 del 24/9/2024

Euro 47.000,

Vinto

Il manuale di Frascati non deve essere applicato

Il parere del Mise deve essere richiesto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(I PROGETTI DI RICERCA – CONTESTAZIONE DELL’UFFICIO) Ribadisce che dalla documentazione fornita dalla società è emerso che quest’ultima non ha compiuto attività di ricerca e sviluppo nei termini disciplinati dalla normativa di settore, con la conseguente inesistenza del credito d’imposta maturato e indebitamente utilizzato in compensazione proprio perché inesistente. Ribadisce la legittimità dell’atto impugnato perché l’Ufficio ha esaminato e valutato l’attività svolta dalla ricorrente sulla base dei criteri legislativamente stabiliti all’art. 3, commi 4 e 5, del Decreto-legge n. 145/2015 e dall’art. 2 del decreto attuativo uniche fonti normative applicate nella fattispecie, cui il Manuale di Frascati costituisce supporto tecnico. Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, quindi, il richiamo ai criteri interpretativi contenuti nel Manuale di Frascati, ai fini della eventuale classificazione dell’attività svolta dalla ricorrente come di R&S, è assolutamente legittimo, in quanto i criteri contenuti nello stesso, riconosciuti a livello internazionale, rappresentano un mero supporto tecnico per l’applicazione di parametri legislativamente stabiliti, a livello nazionale, dall’art. 3, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 145/2015 e dall’art. 2 del decreto attuativo. Per il terzo motivo di ricorso, dall’esame della documentazione fornita in riscontro all’invito, si evinceva che la società aveva svolto la seguente attività: “Innovazione di prodotto con lo sviluppo di nuovi impianti e macchinari realizzati per il settore COSMETICO-FARMACEUTICO CHIAMATO BIO-TEC TURBO EMULSORE supportato da nuove e speciali applicazioni digitali integrate”. Tuttavia, dall’analisi della documentazione prodotta all’Ufficio, questi concludeva nel ritenere che la società non avesse condotto un’attività rientrante in quella di ricerca e sviluppo, come legislativamente stabilita, sia sulla base delle criticità rilevate dall’esame della documentazione presentata che in riferimento alla circostanza per cui risultava che il BIO-TEC TURBO EMULSORE fosse un impianto esistente da diversi anni sul mercato. Ribadisce, in questa sede, che il progetto di ricerca della società ricorrente non presenta uno dei principali presupposti richiesti ad una attività per essere classificata come di ricerca e sviluppo, ovvero quello dell’innovazione. Il BIO-TEC TURBO EMULSORE è infatti un impianto esistente da diversi anni sul mercato e tale circostanza esclude che il progetto presentato abbia carattere innovativo, requisito necessario per classificare l’attività come di R&S. A sostegno della propria tesi produce un elenco di siti web in cui sono rinvenibili prodotti simili a quello realizzato dalla ricorrente. Rileva altresì che la DCM, società dedita alla progettazione e realizzazione di macchine automatiche per il settore cosmetico, farmaceutico e alimentare, già nel novembre 2017 pubblicizzava Turbo Emulsori. La stessa Ricorrente_1, nel 2015, in due video su YouTube mostrava l’impianto BIO-TEC TURBO EMULSORE. In merito si rappresenta che le pagine dalla n. 3 alla n. 4 della Relazione R&S, relative al capitolo denominato “Il contesto di riferimento”, sono interamente mutuate dal sito: https://blog.sew.eurodrive.it/4-trend-da-considerare-nel-settore-food. La pagina web sopra indicata è stata pubblicata in data 19/09/2018 su un portale non riconducibile in alcun modo alla Ricorrente_1 Le pagine 5, 6 e 7 relative a “I Progetti di ricerca e sviluppo 2017” sono mutuate dalla Circolare n. 4/E del 30/09/2017. Alle pagine 10 e 11 viene esposta la prima fase del progetto: Scouting Tecnologico, studio sulla integrazione di sistemi e degli attuatori elettromeccanici e digitali, applicazione dei risultati alla ideazione e progettazione di nuovo prodotto. Anche questo punto (fondamentale) della relazione è stato mutuato dal web, all’indirizzo: Sito_Web_1 Le superiori considerazioni pongono in dubbio la genuinità oltre che l’“innovatività” della asserita attività di ricerca e sviluppo svolta dalla ricorrente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte, sciolta la riserva formulata nell'udienza del 28 maggio 2024, così decide l'odierna controversia in data 27/08/2024.

Questa Corte desume, dagli atti presenti nel fascicolo processuale, la centralità del c.d. “ Manuale di Frascati ” nell'odierna discussione unitamente alla questione del preventivo parere tecnico del Mi.SE.

(IL MANUALE DEI FRASCATI NON DEVE ESSERE APPLICATO) - Sulla prima questione appare doveroso rilevare che il Legislatore, in occasione della formulazione della nuova edizione del credito d’imposta R&S in vigore a partire dal periodo d’imposta 2020 (art.1, comma 200, Legge n.160 del 27/12/2019 e successive modifiche), ha cercato, sotto il profilo della tecnica redazionale, di realizzare una maggiore puntualità del disposto normativo, anche mediante l’inserimento di diverseindicazioni precedentemente contenute solo nei chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria. Difatti ilLegislatore, al fine di individuare le attività R&S agevolabili, ha effettuano un espresso rinvio alle lett. m), q),

e J) del punto 15 del par.1.3 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C/198/01, nonché ai principi generali e dei criteri contenuti nel “MANUALE DI FRASCATI” e a quelli contenuti nel “MANUALE DI OSLO”. Non deve passare inosservato che per la disciplina agevolativa introdotta dal citato art.3, D.L. n.145/2013, qui in discussione (anni d’imposta 2015-2019), i primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sull'applicazione del “MANUALE DI FRASCATI” come fonte interpretativa della normativa interna, sono stati forniti solo in epoca successiva alla fruizione del beneficio da parte delle imprese (risoluzione n.46/E/2018, risoluzione n.40/E/2019 e la circolare n.8/E/2019). Sulla seconda questione, questo Collegio, rileva che si sta sviluppando e consolidando un filone giurisprudenziale che richiede la necessità di un preventivo parere del Ministero dello Sviluppo Economico, in mancanza del quale l’atto di recupero deve essere annullato (ex multis, Commissione tributaria provinciale di La Spezia sentenza n. 276/01/2022). Tale orientamento pare ancor più fondato se si pensa che, per la speculare materia dell’interpello finalizzato a conoscere se determinati progetti e attività possano rientrare nel novero di quelli oggetto di agevolazione, l’Agenzia delle Entrate ha chiaramente declinato qualsivoglia competenza, rinviando al MISE (circolare 13/E/2017). Non mancano inoltre sentenze pro-contribuente (si veda per es. CTP Bologna 549/04/2022) che evidenziano come l’Amministrazione finanziaria abbia individuato il Manuale di Frascati (edizione 2015, tradotta in modo ufficiale con traduzione giurata in italiano solo a dicembre 2021) quale testo normativo di riferimento per identificare le attività agevolabili, sulla scorta di quanto chiarito, non a caso, dal MISE solo però con la circolare n. 59990 del 09.02.2018. Le contestazioni in discussione nell'odierna controversia, invece, risalgono ad annualità più risalenti ( annualità 2017), in contrasto al principio di affidamento sancito dall’articolo 10 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000). Ancora, non è affatto scontato che si tratti di crediti “inesistenti” (come ritiene l’amministrazione finanziaria) piuttosto che di crediti “non spettanti” (come deciso per es. dalla sentenza CTP Latina, 23.5.2022 n. 610/3/22) e, di conseguenza, non è affatto scontato che l’Agenzia delle Entrate possa invocare il trattamento sanzionatorio più penalizzante (sanzioni dal 100 al 200% invece che del 30%). Tutti questi elementi vanno sicuramente tenuti in considerazione al fine di valutare il caso oggi in discussione, anche in considerazione dell’ammontare degli importi del credito recuperato dall’Amministrazione finanziaria, solitamente su più anni. Quindi appare ragionevole ritenere che, in materia di accertamento per il recupero del credito d’imposta R&S, le valutazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria e addotte come valide motivazioni per sorreggere il disconoscimento dell’agevolazione fiscale – ancorché convincenti, ma pacificamente prive di un parere tecnico del Mi.S.E. – risentono in ogni caso della carenza assoluta di specifiche competenze tecniche in capo all’Ente accertatore e, per questo, rappresentano mere deduzioni di parte inidonee a fondare la legittimità della pretesa impositiva.

(IL PARERE DEL MISE DEVE ESSERE RICHIESTO) - Di conseguenza, dunque, la richiesta del parere Mise da parte dell’Agenzia, sebbene non strettamente obbligatoria per legge, è senz’altro un onere da adempiere, quantomeno tutte le volte che la contestazione non attiene a vizi formali del progetto, ma riguarda proprio le sue caratteristiche tecniche, ovvero, quando la questione controversa attiene alla innovatività (o meno) del progetto stesso. Ne consegue che in mancanza del parere del MISE l’atto non è legittimo e pertanto il ricorso va accolto. L’accoglimento del predetto motivo di impugnazione assorbe gli altri. Spese compensate in ragione della complessità della materia.


GENOVA 2024.866 DEL 30/9/2024

Importo 36.700,00

Sviluppo Software

RICORSO VINTO

Deve essere richiesto il parere del Mise

ATTIVITA’ SVOLTA E PROGETTO RELATIVO AL SOFTWARE . La ricorrente ha esposto: di essere società attiva dall’anno 2000 nel settore ICT (Information and Communication Technologies), specializzata nella progettazione e commercializzazione di soluzioni software per il settore doganale e spedizioneristico e più in generale per gli ambiti dei trasporti e della logistica; di avere affrontato, nell’anno 2016, spese documentate per lo sviluppo del c.d. progetto “Prog_1”, nonché per i progetti denominati “Dichiarazioni Doganali”, “DV1-EUR 1” e “Sviluppo modulo interoperabilità per invio/ricezione flussi”; che in particolare il progetto “Prog_1”, concretizzatosi nell’anno 2020, puntava alla realizzazione di un nuovo software verticale – ossia dedicato ad uno specifico ambito – pensato per il settore logistico; di avere dunque maturato, ai sensi dell’art. 3 DL 145 \2013, un credito di imposta pari ad euro 36.700,00, utilizzato in compensazione nel 2017.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Appare opportuno trattare direttamente il merito della controversia, in ossequio al principio della c.d. “ragione più liquida” (cfr. Cass. SS.UU. n. 2642\2014).

 L’Agenzia delle Entrate ha contestato la sussistenza dei requisiti di “novità”, e “incertezza” dei progetti di ricerca e sviluppo “de quo”, ritenendo in particolare l’insussistenza, nei progetti presentati da Ric_1, “delle caratteristiche di novità richieste dalla disciplina agevolativa, difettando in essi quella novità in senso assoluto e non relativo, ossia nuovo per l’impresa, quale requisito necessario ai fini della fruizione dell’agevolazione; la configurabilità dell’attività di ricerca e sviluppo effettuata dalla società come “ordinaria”, ossia attività di routine tipica delle imprese operanti nel mercato del software e necessaria all’aggiornamento e/o implementazione dei propri prodotti; la carenza del requisito del rischio finanziario e d’insuccesso tecnico, non essendo individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico, che dovrebbe invece caratterizzare tipicamente gli investimenti in ricerca e sviluppo” (cfr. pag. 14 della comparsa di costituzione e risposta).

Premesso che l’onere della prova grava, nella specie, sull’Agenzia delle Entrate anche ai sensi del comma 5 bis dell’art. 7 d. lgs. 546/92, introdotto dalla L. 130/2022, occorre osservare che le contestazioni degli Uffici, che peccano anche di genericità, non sono supportate dai necessari elementi probatori.

A fronte delle puntuali osservazioni di parte ricorrente, che ha in ricorso fornito un’esauriente esposizione delle caratteristiche dei progetti di ricerca e sviluppo, e dei motivi per cui tali caratteristiche consentirebbero la fruizione del credito di imposta ai sensi dell’art. 3 DL 145 \2013 (argomentazioni supportate da relazioni tecniche) la tesi dell’Agenzia delle Entrate appare apodittica, in mancanza di approfondimenti tecnici, nella specie indispensabili.

Occorre osservare che, secondo l’art 8 DM 27/5/2015, commi 1 e 2, “per la verifica della corretta fruizione del credito d’imposta di cui al presente decreto, l’Agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto. Qualora, nell’ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall’Agenzia delle entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.

Se è vero che la norma pare configurare in termini di facoltà, e non di obbligo, la richiesta di parere al MISE, è anche vero che, nella fattispecie in esame, caratterizzata da elevato tecnicismo, l’assenza di tale parere comporta una carenza probatoria che conduce a ritenere infondata la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate.

La stessa Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 31/E del 23/12/2020 sottolinea “l’opportunità di attivare la suddetta richiesta nelle situazioni caratterizzate da un grado di tecnicismo elevato o dall’assoluta novità delle questione riscontrata”. Il ricorso deve essere accolto. Vista la complessità, la particolarità e la relativa novità della questione, si compensano integralmente tra le parti le spese di giudizio.


TORINO 2024.982 del 24.9.2024

Euro 101.000,00 -  Sviluppo Software

Ricorso perso

Il Manuale di Frascati deve essere applicato

Il parere del Mise non deve essere richiesto

MOTIVO DELLA DECISIONE

(ONERE DELLA PROVA A CARICO DEL CONTRIBUENTE) Trattandosi di utilizzo in compensazione di crediti d’imposta, si conviene con l'Ufficio che l’onere di provare l’esistenza del credito stesso grava in capo alla società ricorrente, così come richiesto dalla pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto: «incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d'imposta, l'onere di provare i fatti costitutivi dell'esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l'esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo» .

(I PROGETTI DI RICERCA) Con il primo progetto (Progr_1), definito come “Progetto di ricerca industriale per lo sviluppo di una rete telematica di controllo e gestione remotizzati degli impianti di riscaldamento”, la Società ha sostenuto di voler realizzare « una piattaforma informatica di congiunzione tra i diversi sistemi di tele gestione in commercio, al fine di poter estrapolare allarmi e informazioni di Metering relative al rendimento termico dell’impianto e poter quindi apportare […] modifiche delle regolazioni necessarie a migliorarne il funzionamento, ottimizzando i consumi e l’impatto ambientale» (così la perizia valutativa redatta dall’ing. Nominativo_1 prodotta in atti dalla Società). Come obiettivo del progetto, è stato indicato quello «di studiare e realizzare un sistema, basato su rete telematica e telemetrica, per il controllo e la gestione da remoto degli impianti energetici, al fine di ottimizzarne la conduzione termica, di ottenere un risparmio energetico e di ottimizzare le tempistiche e le evasioni delle commesse d’intervento».

Secondo quanto riportato nella perizia, l’attività svolta dalla Società nell’ambito di questo progetto nel corso dell’esercizio 2017/2018 riguardava «principalmente la realizzazione di uno studio di fattibilità interno del rinnovamento del proprio processo e dalla realizzazione di un’analisi e di un progetto di intervento da parte del consulente selezionato», mentre “la parte più operativa” (quella di sviluppo e test) sarebbe dovuta proseguire nel corso dell’esercizio successivo (2018/2019). Vedasi allegato n. 3 al ricorso di Controparte;

Con il Programma_2, invece, la Società intendeva rispondere all’esigenza di ampliare i servizi offerti ai condomini nel campo delle forniture di Energia Elettrica; in particolare, la Società, proponendosi ai condomini come unico fornitore/interlocutore sia per la fornitura di metano che per quella di energia elettrica, avrebbe consentito al cliente di avere la possibilità di richiedere una reportistica completa sui consumi. In particolare, l’obiettivo del progetto è stato indicato nella rilevazione delle inefficienze collegate alla c.d. “energia reattiva” e nella offerta di soluzioni alla clientela per la diminuzione e/o eliminazione della dispersione, con conseguente riduzione dei consumi e dei relativi costi del servizio.

(LE INNOVAZIONI DI PROCESSO ED I SOFTWARE NON SONO AMMESSI)  L’Ufficio, alla luce della documentazione prodotta dalla Contribuente nel corso dell’istruttoria, con specifico riferimento al Progr_1, ha ritenuto che l’attività svolta non fosse qualificabile, nel suo complesso, come attività di ricerca e sviluppo rilevante ai fini del credito di imposta, ma dovesse più correttamente essere inquadrata nella categoria della c.d. “innovazione di processo” e, in quanto tale, ritenuta non agevolabile. Come rilevato nel corso del controllo, detta attività, difatti, si è sostanziata nella mera realizzazione di un software che utilizza strumenti e tecnologie già esistenti e ampiamente diffusi nel settore in cui la Società opera ; i vari sistemi compresi nel Progr_1 cioè, erano già diffusi anche nel settore di appartenenza alla data di avvio del progetto.

A confermare la correttezza della posizione dell’Ufficio, si osservi come, proprio con riferimento alle attività di sviluppo software, sia intervenuta la circolare del MISE n. 59990 del 9 febbraio 2018 (doc. 9), la quale ha chiarito che anche in tale settore l'applicabilità del credito d'imposta è pur sempre legata allo svolgimento di lavori o progetti tesi al superamento di ostacoli tecnici o scientifici non risolvibili con le conoscenze già disponibili (stato dell'arte nel settore) e ha osservato che, in via generale, le attività volte alla progettazione e realizzazione di software con l'utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, le attività concernenti la personalizzazione di software esistenti e tutte le altre attività riferibili alla manutenzione e all'implementazione degli stessi, così come tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla c.d. gestione applicativa di un software, non rientrano tra le attività di ricerca e sviluppo nell'accezione rilevante agli effetti dell'applicazione del credito d'imposta .

Alla luce di tale chiarimento interpretativo, l’Ufficio ha correttamente ritenuto, sulla base dell'esame della documentazione prodotta, che gli investimenti effettuati dalla Società in attuazione del Progr_1 non potessero nel loro complesso qualificarsi come investimenti in attività di ricerca e sviluppo nell'accezione rilevante ai fini del credito d'imposta, mancando, peraltro, anche i requisiti del rischio dell'insuccesso tecnico e del rischio finanziario, ma rappresentassero, più propriamente, investimenti in capitale fisso (immobilizzazioni immateriali) finalizzati ad incrementare la funzionalità e le prestazioni dei supporti informatici a disposizione dell'azienda.

(LA DITTA HA PRESENTATO UNA PERIZIA GIURATA CHE COMUNQUE RAPPRESENTA UNA SEMPLICE ALLEGAZIONE DIFENSIVA PRIVA DI AUTONOMO VALORE PROBATORIO ) La Società, tuttavia, ha contestato detto recupero, affermando la correttezza del proprio operato. Con il primo punto del ricorso, la Società, rimandando alla memoria difensiva ex art. 12, comma 7, L. 212/2000, ha ribadito in maniera del tutto generica e non circostanziata la propria convinzione di aver correttamente operato, avendo posto in essere, a suo dire, un’attività di ricerca e sviluppo ascrivibile « principalmente» a quelle di “sviluppo sperimentale”. Detta affermazione sarebbe avvalorata dalle conclusioni contenute nella perizia valutativa redatta dall’ing. Nominativo_1 che ha ritenuto ammissibili ai fini del credito d’imposta R&S le attività svolte all’interno del Progetto Progr_1 e del Programma_2.

Parimenti, anche analizzando le conclusioni rassegnate dal consulente di parte, l’ing. Nominativo_1, non si evincono elementi atti a dimostrare la fondatezza di quelle che permangono semplici e generiche affermazioni. In questo senso, occorre peraltro ricordare come la perizia depositata in giudizio non possa essere considerata altro che una «semplice allegazione difensiva […], priva di autonomo valore probatorio», così come costantemente precisato dalla Corte di cassazione con riferimento alle perizie stragiudiziali, ancorché asseverate con giuramento (circostanza, peraltro, non verificatasi nel caso di specie) (ex plurimis, Cass., sez. V, ord., 31.10.2023, n. 30303 – doc. 10; si v. anche, nello stesso senso, Cass., sez. V, 25.12.2018, n. 33503; Cass., sez. V, 9.2.2021, n. 3104; Cass., sez. V, 11.6.2021, n. 16579; Cass., sez. V, 17.6.2021, n. 17396; Cass., sez. V, 11.3.2022, n. 7925; Cass., sez. V, 24.3.2022, n. 9541), e che, in quanto tale, «il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili (Cass., Sez. 6-2, 9 aprile 2021, n. 9483; Cass., Sez. 1, 20 giugno 2022, n. 19846)».

Ma anche analizzando il contenuto della predetta perizia, non si ricava altro che una sintetica e generica descrizione dei due progetti e affermazioni di principio non supportate da alcun elemento concreto. A titolo esemplificativo, appare sintomatico, in questo senso, il tentativo di supportare il requisito dell’incertezza nei due progetti; nella perizia, infatti, il consulente afferma: «Nello sviluppo dei progetti, a partire dal loro avvio e per tutta la loro durata, non è possibile per la Società prevedere con precisione i costi o i tempi necessari per il raggiungimento dei risultati. Lo stesso raggiungimento dei risultati non è cosa scontata, ma soggetta all’imprevisto o all’insorgere di problematiche per cui serve nuova ricerca inaspettata. Questo fatto è facilmente riscontrabile, per esempio, nella durata dei progetti e nella pluralità delle soluzioni ricercate e testate, di cui è possibile reperire traccia presso gli uffici della Società».

Ebbene, appare evidente come tali affermazioni si risolvano in mere frasi di stile che, peraltro, costituiscono niente più che una parafrasi del contenuto del Manuale di Frascati, e come non siano supportate da alcuna documentazione o dato concreto; in questo senso, si osservi come il perito rimandi a delle improbabili e generiche “tracce” che sarebbero reperibili presso gli uffici della Società, ma che non sono state allegate alla perizia, né sono state successivamente prodotte dalla Società nel corso dell’istruttoria ovvero in sede processuale. Questo modo di procedere, generico, pervade tutta la consulenza tecnica, il cui contenuto, pertanto, non può rivestire alcuna valenza dimostrativa all’interno del presente processo.

IL PARERE DEL MISE NON DEVE ESSERE RICHIESTO Da ultimo, la Ricorrente sostiene, nuovamente in maniera del tutto generica, che l’Agenzia delle Entrate sarebbe priva di competenza in ordine alla qualificazione di una data attività come di “ricerca e sviluppo”. Anche tale affermazione non corrisponde al vero. A tal fine è sufficiente richiamare il comma 10 dell’art. 3 del D.L. 145/2013 che prevede che sia l’Agenzia delle Entrate, a seguito dei controlli, a provvedere al recupero del credito d’imposta indebitamente fruito : «Qualora, a seguito dei controlli, si accerti l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge»; tale circostanza viene ribadita dal Decreto attuativo, il quale, all’art. 8, comma 1, precisa come sia l’Agenzia delle Entrate a effettuare i controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, nonché la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal medesimo decreto .

La pacifica legittimità dell’Agenzia delle Entrate ad effettuare i recuperi in materia di crediti d’imposta per ricerca e sviluppo è, peraltro, stata confermata dalla giurisprudenza di merito (sul punto, tra le più recenti, C.G.T. di primo grado di Napoli, sez. 30, 9.5.2023, n. 8096 ; nello stesso senso si vedano anche, ex plurimis, C.G.T. di primo grado di Napoli, sez. 13, n. 16939 del 5.12.2023 e C.G.T. di primo grado di Rimini, sez. 1, n. 230 del 13.10.2023 – doc. 11).

Pertanto, nessun vizio di motivazione può ravvisarsi in relazione all’atto impugnato, avendo l’Ufficio chiaramente esposto le ragioni di diritto e i presupposti di fatto sui quali si è fondato il recupero, dando conto dell’an e del quantum della pretesa (in questo senso le già richiamate pronunce di merito; in particolare C. G.T. di primo grado di Rimini n. 230/23). Contrariamente a quanto sostiene da ricorrente, i riscontri addotti dall’Ufficio non possono che essere considerati “attendibili”, in quanto fondati sulla stessa documentazione prodotta dalla Società nel corso dell’istruttoria procedimentale; in questo senso, la ricorrente non ha mai sconfessato le contestazioni contenute prima nel PVC e poi nell’avviso di accertamento volte a tacciare di estrema genericità la documentazione prodotta nel corso dell’istruttoria; documentazione dalla quale, come più volte ribadito, non si evincono in alcun modo le ragioni per cui le attività prestate dovrebbero essere ricondotte tra quelle agevolabili secondo la disciplina dei crediti in materia di ricerca e sviluppo.

La perizia valutativa redatta dall’ing. Nominativo_1 (che, come visto, si limita a generiche asserzioni, prive di contenuto dimostrativo), non ha prodotto, o anche solo richiamato testualmente, alcun contratto, documento, ecc. volto a dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti per la concessione dell’agevolazione, pur gravando pacificamente su di essa il relativo onere probatorio . In questo senso, depone anche il decreto attuativo nella parte in cui dà conto della documentazione che i contribuenti debbono produrre a supporto dell’agevolazione; sul punto si è chiaramente espresso il MISE con la già richiamata Circolare 59990 del 2018: «Si richiama, infine, l’attenzione sul fatto che, trattandosi di un incentivo automatico, che non prevede cioè una valutazione a priori dei progetti finanziati da parte dell’ente erogante, ai fini dei successivi controlli sulla corretta applicazione della disciplina, dovrà essere cura dell’impresa che intende avvalersi dell’agevolazione predisporre, oltre alla documentazione obbligatoria concernente l’effettività, la pertinenza e la congruità dei costi, anche un’apposita documentazione concernente l’ammissibilità delle attività di ricerca e sviluppo svolte, dalla quale risultino gli elementi di novità che il progetto intende perseguire, l’individuazione degli ostacoli di tipo tecnico e scientifico al cui superamento sono legati i lavori svolti, l’avanzamento di tali lavori nell’ambito dei periodi d’imposta agevolabili e, nel caso in cui si tratti di innovazioni che si sostanzino in significativi miglioramenti di prodotti già esistenti sul mercato in cui opera l’impresa, l’indicazione degli elementi nei quali si specificano tali miglioramenti» (in questo senso si v. anche C.T.P. di Napoli, sez. 30, 9.6.2023, n. 8096).

(IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) : Con il secondo punto, la Ricorrente richiama la sentenza n. 36/01/2023 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Torino - nella parte in cui riprende il mero dato testuale delle lett. b) e c) dell’art. 3, comma 4, D.L. 145/2013 (comma nel quale vengono elencate le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta) e- nella parte in cui sembra disconoscere valore normativo vincolante al Manuale di Frascati.

Anche detti riferimenti non appaiono significativi al fine di fondare la riconducibilità delle attività relative ai due progetti nell’ambito di quelle agevolabili.

Ad ogni modo, per quanto qui di rilievo, appare opportuno precisare come il mero richiamo alle lett. b) e c) dell’art. 3, comma 4, D.L. 145/2013, nulla provi in ordine alla riconducibilità delle attività svolte nell’ambito dei due progetti contestati nel novero di quelle di ricerca e sviluppo agevolabili. Erronei appaiono i richiami all’asserita inidoneità del Manuale di Frascati a supportare il recupero. In primo luogo, occorre infatti osservare come il rilievo dell’Ufficio risulti fondato sull’applicazione della normativa di cui all’art. 3 del D.L. 145/2013 e al successivo Decreto attuativo del 27 maggio 2015, sulla base della quale ha ritenuto che le attività dalle quali si è generato il credito d’imposta non rientrassero tra quelle agevolabili. I riferimenti al Manuale di Frascati sono intervenuti a supporto dell’interpretazione della predetta normativa. In ogni caso, non pare possa mettersi in discussione la portata applicativa del predetto Manuale di Frascati.


PADOVA  2024.343 del 30/9/2024

Sviluppo di  software

Importo € 99.000,00

Ricorso vinto

Carenza di motivazione senza avere chiesto il parere al Mise che comunque non è obbligatorio

L’innovazione tecnologica è agevolabile

Sviluppo di un software

Sul merito l'Agenzia riporta un passaggio dello stesso fornitore del progetto- Eidon Lab - ( pag.9 estratto atto recupero 2017) ove detto fornitore parla di tecnologie informatiche già note al mercato e adattate alle esigenze del committente. Per il recupero l'Ufficio afferma che non è stato necessario alcun parere tecnico in quanto si è preso atto delle affermazioni del fornitore. Non è obbligatorio il parere del MISE e le sentenze citate dalla Ricorrente non sono definitive e, comunque, ve ne sono altre che considerano facoltativo il parere del MISE.

Nelle controdeduzioni ( cfr pag.16,17,18) l'Ufficio insiste sul fatto che si tratta di modifiche di software già esistenti e che non esiste un progetto innovativo a livello generale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva la Corte che le eccezioni preliminari della Ricorrente sulla qualificazione del credito e conseguente applicazione dei termini ordinari per il recupero, difetto di motivazione, eccesso di potere, obbligatorietà del parere preventivo del MISE , sono infondate e vanno respinte.

Ad avviso della Corte il credito che, secondo l'Ufficio, non rientra nei requisiti dettati dalla norma è un credito che, in mancanza di detti requisiti, deve ritenersi inesistente. L'esigenza di garantire un maggior termine di 8 anni per il recupero difetta nelle ipotesi in cui non si discute "a monte” dell'esistenza dei presupposti dai quali sorge il credito di imposta ( spettanza) , ma solo della sussistenza "a valle" del diritto di utilizzarlo in compensazione. Il legislatore al comma 5 dell'art.13 del dlgs.471/1997 dice che si intende inesistente il credito in relazione al quale manca in tutto o in parte il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36 bis, 36 ter dpr.600/73 e 54 bis dpr.633/72.

(IL PARERE DEL MISE NON E’ OBBLIGATORIO MA L’AGENZIA DELLE ENTRATE DEVE ADEGUATAMENTE MOTIVARE L’ATTO)

Ora nel caso in esame la prospettazione dell'Ufficio parte dalla considerazione, da verificare nel merito, che a monte non vi sono i presupposti per far rientrare il credito nella previsione di legge e,pertanto, è corretto parlare di credito inesistente assistito dal maggior tempo per il recupero. Anche la motivazione non è difettosa o mancante, ma è sufficiente; altra cosa è verificare se detta motivazione costituisce una prova a fondamento del recupero impugnato. La norma non prevede l'obbligo per l'Agenzia di dotarsi preventivamente del parere dell'Organo tecnico, la scelta di non dotarsi è,infatti, discrezionale e avrà effetti, nel merito, sulla prova che l'Agenzia sarà in grado di dare a supporto del recupero. In sostanza l'Agenzia non chiedendo il parere dell'Organo tecnico si assume un rischio. La norma non attribuisce al MISE il compito dell'emissione degli atti di recupero dei crediti inesistenti che sono di competenza dell'Agenzia come prevede il comma 14 lett.d) del D.L. 185/2008 art.27.

(CARENZA DI MOTIVAZIONE) Passando al merito della questione questa Corte ritiene che il recupero dell'Ufficio non sia

sufficientemente provato. L'Ufficio più volte afferma che si è basato su quanto affermato dal fornitore in

merito al fatto che si tratta di tecnologie note che vanno adattate , ma non è mai sceso ad analizzare le

peculiarità del progetto limitandosi ad affermazioni di principio che invece andavano calate nel progetto

ed analizzate a fondo. L'Ufficio non ha considerato che in materia il Ministero dello Sviluppo economico ,

competente a dettare i criteri per la corretta applicazione delle definizioni normative, anche alla luce della

comunicazione della Commissione (2014/C198/01) del 27 giugno 2014, con decreto attuativo del

26/05/2020 ha dettato le istruzioni per la determinazione e la documentazione delle spese ammissibili al

credito di imposta. Detto decreto individua tre attività di ricerca , la ricerca e sviluppo ex art. 2, l'attività di

innovazione tecnologica ex art.3 e l'attività di design e ideazione estetica ex art.4. (SONO AMMESSE LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE)   Ebbene il MISE dice

che nell'attività di innovazione tecnologica, nella quale ad avviso della Corte rientra il progetto della

Ricorrente, rientrano i lavori diversi da quelli di ricerca e sviluppo indicati all'art.2 finalizzati alla

realizzazione o all'introduzione di prodotti o processi nuovi o significativamente migliorati rispetto a quelli

già realizzati o applicati dall'impresa. A titolo esemplificativo, afferma il MISE, per prodotti nuovi o

significativamente migliorati si intendono beni o servizi che si differenziano rispetto a quelli già realizzati

dall'impresa , sul piano delle caratteristiche tecniche , dei componenti , dei materiali, del software

incorporato, della facilità di impiego, della semplificazione della procedura di utilizzo, della maggiore

flessibilità o di altri elementi concernenti le prestazioni e le funzionalità; per processi nuovi o

significativamente migliorati, rispetto a quelli già applicati dall'impresa, si intendono processi o metodi di

produzione e di distribuzione e logistica di beni o servizi che comportano cambiamenti significativi nelle

tecnologie, negli impianti, macchinari e attrezzature , nel software, nell'efficienza delle risorse impiegate ,

nell'affidabilità e sicurezza per i soggetti interni o esterni coinvolti nei processi aziendali. Il Mise avverte

che non si considerano i lavori svolti per apportare modifiche o migliorie minori ai prodotti e ai processi

già realizzati o applicati dall'impresa. Ancora il Mise afferma che si considerano attività di innovazione

tecnologica l'introduzione di soluzioni che consentano una integrazione comune dei diversi componenti ,

moduli e sistemi di una architettura aziendale in grado di garantire, tramite l'implementazione di un

modello di dati comune ed il supporto di diversi protocolli ed interfacce , l'interconnessione trasparente,

sicura ed affidabile dei diversi dispositivi hardware e delle applicazioni software. Ancora il MISE ritiene

attività di innovazione tecnologica la digitalizzazione delle integrazioni tra i diversi operatori delle filiere

produttive, la messa a punto di modelli di condivisione delle informazioni, la messa a punto di protocolli e

metodi per il tracciamento dei prodotti all'interno della filiera allo scopo di migliorare la cooperazione e la

resistenza delle filiere.

Da quanto fin qui analizzato risulta chiaro che non basta dire, come fa l'Ufficio, che deve trattarsi di progetti innovativi, perchè rientrano nel credito anche i progetti migliorativi, ovviamente va analizzato in concreto in che cosa consiste il miglioramento e per fare questo occorrono delle competenze specifiche.

(DESCRIZIONE DEL PROGETTO) Nel progetto intitolato studio, progettazione e sviluppo sperimentale di una piattaforma innovativa hybrid cloud computing e dei moduli software prototipali per il controllo integrato dei processi aziendali nel settore della produzione di imballaggi flessibili si dice al punto 5 “obiettivi” che gli obiettivi prefissati con la realizzazione delle attività riguardano la necessità di acquisire , combinare, strutturare ed utilizzare delle conoscenze e delle capacità esistenti di natura scientifica e tecnologica allo scopo di produrre progetti per processi modificati e sensibilmente migliorati con l'introduzione di soluzioni per il controllo integrato dei processi aziendali , che saranno verificate sperimentalmente.

(L’UFFICIO NON HA ESPRESSO UN PARERE TECNICO MA SOLO RIPORTATO LE  AFFERMAZIONI DI PARTE) L'Ufficio nelle controdeduzioni afferma di non aver in alcun modo espresso un parere tecnico sulla ricerca svolta dalla Ricorrente, ma ha esclusivamente preso atto delle affermazioni di parte che ha affermato di adattare una tecnologia esistente alle proprie esigenze industriali.

Ora in base ai criteri dati dal MISE per la corretta applicazione in concreto della legge, in parte sopra riportati, è evidente che sono agevolabili anche i miglioramenti e gli adattamenti anche dei software applicati nell'impresa al fine di migliorare la facilità di impiego e /o semplificazione della procedura di utilizzo o per garantire maggiore flessibilità con cambiamenti significativi.

(L’AFFERMAZIONE DI SEMPLICI CONVINZIONI NON E’ SUFFICIENTE) La complessità dell'analisi richiedeva da parte dell'Ufficio un esame analitico del progetto alla luce dei criteri dati dal MISE e non una semplice affermazione di convinzioni non supportate da alcuna dimostrazione concreta ed errate, nel momento in cui considerano agevolabili solo le innovazioni di carattere generale e non quelle che riguardano il committente e la sua azienda.

Il ricorso va, pertanto, accolto nel merito con compensazione delle spese considerata la complessa valutazione di elementi sia giuridici che tecnici collegati alla norma in esame.


FIRENZE 2024.457 del 26/6/2024 

Importo € 504.796,00

Campionario settore moda, società in liquidazione

Ricorso perso

Il parere del Mise non è obbligatorio

Si applica il manuale di Frascati

Il credito è inesistente

MOTIVI DELLA DECISIONE

Premesso che l’agevolazione di cui si discute consiste nel riconoscimento di un credito di imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31/12/14 e fino a quello in corso al 31/12/19, ritiene il Collegio che il ricorso - le cui argomentazioni sono state ribadite ed ulteriormente specificate nella memoria difensiva del 12/9/24 - sia destituito di fondamento e che, pertanto, debba essere rigettato.

Invero, infondato è il primo motivo, atteso che l’Agenzia delle Entrate non ha effettuato alcuna valutazione di carattere tecnico, limitandosi a prendere atto - sulla base della documentazione fornita dalla stessa contribuente e dei contraddittori svoltisi nella fase istruttoria - della insussistenza dei presupposti per poter accedere all’agevolazione, tenuto conto della mancanza di un reale progetto di ricerca e sviluppo, essendosi piuttosto in presenza di un’attività di studio e progettazione di nuove collezioni.

(IL PARERE DEL MISE NON E’ OBBLIGATORIO) Dunque, in assenza dell’esercizio di una discrezionalità tecnica, non era obbligatoria l’acquisizione del parere del Mise, rientrando piuttosto detta richiesta nella facoltà dell’Ufficio, che - esercitando un potere discrezionale - ha ritenuto di non avvalersene.

Ciò senza considerare che il motivo è generico, in quanto non indica quali sarebbero state le valutazioni tecniche (che si reputano carenti) compiute da parte resistente.

(Il MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) Destituito di fondamento è anche il secondo motivo, ritenendo il Collegio di dare continuità a quell’orientamento della giurisprudenza di merito secondo il quale, sebbene le indicazioni del Manuale Frascati siano state normativamente consacrate nel 2021, esse devono trovare applicazione anche per gli anni di imposta precedenti, in quanto vi è continuità normativa con il precedente “credito d’imposta per la ricerca scientifica” di cui all’art. 1 D.L. 70/2011. Dunque, se pure non vi fosse un obbligo di legge di rispettare le indicazioni contenute nel manuale di cui si discute, esse costituirebbero, comunque, un criterio orientativo imprescindibile al fine della individuazione degli elementi utilizzabili per valutare se una attività sia qualificabile come di ricerca e sviluppo o meno. Peraltro, ancorare l’attività valutativa dell’amministrazione finanziaria a parametri certi ed obbiettivi è in realtà elemento a favore del contribuente, che in tal modo vede valutata la propria attività sulla base non di elementi discrezionali, che possono talora sfociare dell’arbitrio, ma di elementi certi e obbiettivi, che il legislatore stesso ha successivamente riconosciuto come vincolanti, per cui alcun danno per la ricorrente è dato ravvisare.

Privo di pregio è anche il terzo motivo: le attività qualificabili come ricerca e sviluppo presuppongono il superamento di una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, non banalmente superabili in base allo stato dell’arte del settore di riferimento. Dunque, sono considerate tali quelle volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni. Ne consegue che l’attività di ricerca e sviluppo i) deve essere nuova, deve portare, cioè, a risultati nuovi per le imprese del settore di appartenenza dell’impresa, non anche allo stato di conoscenza proprio dell’impresa stessa; ii) deve essere creativa, nel senso che un progetto di ricerca e sviluppo deve avere come obiettivo la creazione di nuovi concetti o idee che migliorino le conoscenze esistenti, dovendo quindi escludersi qualsiasi modifica di routine di prodotti o processi; iii) deve essere incerta nei tempi di realizzazione, nei costi e nei risultati; iiii) deve essere condotta con sistematicità in modo pianificato, formale, con registrazioni sia del processo seguito, che dei risultati; iiiii) deve, infine, mirare alla produzione di conoscenza trasferibile e/o riproducibile, nel senso che deve consentire ad altri ricercatori di riprodurne i risultati nell’ambito delle loro attività di ricerca e sviluppo, tenuto conto che lo scopo di detta attività è quello di aumentare il patrimonio di conoscenze esistenti. Rientrano, dunque, nell’agevolazione in discorso le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto).

Più in particolare, nello specifico settore produttivo del tessile e della moda, la novità o il significativo miglioramento si traducono nell’introduzione di prodotti tessili e di abbigliamento che abbiano caratteristiche tecniche a) nuove o notevolmente migliorate per la scienza, che comportino un’originalità o un miglioramento significativo in termini assoluti ovvero b) nuove o notevolmente migliorate per il mercato, che comportino, cioè, un’originale o notevolmente migliorata combinazione di prodotti tessili nuovi.

(ATTIVITA’ DI RICERCA E SVILUPPO SVOLTA) Orbene, tali caratteristiche non si rinvengono all’evidenza nel caso di specie, in quanto dalla documentazione prodotta dalla stessa ricorrente risulta che l’obiettivo principale della attività di ricerca e sviluppo della CF&P è stata la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentano elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti, con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme ed ai colori, il cui unico “effetto tecnico” riguarda, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto. Del resto, la relazione tecnica di parte - al di là della terminologia utilizzata - risulta del tutto generica, in quanto non indica quali sarebbero le incertezze scientifiche e tecnologiche superate attraverso l’attività di ricerca.

Anzi, il complessivo esame degli atti consente di affermare che lo scopo ultimo dell’attività di ricerca svolta dalla ricorrente è finalizzato precipuamente all’aggiornamento dei prodotti in modo da soddisfare il mercato. Sul punto, giova evidenziare che, ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del D.L. 145/2013 e dell’articolo 2, comma 2, del decreto attuativo del 27/5/15, non rientrano nel concetto di attività di ricerca e sviluppo “le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti”.

In altri termini, la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentano elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti, con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, il cui unico effetto tecnico riguarda, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto non costituisce attività di ricerca e sviluppo.

(NON E’ STATA ACCOLTA LA RICHIESTA DEL CTU) Quanto alla richiesta istruttoria - avanzata con la memoria del 12/9/24 - di una consulenza tecnica di ufficio, le considerazioni che precedono ne evidenziano la superfluità, in ragione della completezza e del nitore del quadro probatorio cristallizzato in atti. Del resto, la stessa consulenza di parte, al di là della terminologia utilizzata, non prova che sia stata svolta dalla società ricorrente attività di ricerca e sviluppo nei termini sopra specificati.

(IL CREDITO E’ INESISTENTE) Infondato è anche l’ultimo motivo, atteso che il credito portato in compensazione dalla società ricorrente è inesistente. Sul punto, è sufficiente evidenziare che l’art. 13 comma 5 del d. lgs. 471/1997 stabilisce che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

Orbene, nel caso che si sta scrutinando, in assenza del requisito della novità nei termini sopra specificati, manca proprio il presupposto costitutivo del credito, che va dunque considerato inesistente; né il recupero di cui si discute, tenuto conto della complessità della materia e dell’indagine necessaria per verificare la spettanza del credito, poteva essere riscontrato mediante il controllo ai sensi dell’art. 36 bis e 36 ter del D.P.R. n. 600/73.

Peraltro, sul tema oggetto del presente motivo di recente la Suprema Corte nella sua più autorevole composizione (SS. UU. civili n. 34452 del 11/12/23) ha avuto cura di precisare che l’inesistenza consegue, pur in presenza di effettività delle operazioni, anche solo all’assenza di elementi strutturali/costitutivi del credito, mancando i quali lo stesso credito neppure viene ad esistenza (così, nel caso di crediti Ricerca e sviluppo, quello della novità è appunto un elemento strutturale del credito, la cui assenza ne determina l’inesistenza). In particolare, è stato affermato il seguente principio di diritto: in tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, è applicabile la sanzione di cui all'art. 27, comma 18, d.l. n. 185 del 2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall'art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471 del 1997 quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 - allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano le sanzioni previste dall'art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997 ovvero dall'art. 13, comma 4, d.lgs. n. 471 del 1997 come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 qualora ratione temporis applicabile. Nel caso di specie, come si è visto, sussistono entrambi i presupposti di applicabilità dall’art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471/97 per l’irrogazione della sanzione nella misura del 100%.  

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquida in €.5.000,00, oltre spese generali nella misura del 15%.


RIMINI  2024.201 del  12.12.2024

Il sole24ore  23.12.2024

Attività svolte e progetto: una società produttrice di infissi, che aveva sviluppato nuovi prototipi diretti al miglioramento delle caratteristiche costruttive e di montaggio degli infissi e al potenziamento delle proprietà di resistenza agli eventi atmosferici

Ricorso Vinto

Il Manuale di Frascati non deve essere applicato

Il Parere del Mise deve essere richiesto

Non è richiesto l’incremento occupazione

Inoltre, dirimente la considerazione che la disposizione agevolativa preveda la cumulabilità del credito d’imposta, derivante da R&S con il patent box


 

 

95 20/6/2024 Rimini

Con una perizia giurata il parere al Mise deve essere richiesto (vinto)   

Il personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali è ammesso (vinto)

Attività scolta dall’ impresa: È incontestato che a ricorrente è un'azienda specializzata nella progettazione ed erogazione di servizi di marketing per operatori turistici attraverso un originale modello di business (nell’ambito dei Club di Prodotto: aggregazione di operatori turistici che agisce nella promo commercializzazione di un prodotto specifico rivolto a un segmento di clientela o verso un mercato di domanda specifico); la stessa opera, quindi, come consulente strategico ed operativo per i soci dei Club di Prodotto creati.

Progetto di ricerca: Ancora, è incontestato che per gli anni 2017, 2018 e 2019 il progetto di R&S, cui è correlato il credito del quale si discute, è sempre il medesimo, così come il contenuto delle relazioni tecniche esplicative: SUITE HM - Sviluppo di una piattaforma di servizi di Marketing Strategico e Analisi di Scenari di Offerta abilitanti per l'implementazione di un innovativo modello di coopetizione per operatori turistici.

Costi del personale contestati dall’agenzia delle entrate: Secondo l’Ufficio, in applicazione delle circolari 5/E del 2016 e 13/E del 2017, non assumerebbero rilevanza i costi riferiti al personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali; pertanto, dato che il personale di HM coinvolto in attività di R&S possedeva qualifiche relative al settore marketing, l’Agenzia ritiene non sussistente il beneficio fiscale. Invero, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2017, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, viene meno la distinzione tra spese per “personale altamente qualificato” e “personale non altamente qualificato”. Entrambe le spese sono da ricondursi, in forza del novellato articolo 3, comma 6, lettera a), alle spese relative al “personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo”. Solo per gli anni 2015 e 2016 opera quindi il criterio distintivo tra personale altamente qualificato o meno, come inteso dall’Ufficio. Infine, l’Ufficio, richiamando il principio di “spesa incrementale complessiva”, sempre applicando la Circolare n. 5/E del 2016, contesta le retribuzioni di alcune dipendenti, dedicate dal 2017 ad attività di R&S e in assunte dall’azienda con altre mansioni già negli anni precedenti. La contestazione è infondata. È vero che alcune dipendenti erano state assunte con differenti mansioni nel 2015, ma è altrettanto vero e dimostrato che le stesse sono state dedicate per la prima volta ad attività di R&S a partire dall’anno 2017, proprio in ragione dell’esperienza maturata nel settore e nell’acquisita capacità di indirizzare e sviluppare la SUITE HM; peraltro, nessuna norma vieta di “destinare” un dipendente già in forza all’azienda ad attività di ricerca e sviluppo. Infine, l’atto contiene errori nell’indicazione del personale impiegato.

MOTIVO DELLA DECISIONE

La ditta ha presentato una perizia giurata mentre l’AE non ha chiesto il parere al Mise: Osserva la Corte che la ricorrente si è avvalsa di una perizia tecnica asseverata, di contenuto ampio, dettagliato, preciso e specifico, che descrive gli elementi di novità e creatività dei progetti incentivati, a fronte della quale il ricorso al parere del MISE (certo non obbligatorio) diventa, tuttavia, di sostanziale rilievo, dovendo l’Ufficio, diversamente, esso stesso confutare, con altrettanta specificità tecnico-scientifica, le ragioni del contribuente. Ciò nella fattispecie non è avvenuto, posto che il parere del MISE non è stato chiesto, nè l’Ufficio ha offerto argomenti tecnico-scientifici tali da superare le osservazioni contenute nella perizia del dott. Nominativo_1.

Il personale con mansioni amministrative, contabili  e commerciali è ammesso:  Quanto ai costi del personale, afferma AE “In relazione al personale impiegato, poi, non assumono rilevanza i costi riferiti al personale con mansioni amministrative, contabili, commerciali, nonché il personale addetto alla logistica, al magazzino, alla vigilanza, alle pulizie. Dall’analisi del libro unico del lavoro e delle buste paghe si evince che il personale coinvolto in attività di R&S riveste la qualifica di impiegato con i seguenti compiti: addetta/apprendista/assistente all’Ufficio Marketing, addetta ufficio stampa, apprendista addetta servizi commerciali, apprendista segretaria. Pertanto, i costi afferenti i dipendenti non possono assumere rilevanza ai fini della maturazione del credito d’imposta.”

Ad avviso della Corte, la circolare 13/17, citata dall’Ufficio, non supporta la tesi dallo stesso applicata. La circolare così afferma “1.5 Spese per il personale La lettera d) del comma 15 della legge di bilancio 2017, nel sostituire la lettera a) del comma 6 dell’articolo 3, ha disposto l’ammissibilità al credito di imposta delle spese relative al “personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo”, in luogo della precedente formulazione che richiedeva, ai fini dell’eleggibilità dei costi per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, il requisito secondo cui detto personale doveva essere anche “altamente qualificato”, cioè essere in possesso di un titolo di dottore di ricerca, o essere iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, oppure essere in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico come da classificazione Unesco Isced o di cui all’allegato 1 al decreto legge n. 145 del 2013. La relazione illustrativa alla legge di bilancio 2017 precisa che la modifica è stata introdotta “al fine di prevedere in via normativa l’ammissibilità al credito d’imposta delle spese relative a tutto il personale impiegato in attività di ricerca e sviluppo, sia altamente qualificato sia tecnico”, sottolineando che “quest’ultima tipologia di spese era stata inclusa, in via interpretativa, con la circolare 16 marzo 2016, n. 5, dell’Agenzia delle entrate, tra quelle relative alle competenze tecniche di cui lettera d) del medesimo comma 6 …” A quest’ultimo riguardo, si ricorda, infatti, che con il citato documento di prassi (paragrafo 2.2.1), nel prendere atto che, secondo la formulazione della norma in vigore ante modifica, in ogni caso, non risultavano agevolabili ai sensi della lettera a) del comma 6 dell’articolo 3, le spese per il personale “tecnico”, cioè per il personale impiegato in attività di ricerca e sviluppo non in possesso dei titoli richiesti dalla norma, si è ritenuto (paragrafo 2.2.4) che, laddove ricorressero i presupposti stabiliti dalla lettera d) del comma 6 ai fini dell’ammissibilità delle spese per “competenze tecniche”, i costi per il “personale non altamente qualificato” fossero da considerare eleggibili ai sensi della citata lettera d). In sostanza, agli effetti della disciplina agevolativa in vigore prima della modifica in esame, per i primi due periodi agevolati (2015 e 2016 per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare), il costo sostenuto dall’impresa per il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo andava suddiviso in due voci: quella riferita al “personale altamente qualificato” e quella riferita al “personale non altamente qualificato” (i.e., personale “tecnico”). Nel primo caso, il costo risultava ammissibile in base alla citata lettera a) del comma 6 dell’articolo 3, con conseguente applicazione dell’aliquota del credito di imposta in misura maggiorata, pari al 50 per cento; nel secondo caso, invece, il costo era ammissibile se e nei limiti in cui fosse riconducibile alla lettera d) della medesima disposizione, con applicazione del beneficio nella misura ordinaria del 25 per cento. La nuova lettera a) del comma 6 dell’articolo 3, risultante dalle modifiche apportate dalla legge di bilancio 2017, ai fini dell’ammissibilità delle relative spese, fa dunque generico riferimento al “personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo”, prescindendo dalla qualifica e dal titolo di studio. Di conseguenza, venendo meno il requisito secondo cui il personale impiegato nelle suddette attività deve essere anche “altamente qualificato” - a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (dal 2017 per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare) - non occorre più distinguere, nell’ambito del personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, il costo sostenuto per il “personale altamente qualificato” da quello sostenuto per il “personale non altamente qualificato” (i.e., personale “tecnico”). Ciò detto, si ricorda che l’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo considera rilevanti ai fini della disciplina agevolativa i costi “direttamente connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili”. Pertanto, con riferimento alla categoria di spese in questione, si precisa che ai fini della loro ammissibilità al credito di imposta è pur sempre necessario che il personale sia impiegato in attività connesse e coerenti con l’oggetto della ricerca svolta. Sul punto si rinvia anche alle indicazioni fornite nella parte II della presente circolare in risposta al quesito 4.1.2.”. Quindi, anche a non voler considerare il valore delle due perizie asseverate depositate dalla ricorrente, che riguardano anche i costi, comunque non si può affermare che, sulla base della circolare 13/17, “non assumono rilevanza”, sic et simpliciter, i costi riferiti al personale con mansioni cd. tecniche.


CATANIA 2024.5009 del 18/6/2024

Importo € 200.000,00
Software
Ricorso perso
Il Manuale di Frascati va applicato
La ditta poteva presentare istanza di interpello
La sanzioni vanno applicate
Approfondito l’obbligo motivazionale

MOTIVI DELLA DECISIONE

  • 4. Il ricorso è infondato.
  • 5. (OBBLIGO MOTIVAZIONALE) Non hanno pregio il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per l'evidente connessione logica, con cui la ricorrente lamenta che l’atto sarebbe carente sotto il profilo motivazionale

 Giova rilevare al riguardo che il vizio – lamentato, peraltro in termini del tutto indeterminati e senza allegare e specificatamente provare quale sia stato il pregiudizio in concreto arrecato al diritto di difesa (cfr. SU, 11722 del 14.5.2010) – non sussiste in quanto, per pacifico orientamento giurisprudenziale, al quale questa Corte ritiene di conformarsi,  l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Sez. 5, Sentenza n. 21571 del 15/11/2004, Rv. 578031; conforme Sez. 5, Sentenza n. 22841 del 10/11/2010, Rv. 614742).

Detto principio trova particolare applicazione quanto alla cd. motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, atteso che, per la S.C. di Cassazione, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non vige per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione, e ciò vale, a più forte ragione, quando, come nella specie, l’atto di accertamento sia stato motivato con riferimento ad un precedente contraddittorio (cfr. PVC, in atti, n. 144785 del 13/12/2013) avvenuto con il contribuente (sul punto, esplicitamente Sez. 5, Sentenza n. 407 del 14/01/2015, Rv. 634243; cfr., Sez. 5, Sentenza n. 26527 del 17/12/2014, Rv. 633860).

Nel caso di specie, si ritiene che l’Agenzia sia correttamente pervenuta alle conclusioni gravate nella considerazione che il PVC del 07/04/2023 della Guardia di Finanza, alla base del recupero, è stato sottoscritto e consegnato alla ricorrente, legalmente rappresentata dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della società, Rappresentante_1, odierno ricorrente. Sul punto, In tema di avviso di accertamento, la motivazione "per relationem" con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l'Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto adeguatamente motivato l'avviso di accertamento che, richiamando il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, evidenziava che la società contribuente aveva annotato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da altra società "cartiera", così registrando costi indebiti). (Sez. 5, Sentenza n. 32957 del 20/12/2018, Rv. 652115 – 01; conf. Sez. 5, Sentenza n. 30560 del 20/12/2017, Rv. 646303 - 01).

In tema di motivazione per relationem degli atti d'imposizione tributaria, l'art. 7, comma 3, della L. n. 212 del 2000, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. Parimenti l'art. 42, secondo comma, ultima parte, del d.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce che solo se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (Sez. 5, Ordinanza n. 14995 del 15/07/2020, Rv. 658396 – 01; Cass. n. 28713 del 2017; n. 407 del 2015; n. 18073 del 2008);

La ricorrente è stata posta pertanto nella condizione di conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, dapprima in sede amministrativa e quindi nella presente fase contenziosa, nella quale ha presentato un ricorso ampio ed approfondito, imperniato su distinti motivi di doglianza, e sviluppando le proprie argomentazioni per complessive dieci (10) facciate di ricorso.

  • 6. Anche il terzo motivo, concernente l’infondatezza nel merito dell’atto impugnato per spettanza del credito di imposta, non coglie il segno

Premette il Collegio che, ai sensi dell’art. 3, d.l. 145/2013, conv., con mod., in l.9/2014 e succ.mod., in vigore dal 01/01/2017, Credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo (“R&S”), in vigore dal 01/01/2017, è attribuito un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015 a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020.

Sulla base di tale dettagliata disciplina, i “lavori” qualificabili “R&S” devono caratterizzarsi, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e di creatività rispetto alle conoscenze già possedute nel settore, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali (ovvero dello “stato dell’arte”) attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche e tecnologiche, a tal uopo producendo un beneficio per l’intera economia. Di contro, non possono considerarsi attività di R&S, ammissibili al credito di imposta, le attività innovative che costituiscono il risultato di un mero utilizzo dello stato dell’arte vigente in un determinato settore di attività e che, pertanto, pur conducendo ad un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, nonché ad un miglioramento dei suoi prodotti e/o processi, non comportino un progresso di conoscenze e di capacità dello stato dell’arte generale.

  • 7. Ciò premesso, osserva il Collegio che l’attività di R&S, denominata “Crisafulli 4.0”, nonché gli esiti dalla stessa scaturenti, non presentano i caratteri della novità e della creatività dello stato dell’arte del settore, non avendo comportato alcun beneficio alla economia intera del settore.

(SOFTWARE) A tal proposito si rileva, in linea generale, che le attività volte alla progettazione e realizzazione di software con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, le attività concernenti la personalizzazione di software già esistenti e tutte le altre attività riferibili alla manutenzione ed alla implementazione degli stessi, così come tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla c.d. gestione applicativa di un software, non rientrano tra le attività di R&S nell’accezione e per gli effetti dell’applicazione del credito di imposta.

Condivide al proposito il Collegio il contenuto della Risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019 dell’Agenzia delle entrate, con cui si è evidenziato che devono considerarsi non ammissibili al credito di imposta gli investimenti (attività) riconducibili alla categoria “innovazioni di processo” e quelli riconducibili alla categoria “innovazione della organizzazione”, laddove si intende per “innovazione di processo” “l’applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato”; mentre per “innovazione della organizzazione” si intende “l’applicazione di un nuovo metodo organizzativo nelle pratiche commerciali dell’impresa, nell’organizzazione del luogo di lavoro o nelle relazioni esterne dell’impresa”.

  • 8. Nel caso di specie, l’attività intitolata “Analisi, studio e sviluppo software gestionale aziendale all’interno del progetto di Ricerca e Sviluppo Crisafulli 4.0”, considerata dalla ricorrente una attività di R&S ammissibile al credito di imposta di cui all’art. 3 del D.Lgs. 145/2013, non si appaleserebbe come attività nuova e creativa rispetto alle conoscenze già esistenti nel settore (stato dell’arte esistente), né avrebbe sortito effetti migliorativi ed innovativi per la generalità del settore di impresa, limitandosi a generare un miglioramento della organizzazione e gestione dell’attività di impresa propria della Ricorrente_1 , sviluppando conoscenze già acquisite al settore e non creandone di nuove. (V. art. 3 d.l. 145/13 cit, comma 5: Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti).
  • 9. (PERIZIA DI PARTE) Né appaiono convincenti, in senso contrario, le conclusioni alle quali perviene la consulenza di parte in atti, nella quale si sostiene che: temi trattati dalla ricerca sono temi di interesse scientifico e classificabile secondo gli standard internazionali e secondo le specifiche declaratorie di settore • L’attività di ricerca svolta dall’azienda si può classificare come un’azione di ricerca afferente a più ambiti disciplinari dalle scienze connesse all’ingegneria ed economia gestionale, alle scienze informatiche con applicazioni nel campo della logistica e dei trasporti. Tutte le attività sono riconducibili ad aree di interesse scientifico e codificate nella classificazione Ford in coerenza con il Manuale di Frascati (riferimento Capitolo 2 punto 2.45) • I progetti devono essere classificati non solo come una mera applicazione o sviluppo di un software o di processi di innovazione, ma di un sistema complesso che ha sviluppato una nuova metodica di lavoro, nuovo non solo per l’azienda ma per il settore di riferimento relativamente alle tematiche di Smart Truck e Smart logistics • E’ presente una grossa mole di letteratura internazionale che testimonia la correttezze del tema scientifico affrontato dall’azienda • L’insieme delle azioni svolte ha determinato un avanzamento di conoscenza, non solo a livello aziendale, ma territoriale, riferito anche a logiche di trasporto e spedizione intermodale. • I progetti di ricerca sono coerenti con il manuale di Frascati e soddisfano la condizione Ldsf calcolata secondo elementi oggettivi: sono soddisfatte quindi le funzioni di: - Grado di novità - Grado di incertezza - Grado di sistematicità - Grado di replicabilità - Grado di originalità/creatività • Le attività sviluppate dall’azienda non sono ordinarie ma rientrano nelle logiche tipiche della ricerca scientifica con fasi sistematiche e con azioni di test, applicazione, progettazione e riformulazione delle ipotesi sperimentali In conclusione, le attività svolte dall’azienda Ricorrente_1 afferiscono in toto alla ricerca e sviluppo.
  • 10. Osserva diversamente il Collegio che tali affermazioni, apodittiche e assertorie, non appaiono confortate da un riscontro pratico in ordine alla replicabilità e al concreta avanzamento di conoscenze apportate dal progetto della ricorrente, sia pure a livello territoriale, alle logiche di trasporto e spedizione intermodale.

In particolare, non appaiono sussistenti, nel progetto in questione, i necessari cinque criteri fondamentali che un'attività deve rispettare onde essere qualificata oggettivamente quale "ricerca e sviluppo", vale a dire, essa deve essere: a) nuova; b) creativa; c) incerta; d) sistematica; e) trasferibile e/o riproducibile. Non è stato nemmeno indicato dalla ricorrente quali incertezze scientifiche o tecnologiche - la cui soluzione non sarebbe stata possibile sulla base dello stato dell'arte del settore di riferimento, e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico – siano state risolte attraverso il progetto; quali nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, ovvero quale miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti sia stato conseguito. Non ricorrono pertanto i requisiti di novità e creatività, nonché per il grado di incertezza o rischio d'insuccesso scientifico o tecnologico che implicano che abbia consentito di contribuire all'avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e che, quindi, producendo un beneficio per l'intera economia, abbiano apportato uno sviluppo potenzialmente meritevole di essere incentivato con la concessione di contributi pubblici.

  • 12. Né è vano notare che, con la circolare n. 5/E in data 16 marzo 2016 dell'Agenzia dell'Entrate, condivisibile nei contenuti, sono stati forniti chiarimenti in merito ai presupposti soggettivi e oggettivi di accesso al beneficio, alle modalità di calcolo e di utilizzo, nonché in ordine alle ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e agli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito di imposta. Per quanto qui specificamente interessa, si è così stabilito che “Non sono considerate attività di ricerca e sviluppo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 e del comma 2 dell'articolo 2 del decreto attuativo, le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. ... Così delimitato il perimetro oggettivo del credito di imposta, e fermo restando il carattere automatico dello stesso, ulteriori indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali ... ad una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate analiticamente dalle norme richiamate, comportano accertamenti di natura tecnica che in volgono la competenza del Ministero dello Sviluppo economico. (LA DITTA POTEVA PRESENTARE ISTANZA DI INTERPELLO) Pertanto. i soggetti interessati possono presentare. ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000. n. 212. un'istanza di interpello all'Agenzia delle entrate che provvederà ad acquisire il parere del citato Ministero ...”. Tali adempimenti non sono stati curati dalla ricorrente, dal che consegue l’infondatezza della censura.
  • 13. (LE SANZIONI VANNO APPLICATE) Circa il quarto motivo, va esclusa, infine, la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza con disapplicazione delle sanzioni irrogate ex art. 6 e 8 del D.lgs. 472/1997. Osserva il Collegio che l’Ufficio ha applicato la sanzione nella misura del 30% del recupero ex art. 13, comma 4, del D.lgs. 472/1997, in quanto la normativa di riferimento non è di dubbia interpretazione, delineando con chiarezza i presupposti e le condizioni al ricorrere dei quali è possibile fruire del credito di imposta. Peraltro, la materia ha formato oggetto da numerosi atti di indirizzo dell’Amministrazione finanziaria, del MI.S.E. che hanno ulteriormente specificato la normativa vigente.
  • 14. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

260 12/6/2024 Brescia

Ricorso vintoIl Manuale di Frascati non deve essere applicato

Il parere del mise non è obbligatorio

Il credito è non spettante

Importo € 200.000,00

MOTIVI DELLA DECISIONE

(IL PARERE DEL MISE NON E’ OBBLIGATORIO) Circa la prima doglianza, non sussiste alcuna incompetenza o eccesso di potere dell’Agenzia delle Entrate o alcun obbligo di richiedere un parere al Ministero dello Sviluppo Economico. Trattasi infatti di un parere facoltativo, la cui assenza non costituisce causa di invalidità/inefficacia dell’atto impugnato.

(L’ATTO DI RECUPARO CON L’ISCRIZIONE AL RUOLO STRAORDINAIO NON E’ STATO ADEGUATAMENTE MOTIVATO)Relativamente all’illegittimità dell’atto, l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’iscrizione a ruolo straordinario derivi, stante la pericolosità e la gravità della fattispecie, da una valutazione del Legislatore e non di certo dalla discrezionalità dell’Amministrazione Finanziaria. Il Collegio osserva che l’Agenzia delle Entrate non fornisce le motivazioni per cui reputi sussista tale pericolo fondato nei confronti di Ricorrente_1 che giustifichi l’utilizzo dell’atto di recupero.

(IL CREDITO E’ NON SPETTANTE) Relativamente all’inesistenza del credito, il Collegio evidenzia che la documentazione inerente le spese sostenute da Ricorrente_1 per lo svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo, nonché le relazioni tecniche dei vari soggetti esterni a Ricorrente_1 coinvolti nell’attività di ricerca e sviluppo, sono state fornite all’Ufficio dalla società ricorrente; perché il credito d’imposta in questione possa essere considerato inesistente, l’Ufficio avrebbe dovuto motivare nell’atto di recupero le ragioni per cui la documentazione sopra menzionata debba considerarsi il frutto di un’artificiosa rappresentazione, tale da rendere “inesistente” il credito d’imposta generatosi. A parere del Collegio, pertanto, detto credito sarebbe tuttalpiù da classificarsi come non spettante, anziché inesistente, proprio perché non c’è stata alcuna rappresentazione fraudolenta di tale credito.

Nel merito, il Collegio constata che, a fronte della documentazione inerente le spese sostenute da Ricorrente_1 per lo svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo, nonché le relazioni tecniche dei vari soggetti esterni a Ricorrente_1 coinvolti nell’attività di ricerca e sviluppo, l’Ufficio dichiara genericamente che le spese sostenute nell’attività di Ricerca e Sviluppo non soddisfano i requisiti di novità, creatività, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità, secondo quanto previsto dal cosiddetto “manuale di Frascati”, senza fornire alcuna spiegazione in merito a tale posizione, se non la circostanza che persino sul web è possibile reperire diversi studi da cui emerge un utilizzo del metodo scientifico in commento nel settore alimentare in anni antecedenti rispetto al progetto implementato dalla Ricorrente_1. A tal proposito si sottolinea che l’articolo 3, comma 4 del decreto legge n° 145 del 23 dicembre 2013 chiarisce che sono ammissibili al credito d'imposta le seguenti attività di ricerca e sviluppo: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati.(IL MANUALE DI FRASCATI NON DEVE ESSERE APPLICATO) Pertanto, non esiste alcun rapporto letterale, logico o funzionale tra Manuale di Frascati e ciò che dice la legge all’epoca vigente. (IL SOFWARE E’ STATO REGISTRATO ALLA SIAE)Il Collegio ritiene che il progetto realizzato da Ricorrente_1 contiene, comunque, i requisiti di novità, di creatività, di incertezza, di sistematicità e di trasferibilità e/o riproducibilità previsti dal manuale di Frascati , tanto è vero che il software nuovo, non presente sul mercato, è stato poi registrato alla SIAE, così come emerso in udienza.

Il Collegio, considerato che i costi di ricerca e sviluppo in oggetto sostenuti da Ricorrente_1 integrano i requisiti previsti dalla normativa per godere del credito d’imposta così come sopra illustrato, ritiene il ricorso meritevole di accoglimento ed annulla l’atto impugnato

P.Q.M.

(L’UFFICIO E’ STATO CONDANNATO AL PAGAMENTO DELLE SPESE) Accoglie il ricorso e condanna la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite liquidate complessivamente in € 4.784, di cui fase di studio € 1.843, fase introduttiva € 780, fase decisionale € 2.161.

 

3865 11/6/2024 Campania  2° Grado
Perso
Campionari settore moda
L’atto di recupero puo’ essere emesso sia per i crediti inesistenti per i crediti spettanti
Per il contraddittorio endoprocedimentale è sufficiente la richiesta della documentazione
Il parere del Mise non è obbligatorio
Il Manuela di Frascati deve essere considerato
L’onere della prova è a carico del contribuente
La sanzioni non vanno applicate per incertezza normativa

Importo € 2.010.706,75

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. (SCRITTI DIFENSIVI TROPPO AMPI)Deve preliminarmente rimarcarsi l’eccessiva quanto inutile ampiezza degli scritti difensivi delle parti, ma soprattutto della contribuente, (l’appello è di 90 cartelle, di 22 la memoria illustrativa), in palese contrasto con i principi di sinteticità e chiarezza sanciti, con portata generale, per tutto l’ordinamento, dalla giurisprudenza (ex plurimis Cons. Stato 31 luglio 2023 n. 1068; Cass. 14 marzo 2022 n. 8117 ), ormai anche a livello normativo ( art. 3 cpv cod. proc. amm.; d.m. giustizia 7 agosto 2023 n. 110 espressivo di principi generali che operano anche per la giustizia tributaria).

(LA CORTE SI ERA GIA’ ESPRESSA IN VICENDE SIMILI)Sulla vicenda per cui è causa (con riferimento ad atti di recupero relativi ad altre annualità) questa Corte già si ha avuto modo di pronunciarsi, v. Corte Trib. II grado della Campania 9 maggio 2023, n. 3302 e la più recente 7 febbraio 2024 n. 1022, ampiamente condivisibili e cui occorre dare continuità (pur tenendo conto che il giudice di primo grado, in quei giudizi, aveva integralmente accolto il ricorso della società contribuente, e non solo parzialmente, come nella specie).

 2. L’ufficio articola i seguenti motivi di gravame:

- 1. “Difetto di motivazione della sentenza - violazione dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 36, comma

2 n. 4 del D.lgs. n. 546/92 e dell’art. 111 cost. nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 comma 2

del D.lgs. n. 546/92 in relazione alla falsa applicazione dell’art. 3 del D.L. n. 145/2013” (p. 10-31 atto di appello);

-2. “ Difetto di motivazione della sentenza – violazione dell’art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 36, comma

2 n. 4 del D.lgs. n. 546/92 e dell’art. 111 cost. nonché violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 comma 2

del D.lgs. n. 546/92 in relazione alla falsa applicazione degli artt. 2 co. 3 e 3 del D.L. n. 145/2013” (p. 31-

37 atto di appello).

Ben più ampio, come accennato, il gravame della società contribuente.

Questa – come detto con atto di notevole ampiezza- propone plurimi motivi, ampiamente riproduttivi di quelli

già articolati in primo grado:

-1 ) “Nullità/illegittimità dell’impugnata sentenza in ordine alla nullità/illegittimità dell’atto di recupero per la

assoluta mancanza dei presupposti per la sua emanazione ex art. 1, comma 421 L. 311/2004 ed art. 27

(commi 16-18) DL 108/2005 e 13, comma 5, D.Lgs. 471/97”, p. 16

-2) nullità/illegittimità dell’impugnata sentenza in ordine alla decadenza dell’Ufficio dal potere di rettifica della

quota parte delle spese R&S riferibili alle annualità 2015 (e precedenti) “incluse” nell’importo recuperato a

tassazione con atto di recupero impugnato (2019) - Violazione dell’art. 43, DPR 600/73. (p. 16- 19)

-3) ) Nullità/illegittimità della sentenza sul difetto di motivazione dell’atto di recupero in violazione dell’art. 7,

  1. n. 212/2000 e dell’art. 3, L. n. 241/1990, art. 65 DPR 633/72 e 42 DPR 600/73 – Inutilizzabilità del “Manuale

di Frascati, OCSE 2015” - inapplicabilità dello stesso ex art. 23 della Cost. (p. 19- 23)

-4) Nullità/illegittimità della sentenza per violazione della regola di riparo dell’onere della prova ex art. 2697

c.c. e, ora, dell’art. 7, comma 5-bis, D.Lgs. 546/92. (p. 23 – 28)

-5) rilievi di merito inerenti all’atto di recupero e alla Ctu, fino a pag. 75

6) Illegittimità della sentenza sull’invocata disapplicazione delle sanzioni irrogate, ex artt. 10 L. 212/2000 e 8, D.Lgs. 546/92 per le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della presunta norma violata - Violazione dell’art. 6 D.Lgs.n. 472/97 (p. 75- 78)

-7) Sulla nullità/invalidità dell’atto di recupero per violazione dell’obbligo di contraddittorio e delle regole del giusto procedimento per il comb. disposto degli artt. 12, comma 7, L. n. 212/2000, 43 DPR n. 600/73, 57 DPR 633/72, 97 Cost. e 41 e 44 Carta diritti UE – Illegittimità dell’atto per violazione degli artt. 33 DPR n. 600/1973 (e 52 DPR n. 633/1972) e dell’art. 24 L. n. 4/29. (p. 78-82)

-8 Sulla nullità dell’atto di recupero per il mancato rispetto del termine di 60 giorni ex art. 12, comma 7, l. n. 212 del 2000 e, comunque, per violazione delle regole del giusto procedimento. (p. 82-83)

-9 Sull’eccesso di potere e discrezionalità dell’Ufficio - Mancanza di parere tecnico del MISE sul disconoscimento dell’agevolazione fruita attraverso la misura del credito d’imposta R&S. Illegittimità dell’atto impugnato (p. 85-90).

 

3. La Corte reputa che sia opportuno muovere dall’appello del contribuente, che contesta in radice, in diritto ma anche nel merito , l’attività dell’Ufficio, mentre le censure di quest’ultimo – ovviamente relative ai capi di parziale accoglimento del ricorso, attengono al riparto dell’onere della prova e a profili di merito. Vanno esaminati in primo luogo i motivi attinenti alla asserita illegittimità dell’atto di recupero, in un più corretto ordine logico- giuridico.

Tali motivi, ad onta dell’ampiezza, possono essere sinteticamente decisi e ampiamente disattesi, attesa anche la correttezza della motivazione di primo grado, sopra ampiamente riportata, e che qui si condivide e si conferma.

Vanno in primo luogo esaminati i motivi sub 1) e sub 2), che investono in radice la stessa legittimità dell’atto di recupero.

(L’ATTO DI RECUPERO PUO’ ESSERE EMESSO SIA PER I CREDITI INESISTENTI CHE PER I CREDITI SPETTANTI) Il motivo è palesemente destituito di fondamento: va ribadito che l’atto di recupero ex art. 1, comma 421, l. 311\04, può essere emanato per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'art. 17 d.lgs 241\97 e modifiche successive; la distinzione tra crediti non spettanti e crediti inesistenti non rileva affatto sul presupposto di emanazione dell'atto di recupero, che riguarda ogni indebita utilizzazione di crediti, sia perché' non spettante, sia perché' inesistente.

Tale distinzione opera semmai, per costante giurisprudenza (v. Cass. 34444 e 34445\21), per l 'applicazione della disciplina del raddoppio dei termini.

Parimenti infondato il motivo sub 2), sulla decadenza dell’Ufficio per la quota relativa ai presupposti formatisi nel 2015.

Di contro, e come correttamente ritenuto dal primo giudice, nonché da questa Corte con le sentenze cit., il credito utilizzato per R&S consiste in una somma determinata legalmente, che non concorre a formare reddito e sorge in presenza dei presupposti e condizioni direttamente stabiliti dalla legge.

(AI FINI DEI TERMINI DI ACCERTAMENTO NON RILEVA IL MOMENTO DELLA DICHIARAZIONE DEI PRESUPPOSTI MA QUELLO DELLA UTILIZZAZIONE DEL CREDITO)

In altri termini , ai fini dell’accertamento, non rileva il momento della dichiarazione dei presupposti, ma quello di utilizzazione del credito; infatti l’indebita utilizzazione costituiva l’oggetto del recupero, sicche' solo da detta utilizzazione iniziava il decorso del termine per l’attivarsi dell'Ufficio di controllo e recupero. In altri termini ancora la spettanza del credito, e dunque i suoi presupposti, dovevano essere valutati al momento dell'utilizzo, anche se i presupposti sono risalenti nel tempo.

Nella specie le compensazioni ritenute indebite si sono sviluppate nel periodo 16\11\17 – 16\12\19, mentre l’atto di recupero è stato notificato il 25\1\2021: nessuna decadenza, pertanto, si è verificata.

 4. Vanno poi esaminati, e del pari rigettati, i motivi sub 7 e 8, suscettibili di valutazione unitaria, nonostante il coacervo di disposizioni invocate e l’astrattezza e apoditticità delle doglianze.

(PER IL CONTRADDITTORIO ENDOPROCEDIMENTALE E’ SUFFICIENTE LA RICHIESTA DELLA DOCUMENTAZIONE)

La prima doglianza concerne la pretesa violazione del contraddittorio endoprocedimentale.

In realtà – come già ritenuto in primo grado- non vi è stata nessuna violazione, tantomeno della normativa Unionale.

Infatti l'”ascolto” della contribuente società- per il quale non è certo imposta una disciplina uniforme - era già assicurato mediante la richiesta della documentazione, in relazione proprio alla tipologia del procedimento teso ad assumere la decisione, consistente nell’attività di controllo e verifica della documentazione proveniente dal contribuente finalizzata all’individuazione dei presupposti legittimanti o meno alla spettanza del credito.

La valutazione della documentazione suddetta costituisce l'essenza della decisione ed è rimessa all’Amministrazione, senza che sia peraltro necessario ascoltare nuovamente il contribuente riguardo alla valutazione esplicata poi nell'atto finale.

Quest’ultimo, invece, potrà essere oggetto del vaglio giurisdizionale con ampiezza di facoltà, in armonia con l'art. 24 Cost. e 49 CDFUE, come avvenuto nel caso di specie.

Per altro verso la fattispecie di recupero del credito indebitamente utilizzato non rientri nella previsione dell'art. 12 cit..

Nelle suddette fattispecie infatti, non solo non vi è alcun accesso nella sede o in luoghi di pertinenza, ma, soprattutto, il credito utilizzato è quello automatico previsto dall’art. 3 del d.l. n. 145/2013 (conv. in l. 9/2014), come sostituito dall’art. 1, comma 35, della legge n. 190 del 2014, e succ. modif.

Ne consegue, dunque, che era onere della parte contribuente utilizzatrice, chiamata in sede di controllo, provare la sussistenza dei presupposti del credito sia rispetto all'an, che al quantum, attraverso la presentazione della documentazione richiesta dalla legge e disposta dal D.M. di attuazione.

 5 Vanno quindi esaminati i motivi 3 e 9, che investono la motivazione dell’atto, anche con riferimento all’iter formativo.

Si tratta di profilo distinto- ma con sicure intersezioni- da quello attinente l’onere della prova, su cui v. infra .

L’esatta portata dell’”onere motivazionale”, in punto di sufficienza e correttezza della motivazione dell’atto, occorre fare riferimento alla fattispecie normativa di riferimento, sopra richiamata.

Nella specie viene in rilievo un “bonus”, un credito fiscale, dotato di carattere automatico in presenza di determinati condizioni e presupposti stabiliti dalla Legge.

Ne segue allora che - in sede di disconoscimento- l'onere motivazionale dell'atto si esaurisce nella enunciazione delle ragioni, ivi comprese quelle negative, che sulla base del controllo della documentazione fornita dal contribuente vengono individuate dall'Agenzia come escludenti o riducenti il credito.

Del tutto erroneamente, allora, nella specie sono richiamate, a suffragio della lamentata illegittimità dell'atto, la contraddittorietà o l’ insufficienza della motivazione o altre sintomatiche figure dello sviamento.

Di contro, nella specie, l'atto di recupero presenta puntuale motivazione sui presupposti e sulle ragioni giuridiche, assolvendo a quanto richiesto ex lege.

(IL PARERE DE MISE NON E’ OBBLIGATORIO)

Né, sotto il profilo ancora procedimentale, sussisteva l’obbligo di acquisizione del parere preventivo del Mi. Se., in realtà previsto come solo facoltativo; l’acquisizione di tale parere è rimessa ad una valutazione discrezionale dell'Agenzia, v. l'art 8 co. 2 DM 27 maggio 2015.

6 Vanno qui esaminati ulteriore profili del motivo sub 3- ma sono involti anche i motivi 1 e 4- inerenti sia alla motivazione del provvedimento sia anche, “in controluce”, all’esatta portata dell’onere della prova del contribuente (su cui v. infra).

Viene qui in rilievo, in particolare, la questione della riconducibilità o meno delle attività della contribuente nell’ambito della fattispecie normativa surrichiamata, e – meglio ancora- la questione della esatta individuazione dei presupposti del beneficio.

La Corte condivide integralmente – va subito affermato- le ampie motivazioni al riguardo delle due precedenti pronunce più volte richiamate, sicchè in questa sede è possibile seguire un più sintetico iter motivazionale.

La norma di riferimento, come pure detto, è l’art. 3 d.l. 145\13 (ma v. anche, senza sostanziali modifiche, il d.m. attuativo), che appunto indica quali attività di ricerca e sviluppo sono ammissibili al credito di imposta.

Beninteso non può trovare applicazione – ratione temporis – la disposizione previgente in materia (art. 1, comma 280 l. 296/2006), oltre ovviamente la normativa subprimaria attuativa, come già rimarcato dalle citate sentenze di questa Corte.

(IL PRINCIPIO DELLA NOVITA’ E’ GIA’ INDICATO NELLA LEGGE)

Al di là della elencazione, pur rigorosa, operata dalla disposizione in esame, è effettivamente centrale – “in negativo” – il comma 5, alla stregua del quale:

“Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti”.  (POTREBBE DIVENTARE UN AIUTO DI STATO)

E ‘ qui espresso il principio, di derivazione eurounitaria, alla stregua del quale le attività di ricerca e sviluppo – rilevanti ai fini dei benefici di legge – vanno individuate con criteri estremamente restrittivi, come prefigurati dalle specifiche disposizioni normative, in quanto non coincidono tout court con qualsivoglia innovazione, pur significativa: altrimenti vi è il rischio di incorrere nelle fattispecie di aiuto di Stato, inibito dall’art. 107 TFUE.

In sintesi, per essere ammesse al beneficio, le attività del contribuente devono avere, alla stregua dell’art. cit., le seguenti caratteristiche:

-novità (intesa come qualcosa di nuovo in termini di conoscenza ovvero di applicazione);

-creatività (nel senso come approccio, cioè non ipotizzato e/o già verificato in precedenza come possibile, per metodo o risultato);

-incertezza (intesa come risultato della ricerca e sviluppo all'obiettivo prefigurato);

-sistematicità (intesa quale organizzazione della ricerca o dello sviluppo per l'oggetto specifico prefigurato).

Vi è di più.

Non possono comunque usufruire del beneficio di legge quelle attività, che pur costituiscono miglioramenti\ innovazioni, e in astratto sembrano presentare i caratteri sopra riferiti, allorchè siano caratterizzate (v. il comma 5 art. cit.) da periodicità intrinseca rispetto al prodotto, alla linea di produzione, al processo di fabbricazione, ai servizi esistenti e alle altre operazioni in corso.

Detto in altri termini, “in controluce” possono goder e del beneficio esclusivamente quelle attività sganciate da modifiche naturalmente periodiche, ossia da modifiche intraprese in relazione alle concrete operazioni periodiche necessitate, immanenti, dell’attività propria della impresa (c.d. “core business”).

(RICHIAMO AL MANUALE DI FRASCATI)

La Commissione Europea ha reiteratamente ribadito l’esigenza di una siffatta lettura restrittiva, ulteriormente precisando che le attività di ricerca e innovazione suscettibili di vantaggi fiscali (non costituenti quindi aiuti di Stato) vanno individuate con riferimento alla propria “prassi”, nonché agli esempi e alle spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell’OCSE (Comunicazione 2014/C 198/01).

(IL MANUALE DI FRASCATI E’ UNA FONTE ISTRUTTORIA TECNICA DEFINITORIA UNIVERSALE)

Quest’ultimo non è una fonte normativa, ma semmai una fonte istruttoria tecnica definitoria universale (recte globale), individuata come tale dalla Commissione europea e cui può accedere anche il giudicante.

Ne segue la palese infondatezza del motivo di appello del contribuente relativo proprio alla pretesa illecita utilizzazione del Manuale in questione da parte dell’Ufficio (versione 2015) nell’atto di recupero: di contro, proprio l’utilizzo di tale documento fonda ampiamente la correttezza dell’operato dell’Ufficio medesimo.

(NON CI SONO PROBLEMI SE IL MANUALE DI FRASCATI E’ IN INGLESE)

E davvero appare singolare la doglianza dell’appellante sulla circostanza che tale manuale è in lingua inglese, vale a dire la lingua “universale” dei traffici e dei commerci sovranazionali, che dovrebbe essere ben nota agli operatori economici che pretendono di svolgere attività di ricerca e di innovazione.

7. Il motivo 4 dell’appello della contribuente investe l’onere della prova, mentre il motivo 5 attiene al merito (contestazione della Ctu nella parte non favorevole); ma sono qui involti, come accennato, profili attinenti la motivazione dell’atto.

I due motivi di appello dell’Ufficio, come detto, involgono a loro volta l’onere della prova.

La Corte conferma che trova senz’altro applicazione – trattandosi di norma procedurale – l’art. 7. Comma 5 bis , d.lgs 130\22, nel testo novellato della l. 130\22

(L’ONERE DELLA PROVA E’ A CARICO DEL CONTRIBUENTE)

Va però anche affermato che la nuova disposizione, in realtà ricognitiva dell’assetto giurisprudenziale assolutamente prevalente, non ha affatto comportato, già in via generale, una sorta di stabile “ribaltamento” dell’onere della prova, da porre tout court a carico dell’Ufficio.

Di contro resta fermo – e qui del resto opera il canone fondamentale dell’art. 2697 c.c. – che è chi pretende di usufruire di un beneficio a dover allegare e dimostrare i presupposti costitutivi del diritto; e tale è appunto la condizione del contribuente nella fattispecie per cui è causa.

Né va trascurato, a fondamento dell’affermazione che l’onere (sostanziale) della prova grava sul contribuente, che sia l'art. 3 co. 11 D.L. 145/2013 (fonte legale dell'agevolazione), sia il D.M. Economia e Finanze applicativo, emesso ai sensi del co. 14 del citato articolo, 27 maggio 2015 (in G.U. 174 del 29 luglio 2015), pongono chiaramente a carico del contribuente l'onere sia certificativo della documentazione, che l'onere della conservazione della documentazione specifica e pertinente, con obbligo di presentazione in sede di controlli (cfr. art. 7 e 8 e allegato al D.M. cit. quanto agli oneri di certificazione e conservazione della documentazione e controlli).

Resta quindi confermato che l'Agenzia, legittimamente può limitarsi- sussistendo le condizioni di legge- a negare\disconoscere la pretesa del contribuente, tenuto ad allegarla compiutamente e a dare prova.

8 a. Le attività svolte dalla contribuente, e di cui è in discussione l’ammissibilità al beneficio di cui si tratta, sono descritte analiticamente nell’atto di recupero (si tratta di circostanza non contestata in questa sede), p. 14 ss .

In sostanza la società in parola assume che, dalla propria attività di impresa, sono scaturite innovazioni che hanno comportato “mutamenti sostanziali” nei propri prodotti (es. quanto al colore, la geometria, il tessuto ecc.); si tratterebbero di modifiche non routinarie, con la realizzazione di un “output finale che non trova alcuna corrispondenza nel proprio comparto di mercato”.

Di contro l’Ufficio, con l’atto di recupero di cui si tratta, per quanto qui interessa, ha escluso la riconducibilità di tali attività alla nozione normativa sopra richiamata.

(IL PROGETTO DI RICERCA RIGUARDA I CAMPIONARI DEL SETTORE MODA)

Quanto all’attività della contribuente, “si tratta di progetti di ideazione estetica e di realizzazione di prototipi di nuove collezioni di abbigliamento e accessori, primavera/estate (PE) e autunno/inverno (AI), dei marchi gestiti dal contribuente, che presenterebbero elementi di novità rispetto alle collezioni e ai campionari precedenti con riguardo ai tessuti o ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni e alle forme, ai colori o ad altri elementi significativi. Si tratta di un settore, quello della moda, in cui è tipica la stagionalità -ossia la periodicità delle modifiche e del rinnovo dei campionari e connessi lavori creativi di ideazione estetica.”

Secondo l’Ufficio, le attività di cui si chiede l'ammissione sono svolte proprio ed esattamente in vista ed in occasione delle necessarie modifiche stagionali con riferimento ai prodotti e processi di produzione per le linee dei marchi della impresa in vista delle applicazioni industriali e commerciali proprie della impresa.

Così ancora, congruamente, l’atto di recupero: “le attività di ideazione estetica dei nuovi campionari AI-PE rappresentati negli asseriti progetti di ricerca e sviluppo degli anni dal 2015 al 2019 di cui alle relazioni tecniche prodotte dal contribuente - finalizzati concretamente ad un rinnovo della sua offerta commerciale e/lo a una risposta alle tendenze del mercato della moda, attraverso attività, tra l'altro, non contraddistinte da un ostacolo tecnico-scientifico che si traduce in un connaturato rischio di insuccesso sia tecnico, sia finanziario nel senso sopra chiarito - non si ritengono attività ammissibili ai fini del credito d' imposta ricerca e sviluppo di cui all' art. 3 del D.L .145/2013."

Si tratta, insomma, di attività finalizzate alla innovazione stagionale, necessaria per l'azienda nel settore e mercato di riferimento.

Da qui l’esclusione dal beneficio, e quindi il recupero fiscale.

Tale motivazione – alla stregua di quanto sopra detto, sia con riferimento alla normativa di riferimento, che al canone di distribuzione dell’onere della prova, è esaustiva, congrua e corretta in diritto.

Infatti le attività descritte nell’ avviso di recupero (e che trovano riscontro anche nella espletata Ctu) effettivamente non possono beneficiare della disposizione in parola, appunto perché sono riconducibili ad attività periodiche, nella specie stagionali, afferenti le attività in corso costituenti il core business proprio dell'impresa, e dunque escluse ex co. 5 cit., nonché in quanto dirette alla produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi per impiego industriale e commerciale, e dunque escluse ex co. 4 lett. d) art. cit.

Il primo giudice ha però parzialmente accolto l’appello, sussumendo nella previsione normativa talune di tali attività (v. la penultima pagina della sentenza).

(LA DITTA HA PRESENTATO UNA PERIZIA ED IL GIUDICE DI PRIMO GRADO HA CHIESTO UN CTU CHE HA ESPRESSO PARERE  FAVOREVOLE ALL’AZIENDA)

Questa Corte, alla stregua di quanto sopra esposto, reputa fondato l’appello dell’Ufficio.

Il punto focale non attiene però tanto all’”appiattimento” del primo giudice sulle conclusioni della relazione peritale (peraltro effettivamente recepita “tout court”, senza considerare gli specifici rilievi dell’Ufficio; né appare pertinente il riferimento, in sentenza, alla “autorevolezza” dell’esperto o all’ampiezza della relazione)) e neppure, in astratto, all’ammissibilità della Ctu in un ambito caratterizzato da elevato tecnicismo.

La questione, piuttosto, attiene appunto all’onere della prova: i primi giudici, disponendo una Ctu percipiente che, oltretutto, ampiamente fa riferimento e applicazione di principi giuridici (riservati al giudice) ha sostanzialmente agevolato, appunto in contrasto con il canone normativo, il contribuente, il solo onerato della prova, come sopra precisato.

Il Ctu, sostanzialmente, e in altri termini, si è “sostituito” alla parte, esprimendo oltretutto valutazioni giuridiche che non gli competevano, e così (oltretutto) arbitrariamente “distinguendo” le spese a suo dire sussumibili nella previsione normativa di sviluppo innovazione da quelle che, invece, non lo sono.

8 b. Quanto sopra trova ulteriore riscontro dall’esame delle ulteriori doglianze del contribuente, che articola anche contestazioni, in vero anche opache, sulla correttezza della Ctu, nella parte – ovviamente – non favorevole al suo assunto.

La contribuente, in effetti, senza realmente considerare di essere onerata della prova di cui si tratta (da assolversi con rigore, atteso che la previsione normativa di cui si tratta è di stretta applicazione, come detto).

La contribuente, di contro, ha preferito – e tuttora preferisce, con l’appello- dedurre la piena riconducibilità al beneficio di tutte le attività richieste, senza operare alcuna selezione.

E’ agevole osservare, già in via generale, che la contribuente, ora appellante, non ha affatto assolto l’onere probatorio in materia, “superando” la motivazione dell’avviso, e appunto provando la sussistenza di tutti i requisiti prima indicati sub 7.

Merita in particolare osservare che non è sufficiente dedurre (e documentare) l’effettività delle spese sostenute, nonché la loro pertinenza e congruità, occorrendo la prova – appunto mancata (e qui vi è un vizio anche della Ctu, nella parte favorevole al contribuente, anche a voler prescindere della ammissibilità di tale mezzo istruttorio nella specie) dell’effettivo carattere innovativo dell’attività svolta.

Qui, beninteso, non vuole porsi in discussione la possibilità che attività di ricerca e innovazione – “meritevoli” del beneficio, possano interessare anche il settore della moda.

Ma tali attività – appunto per essere sussumibli nella previsione normativa- devono andare oltre la stagionalità e la predisposizione dei campionari periodici , dovendosi invece identificare per l’assoluta novità, la radicale discontinuità rispetto alla “produzione” dei concorrenti.

Nella specie non è stata fornita, neppure a livello indiziario, alcun utile elemento a riguardo.

Ne ancora risultano, quali elementi indiziari, la richiesta di brevetti o marchi di linea, ossia elementi realmente identificativi del nuovo tessuto o del nuovo prodotto o del nuovo processo (ad esempio tessuto assolutamente nuovo, progettazione di processi o macchine nuove ecc.).

In sostanza le attività per cui si chiede (quanto alle spese dedotte) l’ammissione al beneficio, possono essere considerate “innovative” in senso lato, ma non riconducibile alla previsione normativa più volte richiamata : si tratta , in definitiva, delle “innovazioni” proprie del mondo della moda, quanto ai profili estetici e ai materiali, indispensabili per tutte le imprese del settore che intendano restare in un mercato estremamente concorrenziale e “volubile”, con il mero decorso del tempo.

Ma, lo si ribadisce, “ricerca e innovazione”, anche in questo ambito, sono ben altro, ai fini della norma in parola, come appunto sopra dedotto.

Merita poi segnalare, con la sentenza n. 1022\24 cit, che “anche qualora il contribuente avesse svolto un’attività di ricerca e sviluppo, sulla base della ricostruzione complessiva della fattispecie 2015-2019, è contestabile direttamente l’ammissibilità delle spese dichiarate eleggibili dalla società, per motivi in parte alternativi e concorrenti. CARENZE DOCUMENTALI RISCONTRATE Ciò, in quanto nella fattispecie sono state rilevate le seguenti criticità: la non ammissibilità di nessuna spesa a titolo di materiali e merci fino a tutto il periodo d’imposta 2018 compreso (il costo dei materiali è stato ammesso solo per il 2019, a seguito della modifica apportata dalla legge di bilancio 2019, n. 145 del 2018); la mancanza di criteri idonei a individuare quali spese sarebbero effettivamente e chiaramente riferibili, anche sul piano della tempistica, ad attività ammissibili; i possibili elementi elusivi rinvenibili nei contratti principali (collegata italiana e collegati esteri), sia nella generale inidoneità della documentazione contrattuale e degli altri documenti forniti dall’impresa a dare evidenza, in tutti i casi di attività appaltate all’esterno, della separazione tra le attività asseritamente considerate di “ricerca e sviluppo” e quelle ordinarie legate al normale processo di esecuzione di lavorazioni per conto terzi; la non apprezzabile congruità delle spese dichiarate. La violazione sostanziale degli obblighi documentali, di relazione tecnica e di certificazione delle spese; le gravi omissioni ed errori constatati nella determinazione della media storica rilevante per il calcolo della spesa incrementale agevolabile”.

Si tratta di criticità che, ad onta dell’ampiezza, le difese della contribuente non superano.

A fronte poi della inutile minuziosità dei rilievi di merito dell’appellante contribuente (che, va ribadito, non tengono conto delle conseguenze applicative del canone dell’onere della prova) deve parimenti rimarcarsi che “al Giudice, che esorbiterebbe dal suo potere, una verifica e ricerca ufficiosa e dunque un riscontro puntuale di tutte le attività dei singoli progetti per verificare se almeno alcune di esse rientrino nelle attività specifiche ammissibili”.

L’appellante, in altri termini, propone una ricostruzione “alternativa” delle proprie attività, ovviamente nella prospettiva della norma in parola, che però non ha idoneo riscontro probatorio.

Ne segue da un lato la fondatezza dell’appello dell’ufficio, dall’altro (con l’eccezione di cui al § successivo) l’infondatezza di quello del contribuente: l’atto di recupero è fondato e va confermato. 

(LE SANZIONI NON VANNO APPLICATE PER INCERTEZZA NORMATIVA)

9 Può accogliersi, però, il 6° motivo di appello della contribuente (in continuità con quanto statuito dalle due precedenti sentenze di questa Corte), riguardo all’applicazione delle sanzioni e degli interessi.

In effetti la portata e l’ambito applicativo della norma tributaria per cui è causa presenta obiettivi fattori di incertezza, non certo dissolti dagli interventi interpretativi e dalle circolari dell’autorità preposta.

Va anche considerato, come detto, che l’interpretazione della disposizione interna va integrata dalle disposizioni e previsioni unionali, il che certo accresce, almeno allo stato, l’incertezza degli operatori .

Va dunque esclusa l’applicazione delle sanzioni e degli interessi moratori confermandosi per il resto l’atto impugnato (tenuto conto dell’accoglimento dell’appello dell’Ufficio).

10. Le spese – atteso l’esito complessivo del giudizio- vanno compensate nella misura di un terzo, mentre seguono la soccombenza della contribuente per i residue due terzi, tanto per i due gradi di giudizio, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, sciogliendo il 22 maggio 2024 la riserva del 10 aprile 2024, così provvede: a) accoglie integralmente l’appello dell’Ufficio e per quanto di ragione quello della società contribuente e, per l’effetto, rigetta il ricorso originario del contribuente, confermando l’atto di recupero impugnato, eccettuate le disposizioni su sanzioni e interessi moratori, che annulla; b) compensa le spese nella misura di un terzo,e condanna la contribuente al pagamento dei residui due terzi, che liquida, per tale parte, per il I grado in euro 3000,00 e per il II grado in Euro 4000,00 oltre accessori se dovuti.

 

 

8945 7/6/2024 Napoli
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato, occorre fare riferimento al Manuale di Oslo (innovazione per l’azienda) - vinto
Il parere del Mise deve essere richiesto - vinto

Importo del credito € 38.000,00

Progetto di ricerca: Nell'anno 2017 ha svolto attività di studio e ricerca di soluzioni per l’eliminazione del dicromato di sodio e la sua sostituzione con l’acido citrico nei processi di passivazione dei metalli, finalizzata all’individuazione di alternative tecnologiche e “non convenzionali” di processo, valutate anche in funzione dell’impatto ambientale che queste possono avere.

Per la ditta deve essere applicato il Manuale di Oslo  - innovazione per l’azienda – innovazione di processo

Deduce, in senso contrario, la ricorrente che normativa di settore (Circolare n. 5/E del 16/03/2016, che richiama la Circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, emanata dalla Direzione Generale per la politica industriale e la competitività del M.I.S.E.), include tra le attività ammissibili ex art. 2 del decreto attuativo 27/05/2015, quelle di innovazione in base al "Manuale di Oslo".

Sarebbero ammissibili ad agevolazione le attività di c.d. innovazione di processo, concernenti, cioè, il rinnovamento di un processo di produzione esistente, considerato innovativo perché implementato per la prima volta nel contesto produttivo dell'azienda.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Manuale di Frascati non deve essere applicato

L’art. 3, comma 1, del D.L. n. 145/2013 (conv. con mod. dalla L. n. 9/2014), interamente sostituito dall’art. 1, comma 35, della L. n. 190/2014, e da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 15, della L. n. 232/2016, riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere da periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27.05.2015, sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione. Con particolare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione, all’articolo 3, commi 4 e 5, ed all’articolo 2 del Decreto attuativo sono elencate le attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, mentre all’articolo 3, comma 6, vengono individuati gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, definiti anche attraverso l’articolo 4 del sopra richiamato Decreto attuativo. L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27.06.2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, fonte giuridica dell’articolo 3 del citato D.L. n. 145 del 2013. Sulla base della citata normativa di riferimento, l'attività di R&S nell'ambito del progetto deve portare a risultati nuovi per le imprese. Sono escluse dalla ricerca e sviluppo le attività volte a copiare, imitare o decodificare le conoscenze, in quanto non si tratta di conoscenze nuove.

Nel caso di specie la ricerca condotta è, all'evidenza, finalizzata al conseguimento di un risultato finale avente caratteristiche di novità rispetto al passato, riconducibile alle previsioni del "Manuale di Oslo", che considera tale una innovazione tecnologica "di processo", consistente nella attuazione ed adozione di metodi di produzione o di consegna nuovi o significativamente migliorati.

Occorre fare riferimento al Manuale di Oslo, innovazione per l’azienda

Quanto alla valenza dei criteri stabiliti dal "Manuale di Oslo", non può essere tralasciato il rilievo secondo

cui nel decreto 26/05/2020 riguardante il nuovo credito imposta R&S, vengono considerate agevolabili sia

le attività di ricerca e sviluppo con riferimento al "Manuale di Frascati"; che le attività di innovazione tecnologica

di cui al "Manuale di Oslo".

Il parere del Mise non deve essere richiesto

 

 87 6/6/2024 Rimini   

Attività di R&S svolta dopo il deposito del brevetto ed illazioni sui costi del personale - Vinto

Importo del credito € 39.000,00

Contestazione relativa all’attività svolta dopo aver ottenuto il brevetto relativo ad una porta

Contesta quanto affermato da AE, ossia che l’attività di ricerca sia stata effettuata non nel 2016 ma in precedenza, allorchè la porta blindata “Porta Major” sarebbe stata progettata; secondo AE (anche considerando che la domanda di brevetto è stata presentata il 24.2.16) nel 2016 la società ha solo sviluppato accorgimenti tecnici tali da consentire l’ottenimento di alcune certificazioni, ma la fase propriamente di ricerca agevolabile era stata già superata.

Sostiene invece la ricorrente che l’attività di progettazione non era affatto conclusa all’atto dalla presentazione della domanda di brevetto, posto che all’epoca lo sviluppo del progetto era limitato alla realizzazione dei disegni tecnici, mentre era ancora da sviluppare l’attività volta al conseguimento degli obiettivi propri del progetto, ossia elevato grado di resistenza all’effrazione, considerevole risparmio energetico attraverso l’abbattimento della trasmittanza termica e della dispersione del calore.

Contestazione sulle prestazioni professionali ed illazioni sull’attività scolta dai dipendenti

Quanto alle prestazioni professionali rese da Studio E evidenzia che la fattura indica l’oggetto dell’attività disegni di brevetto, stessi disegni a corredo della domanda di brevetto. Quanto alle attrezzature risulta documentalmente che i due investimenti erano indispensabili per sviluppare il progetto (stampi per la pultrusione dei profili e centro lavoro). Quanto ai dipendenti, alle pagine da 16 a 19 del ricorso ribadisce le attività svolte, del resto già ampiamente documentate, eccependo l’infondatezza delle generiche “criticità” rilevate dall’Ufficio, mere “illazioni” costituite dalla “circostanza che taluni addetti alla R&S abbiano a ciò dedicato gran parte delle ore lavorate”, o dalla differenza rispetto al triennio 2012/14.

MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ stata adeguatamente documentata l’attività svolta dopo la presentazione del brevetto

A prescindere dalla irrilevanza, in questa sede, della presentazione o non presentazione di altre domande di brevetto, la tesi di AE si basa su un unico dato, cronologico, ossia la presentazione della domanda di brevetto il 24.2.16 (che si tradurrebbe in una progettazione risalente al 2015) mentre la parte ricorrente ha ampiamente documentato che l’attività di progettazione della Porta Major è perdurata non solo nell’anno 2016, ma anche in seguito. Peraltro, la fase di “progettazione” di un prodotto non è l’unica che può rientrare nell’alveo della R&S. Nel caso di specie, alla data di presentazione della domanda di brevetto la Porta Major era una idea trasfusa su carta (come da tavole tecniche allegate alla domanda di brevetto), in seguito è avvenuto lo sviluppo del progetto, sino a giungere alla realizzazione del prototipo di un prodotto certamente innovativo per il settore.

Non ci sono problemi per le prestazioni professionali e per le spese degli stampi

Le prestazioni professionali dello “Studio E sono fatturate, e si riferiscono ai disegni che sono a corredo della domanda di brevetto.

Le spese per attrezzature si riferiscono a stampi per la pultrusione di profili e per il centro di lavoro, ed appaiono inerenti al progetto.

Le illazioni dell’agenzia delle entrate sul personale, compresa la media del triennio troppo bassa, non sono state accolte

I costi del personale sono adeguatamente documentati, in conformità alle prescrizioni dettate dalle norme; sul punto, i rilievi dell’Ufficio, già del tutto generici e ipotetici (mancanza di nuove assunzioni, impiego di propri dipendenti sia per l’attività di R&S che per le ordinarie attività, numero di ore più esiguo nel triennio 2012-14 pur trattandosi di società che costantemente di dedica alla ricerca), appaiono superati dalla documentazione prodotta dal ricorrente e dalle deduzioni difensive (forse neppure necessarie, certamente specifiche e concrete) contenute alle pagine da 15 a 21 del ricorso, a cui si rimanda.

 

8945 7/6/2024 2024 Milano
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato, occorre fare riferimento al Manuale di Oslo (innovazione per l’azienda) - vinto
Il parere del Mise deve essere richiesto - vinto

Importo del credito € 38.000,00

Progetto di ricerca: Nell'anno 2017 ha svolto attività di studio e ricerca di soluzioni per l’eliminazione del dicromato di sodio e la sua sostituzione con l’acido citrico nei processi di passivazione dei metalli, finalizzata all’individuazione di alternative tecnologiche e “non convenzionali” di processo, valutate anche in funzione dell’impatto ambientale che queste possono avere.

Per la ditta deve essere applicato il Manuale di Oslo  - innovazione per l’azienda – innovazione di processo

Deduce, in senso contrario, la ricorrente che normativa di settore (Circolare n. 5/E del 16/03/2016, che richiama la Circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, emanata dalla Direzione Generale per la politica industriale e la competitività del M.I.S.E.), include tra le attività ammissibili ex art. 2 del decreto attuativo 27/05/2015, quelle di innovazione in base al "Manuale di Oslo".

Sarebbero ammissibili ad agevolazione le attività di c.d. innovazione di processo, concernenti, cioè, il rinnovamento di un processo di produzione esistente, considerato innovativo perché implementato per la prima volta nel contesto produttivo dell'azienda.

MOTIVI DELLA DECIZIONE

Il Manuale di Frascati non deve essere applicato

L’art. 3, comma 1, del D.L. n. 145/2013 (conv. con mod. dalla L. n. 9/2014), interamente sostituito dall’art. 1, comma 35, della L. n. 190/2014, e da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 15, della L. n. 232/2016, riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere da periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015. Con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27.05.2015, sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione. Con particolare riferimento all’ambito oggettivo di applicazione, all’articolo 3, commi 4 e 5, ed all’articolo 2 del Decreto attuativo sono elencate le attività di ricerca e sviluppo ammissibili all’agevolazione, mentre all’articolo 3, comma 6, vengono individuati gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, definiti anche attraverso l’articolo 4 del sopra richiamato Decreto attuativo. L’individuazione delle attività ammissibili al credito di imposta è stata condotta dal legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27.06.2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, fonte giuridica dell’articolo 3 del citato D.L. n. 145 del 2013. Sulla base della citata normativa di riferimento, l'attività di R&S nell'ambito del progetto deve portare a risultati nuovi per le imprese. Sono escluse dalla ricerca e sviluppo le attività volte a copiare, imitare o decodificare le conoscenze, in quanto non si tratta di conoscenze nuove.

Nel caso di specie la ricerca condotta è, all'evidenza, finalizzata al conseguimento di un risultato finale avente caratteristiche di novità rispetto al passato, riconducibile alle previsioni del "Manuale di Oslo", che considera tale una innovazione tecnologica "di processo", consistente nella attuazione ed adozione di metodi di produzione o di consegna nuovi o significativamente migliorati.

Occorre fare riferimento al Manuale di Oslo, innovazione per l’azienda

Quanto alla valenza dei criteri stabiliti dal "Manuale di Oslo", non può essere tralasciato il rilievo secondo

cui nel decreto 26/05/2020 riguardante il nuovo credito imposta R&S, vengono considerate agevolabili sia

le attività di ricerca e sviluppo con riferimento al "Manuale di Frascati"; che le attività di innovazione tecnologica

di cui al "Manuale di Oslo".

Il parere del Mise non deve essere richiesto

 

239 5/6/2024
2024
Brescia
Campionario
Deve essere applicato il Manuale di Frascati (perso)
Il credito è inesistente (perso)
 

Importo del credito: € 72.844,00

L’attività di R&S riguarda un campionario

, "[…] L'esperienza acquisita di anno in anno ha permesso di arricchire le successive collezioni con nuovi articoli quali abiti, camicie, gonne, giacche e cappotti. Stile, sviluppo di prototipi, campioni e taglio uniti al controllo scrupoloso del prodotto sono tutte operazioni svolte all'interno dell'azienda allo stesso modo del cucito e dello stiro, così da garantire una produzione esclusivamente Made in Italy. L'impresa credendo che il prestigio di un'azienda e la qualità di un prodotto devono esser supportati da una meticolosa analisi degli elementi che influenzano la moda per anticiparla e interpretarla nel 2016 ha dedicato parte del lavoro all'attività di studio, ideazione e realizzazione di una nuova collezione che si è concretizzata nell'attività di ricerca e ideazione stilistica di prodotti e nella realizzazione di prototipi […]”.

RICORRENTE

La ditta si è basata sulle indicazione del MISE vigenti alla data di svolgimento dell’attività: In via principale: annullare l'impugnato avviso di recupero, perché il credito è stato legittimamente e debitamente utilizzato dalla ricorrente nel 2017 per attività ammesse al credito di imposta per ricerca e sviluppo introdotto dall'art. 3 del D.L. n. 145/2013 (nel testo vigente sino al 31/12/2019), secondo le indicazioni fornite dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall'Agenzia delle Entrate citate in ricorso e di cui ai documenti di prassi prodotti in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il credito è inesistente

Il Collegio ha esaminato la documentazione prodotta dalle parti, le domande e le contestazioni della parte ricorrente, le eccezioni e le repliche nelle controdeduzioni dell'Ufficio, ed è pervenuto alla presente decisione accogliendo le argomentazioni dell'Ufficio accertatore.

Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente eccepisce la decadenza del potere di accertamento da parte dell'Ufficio "Trattandosi di credito esistente ritenuto a posteriori non spettante e utilizzato in compensazione nel 2017, ai sensi dell'art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973 l'avviso di recupero doveva essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo, quindi entro il 31/12/2022, mentre la notifica è avvenuta il 14/09/2023"

Sul punto il Collegio ritiene infondata la doglianza.

L'Ufficio, in esito all'attività istruttoria svolta sull'esame della documentazione prodotta dalla ricorrente in sede di risposta al questionario, ha accertato "L'assenza ab origine del presupposto costitutivo dell'agevolazione fiscale" e ciò è avvenuto attraverso l'intervento dei funzionari, non essendo riscontrabile "automaticamente" in sede di controllo ex artt. 36 bis e 36 ter DPR n. 600/73 e 54 bis DPR n. 633/72).

Si ritiene applicabile, nel caso di specie, il disposto dell'art. 27, comma 16, D.L. n. 185 del 2008 che prevede "[...] l'atto [...] emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'art. 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo."

Nel caso de quo il controllo dell'Ufficio ha riguardato la compensazione del credito, ritenuto inesistente, effettuata dalla Società nel periodo d'imposta 2017; il conseguente atto di recupero (qui impugnato) risulta essere stato notificato il 14.09.2023, quindi, prima dello scadere del termine di legge.

Non viene data importanza alla risoluzione n.41 del 26/7/2022

La ricorrente indica quale fonte di innesco del recupero la Risoluzione n. 41/E emessa dall'Agenzia delle Entrate il 26/07/2022, mentre l'Ufficio, contestando tale affermazione (come rilevabile nella motivazione dell'atto impugnato), conferma essere fonte d'innesco l'art. 3 del D.L. 23/12/2013 n.145.

Entrando nello specifico della contestazione si rileva come la ricorrente abbia utilizzato, in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del D.L. 9 luglio 1997, n. 241 nell’anno 2017, l'importo di euro 72.844,00.

Deve essere applicato il Manuale di Frascati

L’Ufficio sostiene: “Orbene, il progetto di ricerca e sviluppo della Ricorrente_1 ha l’obiettivo di realizzare una nuova collezione che presenta elementi di novità rispetto alle collezioni precedenti con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico “effetto tecnico” riguarda la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto. Tali attività, ai sensi dell’art. 3 D.L. n. 145/2013, non costituiscono attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta non comportando lo svolgimento di lavori necessari per il superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico non superabili con le conoscenze generali già disponibili. Detto assunto trova ulteriore conferma nella “Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014 (recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”) e nella Circolare n. 5/E del 16.03.2016”.

Nel caso di specie, la sopra sintetizzata argomentazione, qui condivisa dal Collegio, racchiude l’essenza della negazione dell’agevolazione, laddove incide sugli aspetti, previsti dalla normativa, afferenti all’assenza del “[…] superamento di ostacoli di tipo scientifico o tecnologico […] con le conoscenze generali già disponibili.”.

 

 264 5/6/2024
2024
Bologna
 
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)
Il Parere del Mise deve essere richiesto (vinto)

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene al riguardo questa Corte che la parte ricorrente abbia fornito elementi di prova, ancorchè soli indiziari, relativamente alla spettanza del credito d’imposta in discussione. Va osservare che la materia all’esame di questa Corte è caratterizzata da particolare tecnicismo e che, di conseguenza, per la soluzione della questione non può essere richiesto un livello di prova particolarmente elevato.

Riconoscimento di un certo favor nei confronti del contribuente

Ciò anche per un certo favor che deve essere riconosciuto al contribuente a fronte di una norma agevolativa, la quale non può essere certo posta nel nulla attraverso una stretta applicazione della medesima normativa ovvero attraverso la richiesta del superamento di rigidi oneri probatori.

Valutazione positiva sull’attività svolta dall’impresa

Il proprio convincimento questa Corte lo trae anzitutto dalla particolare attività svolta dalla ricorrente, società operante sin dal 2013, nel settore altamente specialistico della raccolta e depurazione delle acque di scarico e di trattamento di altri rifiuti pericolosi, nonché della consulenza ambientale. Attività particolare e molto delicata, da un punto di vista ambientale, così come descritta alle pagg. 13 e 14 del ricorso.

Innovazioni

Mentre, sotto il profilo strettamente oggettivo, appaiono convincenti le illustrazioni della innovazione consistente, in estrema sintesi, nello sviluppo di processi e macchinari già presenti in azienda e volti a ottenere una serie di miglioramenti dell’attività di smaltimento e di depurazione svolta dalla ricorrente.

Il parere del MISE deve essere richiesto

Si ricorda, a tale proposito, che recentemente, la C.T.P. di Napoli (sent. 4988/2022) ha sancito che, per contestare il credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo, il Fisco deve chiedere il parere al MISE, pur in assenza di una specifica norma al riguardo. In buona sostanza, si riconosce che, sul piano formale, tale parere costituisce una facoltà e non un obbligo, ma diventa un atto necessario dal momento che ogni accertamento deve essere adeguatamente motivato e la motivazione non può che essere meramente apparente se di fronte a problematiche di grande complessità come quelle in questione non si fonda su valutazioni da parte di organismi tecnici. Sulla stessa scia si allineano anche la C.T.P. di Vicenza (sent. 365/2021) e la C.T.P. di Ancona (sent. 392/2021).

Il Manuale di Frascati non deve essere applicato

Vero è che parte del periodo d’imposta in discussione (2017 - 2018 - 2019) è anteriore al riconoscimento legislativo attribuito al cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nell’anno d’imposta in questione, ma consacrato legislativamente solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n°160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1 ). Ma è altrettanto vero che il contenuto di tale Manuale ben può essere utilizzato per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo anche per anni d’imposta precedenti al 2021, pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo. Sul punto, diffusamente e con chiarezza Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, Sentenza del 21/09/2023 n. 738.

Per l’agenzia delle entrate ci doveva essere un calo di fatturato perché un dipendente si era occupato di R&S

Peraltro a tali obiezioni dell’Agenzia pare avere dato soddisfacente risposta la parte ricorrente, alle pagine 15, 16 e 17 del proprio ricorso. E ciò sia per quanto riguarda la presenza di idonea documentazione tecnica anche per l’anno d’imposta 2017, sia per quanto riguarda la pretesa anomalia del mancato calo del fatturato solo perché un dipendente si dedicava all’attività di ricerca e sviluppo in questione atteso che trattasi di evenienza non necessaria e non correlata, tanto per citare quelle più rilevanti.

L’agenzia delle entrate è stata condannata al pagamento delle spese di giudizio pari ad € 6.000,00

 

 7351 4/6/2024
2024
ROMA
 

Deve essere richiesto  al Mise il parere (vinto)

 

Importo del credito € 1.202.291,75

Attività svolta dalla ditta: di autotrasporti merci, per conto proprio e di terzi, spedizioni, magazzinaggi, depositi, traslochi, confezionamenti, facchinaggio e servizi accessori, compreso il supporto tecnologico alla logistica e alla consegna –

Oggetto della ricerca, software con un algoritmo brevettato: La ricorrente espone come il progetto con riferimento ai cui costi essa ha utilizzato il credito di imposta era finalizzato a rendere disponibile, nell’applicazione di gestione della flotta/driver e dei task di consegna, un algoritmo di calcolo dell’efficienza, che analizzasse la performance in termini di raggiungimento degli obiettivi e provvedesse ad implementare soluzioni in real time per proporre nuovi percorsi/task, utilizzando come criterio di ricalcolo gli obbiettivi di: a) minimmizzazione dei tempi di completamento della rotta e rientro del mezzo e ridurre le emissioni; b) massimizzazione del carico dei mezzi per singolo trasporto; c) mantenimento dell’efficienza di consegna di ogni singola rotta elevata, constante e indipendente dal singolo driver che effettivamente la esegue, affrontando con un approccio euristico, il c.d. problema del commesso viaggiatore e sviluppando un applicativo che fornisca ai drivers indicazioni per l’ottimizzazione delle rotte, tenendo conto della geolocalizzazione dei DDT/pacchi, anche con l’aiuto di specifici devices.

Rappresenta poi, nel corso del 2022, essa abbia intrapreso un procedimento per ottenere il brevetto del progetto elaborato, procedimento che, al momento di proposizione del ricorso, era stato valutato dai competenti uffici come nuovo, originale e industrializzabile a livello mondiale ed era in attesa del solo provvedimento formale di riconoscimento.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vista la complessità del progetto doveva essere richiesto un parere al Mise

Osserva la Corte come il necessario continuo richiamo ad aspetti di carattere tecnico, sia nel PVC sia nel provvedimento, evidenziano la complessità della valutazione volta a giudicare la possibilità di qualificare il progetto come attività di ricerca e sviluppo, nei termini previsti dall'art. 3 del D.L. n. 145 del 2013, come pure della consequenziale valutazione relativa all'inerenza o meno dei singoli costi.

Si tratta, tuttavia, di valutazioni relative al campo dell'informatica e della logistica, il giudizio sulle quali importa cognizioni tecniche e competenze che non sono proprie dell'amministrazione finanziaria.

Ne discende, come osservato in giurisprudenza in casi similari, che illegittimamente l'Ufficio ha adottato le proprie determinazioni prescindendo dal ricorso al parere del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e ponendosi autonomamente in contrasto non solo rispetto alle prospettazioni della società oggi ricorrente, ma anche rispetto alla valutazione effettuata dall'Ufficio brevetti che, come riferito dal difensore della ricorrente, ha concluso positivamente il procedimento con provvedimento del 9 aprile 2024, in ciò riconoscendo l'innovatività e originalità del progetto sviluppato (cfr., in fattispecie similare, Comm. trib. prov.le Napoli sez. XXX, 02/05/2022, n.4988)

La Corte ritiene dunque di aderire all'orientamento giurisprudenziale richiamato da parte ricorrente (cfr. Comm. trib. prov.le Vicenza sez. II, 11/01/2022, n. 14, C.T.P. Ancona, Sez. II, Sent., 11/08/2021, n. 392) secondo il quale, a fronte della necessità di valutazioni ad alto tecnicismo (quali quelle richieste nella fattispecie con riferimento ad aspetti eminentemente informatici), la mancata acquisizione del parere del Ministero importa la ricorrenza di una forma di eccesso di potere da parte dell'aministrazione finanziarie atteso che la valutazione relativa alla ricorrenza delle condizioni oggettive richieste dall'art. 3 del D.L. n. 145 del 2013 per beneficiare del credito ricerca e sviluppo ha comportato l'esercizio di una discrezionalità tecnica da parte di soggetti a ciò non preposti.

 

74 2024
3/6/2024 
Oristano  
Sentenza ben motivata sotto l’aspetto giuridico
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)
Il Parere del Mise deve essere richiesto (vinto)
 

Importo del credito: € 106.661,11

Attività svolta: produzione di mangimi per animali da allevamento

Contestazione dell’AE: L’Ufficio ha giudicato che non si trattava di investimenti per ricerca e sviluppo agevolabili, dichiarando nell’atto di recupero (pag.4) che “Dall'esame dei vari progetti riportati nelle relazioni si evince chiaramente che l'attività posta in essere dalla società è più propriamente una ricerca orientata al marketing, alla soddisfazione della clientela, alla competitività e all'ampliamento dei prodotti offerti, ciò a beneficio diretto dell'impresa o del consumatore finale piuttosto che all'innovazione e al superamento di incertezze scientifiche o tecnologiche estese all'intera economia”

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il parere del MISE deve essere richiesto, l’azienda ha personale altamente qualificato

Si ritiene poco credibile che l’Ufficio, in autonomia e senza ausilio di esperti, abbia esaminato i vari progetti redatti da personale qualificato, perché non in possesso delle competenze tecnico-scientifiche pari a quelle del “…..personale altamente qualificato in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso un’università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico secondo la classificazione UNESCO Isced (International Standard Classification of Education) o di cui all'allegato 1 annesso al D.L. 145/2013….. (art.2 c.1 D.M. 27/5/15 MEF).

Inoltre, l’Ente accertatore non ha sfruttato neppure l’opportunità fornita dall’art.8 del citato D.M. MEF, che dava facoltà di chiedere il preventivo parere del MISE prevedendo che “Qualora, nell'ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall'Agenzia delle entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere”.

A tal proposito si condivide l’orientamento della C.G.T. di II Grado della Campania (sent.6212/07/2023 depos.9/11/2023): “…..se da un lato è vero che l’art. 8, comma 2 del D.M. 27/05/2015, contempla solo una facoltà dell’Ufficio di chiedere al competente Ministero di esprimere un parere in ordine a valutazioni di carattere tecnico, dall’altro lato, a fronte di problematiche tecniche di complessità non trascurabile, tale facoltà avrebbe dovuto essere esercitata. In tal senso si è pronunciata condivisibile giurisprudenza di merito (cfr. Ctp la Spezia Sez. 1 Sentenza n. 276 del 16.09.2022, Ctp Vicenza 365/03/2021, Ctp Ancona 392/02/2021, Ctp Napoli 4988/30/2022; Ctp Roma 5918/22/2022) e, in qualche fattispecie (cfr.Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sez. Il, sent., 11 agosto 2021, n. 392), è stata financo evocata la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art.3, comma 14 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti. In particolare, in una fattispecie quale quella in esame, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto rivendicare il possesso di conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una congrua e tecnicamente appropriata disamina circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta e, in assenza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto sebbene in via facoltativa (ossia, dal Ministero dello Sviluppo Economico), le pur articolate motivazioni esposte nell'atto di recupero (sostanzialmente replicate nelle argomentazioni difensive) “si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva” (così Comm. trib. region. Campania Napoli, sez. XXX, sent. 2 maggio 2022 n.4988)”.

La normativa primaria non prevede il superamento di ostacoli scientifici

Infatti, sia la normativa primaria (art.3 D.L. 145/2013) che introduce l’agevolazione, che quella secondaria (D.M. MEF del 27/5/2015) che dà attuazione al credito d'imposta per attività R&S, non prevedono il “superamento di ostacoli scientifico-tecnologici non risolvibili con le conoscenze e capacità già disponibili nello stato dell'arte e nella prassi del settore”.

La disciplina legislativa del credito d’imposta R&S prevede proprio l’opposto e cioè “…..utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati….” (comma 4 lett. c, art. 3 D. L. 145/2013; comma 1 lett. c, art.2 D.M. MEF del 27/5/15).

La prassi citata dall’agenzia delle entrate è successiva agli esercizi accertati

La prassi citata dall’Ufficio (risposta interpello del 2021 suindicata), poi, oltre ad essere in contrasto con le norme di legge, è dell’anno 2021 cioè posteriore di ben cinque anni dal primo utilizzo dei crediti maturati (2016). Tale operato è scorretto, perché l’Ente che effettua il controllo non può interpretare “a posteriori” una norma in maniera diversa, dopo che i contribuenti l’hanno già applicata in modo puntuale, così come previsto dal testo di legge. L’Ufficio col suo comportamento ha violato il dettato dello Statuto dei Diritti del Contribuente che, all’art.10 c.1 prevede che “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”.

Per lo stesso motivo non si tiene conto della Risoluzione indicata nell’atto di recupero (n.40/E del 2/4/2019) e che cita altri documenti di riferimento, tra l’altro non presenti nelle disposizioni di legge (Manuale di Frascati) e neppure nella Circolare esplicativa della stessa Agenzia delle Entrate (n.5/E del 2016).

Proprio l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n.5/E del 16/3/2016 (paragr.2.1 AMBITO OGGETTIVO - La ricerca agevolabile) chiarisce che “…..sono classificabili nello “sviluppo sperimentale” le attività di: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati”.

Utilizzo delle conoscenze già esistenti: L’A.d.E. si riferisce anche nella suddetta circolare, così come prevede la norma, all’utilizzo delle conoscenze già esistenti, mentre nell’atto impositivo dice l’opposto, introducendo il concetto di “superamento di incertezze scientifiche o tecnologiche la cui soluzione non sarebbe possibile applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico”.

L’utilizzo del Manuale di Frascati non si trova nemmeno nella relazione illustrativa al testo della legge: Il riferimento a testi e/o documenti esterni eccepito dall’Ufficio, non si trova neanche nella relazione illustrativa al testo del decreto legge “Destinazione Italia” (n.145/2013), presentata dal Governo alla Camera all’interno del disegno di legge di conversione: in essa si fa riferimento solo alla norma ed è specificato che “La misura in oggetto è tesa a favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte del sistema delle imprese. La norma, non prevedendo alcun criterio di selettività, né territoriale, né settoriale, né di premialità, è da ritenere a tutti gli effetti una norma non rientrante tra i regimi di aiuto previsti dalla Commissione europea e quindi non soggetta ad obbligo di notifica, ma di mera comunicazione ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008…..Inoltre, la misura definisce quali siano le attività di ricerca e sviluppo soggette all’agevolazione e quali spese sono ammissibili…..”.

Spese a carico dell’agenzia delle entrate: La Corte accoglie il ricorso e per l'effetto annulla l'atto impegnato. Condanna l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 8.433,00 oltre rimborso, accessori ed esborsi come per legge, a favore del procuratore antistatario dott. Difensore_3

 

8563 3/6/2024
2024
Napoli
 
Ricorso vinto per mancanza del Parere del Mise a fronte di un progetto finanziato dal Miur;
il Manuale di Frascati deve essere comunque applicato.
 

Contributo: € 15.000,00

Attività svolta dall’impresa: e attività di ricerca nelle scienze sociali e umanistiche

Progetto di ricerca finanziato dal Miur: Ricorrente_1 esercente attività di ricerca nelle scienze sociali e umanistiche ha impugnato l’atto di recupero in epigrafe indicato esponendo che: aveva presentato, per gli anni dal 2013 al 2017, istanza di accesso al credito di imposta ex art. 3 D.L. 145/20131 e D.M. 27 Maggio 2015, riconosciuto per gli investimenti in materia di ricerca e sviluppo, in relazione alle spese sostenute e sulla base di un progetto illustrativo dell’attività innovativa posta in essere nel proprio settore di esercizio; nella specie era attuatrice di una parte di un progetto generale, finanziato dal MIUR a valere sull’avviso AVVISO 713/RIC DEL 29 OTTOBRE 2010 PROGETTO – TITOLO III; il progetto, prima sotto forma di studio di Fattibilità poi come Progetto esecutivo, era stato presentato dal Distretto Alta Tecnologia per i Beni Culturali; aveva avuto affidata delle specifiche attività, all’interno del progetto PON03PE_00163_1 - SNECS (Social Network delle Entità dei Centri Storici); la valutazione del progetto, in uno con i suoi contenuti di innovatività di creatività, di innovazione tecnologica e di valenza scientifica, era stata effettuata da una Commissione del Ministero della Ricerca Scientifica, con la partecipazione anche di esperti internazionali; il progetto era in linea con le richieste del manuale Frascati, cosi come richiesto dall’avviso del MIUR ed era coerente con il Decreto attuativo del MISE (DECRETO 26 maggio 2020 ); il progetto, concluso il 27/04/2017, aveva avuto valutazione positiva da parte dell’esperto tecnico scientifico (ETS, Prof. Nominativo_1) che aveva presentato la sua relazione conclusiva, inviata al MIUR che procedeva all’approvazione.

L’agenzia delle entrate si è basato su parere analoghi espressi al Mise: il MISE interpellato su progetti analoghi, che riguardano la ricerca e lo sviluppo di piattaforme informatiche, si è espresso negativamente circa l'ammissibilità di dette attività nell'accezione rilevante agli effetti dell'applicazione del credito d'imposta,” contestava “l'ipotesi di indebito utilizzo in compensazione di crediti agevolativi inesistenti”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Manuale di Frascati deve essere applicato (fonte giuridica dell’art.3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145): La vicenda sottoposta all’attenzione della Corte di inquadra nella disciplina del credito di imposta per ricerca e sviluppo di cui all’art.3 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 (modificato dall’art. 1 comma 35 della L. 190/2014) relativa ai progetti di R&S agevolabili secondo i criteri stabiliti nel Manuale di Frascati 2015 dell’OCSE “Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development” (richiamato al punto 75 della Comunicazione della Commissione Europea “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca sviluppo e innovazione” - 2014/C 198/01- , fonte giuridica dell’art.3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145).

Il parere del MISE deve essere richiesto

Si rileva pertanto, come a fronte delle documentate prospettazioni del ricorrente, impropriamente l’Ufficio ha adottato le proprie determinazioni in maniera apodittica prescindendo peraltro dal ricorso al parere del MISE in ordine ad una questione dagli aspetti tecnici problematici e discutibili; invero in virtù dell’elevato tasso di tecnicismo che caratterizza le valutazioni in ordine alla ammissibilità del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa, nel contesto della Circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 ha previsto al capitolo 8 in tema di controlli che: << ... ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta.

Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.>>

Questa Corte non ignora che, come messo in evidenza dall’Ufficio, la richiesta di parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo.

Purtuttavia a parere di questa Corte tale facoltà, a fronte di problematiche tecniche di particolare complessità doveva necessariamente essere esercitata, in quanto l’Agenzia delle Entrate non possiede dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell’atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono di fatto insufficienti a legittimare la pretesa impositiva.

Tali argomentazioni appaiono in linea con quanto ritenuto in materia dalla ormai prevalente giurisprudenza di merito (in particolare: CTP Ancona, Sez. II, Sent., 11/08/2021, n. 392, che ha richiamato la figura dell’eccesso di potere nell’attività svolta dall’Amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art. 3, c. 14, D.L n. 145/2013), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi

 

2370 3/6/2024 2024 MIlano
Il parere del Mise non è obbligatorio (non viene comunque fatto riferimento al Manuale di Frascati) - perso
Il credito è inesistente - perso
Disapplicazione delle sanzioni (perso)

Importo del credito:  € 64.872,31

Il progetto è relativo ad un software per la gestione dei rifiuti: Il progetto dal quale nasce il credito per ricerca e sviluppo è relativo: “… alla realizzazione di un nuovo ed innovativo software per la gestione ottimizzata degli impianti di trattamento e riciclo rifiuti, che si caratterizza in particolare per la capacità di poter ridurre i costi di processo attraverso una significativa riduzione degli impegni energetici di impianto, andando ad attivare i macchinari in modo intelligente, sulla base di algoritmi di analisi puntuale e critica del ciclo di lavoro, solo nei modi e tempi puntualmente necessari alle singole fasi di lavorazione. Da quanto si legge appare chiara la carenza dei requisiti fondamentali per il riconoscimento del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo legittimamente qualificato come inesistente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il parere del Mise non è obbligatorio:

Il parere al MISE come previsto dalla norma, è solo facoltativo ed in ogni caso non risulta vincolante in quanto non espressamente previsto dalla stessa disposizione.

Le nullità sono tassative e devono essere espressamente previste dalla legge.

Non viene comunque fatto riferimento al Manuale di Frascati

L’art 3 DL DL 145 /2013, così prevede: -Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Il credito è inesistente

Si intende credito d’imposta “inesistente” ai sensi dell’art. 13 comma 5 Dlgs 471/97, “nel caso in cui manca in tutto o in parte il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36 bis e 36 ter DPR 600/73 e 54 bis DPR 633/72”, sanzione dal 100% al 200%. In questi rientrano crediti creati ad arte al fine di sottrarre illecitamente risorse al fisco

La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta: Nel caso di specie non sussistono obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni applicabili al caso di specie.

Il ricorrente è stato condannato a pagare le spese

 

258 31/5/2024 Bologna
Il ricorso riguarda la congruità dei costi (consulenza e personale)
Il progetto era già stato finanziato dal Miur
Il parere del Mise deve essere richiesto anche per la congruità (vinto)
E’ ammesso anche il personale con mansioni amministrative (vinto)

Importo della contestazione € 65.482,00

Attività svolta dall’impresa: Si occupa altresì della vendita, installazione manutenzione di sistemi di rilevamento e spegnimento incendi e di manutenzione di sistemi di protezione contro le esplosioni. Già dal 2012, la ricorrente ha avviato un contratto di rete (Gruppo servizi di rete di imprese per la sicurezza) con lo scopo di promuovere, tra le altre, l’attività di ricerca nel settore antincendio

Progetto di ricerca: "Nuove tecnologie di prevenzione incendi dedicata al sistema di sicurezza attivo, integrato, intelligente per prevenire gli incidenti e gli atti terroristici",

Contestazione relativa all’inerenza di alcune costi per consulenza e  personale

Progetto finanziato Horizon 2020: Contestualmente, per il medesimo progetto viene presentata domanda di partecipazione al bando indetto dal Ministero dello Sviluppo Economico - Fondo per la Crescita Sostenibile - dal titolo "Progetti di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici identificati dal programma quadro comunitario Horizon 2020". Tali agevolazioni sono state riconosciute con provvedimento del 05/02/2016 (Decreto MISE - AOO IAI REGISTRO INTERNO R.0000690 – all. 2, 3 e 4)

Lo stesso progetto era stato precedentemente oggetto di una decisione della commissiona tributaria: Ritenendo del tutto infondato il recupero, la ricorrente ha tempestivamente impugnato l’Atto avanti alla C.G.T. di Bologna, la quale con Sentenza n. 37/03/2023 depositata il 17/01/2023 ha integralmente annullato l’atto, confermando la piena spettanza del credito d’imposta portato in compensazione «in quanto l’atto di recupero è viziato sotto il profilo della motivazione e nel merito è infondato, anche perché dalla corposa documentazione prodotta emerge che il progetto di ricerca e sviluppo presenta i requisiti fondamentali previsti dalla normativa per essere considerato innovativo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il parere del Mise deve essere richiesto anche in merito all’inerenza dei costi

Questa Corte fa osservare che l’art. 8 del D.M. del 27/05/2015 del Ministero dell’Economia e delle Finanze dispone infatti che:

“Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto, l'Agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto. Qualora, nell'ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall'Agenzia delle Entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere…”.

La stessa Agenzia delle Entrate ha ulteriormente specificato: «…con la circolare dell’Agenzia delle Entrate del 16/03/2016, n. 5/E è stato precisato che le indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali (ad esempio: sviluppo di una data molecola da parte di un’azienda nel settore chimico-farmaceutico) tra quelle accreditabili, analiticamente elencate dalle predette norme, comportano accertamenti di natura tecnica che involgono l’esclusiva competenza del Ministero dello Sviluppo economico (MISE)…» (Circ. n. 31/E del 23 dicembre 2020). Ciò in quanto, la possibilità di accedere al beneficio del credito d’imposta implica l’esame e la valutazione del progetto sviluppato dal contribuente sotto un profilo spiccatamente tecnico e scientifico.

Pertanto, l’Agenzia delle Entrate non può fondatamente ritenere di possedere conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una disamina circa la sussistenza dei parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta che sia congrua e tecnicamente appropriata.

A tal proposito, si è consolidata una copiosa giurisprudenza di merito a conforto della necessità di ricorrere alla richiesta di parere al Ministero dello Sviluppo economico. “…ogniqualvolta debba prevalere la natura tecnica degli accertamenti, la mera facoltà attribuita all’Agenzia delle Entrate di richiedere al Ministero dello Sviluppo economico di fornire il proprio parere, prevista dal comma 2 dell’art. 8 del D.M. 27 maggio 2015, attuativo del D.L. n. 145/2013, esprime in realtà la necessità di una discrezionalità tecnica che non può essere autonomamente esercitata dalla Pubblica amministrazione, se non attraverso il parere necessario degli organi tecnici e quindi delle strutture in seno al Ministero dello Sviluppo economico o altri enti pubblici che, se del caso, possono essere chiamati in veste di consulente super partes.

Di conseguenza, è illegittimo l’atto impositivo che scaturisca dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici preposti» (Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Chieti, sent. del 12/12/2022, n. 454/1/2022. Nello stesso senso anche CTP Ancona, sent. del 11/08/2021, n. 392/2/2021; CTP Vicenza, sent. del 09/07/2021, n. 365/3/2021; CTP Napoli, sent. del 03/06/2022, n. 5952/15/2022 – all. 7).

Anche la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Bologna si è espressa in merito, sia nei confronti dell’odierna ricorrente (Sentenza n. 37/03/2023 depositata il 17/01/2023 – RGR n. 202/2022 –Ud. del 24/10/2022 – Anno 2015), sia in altre fattispecie del tutto analoghe: «In tema di credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, in caso di accertamento fiscale, stante la complessità tecnica dell'attività svolta, l'Agenzia delle Entrate non può fondare la propria contestazione solo su accertamenti basati solo sulla lettura di documenti di difficile interpretazione, senza incorrere nella fattispecie dell'eccesso di potere.

Poiché l'ufficio, non essendo competente, sotto l'aspetto tecnico, a valutare la complessità dell'attività svolta, deve richiedere un parere al MISE, parere che resta facoltativo ma opportuno, per dare una motivazione tecnico-scientifica alla pretesa tributaria. In mancanza, l'atto di recupero è viziato sotto il profilo della motivazione e nel merito è infondato» (Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Bologna, Sent. del 22/12/2022, n. 977/1/2022 – RGR n. 167/2022 – Ud.13/12/2022. Così anche CGT di I grado di Bologna, Sent. 325/1/2023 del 20/06/2023 – RGR n. 521/2022 – Ud.16/05/2023.

Infine la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Bergamo la quale ha sostenuto che «il recupero fiscale così posto in essere integra gli estremi dell’eccesso di potere giacché l’Ufficio non è competente, sotto l’aspetto tecnico, a valutare la valenza dell’attività svolta in quanto la fruizione del beneficio fiscale è subordinata al riscontro di presupposti di natura tecnologica e di rilevante complessità, che necessitano una valutazione supportata da competenze tecniche che permettono di valutare le certificazioni prodotte dall’impresa ricorrente» (cfr. CGT I Bergamo sent. n. 300/1/2023).

Ad oggi, tutta la giurisprudenza di merito è concorde nel riconoscere che la formulazione di giudizi tecnici esula dalle competenze dell’Amministrazione finanziaria, la cui interpretazione è circoscritta alla normativa tributaria.

Questa Corte fa rilevare che la documentazione acquisita agli atti non è generica come vuol far credere parte resistente ma, è completa nella sua formulazione in riferimento al relativo progetto ed ai relativi costi inerenti e connessi all’attività di ricerca e sviluppo.

Ebbene, nel caso in esame, alla luce della complessità tecnica del progetto di R&S è assolutamente evidente come fosse necessaria la richiesta di un parere tecnico dell’amministrazione competente (ovvero il MISE) in assenza del quale l’atto di recupero deve ritenersi del tutto illegittimo e merita di essere integralmente annullato.

 Ciò a maggior ragione anche alla luce della considerazione che di fatto, riconoscendo i finanziamenti richiesti da Ric_1, il parere del MISE sull’eleggibilità all’agevolazione del progetto e dei relativi costi è insito nel provvedimento che lo ammette anche ai finanziamenti europei. Quindi, il progetto e i costi ad esso connessi è pacifico che fossero ascrivibili all’ambito dell’agevolazione.

La congruità era stata valutato dal Ministero che ha erogato il contributo. Tale giudizio tecnico è stato autonomamente formulato dai Verificatori prima e dagli Accertatori con motivazioni del tutto generiche senza tenere conto del fatto che si trattasse di un progetto già esaminato e autorizzato dal competente Ministero anche sotto il profilo della rendicontazione. Pertanto, le contestazioni dell’Ufficio oltre ad essere del tutto infondate, sono anche assolutamente prive di alcun valido e concreto riscontro che provi la fondatezza della ripresa.

La consulenza è stata ritenuta ammissibile, per l’ufficio era invece una consulenza amministrativa non agevolabile: A differenza di quanto sostenuto dall’Ufficio che indica tale attività “è apparsa” di natura essenzialmente amministrativa, l’attività di consulenza effettivamente svolta da Società_1 non è limitata ad attività amministrativa o di mera consulenza finanziaria,  ma, come documentato in atti, il contratto stipulato prevede vari servizi integrati, aventi per oggetto la diretta partecipazione ed il coordinamento dello sviluppo del Progetto:

Il contratto di consulenza prevede chiaramente attività strettamente connesse alla predisposizione e allo sviluppo del progetto di R&S e quindi sono pienamente ascrivibili al credito d’imposta. I compensi erogati relativi ad attività che si sarebbero potute qualificare come amministrative sono stati a monte esclusi dalla Società al momento del calcolo del credito indicato in dichiarazione (come rilevato da atti).

Entrando nel dettaglio delle attività svolte da Società_1 pertinenti e connesse al progetto di R&S si ricava chiaramente dalla relazione predisposta dal consulente che esse non sono da ricondurre ad attività amministrativa e/o di mero coordinamento per l'anno 2016.

Nell’atto di recupero si legge che non sarebbero state dimostrate le competenze tecniche del consulente e la documentazione attestante l’attività svolta non sarebbe in ogni caso sufficiente.

Tali rilievi non sono in alcun modo condivisibili.

Le competenze tecniche del consulente sono chiaramente indicate nel piano di sviluppo del progetto, nella persona del Sig. Nominativo_4 , esperto nella consulenza e nell’assistenza alle imprese nello sviluppo di piani industriali ed aziendali e nell’ideazione e realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo. Egli, quale Innovation manager è altresì iscritto all’apposito Albo istituito presso il MISE.

Respinte le contestazioni relative a personale con mansioni amministrative.

Quanto al costo di € 202.427,62 per personale dipendente (dipendenti Nom_2, Nom_1 e Nom_3) si afferma nell’Atto impugnato «…Tutti e tre i dipendenti sono stati inseriti dalla società verificata tra il personale non qualificato coinvolto nelle attività di ricerca e sviluppo. I verbalizzanti hanno rilevato che i Sigg.ri Nom_2 e Nom_1 svolgono ordinariamente mansioni amministrative. … le mansioni svolte nell’ambito del progetto non attenevano strettamente alle attività di ricerca, ma erano qualificabili come attività di supporto alla stessa relative all’espletamento di mansioni amministrative e, quindi, non eleggibili nell’ambito dei costi agevolabili».

A differenza di quanto sostenuto dall’Ufficio, l’attività svolta dai 3 dipendenti indicati non si è limitata al mero supporto o allo svolgimento di compiti amministrativi rientranti nell’ordinaria attività dei dipendenti, ma era pienamente integrata e funzionale al progetto di ricerca.

Le attività, svolte dai dipendenti Nom_2 e Nom_1, non rientrano nell'ordinarietà dei loro compiti, ma trattasi di attività di carattere straordinario svolte specificamente per il progetto di R&S così come attestato dal Capo Progetto nei rapporti ore mensili, attività che in alternativa sarebbero state svolte dai tecnici e come tali non sarebbero state contestate.

Quanto poi alla posizione del Sig. Nom_3, ha svolto attività di ricerca per l'unità di sviluppo e di supporto per i sistemi di gestione di sicurezza antincendio connessi al progetto di R&S. Come dichiarato nel processo verbale giornaliero di verifica n. 15 del 26/03/2018.

Tali costi, oggi rientrano pacificamente tra i costi del personale agevolabili, essendo stata soppressa la distinzione tra personale qualificato e non qualificato, rilevando esclusivamente il fatto che il personale sia direttamente impiegato nel progetto di Ricerca & Sviluppo.

Manuale di Frascati e personale agevolabile per le attività di R&S

In proposito il Manuale Frascati specifica che «Per identificare e distinguere il personale addetto alla R&S dal totale del personale dell’unità di ricerca che svolge attività di R&S, si può usare come riferimento il seguente elenco di compiti chiave relativi alla R&S. Il personale addetto alla ricerca e sviluppo:

-Svolge lavori scientifici e tecnici per un progetto di R&S (allestimento e realizzazione

di esperimenti o rilievi, costruzione di prototipi, etc)

-Pianifica e gestisce progetti di R&S

-Prepara relazioni intermedie e finali per i progetti di R&S

-Fornisce servizi interni per progetti di R&S (ad es. elaborazioni informatiche dedicate o lavori di biblioteca e documentazione -Fornisce supporto per l’amministrazione degli aspetti finanziari e del personale dei progetti di R&S.

In definitiva, questa Corte di Giustizia Tributaria conclude sul punto che non vi può essere alcun dubbio che il personale (Vedi in atti) fosse direttamente inserito nel progetto di ricerca, avendo svolto tutti quei compiti che chiaramente vengono individuati quale indice di coinvolgimento diretto. Ne discende che i compensi erogati per tale attività rientrano appieno nelle previsioni di cui all’art. 3 del D.L. 145/2013 e al D.M. 27/05/2015 e rientrano pertanto fra i costi oggetto della relativa agevolazione.

 

L’agenzia delle entrate è stata condannata a pagare le spese

  

256 30/5/2024 Bologna
Il parere del MISE deve essere richiesto (vinto)
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)
Contestazioni relative al personale (vinto)

Importo del credito: € 59.900,00

Attività svolta dell’impresa: “costituita nel 2001 ed iscritta da febbraio 2019 nella sezione delle PMI innovative, è società che svolge attività di consulenza tecnica ed assistenza alle imprese in materia di sicurezza sul lavoro, analisi e valutazione dei rischi ai sensi del d.lgs. 81/08 e smi. Negli anni la società si è specializzata nella valutazione del rischio da Sovraccarico Biomeccanico Lavorativo (SBL). La società svolge inoltre attività di formazione ed è ente di formazione accreditato presso la Regione Emilia-Romagna.”). In secondo luogo dalle caratteristiche personali e curriculari del suo legale rappresentate (si legge sempre nel ricorso: “Il legale rappresentante è membro di UNI (Ente Italiano di Normazione), da diversi anni all’interno della Commissione Tecnica: UNI/CT 015/GL 06 "Antropometria e biomeccanica", e dalla stessa UNI è stato nominato come “esperto” alla più rinomata Associazione ISO – International Organization for Standardization) per la commissione tecnica del gruppo ISO/TC159/SC3 “Anthropometry and biomechanics”. Da anni lo stesso collabora con l’associazione EPM -IES di ergonomia, che ha lo scopo principale di diffondere in tutto il mondo le conoscenze più avanzate in materia.”). Infine anche da precedenti depositi effettuati dalla stessa ricorrente, sempre con caratteristiche innovative (ancora dal ricorso: “La società dal 2018 ha effettuato presso il Pubblico Registro Software della Siae quattro depositi, di cui tre aventi ad oggetto dei programmi originari (Calcoli TS alta precisione; Check List – OCRA -FCL; Raccolta Dati Avanzamento Lavori – FCL – AP)”.)

Progetto di ricerca: Mentre, sotto il profilo strettamente oggettivo, appaiono convincenti le illustrazioni della innovazione consistente, in estrema sintesi, nello sviluppo di un metodo di calcolo e il relativo foglio di calcolo per la stima delle probabilità di accadimento dell'evento Malattia Professionale o Infortunio in soggetti esposti a valori di rischio variabili. Ci si riferisce al contenuto delle pagine da 3 a 9 del ricorso e ai documenti versati a corredo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il parere del Mise deve essere richiesto: Si ricorda, a tale proposito, che recentemente, la C.T.P. di Napoli (sent. 4988/2022) ha sancito che, per contestare il credito d’imposta per spese di ricerca e sviluppo, il Fisco deve chiedere il parere al MISE, pur in assenza di una specifica norma al riguardo. In buona sostanza, si riconosce che, sul piano formale, tale parere costituisce una facoltà e non un obbligo, ma diventa un atto necessario dal momento che ogni accertamento deve essere adeguatamente motivato e la motivazione non può che essere meramente apparente se di fronte a problematiche di grande complessità come quelle in questione non si fonda su valutazioni da parte di organismi tecnici. Sulla stessa scia si allineano anche la C.T.P. di Vicenza (sent. 365/2021) e la C.T.P. di Ancona (sent. 392/2021).

Il Manuale di Frascati non può essere applicato

Vero è che il periodo d’imposta in discussione (2017 - 2018 - 2019) è anteriore al riconoscimento legislativo attribuito al cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nell’anno d’imposta in questione, ma consacrato legislativamente solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n°160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1 ). Ma è altrettanto vero che il contenuto di tale Manuale ben può essere utilizzato per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo anche per anni d’imposta precedenti al 2021, pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo. Sul punto, diffusamente e con chiarezza Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, Sentenza del 21/09/2023 n. 738.

Le contestazioni relative alle percentuali di impiego del personale sono state respinte: Per contro le contestazioni sollevate dall’Agenzia non appaiono specifiche né circostanziate e neppure supportate da adeguata valutazione tecnica. Le medesime paiono incentrarsi sull’utilizzo del personale dipendente, per l’attività di sviluppo e ricerca in questione, ma a tali obiezioni dell’Agenzia pare avere dato soddisfacente risposta la parte ricorrente, con l’indicazione della percentuale di ore lavorative dedicate dalle due dipendenti nell’anno 2017 e le funzioni svolte (v. ricorso ivi pag. 18).

L’AE è stata condannata al pagamento delle spese

 

61 22/2/2024 Basilicata 2° grado
Il Manuale di Frascati deve essere applicato
E’ la stessa legge 145/2013 che prevede il requisito della novità

Importo € 83.678,00

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello va rigettato .

Questione dirimente della attuale vertenza è stabilire se la società appellante avesse o meno diritto a fruire del credito di imposta così come già originariamente stabilito dal legislatore nel DL 145/2013. A tal fine si reputa opportuno ripercorrere il testo dell’art. 3 del citato decreto, che recita: “Sono ammissibili al credito d'imposta le seguenti attivita' di ricerca e sviluppo:

  1. a) lavori sperimentali o teorici svolti aventi quale principale finalita' l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette; b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);
  2. c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacita' esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Puo' trattarsi anche di altre attivita' destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attivita' possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purche' non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo e' necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione e' troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. L'eventuale, ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi cosi' generati dai costi ammissibili;
  3. d) produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalita' commerciali.

A questo punto è necessario puntualizzare in cosa siano consistite le attività di ricerca e sviluppo che la società ricorrente assume essere state poste a fondamento della deduzione dei costi . (ATTIVITA’ DI RICERCA SVOLTA) Sulla base delle relazioni tecniche e della documentazione prodotte dalla Ricorrente_1 ( la cui attività imprenditoriale è la produzione di componenti meccanici con geometria complessa, nonché la produzione e commercio degli stessi ) esse sarebbero consistite nell’adozione di una tecnologia innovativa in grado di dare flessibilità alle configurazioni congelate in modo di allungare la vita utile delle configurazioni e ripartire i costi specifici di preparazione della fornitura su un numero maggiore di commesse…..e di dare la capacità al sistema informativo di elaborare e condividere in tempo reale i dati relativi a tutti i processi coinvolti ( descrizione desunta dalla prima relazione tecnica depositata in atti dalla stessa società Ricorrente_1) . Nella seconda relazione ( anch’essa proveniente dall’appellante ed a firma di un suo tecnico di fiducia), al fine di meglio esplicitare il contenuto della nota prima citata ( per la verità di non facile comprensione) , si specifica che “il concetto di gestione della Configurazione (termine adoperato laddove si voglia ottemperare alle norme di aeronavigabilità ed agli standard internazionali ) vuol dire saper documentare che ogni singolo prodotto è stato realizzato con gli stessi processi, macchine, strumenti e uomini che il cliente ha autorizzato tramiti un processo chiamato "validazione della configurazione". Ogni singolo scostamento della configurazione di uomini, mezzi e procedure usata per realizzare il singolo prodotto, rispetto alla configurazione autorizzata dal cliente, deve essere tracciata e autorizzata a sua volta prima della consegna” . La gestione della configurazione , sempre secondo la società appellante, prevede un articolato iter di attività, quali la “ Pianificazione dei processi produttivi (procedure, macchine, strumenti, materiali, fornitori, personale, ecc.)……la produzione dei primi pezzi, con documentazione in grado di dimostrare che la configurazione dei processi utilizzati per la produzione sia identica a quella autorizzata…….conseguente congelamento (divieto di modifica) della configurazione del processo produttivo………avvio della produzione con obbligo di rispettare e documentare l'evidenza del rispetto della configurazione di processo autorizzata.”

(LA COMMISSIONE ENTRA NEL MERITO TECNICO DELLA RICERCA)

Ciò posto, appare, prima facie, che il campo d’azione descritto dalla Ricorrente_1 come rappresentativo dell’attività di ricerca e sviluppo ex art. 3 DL 145/2013 non può assolutamente essere ricompreso tra i parametri di detta disposizione normativa. Dalla semplice lettura del comma 3 del DL citato , si desume, infatti, che l’attività in di ricerca e sviluppo , per essere riconosciuta tale, debba senz’altro costituire veicolo per la creazione di un prodotto o un servizio , intesi come risultato finale dell’intero processo produttivo , avente caratteristiche di assoluta novità rispetto al passato, sì da premiare la creatività del sistema imprenditoriale.

Tale non è la modifica della “gestione della configurazione” compiuta dalla società appellante e ciò in quanto essa riguarda , sostanzialmente, una variazione nella catena del processo manufatturiero che non incide sul prodotto finale ,connotandolo di novità e creatività, ma è funzionale alle esigenze di contenere e meglio indirizzare i costi e benefici imprenditoriali .

D’altronde è la stessa società che, nelle relazioni tecniche depositate, specifica che “Il miglioramento significativo scaturisce dall'impiego di algoritmi più sofisticati di quelli presenti sul mercato, che producono automazioni nuove nel settore della lavorazione meccanica” con ciò confermando che, in buona sostanza, la nuova attività sarebbe consistita in una variazione, utile all’azienda, dei sistemi informatici usati nella produzione. Va osservato che il mutamento delle “configurazioni congelate” appare non finalizzato ad ottenere un quid novum ma semplicemente un vantaggio finanziario per l’impresa , cos’ come desumesi dal passaggio descrittivo compiuto nella seconda relazione tecnica in cui si asserisce che “Nel caso specifico di Ricorrente_1 le configurazioni comprendono i cicli di produzione,con durate che vanno da qualche giorno fino a settimane intere. Una validazione di questo tipo ha costi elevati, soprattutto per una piccola impresa che non ha personale dedicato a queste attività e non lavora pezzi di serie. Non lavorare pezzi di serie vuol dire che i costi di validazione devono essere ammortizzati su pochi numeri, determinando un prezzo fuori mercato”.Ed ancora “Si puntualizza che lo scopo non ha previsto la commercia lizzazione dei risultati della ricerca, ma il loro utilizzo per migliorare significativamente i processi in ottica di vantaggi o competitivo in un settore in cui la concorrenza è costituita da imprese medio grandi insediate in territori industrialmente avanzati rispetto a quello locale in cui è sita Ricorrente_1.”

(E’ LA STESSA LEGGE CHE PREVEDE IL REQUISITO DELLA NOVITA’)

Né utile è il richiamo alle lettere b e c dell’art. 3 DL ove si menziona , tra le attività qualificate, quelle di “ ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ….o acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacita' esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati.”. Ciò in quanto, come già detto prima, l’attività di ricerca deve necessariamente sfociare, per essere tale, in un prodotto finale ( sia esso bene o servizio) che abbia carattere di novità .

Coerentemente con quanto detto, d’altronde, si pone il successivo comma 4 dell’art. citato ove si legge che “Non si considerano attivita' di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti”. (RICHIAMO AL MANUALE DI FRASCATI)  Infine, a definitiva conferma di quanto sopra sostenuto non può non richiamarsi il contenuto del cd. Manuale di Frascati - compilato a seguito dei lavori svolti dagli esperti dell'Ocse e dal Società_2 in ordine all’individuazione dei requisiti per definire un attività di ricerca e sviluppo - e posto a fondamento dallo stesso legislatore , nelle versioni del DL 145/2013 successive alla sua primigenia emanazione, per analizzare i requisiti essenziali per usufruire del beneficio . L’ appellante, nel corso della processo, ha rappresentato che l’attività di ricerca ha sostanzialmente riguardato la creazione di algoritmi ad intregrazione dei software delle varie macchine utensili, costituiti essenzialmente dal software Società_3. Orbene il Manuale di Frascati,nel prevedere quali attività siano agevolabili e chi possa godere del credito d’imposta, esclude, senza lasciare adito a interpretazioni soggettive, che le attività correlate al software di natura ordinaria possano essere considerate di ricerca e sviluppo ( cfr. Circolare del MISE n. 59990 del 09/02/2019, che interpreta la suddetta normativa proprio con riguardo alla sua applicazione nel settore software).

Né spazio alcuno può riconoscersi, come invece appare fare la società appellante, al fatto che il rinvio recettizio al predetto manuale sia stato previsto da leggi emanate in epoca successiva all’anno in cui la Ricorrente_1 ha posto in essere la sua presunta attività di ricerca: essendovi stata - con il rinvio del legislatore al predetto Manuale di Frascati - un attività interpretativa della sfera di applicabilità dell’originario DL , non si intravvede alcuna ragione per ritenere tale fonte non applicabile al caso di specie, essendo la norma interpretativa , per sua natura, applicabile sia per casi futuri che per fattispecie temporalmente pregresse la sua emanazione.

Il suesposto rigetto dell’ argomentazione eccepita dal ricorrente , assorbe l’esame degli altri motivi d’appello .

 

 


GENOVA 2023.790 del 4/12/2023

Importo € 36.246,00

Impresa di trasporti che ha anche introdotto un software

RICORSO VINTO

Il Manuale di Frascati non viene applicato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Il Decreto Legge 145/2013 ha previsto la possibilità di crediti fiscali per determinate “attività agevolabili” che ricomprendono le attività di innovazione e in particolare la cosiddetta “innovazione di processo”, che consiste, per espressa previsione, nella applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato inclusi cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature e nel software.

Tale definizione, oltre che dalla legge, è prevista dal combinato disposto della Circolare n. 5E/2016 dell’Agenzia delle Entrate, punto 2.1, che a sua volta rinvia alla disciplina degli “aiuti di Stato a favore di ricerca sviluppo e innovazione” di cui alla comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/1).

(AZIENDA DI TRASPORTI) Nel caso di specie, come si evince dalla relazione illustrativa del progetto di “Ricerca e Sviluppo” redatto nell’anno 2017 (cfr. all. 3 di parte ricorrente, documentazione prodotta e non specificamente contestata nei contenuti), la ricorrente opera da diversi anni principalmente nel settore dei trasporti di molteplici varietà di prodotti, della veicolazione di pasti e nei servizi di pulizia, sia civile che industriale.

(INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA CON UN NUOVO SOFTWARE) Al fine di velocizzare e rendere efficiente l’esecuzione dei sopra visti servizi, e mantenere una posizione di mercato strategica, a far data dal 2017 Ricorrente_1 ha deciso di migliorare la propria competitività, attraverso l’offerta di un servizio di trasporto e logistica personalizzato, specifico ed innovativo. Per realizzare tale progetto, la società ricorrente ha elaborato e realizzato nuove modalità operative, introducendo elementi innovativi non soltanto idonei a garantire una più funzionale organizzazione del lavoro, ma anche ad apportare veri e propri cambiamenti pratici nella metodologia di lavoro degli stessi addetti al servizio. Nell’ambito del citato progetto, la società ricorrente si è, così, dotata di un complesso Software dedicato alla gestione “integrata” di tutti gli aspetti amministrativi, manutentivi e logistici afferenti la flotta di automezzi aziendali, utilizzati dalla Cooperativa per l’espletamento dei servizi tanto di pulizia, che di trasporto e veicolazione pasti. Inoltre, sempre nell’ambito di tale progetto, nell’anno 2017 la società ricorrente ha dedicato una parte delle ore lavorative di alcuni soci lavoratori (selezionati in base agli anni di esperienza in azienda e alla qualifica di “responsabile del servizio di trasporto”) alla formazione finalizzata al funzionamento e all’utilizzo del Software in questione.

Ritiene questa Corte che già la sola adozione del sw costituisce un grado di innovazione nell’ambito del processo di servizio a cui è conseguita la riorganizzazione dell’intero sistema, tutte attività che possono essere ricondotte nell’ambito delle attività agevolabili.

Il ricorso va quindi accolto con annullamento dell’atto impugnato

La mancata risposta alle richieste dell’Agenzia da parte della ricorrente, circostanza che ha poi determinato


CAMPANIA 2023.6212 del 9/11/2023

Importo € 124.524,52

Innovazione dei processi aziendali

RICORSO VINTO

Il parere del Mise deve essere richiesto

MOTIVI DELLA DECISIONE

(Il PARERE DEL MISE DEVE ESSERE RICHIESTO). L’impugnazione proposta è infondata e pertanto meritevole di rigetto. Ed invero, come già statuito anche da questa Corte in fattispecie analoga (cfr. sentenza n. 3780/2023 depositata il 15.06.2023), se da un lato è vero che l’art. 8, comma 2 del D.M. 27/05/2015, contempla solo una facoltà dell’Ufficio di chiedere al competente Ministero di esprimere un parere in ordine a valutazioni di carattere tecnico, dall’altro lato, a fronte di problematiche tecniche di complessità non trascurabile, tale facoltà avrebbe dovuto essere esercitata.

In tal senso si è pronunciata condivisibile giurisprudenza di merito (cfr. Ctp la Spezia Sez. 1 Sentenza n. 276 del 16.09.2022, Ctp Vicenza 365/03/2021, Ctp Ancona 392/02/2021, Ctp Napoli 4988/30/2022; Ctp Roma 5918/22/2022) e, in qualche fattispecie (cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sez. Il, sent., 11 agosto 2021, n. 392), è stata financo evocata la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art. 3, comma 14 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.

In particolare, in una fattispecie quale quella in esame, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto rivendicare il possesso di conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una congrua e tecnicamente appropriata disamina circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta e, in assenza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto sebbene in via facoltativa (ossia, dal Ministero dello Sviluppo Economico), le pur articolate motivazioni esposte nell'atto di recupero (sostanzialmente replicate nelle argomentazioni difensive) “si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva” (così, Comm. trib. prov. Campania Napoli, sez. XXX, sent., 2 maggio 2022, n. 4988).

(LA DITTA HA PRESENTATO UNA PERIZIA) Peraltro, nel caso che ci occupa, la società contribuente ha depositato ben due perizie giurate, a firma del Prof. Nominativo_1 e dell’Ing. Nominativo_2, le cui argomentazioni non sono state adeguatamente confutate dall’Ufficio sotto il profilo squisitamente tecnico.

(IL PROGETTO DELL’AZIENDA – INNOVAZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI) Deve quindi convenirsi nel ritenere che lo scopo principale della MOVI SYSTEM AUTOMATION s.r.l., attraverso il progetto Intra-Muros 2018, sia stato quello di promuovere e realizzare un progetto innovativo per ottimizzare i processi aziendali, migliorare i processi di produzione/assemblaggio, ossia lo sviluppo di metodologie non disponibili sul mercato, ovvero mutuate da altri settori tecnologici, e che i risultati conseguiti durante lo svolgimento del processo di realizzazione del progetto abbiano contribuito ad accrescere il livello complessivo del know-how aziendale, vale a dire in ultima essenza allo sviluppo e l’innovazione del settore.

Tale scenario è, pertanto, in perfetta sintonia con la ratio delle agevolazioni previste per gli investimenti in R&S sanciti dall’art.3 del D.L. 23 dicembre 2013, n.145 e dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (decreto attuativo), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015, nonché ulteriormente specificati dall’Agenzia delle Entrate nelle circolari n.5/E del 16 marzo 2016 e n.13/E del 27 aprile 2017.

Ne deriva, dunque, che il gravame spiegato dalla parte appellante non può trovare accoglimento in quanto infondato e l’atto di appello appare, conseguentemente, meritevole di rigetto, derivandone la conferma dell’impugnata sentenza.

In considerazione dell’assoluta novità delle questioni trattate, si ritengono sussistenti giusti motivi per compensare le spese di lite.


MARCHE 2023.728 del 21/9/2023 -  SECONDO GRADO

RICORSO VINTO

Importo € 32.157,00

Richiamo al principio “tempus regit actum”; devono essere applicate le norme in vigore all’epoca, quindi niente manuale di frascati.

Principio specifico per le agevolazioni tributarie rappresentato dal divieto di applicazione analogica di giudicati, di norme o prassi similari.

Il manuale di Frascati non viene citato dalla legge in vigore nel 2015-2016, è stato richiamato solo con la legge n.160 del 2019.

Il credito d’imposta è stato considerato non dovuto e no inesistente, i termini per i controlli è di 5 anni.

Registrazione di disegni e modelli di utilità, brevetto di utilità industriale. Non è necessario un brevetto per invenzione – Il ricorso è stato accolto.

La contestazione della congruità deve essere adeguatamente motivata.

Difetto di motivazione, il ricorso è stato respinto.

Abuso di potere, il ricorso è stato respinto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con tempestivo atto di appello del 07.07.2022, depositato nella segreteria di questa Corte in data 21.07.2022 la (...) srl società appellante, ha impugnato la sentenza n. 246/01/2022 depositata in data 11.04.2022 dalla CGT I° G di Ancona chiedendone in via principale, l'integrale riforma e la conseguente declaratoria di nullità integrale o comunque di annullamento dell'atto di recupero impugnato; in via subordinata, qualora una parte dei costi risultassero inammissibili all'agevolazione, una coerente rideterminazione del recupero d'imposta corrispondente ai costi ritenuti ammissibili, ferma restando l'annullamento della pretesa sanzionatoria; in via gradata di ulteriore subordine, anche in caso di rigetto solo parziale del gravame, dichiarare non dovute le sanzioni, ovvero dichiarare le sanzioni applicabili nella misura del 30% e con tutti i benefici e le riduzioni di legge anche in elazione alla sproporzione di quelle applicate. Il tutto con vittoria delle spese per entrambi i gradi di giudizio.

Si è costituita in giudizio depositando articolate controdeduzioni l'appellata Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Ancona in data 06.10.2022 chiedendo, in conclusione, il rigetto dell'appello e la condanna del ricorrente alle spese di lite del presente grado di giudizio.

In data 28.11.2022, l'appellante ha depositato documentazione integrativa riguardante: la giurisprudenza in materia, una perizia asseverata, e una dispensa del MISE sui brevetti. Ancora in data 09.12.2022 l'appellante ha depositato una memoria di sintesi e di replica richiamandosi alle conclusioni rassegnate con l'atto di appello, che qui possono così sintetizzarsi: tardività e decadenza del recupero; difetto di motivazione; abuso di potere; infondatezza nel merito; invalidità dell'irrogazione sanzionatoria per difetto di motivazione; mancata applicazione delle esimenti; inapplicabilità della sanzione irrogata nella misura del 100% in luogo della sanzione per indebita compensazione pari al 30%; diniego delle attenuanti di legge circa l'applicazione delle sanzioni; ingiusta condanna alle spese. Per effetto del principio devolutivo l'appellante ha riproposto dinanzi a questa Corte tutte le domande del gravame presentato dinanzi al primo giudice e non accolte nella sentenza impugnata che ha rigettato integralmente il ricorso. La complessità degli atti di appello e di controdeduzione impone al giudicante una ricostruzione dettagliata per una migliore comprensione della vicenda per cui si rende necessario ripercorrere in punto di fatto i principali accadimenti che hanno caratterizzato la vicenda processuale. Premesso che a norma dell'art. 8 del D.M. 27 maggio 2015 "Attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo" (GU n.174 del 29-7-2015) L'Agenzia delle Entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al predetto beneficio, in data 31.03.2021 l'ADE ha inviato tramite PEC una richiesta dati e documentazione a norma dell' art. 32 d.p.r.600773 e 51 d.p.r. 633/72 alla società (...) srl.

(CREDITO D’IMPOSTA DI € 32.157,00 RELATIVO AL 2015)

La richiesta era finalizzata all'esame e riscontro della documentazione comprovante il diritto all'ottenimento del credito d'imposta maturato nel periodo d'imposta chiuso al 31.12.2015 (Unico SC 2016); credito che la società ha scomputato in detrazione attraverso la presentazione del modello F24 nel periodo di imposta 2016, col codice tributo 6857, (credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo) per l'importo di Euro 32.157,00.

In risposta alla richiesta formulata dall'Ufficio, con specifico riferimento al credito d'imposta utilizzato nell'anno d'imposta 2016, la contribuente ha presentato la seguente documentazione: relazione tecnica; schede presenze personale e collaboratori qualificati e non; lettere di incarico; contratti di ricerca e relative fatture; prospetti per il calcolo dell'ammortamento degli strumenti di laboratorio e relative fatture di acquisto (per le annualità in cui rilevano); prospetti di calcolo del credito di imposta per R&S spettante; certificazione del revisore di effettività dei costi sostenuti per il credito di imposta per R&S.

Dall'esame della documentazione prodotta l'ufficio addiveniva alla convinzione che l'attività di ricerca svolta dalla contribuente nell'ambito dei progetti in questione non rispettasse i requisiti richiesti per poter accedere alle agevolazioni in materia di ricerca e sviluppo previste dall'art. 3 del D.L. 145/2013, non essendo possibile evincere dalla relazione tecnica esibita "... né il requisito della novità, né la presenza del rischio di insuccesso tecnico (oltreché di tipo finanziario), non essendo individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico non superabile sulla base dello stato dell'arte del settore e che avrebbe reso necessario lo svolgimento di lavori di ricerca e sviluppo".

Pertanto con atto di recupero n. (...)/2021 notificato in data 31.05.2021 alla società appellante è stato disconosciuto, in quanto ritenuto inesistente, il credito d'imposta per Ricerca e Sviluppo, pari ad Euro 32.157,00, previsto e beneficiato secondo l'appellante, ai sensi e per gli effetti della disposizione contenuta nell'art. 3 del D.L. 145/2013 conv. con L. 190/2014. Tale credito esposto dalla società nel quadro RU della dichiarazione dei redditi presentata per l'anno d'imposta 2015 è stato dalla stessa società interamente utilizzato in compensazione nel successivo anno d'imposta 2016.

Contestualmente al recupero del credito d'imposta L'Agenzia delle Entrate ha irrogato la sanzione prevista dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997 con pena edittale (rafforzata) dal 100% al 200%, dei crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione.

Motivi di impugnazione

L'appello ed i motivi di impugnazione.

La contribuente ha impugnato l'atto di recupero dinanzi al giudice di prime cure eccependo:

1) Tardività del recupero e decadenza dall'azione di accertamento. Nel merito illegittimità del recupero, nella convinzione che l'indebito utilizzo del credito d'imposta non sia classificabile nella categoria dell'" inesistenza", ma semmai in quella della "non spettanza" dei crediti contestati, con la conseguenza che nel caso di specie non è applicabile il termine lungo di otto anni previsto dall'art. 27, comma 16, del D.L. 185/2008, per il recupero dei crediti "inesistenti", dovendosi applicare il termine ordinario quadriennale per l'accertamento previsto dall'art. 43 del DPR 600/73 vigente ratione temporis, (2015) con la conseguenza che l'atto di recupero impugnato sarebbe tardivo in quanto emesso oltre il termine del 31.12.2020; termine fissato altresì dall'art. 157, comma 1, del D.L. 34/2020 per gli atti non indifferibili o non urgenti, per i quali i termini decadenziali, calcolati senza tener conto della sospensione per l'emergenza sanitaria prevista dall'art. 67, comma 1, del D.L. 18/2020, scadevano tra l'8 marzo 2020 e il 31.12.2020.

2) Difetto di motivazione l'atto di recupero é immotivato in quanto basato unicamente su mere opinioni personali di "operatori tributari" privi delle competenze tecniche e scientifiche necessarie a valutare i progetti di ricerca". Infatti a riprova della esattezza della propria tesi l'appellante stigmatizza come le relazioni tecnico-esplicative prodotte dalla Società in risposta all'invito dell'Ufficio e riversate in atti processuali siano assolutamente precise e dettagliate e certamente evidenziano tutti gli elementi innovativi di ciascun progetto; le relazioni tecniche prodotte specificano anche in modo chiaro le innovazioni rilevanti ed i miglioramenti significativi raggiunti nei progetti di ricerca e sviluppo interessati dal credito d'imposta recuperato.

3) L'appellante denuncia "abuso di potere" dell'Agenzia delle Entrate in relazione ai poteri di controllo esercitati in quanto i poteri ispettivi normativamente riconosciuti all'Ufficio sarebbero circoscritti al solo riscontro dell'effettivo svolgimento delle attività di R&S ed alla verifica del sostenimento dei relativi costi che ne danno diritto, mentre sarebbero riservate "al MI.S.E. eventuali valutazioni di elevata complessità tecnico/scientifica riguardanti il merito della ricerca e dei risultati raggiunti e, quindi, del diritto all'accesso del credito d'imposta.

4)Infondatezza dell'atto di recupero impugnato nel merito perché tutti e tre i progetti realizzati, che hanno dato vita al credito d'imposta attraverso l'attività di R&S, sarebbero pienamente agevolabili nonché debitamente ed esaustivamente documentati. In particolare, a comprovare i profili di novità necessari per l'ammissibilità all'agevolazione, Controparte deposita le privative industriali ottenute dalla società: Per i progetti 1 ("asta diritta") e 2 (supporto per chitarra"), l'Attestato di registrazione per disegno e modello ornamentale n. (...) Per il progetto 3 ("cavalletto di supporto") il brevetto per modello di utilità industriale n. 20201500008856. A corredo della ricerca svolta la società, inoltre, ha prodotto una apposita relazione tecnica a cura della società (...) s.p.a., redatta in data 21.07.2021, nella quale i tre progetti in questione vengono dettagliatamente descritti, anche con illustrazione fotografica, nelle diverse fasi di ideazione, progettazione, sperimentazione e realizzazione del prodotto finale, evidenziando per ciascun progetto le caratteristiche di novità, creatività, incertezza dei risultati, sistematicità e riproducibilità che, secondo la relatrice peritale, integrerebbero i requisiti necessari per l'ammissibilità all'agevolazione R&S anche secondo le linee guida fornite dal "Manuale Frascati". Nel merito quindi, ritenendo di aver pienamente rispettato gli obblighi documentali richiesti per fruire dell'agevolazione, lamenta la pretestuosità, l'inconferenza e l'irrilevanza delle censure mosse dall'Ufficio in ordine alla insufficienza e/o inattendibilità probatoria della documentazione prodotta, ritenendo infondate anche le anomalie contestate dall'Ufficio in merito all'incongruità dei costi di verniciatura dei prototipi e delle spese sostenute per la certificazione contabile dei costi di ricerca e sviluppo.

5) In fine l'appellante contesta l'illegittimità dell'irrogazione sanzionatoria per difetto di motivazione circa l'inesistenza del credito utilizzato in compensazione, qualificabile semmai come "non spettante"; lamenta inoltre la mancata applicazione delle esimenti previste dall'art. 6, commi 1 e 2, del D.Lgs. 472/1997 (obiettiva incertezza normativa) e dall'art. 10, comma 2, della L. 212/2000 statuto dei diritti del contribuente in materia di tutela dell'affidamento e della buona fede.

6) Contesta in fine la condanna alle spese di giudizio perché ritenuta ingiusta in relazione alla normativa richiamata ed alla incertezza di applicazione della stessa laddove il comportamento della società fosse

confermato illegittimo.

(CONTRODEDUZIONI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE)

Le controdeduzioni ed i motivi di resistenza.

L'appellata Agenzia delle Entrate D.P. si è costituita in giudizio attraverso le proprie controdeduzioni ed ha insistito per:

1) la piena tempestività dell'accertamento operato in quanto emesso per il recupero di crediti da ritenersi a tutti gli effetti "inesistenti" secondo la definizione puntualmente prevista dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997.

2) L'esaustività e completezza della motivazione dell'atto impugnato, rilevando invece l'insufficiente assolvimento da parte della società contribuente dell'onere probatorio sullo stesso gravante di comprovare la ricorrenza di tutti i requisiti necessari per l'ammissibilità dei costi sostenuti per fruire del credito d'imposta, rimarca l'insufficienza probatoria non sanata neanche con la ulteriore documentazione prodotta in giudizio, ritenuta comunque tardiva.

3) resiste e contesta l'illogicità e l'infondatezza dell'eccezione di abuso di potere per la mancata acquisizione del parere tecnico del MISE (invero previsto dalla norma in via meramente facoltativa e solo per i casi tecnicamente più complessi).

4) Resiste nel merito, per l'assenza dei requisiti necessari per l'ammissione al credito d'imposta controverso dei tre progetti di ricerca che, lungi dall'essere particolarmente innovativi o risolutivi di problematiche scientifiche e/o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe stata possibile sulla base dello stato dell'arte del settore di riferimento, appaiono piuttosto costituire semplici adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, pur in presenza di miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.

Ritiene non rilevanti le privative industriali esitate dalla appellante (brevetto per modello di utilità industriale per il progetto "Cavalletto di supporto" e attestato di registrazione per disegno e modello ornamentale per i progetti "Asta diritta" e "Supporto per chitarra" considerandole, viceversa, quali elementi a sostegno della valutazione effettuata dall'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate in ordine allo scarso profilo di innovatività dei progetti a cui si riferiscono.

5) Afferma la piena legittimità delle sanzioni irrogate, perché specificatamente previste in caso di crediti inesistenti, nonché l'assenza dei presupposti per l'applicazione delle esimenti o delle riduzioni invocate dalla contribuente.

(LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA IMPUGNATA)

Il giudice di prime cure attraverso l'impugnata sentenza ha affrontato e deciso tutte le questioni sollevate col ricorso introduttivo secondo il seguente iter logico-giuridico che può così riassumersi:

  1. a) In merito alla invocata decadenza dal potere di accertamento reputa il Collegio che l'Ufficio non è decaduto dal potere di accertamento dal momento che, nel caso di specie, in considerazione della natura di mero accertamento dell'atto di recupero impugnato e dell'oggetto del recupero impositivo - relativo a crediti ritenuti inesistenti per cui, a giudizio del primo giudicante il recupero operato dall'Ufficio trae fondamento da un controllo di tipo sostanziale e non meramente cartolare, come del resto si desume dal citato l'art.27, comma 16, del D.L. 185/2008, che espressamente estende fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione il termine per la notifica dell'atto di recupero nei casi in cui il credito indebitamente utilizzato in compensazione sia risultato inesistente.
  2. b) Infondata è, altresì, l'eccezione di nullità per carenza di motivazione, dal momento che la mera disamina dell'atto di recupero consente di verificarne l'adeguata motivazione, in quanto lo stesso si profila sufficientemente esplicativo delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa impositiva.
  3. c) Ad analoghe conclusioni deve giungersi relativamente alla asserita carenza di potere in capo all'Ufficio e di abuso di potere in ordine all'accertamento.
  4. d) Passando al merito, nella sentenza impugnata il giudicante ha tenuto nella debita considerazione i chiarimenti interpretativi ripetutamente offerti dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall'Amministrazione Finanziaria con la Circolare 5/E del 16 marzo 2016 - par. 2.2.1, la quale precisa che l'elencazione delle attività ammesse al credito di imposta debba ricalcare sostanzialmente le "Definizioni" riportate nel paragrafo 1.3, punto 15, della vigente "Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione" di cui alla Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 (pubblicata nella GUUE C/198 del 27 giugno 2014) relative, rispettivamente, alle già citate categorie di "ricerca fondamentale" (lettera m), "ricerca industriale" (lettera q) e allo "sviluppo sperimentale" (lettera j). In buona sostanza il primo giudice secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel cosiddetto Manuale di Frascati.

Tanto premesso, appare altresì importante sottolineare che erra il ricorrente oggi appellante allorquando sostiene la illegittimità della verifica condotta dall'Ufficio in ordine alla sussistenza dei presupposti per usufruire dell'agevolazione, essendo legittimo da parte dell'agenzia delle Entrate operare un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che fa valere il credito di imposta, apprezzabili e verificabili anche senza il necessario apporto di "esperti" o di tecnici del settore. Il primo giudice, quindi, nell'analizzare la documentazione versata in atti in relazione al dettato normativo (art.3 d. l.145/2013) ha da un lato rilevato la conformità formale dei tre progetti realizzati dalla (...) S.r.l. ai requisiti richiesti dalla normativa richiamata negli atti di causa, tuttavia dall'altro ha ritenuto l'attività di ricerca e sviluppo svolta e documentata, non idonea a dimostrare l'effettivo impiego del personale interno in attività di ricerca e sviluppo e, soprattutto, non consente di annoverare i progetti tra quelli di carattere innovativo per i quali è concessa la agevolazione, non rientrando nell'elenco dell'art.3 del D.L. 145/2013; in definitiva la Corte di primo grado reputa che i progetti realizzati dalla società ricorrente siano in realtà privi del requisito della "innovatività". Ne consegue che può fondatamente reputarsi che i progetti "asta diritta", "supporto per chitarra" e "cavalletto di supporto" costituiscano meri adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, anche se lo stesso giudice rileva che i progetti esprimono miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.

5) Relativamente al motivo di gravame inerente le sanzioni irrogate nell'atto di recupero, il primo giudice considera il credito d'imposta inesistente e di conseguenza reputa legittima la sanzione irrogata concludendo che deve intendersi inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articoli 36-bis e 36-ter e al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 54- bis"; conclude in fine " che sussistendo nel caso di specie entrambi i presupposti richiesti dalla richiamata norma sanzionatoria, atteso che i tre progetti erano privi ab origine dei requisiti necessari ai fini del riconoscimento del credito di imposta la sanzione irrogata nell'atto di recupero deve considerarsi legittimamente applicata.".

Questa Corte letti tutti gli atti del processo udite le parti come rappresentate ed intervenute alla pubblica udienza come da processo verbale redatto chiusa la discussione orale trattiene la causa per la sentenza, riservandosi la decisione.

All'esito della odierna camera di consiglio, la Corte, a scioglimento della riserva che precede osserva:

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello merita parziale accoglimento nei limiti di questa motivazione.

La vicenda processuale che la Corte è chiamata a risolvere concerne la speciale normativa di agevolazione tributaria che riconosce un credito d'imposta alle imprese che svolgono attività di "ricerca e sviluppo" nel periodo d'imposta (2015). Le complesse vicende di legittimità e di merito che caratterizzano la contesa tanto in ordine all'"an" dell'agevolazione che al "quantum" e per le relative domande ed eccezioni sollevate, richiedono da parte del giudicante una analisi dei fatti e della normativa applicabile al caso di specie.

(RICHIAMO AL PRINCIPIO “TEMPUS REGIT ACTUM”; DEVONO ESSERE APPLICATE LE NORME IN VIGORE ALL’EPOCA, QUINDI NIENTE MANUALE DI FRASCATI)

Secondo il principio generale del "tempus regit actum", che governa il processo tributario, sulla scorta degli insegnamenti della Corte Costituzionale, anche in relazione allo ius superveniens, le valutazioni della legittimità della richiesta di credito d'imposta formulata dal contribuente e quella dell'atto di accertamento (ergo recupero) emesso dall'Agenzia delle Entrate vanno ricondotte con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento delle loro adozioni; vedasi al riguardo (Corte Costituzionale Sent. 49del 2016; Sent.30 del 2016; Sent. 151 del 2014, principio confermato dalla Corte di Cassazione in materia tributaria con giurisprudenza consolidata vedi ex multis Cass. Civ. sent. 3633 /2015; 1476/2015 27525/2014; 15016/2014; 24998/2013.

Ne consegue, quindi, che il giudice è sempre chiamato ad applicare alla fattispecie scrutinanda la normativa pro-tempore vigente ed applicabile per il periodo di imposta oggetto di giudicato.

(PRINCIPIO SPECIFICO PER LE AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE RAPPRESENTATO DAL DIVIETO DI APPLICAZIONE ANALOGICA DI GIUDICATI, DI NORME O PRASSI SIMILARI)

In aggiunta a tale principio generale al caso di specie si applica altresì un ulteriore principio specifico per le agevolazioni tributarie rappresentato dal divieto di applicazione analogica di giudicati, di norme o prassi similari, principio ormai consolidato presso il giudice di legittimità; vedi al riguardo: (Cass sez. Trib. Ordinanza n. 14781 del 10.05.2022).

Orbene nel caso di specie l'agevolazione afferente il credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, di cui è processo, riguarda il periodo di imposta 2015, (periodo di determinazione) nonché il periodo d'imposta 2016 periodo in cui è stato scomputato in detrazione il credito mediante l'utilizzo diretto con il modello F24.

Con riferimento al periodo di imposta (2015-2016) la normativa in vigore per il credito d'imposta R&S era regolamentata dall'articolo 3 del D.L. 145 del 23.12.2013 (G.U.300 del 23.12.2013, convertito nella legge n.9 del 21.02.2014 e successivamente modificato dall'Art. 1 della legge n.190 del23.12.2014 con vigenza al 01.01.2015; norma rimasta in vigore fino al 31.12.2016.

Il predetto art. 3 al comma 14 prevede l'emanazione di una normativa regolamentare, per l'applicazione pratica del credito d'imposta, rimandando, quindi, ad uno specifico decreto attuativo che per quanto qui di interesse è stato emanato tempestivamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in data 27 maggio 2015 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 174 del 29 luglio 2015 (attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo).

Pertanto la richiamata normativa applicabile nel periodo di imposta interessato (2015-2016) si completa in fine con la prassi di riferimento, nella circolare n. 5 del 16 Marzo 2016 emanata dalla Agenzia delle Entrate a beneficio degli uffici finanziari e dei contribuenti per una agevole ed uniforme applicazione della nuova normativa riguardante le agevolazioni per il credito d'imposta di attività di ricerca e sviluppo.

Al riguardo, la circolare dell'ADE n.5 del 2016 (citata) fornisce a giudizio di questo giudice, una puntuale e condivisibile ricostruzione della normativa applicabile ratione temporis (2015) al credito d'imposta R&S.

In particolare considerate le modifiche che hanno interessato il predetto art. 3 D.L.145/13 fin dalla sua emanazione , risulta puntuale e condivisibile la considerazione svolta nella premessa di detta circolare in cui si legge: (Pag.4 della circolare 5/16): "A seguito delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2015, il "nuovo" credito di imposta per la copertura finanziaria non si avvale dei fondi strutturali comunitari, ma, tra l'altro, delle risorse liberatesi per effetto della cessazione, alla data del 31 dicembre 2014, del "credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati" di cui all'articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, e del credito di imposta per ricerca e sviluppo di cui all'articolo 1, commi da 95 a 97, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (misura, quest'ultima, anch'essa mai attuata). Il "nuovo" credito di imposta, non soggiacendo più alla limitazione delle risorse, determinata, in passato, dal finanziamento connesso all'utilizzo dei fondi strutturali europei, si caratterizza per una più rapida possibilità di fruizione da parte dei beneficiari, in quanto non è riconosciuto - come nella precedente formulazione - a seguito della presentazione di un'apposita istanza per via telematica, ma è concesso in maniera automatica, a seguito della effettuazione delle spese agevolate. Il novellato articolo 3 riconosce, per i periodi di imposta a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo in corso al 31 dicembre 2019, a tutte le imprese - senza limiti di fatturato e indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato - che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, un credito di imposta pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015."

La normativa applicabile alla agevolazione R&S per il periodo d'imposta (2015-2016) sarà pertanto la seguente:

- Art. 3 del d.l. 145/2013 nel testo novellato dall'art.1 c. 35 L. 190/2014 che al Comma 1 così dispone: "A tutte le imprese indipendentemente dalla forma giuridica dal settore economico in cui operano nonché dai regimi contabili adottati che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 è attribuito un credito d'imposta nella misura del 25% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedente a quello in corso al 31 dicembre 2015";

- D.M. 27.05.2015 che per quanto riguarda l'aspetto applicativo della legge (art.3 d.l. n. 145/13), e sulla stregua del comma 14 del predetto art. 3 che richiede l'emanazione di uno specifico decreto ministeriale secondo cui: "con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il ministro dello sviluppo economico sono adottate le disposizioni applicative necessarie nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute le cause di decadenza e revoca del beneficio le modalità di restituzione del credito d'imposta di cui l'impresa ha fruito indebitamente" (comma 14 cit.). Pertanto sulla scorta del D.M. emanato dal ministero dell'Economia e delle Finanze in data 27.05.2015 (G.U.n.174 del 29.07.2015), in attuazione del regolamento per la fruizione del credito d'imposta per attività di R&S l'articolo 2 del citato decreto circoscrive il perimetro delle attività ammissibili a fruire del beneficio del credito d'imposta R&S; la lettera B dell'art. 2 del D.M. precisa che sono ammissibili le attività di: "ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi necessari per la ricerca industriale ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c;. Dal tenore letterale delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti ratione-temporis nonché dalle disposizioni contenute nel decreto ministeriale citato, appare evidente come anche l'attività di R&S rivolta ad ottenere "un miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti" rientri fra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio della speciale norma tributaria.

Tanto premesso, quindi, occorre quindi, gradatamente individuare e definire nello specifico e, secondo il giudizio di questa Corte, analizzando caso per caso, l'attività in concreto posta in essere dall'impresa che richiede l'agevolazione, al fine per comprendere se l'attività posta in essere ed i risultati raggiunti contengano tutti gli elementi legali per essere legittimamente identificata in una attività di "ricerca e sviluppo" agevolabile anche quando sia rivolta al miglioramento di prodotti o processi già esistenti in azienda.

(IL MANUALE DI FRASCATI NON VIENE CITATO DALLA LEGGE IN VIGORE NEL 2015-2016, È STATO RICHIAMATO SOLO CON LA LEGGE N.160 DEL 2019)

Al riguardo un contributo tecnico alla materia così complessa e difficile è stato fornito dal cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nel 2015-2016 ma che ha trovato una postuma consacrazione legislativa solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n.160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1), (legge di previsione del bilancio dello Stato per il triennio finanziario 2020-2022) in cui il legislatore a far data dal 2021, al fine di agevolare l'applicazione del novellato articolo 3 d.l.145/13 modificato a far data dall'01.01.2020 dopo l'ennesima modificazione subita dalla tormentata norma attraverso (L.n.160/2019) il legislatore ha avvertito la necessità di meglio circoscrivere il campo di attività di R&S nel perimetro indicato attraverso la disposizione di legge richiamata del citato comma 200 il quale al riguardo dispone che: "Sono considerate attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente alle lettere m) q) e j) del punto 15 del paragrafo1.3 della comunicazione della commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 concernente la disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da pubblicare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono dettati i criteri per la corretta applicazione di tali definizioni tenendo conto dei principi generali e dei criteri contenuti nel manuale di Frascati dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Ai fini della determinazione della base di calcolo del credito d'imposta sono considerate ammissibili nel rispetto delle regole generali di effettività pertinenza e congruità.

La modificazione della portata della norma agevolativa per il triennio 2020-2022 e l'emanazione della nuova normativa se da un lato hanno contribuito a chiarire la portata e l'ambito della disposizione agevolativa per il futuro certamente non hanno risolto quelle incertezze che hanno caratterizzato la prima fase applicativa dell'agevolazione. Dal 2021 quindi, tutte le attività di ricerca e sviluppo ammissibili debbono essere caratterizzate da una genesi ricompresa nel perimetro delineato dal comma 200 citato in cui entrano a far parte di diritto i principi ed i riferimenti contenuti nel Manuale di Frascati; un percorso di verifica che seppur di non facile ed immediata comprensione, in definitiva fornisce dal 2021 in poi le coordinate di riferimento, almeno nelle linee essenziali di ammissibilità dei progetti qualificabili come attività di R&S. Tuttavia benché solo dal 2021 la novella si arricchisce delle soprarichiamate disposizioni, la Corte non dubita che anche prima di tale data l'attività di R&S doveva in ogni caso essere ben individuata da specifici progetti accompagnati da tutta la documentazione a corredo dalla legge pro-tempore vigente (art. 3 D.L. 145/13) e (D.M.27.05.2015). Al riguardo questa Corte, intende porre l'accento sul fatto secondo cui le indicazioni fornite nel "Manuale di Frascati" sebbene codificato per gli anni di ricerca e sviluppo successivi (2021-2022) a quello di cui è causa (2015-2016) potevano in ogni caso, laddove conosciute ed applicate, contribuire a fornire una buona base di ragionamento per l' indicazione e per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo al riguardo come invece avvenuto dal 2021 in poi. Secondo le indicazioni fornite dal "manuale" l'attività di ricerca e sviluppo sperimentale (R&S) si identifica in un'attività caratterizzata da un esito finale incerto nel risultato e nel tempo e nelle risorse necessarie per raggiungerlo, risultato che tuttavia raggiunga risultati liberamente trasferiti o trasferibili in un libero mercato; a tal fine l'attività di (R&S) individuata nel "Manuale di Frascati" viene connotata e codificata attraverso l'individuazione sintetica ed esemplificativa dei seguenti requisiti: 1) novità; 2) creatività; 3) incertezza; 4) sistematicità; 5) trasferibilità o riproducibilità.

Il progetto di ricerca e sviluppo in ultima analisi deve rispondere simultaneamente ai principi sopraelencati al fine di identificarsi in una vera e propria attività di ricerca e sviluppo sperimentale. Nel caso di specie il credito d'imposta ricerca e sviluppo è riferito all'anno 2015 e fruito nel periodo d'imposta 2016 per cui esso deve ottemperare agli obblighi di legge pro-tempore vigenti.

Delineato il perimetro legislativo che la Corte intende considerare, per questa sentenza in relazione al periodo di cui è processo (2015-2016); questo collegio precisa preliminarmente che proprio in virtù di quanto disposto dall'articolo 8 comma 1 del D.M. 27.05.2015 in materia di controlli va precisato che: "per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto l'agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto."; E' evidente come il legislatore abbia voluto all'Agenzia delle Entrate il diritto di svolgere i controlli sulla spettanza dell'agevolazione. Per questa ragione l'Agenzia delle Entrate potrà adottare tutti i provvedimenti che ritiene legittimo utilizzare nell'interesse erariale. Proprio questo diritto riservato all'organo accertatore impone a questo collegio una preliminare riflessione trattandosi di una valutazione che investe l'analisi tanto della legittimità che del merito dell'atto emesso dall'Agenzia delle Entrate, con la sentenza qui impugnato.

(1) In rito l'appellante ripropone dinanzi questa Corte l'eccezione di inammissibilità dell'atto accertativo perché intempestivo; l'azione amministrativa di accertamento del credito d'imposta in vero è stata azionata con la notifica " dell'Atto di Recupero n. (...)" avvenuta in data (25.05.2021) per il periodo di imposta 2015 e secondo l'appellante oltre il termine massimo di decadenza per l'azione di accertamento previsto dall'art. 43 d.p.r. 600/73 entro la data 31.12.2020.

(AVVISO DI ACCERTAMENTO E ATTO DI RECUPERO DEL CREDITO D’IMPOSTA)

Per una ricostruzione esegetica della vicenda processuale occorre innanzitutto approfondire ed analizzare la natura giuridica del titolo impugnato oggetto di questo procedimento rappresentato non da un "avviso di accertamento" ma da un "atto di recupero del credito d'imposta".

In base all'articolo 1, comma 421, della legge n. 311/2004, l'atto di recupero di un credito d'imposta, con cui l'amministrazione finanziaria può procedere alla riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione, nonché delle relative sanzioni e interessi, ha natura prodromica, e non consequenziale, all'avviso di accertamento, per cui l'omessa adozione di quest'ultimo atto impositivo non incide sulla sua legittimità, né comporta alcuna menomazione del diritto di difesa del contribuente, atteso che, come l'avviso di accertamento, anche l'atto di recupero, deve essere motivato con riferimento alle ragioni giuridiche e ai presupposti di fatto dell'azione di recupero e pertanto ha valenza di atto impositivo autonomamente impugnabile ai sensi dell'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992. (Corte di Cassazione - ordinanza n. 9437 del 22 maggio 2020).

Secondo il giudice di legittimità, l'equiparazione dell'atto di recupero del credito d'imposta, all'avviso di accertamento, se da un lato ne impone, al pari del secondo, l'obbligo di motivazione, dall'altro gli conferisce l'equipollente valenza accertativa sia nei limiti che nei contenuti "tipici" dell'avviso di accertamento.

(CREDITO D’IMPOSTA INESISTENTE E CREDITO D’IMPOSTA NON DOVUTO)

Col primo motivo di appello viene quindi riproposta l'eccezione decadenziale dell'atto di accertamento in merito alla tempestività del recupero da parte della appellata Agenzia delle Entrate. Sul piano ontologico, questa Corte è chiamata, quindi, in primis a rilevare la differenza fra "credito d'imposta inesistente " e credito d'imposta non spettante" trattandosi di fattispecie diversamente regolamentate dalle disposizioni di legge vigenti in ordine alla decadenza dell'azione accertatrice dell'una rispetto all'altra. In vero" l'inesistenza del credito d'imposta" violazione più grave e dannosa per l'erario sconta un termine più lungo di accertamento rispetto "al credito di imposta non spettante " situazione di merito oggetto di valutazione e congruità sicuramente meno pericolosa in termini di danno erariale. Secondo questo giudice la ragione della corretta differenziazione fra le due fattispecie sanzionatorie sopra richiamate, fonda le proprie ragioni di diritto proprio sulla pericolosità che l'operazione di scomputo del credito d'imposta genera nelle casse dell'erario. Infatti il meccanismo di autotassazione vigente nel nostro sistema di riscossione dei tributi e la possibilità di recupero del credito d'imposta in autotassazione anche con utilizzo orizzontale del credito stesso, consente a qualsiasi contribuente di inserire nel modello F24 qualsiasi somma a scomputo delle imposte dovute sotto forma di credito d'imposta per R&S.

Questo pericolo tanto più grave si palesa quanto maggiori sono gli eventi connessi ai crediti d'imposta; ciò comporta, quindi, la necessità per l'erario di un termine maggiore per accertare ed eventualmente recuperare i crediti d'imposta non spettanti. Per tali patologie in relazione proprio alla gravità non solo il termine di decadenza per l'azione di accertamento deve trovare un tempo maggiore (otto anni) rispetto agli ordinari termini (cinque anni art.43/600) ma anche le sanzioni irrogabili in caso di violazione per "credito d'imposta inesistente" sono più severe di quelle ordinarie elevandosi dal 100% al 200% del credito non spettante.

In definitiva il comportamento tenuto dal contribuente deve essere connotato da elementi di gravità tali da avvicinare lo scomputo del credito d'imposta a palese violazione di legge tale per cui la non spettanza del credito si palesa "icto oculi" senza necessità di ulteriori approfondimenti di merito. Una questione molto delicata dato il confine giuridico che separa le due fattispecie. A tutt'oggi la questione risulta rilevata ed affrontata dal giudice di legittimità che ha rimesso dinanzi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione la vexata quaestio attraverso l'ordinanza interlocutoria della sezione Tributaria della Corte di Cassazione del 02.12.2022 n.35536/2022. Il Supremo collegio dopo aver stigmatizzato la sostanziale differenza fra "credito d'imposta "inesistente" e "non spettante "al riguardo osserva: "L'impostazione della società contribuente trova riscontro in una recente sentenza di questa Corte, per la quale, in tema di compensazione di crediti fiscali "l'applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall'art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., in l. n. 2 del 1999, presuppone l'utilizzo non già di un mero credito "non spettante", bensì di un credito "inesistente", per tale ultimo dovendo intendersi - anche ai sensi dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, D.Lgs. n. 471 del 1997 (introdotto dall'art. 15, D.Lgs. n. 158 del 2015) - il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (cioè il credito che non è "reale") e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972" (così Cass. n. 34444 del 16/11/2021, alla cui ampia motivazione si rimanda)" "......................omissis....... La superiore sentenza si discosta consapevolmente dall'orientamento tradizionale (Cass. n. 19237 del 02/08/2017 Cass. n. 354 del 13/01/2021), che non distingue tra credito non spettante e credito inesistente, e propone un'interpretazione adeguatrice dell'originario tessuto normativo, letto alla luce delle successive riforme e, in particolare, dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471 del 1997 (introdotto dall'art. 15 del D.Lgs. n. 158 del2015). "...omissis.... Tale interpretazione, tuttavia, richiamata unicamente da Cass. n. 31429 del 25/10/2022, non è stata recepita dalla giurisprudenza successiva di questa Corte, che ha continuato ad accreditare un'esegesi del tessuto normativo che non distingue tra crediti inesistenti e crediti non spettanti e applica, indifferentemente, il termine di decadenza di otto anni, come evincibile dalla seguente massima: "L'art. 27, comma 16, del d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 2 del 2009, nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d'imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l'"inesistenza" del credito a categoria distinta dalla "non spettanza" dello stesso (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico- giuridico), ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l'investimento che ha generato il credito d'imposta, indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per il comune avviso di accertamento. ".....omissis..." Le considerazioni che precedono in ordine al persistente contrasto interpretativo all'interno della Sezione Tributaria di questa Corte e la rilevanza della questione, idonea a riproporsi in numerosi futuri giudizi, giustificano la decisione del Collegio di trasmettere gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione per l'eventuale rimessione alle Sezioni unite". (Cassazione Ord. 35536/2022 del 02.12.2022).

Preso atto del recente ed attuale orientamento della Corte di Cassazione, questa Corte territoriale di appello non dubita della fondatezza e ragionevolezza della distinzione fra la fattispecie di credito "inesistente" e credito "non spettante"; differenziazione che trova, peraltro, anche riscontro nella interpretazione fornita dalla stessa Agenzia delle Entrate attraverso la richiamata Circolare numero 5 del 16 Marzo 2016 (pag. 70) laddove precisa: "Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca virgola in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36 bis e 36 ter. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600 e all'articolo 54 bis. Del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633." In definitiva il giudizio di questa Corte consegue l'interpretazione che il legislatore ha voluto fornire alle due fattispecie anche in termini di decadenza dell'azione di accertamento che trova fondamento giuridico nella ontologica diversità dell'illecito che deve essere contrastato; da un lato. Il credito d'imposta inesistente ed indicato autonomamente dal contribuente nel modello F 24 siccome scomputato direttamente senza alcun controllo; Dall'altro, il credito d'imposta non spettante, frutto di una valutazione "errata" di una agevolazione (credito d'imposta esistente) applicata in modo anche formalmente conforme al dettato normativo ma comunque non spettante. L'accertamento del primo illecito (Credito inesistente.) necessita ovviamente di un tempo di accertamento maggiore (8 anni.) data la gravità e la modalità con cui il credito d'imposta è stato fruito, rispetto ai normali termini di accertamento previsti dall'art. 43 d.p.r.600/73 e 54 D.P.R. 633/772 applicabili invece per il credito d'imposta (non spettante). In definitiva, quindi questa Corte, ritiene di condividere ed uniformarsi per le ragioni sopra esposte, al recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione che ha generato la rimessione della questione al Supremo consesso delle Sezioni Unite del giudice dei giudici. Ne consegue sul punto l'accoglimento del primo motivo d'appello per avere l'appellata Agenzia delle Entrate proceduto al recupero del credito d'imposta "non spettante" oltre l'ordinario termine decadenziale fissato dall'articolo 43 d.p.r. 600/73 attraverso l'atto di recupero del credito d'imposta impugnato. In merito alla data di notifica dell'Atto di recupero del credito d'imposta va rilevato che ai sensi del 115 cpc la data di notifica dell'atto impositivo risulta da un fatto certo e non contestato dalle parti in causa, essendo da tutti individuato nella data 25.05.2021.

(IL CREDITO D’IMPOSTA È STATO CONSIDERATO NON DOVUTO E NO INESISTENTE, IL TERMINI PER I CONTROLLI È DI 5 ANNI)

Pertanto l'atto di accertamento per il recupero del credito "d'imposta inesistente" deve considerarsi fuori termine rispetto all'ordinario termine previsto dall'art. 43/600 -ratione temporis vigente- fissato per il 2015 entro il termine del 31.12.2020, data entro la quale l'Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento piuttosto che un atto di recupero del credito d'imposta volto a contestare nel merito l'attività di R&S svolta dal contribuente qui appellante. Il primo motivo di appello, merita accoglimento.

Non possono trovare accoglimento i motivi di appello n.2 (difetto di motivazione) e n. 3 (Abuso di potere) e sul punto la sentenza impugnata merita di essere confermata anche in grado di appello.

(DIFETTO DI MOTIVAZIONE, IL RICORSO È STATO RESPINTO)

2) In vero quanto al secondo motivo di impugnazione (difetto di motivazione) la Corte osserva come il giudice di prime cure abbia correttamente motivato la sentenza che ha rigettato l'eccezione di nullità qui riproposta dall'appellante in ordine al difetto di motivazione dell'atto di recupero anche in ordine alla sentenza impugnata. Il primo giudice esplicitando le ragioni secondo cui l'atto impositivo doveva essere considerato valido per assenza di vizio motivazionale, lamentato come inesistente dal ricorrente, ha compiutamente esaminato e condiviso le motivazioni esplicitate dall'Agenzia delle Entrate nell'atto di recupero del credito d'imposta a cui ha inteso uniformarsi come appare chiaro nella motivazione della sentenza impugnata. L'accoglimento integrale della motivazione espressa nell'atto di accertamento ed il riferimento a quella, dispensa il giudice dal ripetere il percorso logico-giuridico alla base della motivazione dell'atto ritenuto legittimo. Sul punto l'eccezione del difetto di motivazione, riproposta in appello deve essere respinta e con essa il secondo motivo di impugnazione.

(ABUSO DI POTERE, IL RICORSO È STATO RESPINTO)

3) In merito al terzo motivo di appello (Abuso di potere) come ampiamento argomentato in questa sentenza il decreto ministeriale del 27.05.2015 articolo 8 comma 2 dispone che: qualora nell'ambito di attività di verifica e di controllo effettuate dall'agenzia delle entrate si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti la predetta agenzia può richiedere al ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere." Dal tenore letterale del decreto appare in tutta evidenza come la normativa in vigore non imponesse l'obbligo all'Agenzia delle Entrate di interpellare altri soggetti (MISE) per ciò che concerne il riconoscimento dell'agevolazione trattandosi ai fini dell'accertamento di una facoltà e non di un obbligo. Per ciò che riguarda la piena autonomia accertativa dell'Agenzia delle Entrate in ordine all'accertamento e i controlli; il comma 1 del predetto articolo 8 del d.m. 27.05.2015 dispone che: "Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto l'agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto." E' evidente, quindi, come l'attività di controllo rappresenti, per riserva di legge, una esclusiva attività di accertamento spettante di diritto all'Agenzia delle Entrate che può sviluppare in piena autonomia o. se lo ritiene necessario, avvalendosi anche di altre strutture della pubblica amministrazione utili e competenti per la motivazione dell'atto di accertamento; ovviamente trattasi di facoltà e non di obbligo e nell'ambito della piena autonomia della formazione dell'atto impositivo l'Agenzia delle Entrate ha, nel caso di specie, correttamente operato senza alcun abuso di potere. Per questa ragione anche il terzo motivo di appello non può trovare accoglimento.

(REGISTRAZIONE DI DISEGNI E MODELLI DI UTILITÀ, BREVETTO DI UTILITÀ INDUSTRIALE. NON È NECESSARIO UN BREVETTO PER INVENZIONE – IL RICORSO È STATO ACCOLTO)

4) Fondato appare il quarto motivo in ordine alla "infondatezza delle ragioni di merito" dell'atto di recupero del credito d'imposta. Il giudice di prime cure ha ritenuto con una motivazione non sorretta da un valido percorso logico-giuridico motivazionale, non spettante l'agevolazione per il riconoscimento del credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo basando principalmente il giudicato sull'analisi del rapporto esistente fra brevettabilità dei progetti e conseguente "innovazione" degli stessi. La ragione che ha condotto i giudici di prime cure al mancato riconoscimento del credito d'imposta per i progetti oggetto di esame si basa sul fatto che gli stessi " siano privi del requisito della innovatività" limitando però l'analisi della ricerca al superfluo rapporto esistente fra la stessa e i diritti di privativa (brevetti) richiesti per gli stessi ed argomentando, di conseguenza che: "la (...) ha ottenuto per i primi due progetti la registrazione per disegni e modelli ornamentali e per il terzo progetto il brevetto di utilità industriale laddove se i progetti fossero stati davvero innovativi avrebbe dovuto ottenere i brevetti di invenzione caratterizzati dalla necessaria ricorrenza di un alto grado di innovazione dell'invenzione presentata alla registrazione e che soprattutto rappresenti una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico mai risolto prima". Una affermazione che non può essere condivisa. E' di tutta evidenza come né la legge (Art.3 D.L.145/13), ratione temporis vigente, né il D.M. (27.05.2015) né la circolare dell'ADE (n. 5 del 2015) né tanto meno il "Manuale di Frascati" richiedono che i progetti di R&S per essere riconosciuti "Innovativi" tali debbano ottenere una privativa industriale di brevetto per "invenzione". Analizzando il merito della vicenda il giudice di prime cure nella motivazione della sentenza impugnata stigmatizza la mancanza del requisito di innovatività" nei progetti indicati di R&S ricavando impropriamente dalla documentazione versata in atti (diritti di privativa industriale quali i brevetti per "modelli di utilità") la prova della mancanza di uno dei requisiti richiesti per l'ammissione al beneficio quale appunto quello della "Innovazione" che, a dire del primo giudice, può essere verificato solo con un brevetto registrato di "invenzione". L'assunto non può essere condiviso in quanto il sito del ministero dello sviluppo economico nell'introduzione riservata all'utilizzo per le piccole e medie imprese di brevetti trattando di brevettazione dei modelli di utilità così precisa:" l'articolo 82 CPI prevede che possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficienza o comodità di applicazione o di impiego di macchine o di parti di esse strumenti utensili ovvero oggetti di uso in genere quali nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni disposizioni configurazioni o combinazioni di parti. Per essere protetto con modello di utilità è necessario che il prodotto industriale sia nuovo ed originale che abbia particolare efficacia o comodità); E' evidente, quindi, come il concetto di innovazione debba ricomprendersi tanto nel brevetto di utilità quanto nelle brevetto di invenzione nel senso che senza la novità e l'originalità ergo, l'innovazione, non è possibile ottenere l'iscrizione neanche come brevetto di utilità. Questa conclusione conforta la Corte nella sua interpretazione anche in considerazione delle disposizioni legislative (art 76 CPI) laddove è prevista anche la possibilità di conversione della domanda di brevetto in domanda di modello di utilità e viceversa su sentenza del giudice. (La stessa avvertenza è pubblicata anche nel sito del MISE). In definitiva quindi la registrazione come modello di utilità piuttosto che come invenzione nulla toglie al concetto di "innovazione" che qui interessa, individuando nella tutela legale più limitata quella della registrazione del brevetto di utilità rispetto a quella del brevetto di invenzione; ma ciò rientra nella libera scelta imprenditoriale, non sindacabile dal giudice ai fini dell'agevolazione richiesta per R&S in quanto anche la registrazione del brevetto per "utilità" per essere ottenuta necessita di un prodotto o processo "innovativo". Le controdeduzioni all'appello su questo punto non possono essere condivise per le ragioni sopraesposte in quanto la scelta del tipo di privativa da adottare dal punto di vista privatistico-imprenditoriale non può mai costituire una "ammissione implicita" al mancato riconoscimento del requisito di "novità", laddove peraltro come precisato deve comunque essere rinvenibile anche nel brevetto di "utilità".

(DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ DI R&S SVOLTE)

Approfondendo l'esame del merito delle attività di ricerca e sviluppo dai documenti versati in atti risulta che la società appellante ha prodotto ai sensi Art. 3 D.L. 145/2013, e del D.M. 27/05/2015 in relazione all'attività di ricerca e sviluppo effettuate nel corso del 2015 per i progetti oggetto di R&S agevolata rispettivamente: Progetto 1: Asta dritta - relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze; Progetto 2: Supporti chitarra - relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze; Progetto 3: Cavalletto di supporto -relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze. La società inoltre ha prodotto in sede di richiesta dell'agevolazione a sostegno dell'attività svolta la documentazione giustificativa composta da: schema costi personale e collaboratori; prospetto calcolo credito imposta R&S; prospetto calcolo media costi di ricerca e sviluppo anni pregressi 2012 - 2013 - 2014; prospetto di dettaglio riepilogativo dei costi per attività di R&S sostenuti anno 2015 come certificato dall'organo di revisione; contratto di ricerca stipulato con l'impresa "169 Design di Gabriele Santini". Dai documenti in atti risulta, come già rilevato dal primo giudice e non impugnato, che dal punto di vista formale la società appellante ha ottemperato ai precetti normativi in ordine alla produzione e conservazione della documentazione necessaria atta a dimostrare l'attività di R&S svolta nel rispetto della normativa di legge soprarichiamata (art.3 d.l. 145/2013 e D.M. 27.05.2015) e della prassi rappresentata dalla circolare n. 5 /del Marzo 2016 dell'Agenzia delle Entrate. Osserva la Corte come la prassi richiamata (Circ5/2016) sul punto fornisce dettagliate e precise istruzioni operative. (Vedi Par. 7). Per il dettaglio, l'attività svolta nei tre progetti può riassumersi nella descrizione fornita nell'atto di appello che trova riscontro nelle due relazioni tecniche di parte prodotte in giudizio (DOC 6) ((...) spa e Ing. (...)). Dall'esame della documentazione versata in atti oltre alle specifiche tecniche che hanno accompagnato la richiesta agevolazione di R&S ai sensi dell'art.3 d. l.145/13 (ratione temporis vigente) la società appellante ha prodotto due relazioni tecniche ritenute dalla Corte significative per comprendere la vera natura dell'attività svolta sia perché provenienti da soggetti diversi in tempi diversi sia soprattutto perché rassegnano le stesse conclusioni in merito ai risultati conseguiti dai progetti di ricerca. Rimandando nel dettaglio delle relazioni le cui conclusioni sono condivise da questo giudicante va comunque rilevato che la prima, quella della (...) spa (Doc.6), e la seconda -asseverata- quella rilasciata da un tecnico indipendente Ing. (...) (Doc.6) illustrano e specificano nel dettaglio con commenti tecnici e schede di progetti tutti gli elementi di novità e di innovazione, riscontrabili anche attraverso allegata documentazione fotografica a corredo delle innovazioni apportate ai prodotti. In sintesi i tre progetti oggetto della regiudicanda; si declinano in tre specifici prodotti: Progetto 1 (Asta dritta); progetto 2 (supporto per chitarra); progetto 3 (cavalletto di supporto); ("asta dritta"), riguarda aste microfoniche a due braccia collegate da uno snodo centrale adatto a consentire la rotazione del braccio superiore fino a 270°, in modo da renderlo adattabile a vari tipi di ripresa del suono (canto, strumenti, amplificatori, ...); ("supporto per chitarra"), riguardante un supporto universale per chitarra in grado di alloggiare uno o più strumenti anche molto diversi fra loro per forma, peso e dimensione (chitarra classica, acustica, elettrica, basso..), regolabile in altezza, completamente ripiegabile, sostituibile in ogni sua componente, realizzato in materiale altamente resistente (lega di zinco) per sopportare a pesi e sollecitazioni anche rilevanti e adatto ad evitare graffi o altri danneggiamenti agli strumenti; (forcella di base ergonomica; punto di contatto con lo strumento antigraffio e antidanneggiamento; stabilità maggiore rispetto ai prodotti analoghi; alloggiamento universale); ("cavalletto di supporto"), riguarda un supporto innovativo per tastiera e/o altri tipi di strumentazione con regolazione indipendente dei bracci superiori rispetto alle gambe inferiori, in modo da garantire stabilità a qualunque strumento/apparecchiatura di qualsiasi dimensione, ingombro e/o peso ed evitare al musicista di doverne acquistare uno specifico per ogni diverso strumento/apparecchiatura utilizzati. Le relazioni tecniche prodotte hanno entrambi concluso e dimostrato come i tre progetti abbiano anche soddisfatto i requisiti di 1) novità, 2) creatività, 3) incertezza dei risultati; 4) sistematicità 5) riproducibilità, richiesti dal "Manuale di Frascati". La lettura delle relazioni ed il loro dettaglio a cui questa Corte fa riferimento, fugano in definitiva ogni dubbio in merito alla verifica della prova relativa al concetto di "novità" della ricerca svolta. La Corte analizzando la natura soggettiva del richiedente l'agevolazione ha preso anche atto che la (...) ha svolto negli anni precedenti a quello in cui l'agevolazione è stata richiesta (2015-2016) attività costante di ricerca e sviluppo di prodotti rilevando come la ricerca e l'innovazione abbia caratterizzato anche in passato lo svolgimento dell'attività sociale attraverso la registrazione di brevetti nel periodo 1993-2013.

(LA CONTESTAZIONE DELLA CONGRUITA DEVE ESSERE ADEGUATAMENTE MOTIVATA)

Per ciò che concerne l'aspetto formale della documentazione necessaria prevista dall'art 3 del d.l. 145/2013 e D.M. 27.05.2015 già prodotta in sede di controllo non sono state sollevate eccezioni dal parte della appellata Agenzia delle Entrate se non limitatamente (ed in minima parte di valore) alla congruità di alcuni costi (verniciatura 2.581,00 e spese per 1.500,00) costi che tuttavia trovano piena giustificazione nelle perizie redatte e soprattutto non sono confutati da prove contrarie che abbiano una valenza contraddittoria o di smentita tale da rendere fondata l'eccezione dell' Agenzia delle Entrate. La Corte in definitiva ha valutato le relazioni introdotte nel giudizio dall'appellante quali elementi di prova indiziaria e come tali li ha valutati in ordine alla gravità, precisione e concordanza, non attribuendo a ciascuna singola relazione valenza di autonomo elemento di prova ma formando insieme agli altri indizi raccolti dalle altre relazioni e dalla documentazione versata in atti un valido elemento indiziario di prova.

(PRINCIPI DEL GIUSTO PROCESSO EX ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI (CEDU) E GARANTISCE IL PRINCIPIO DI PARITÀ DELLE ARMI PROCESSUALI NONCHÉ LA EFFETTIVITÀ DEL DIRITTO DI DIFESA)

La valenza indiziaria della documentazione prodotta da parte contribuente costituisce una concreta attuazione dei principi del giusto processo ex articolo 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e garantisce il principio di parità delle armi processuali nonché la effettività del diritto di difesa (Cass. Sent.n. 9903/2020). Tale documentazione inoltre non potrà nel processo tributario mai assumere valore di prova neanche se sorretta da asseverazione o giuramento (ex multis Cass. 0rd.14173/2021) ma conserverà valore di prova indiziaria.

(LA DITTA HA PRESENTATO ELABORATI PERITALI ED IL GIUDICE DI SECONDO GRADO NON PUÒ NOMINARE UN CTU PER SOPPERIRE ALLA CARENZA TECNICHE DELLA DOCUMENTAZIONE PRODOTTA DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE)

In definitiva le prove anche indiziarie versate in atti da parte della società appellante e raccolte dalla Corte superano tecnicamente ogni diversa conclusione in tema di attività di R&S svolta dalla (...) per gli anni 2015-2016; viceversa l'appellata Agenzia delle Entrate non ha fornito alcuna prova tecnica idonea a confutare la documentazione prodotta dalla appellante né a smentire la conclusioni rassegnate nei due elaborati peritali che stante la mancanza di prova contraria non autorizzano questo giudice ad adottare alcuna attività istruttoria suppletiva (nomina CTU) ai sensi dell'art 7 D.Lgs. 546/92. Per queste ragioni il quarto motivo di appello deve essere accolto.

5) il quinto motivo di impugnazione relativo alla (invalidità delle sanzioni irrogate) e le conseguenti esimenti invocate nell'atto di appello, vengono assorbiti dall'accoglimento del primo e quarto motivo di gravame che comportando rispettivamente: la nullità dell'atto di recupero per decadenza dell'azione di accertamento (primo motivo); nonché l'annullabilità nel merito dell'atto di recupero per mancanza di valida ed idonea motivazione (quarto motivo) dell'atto di recupero; esonera questa Corte da ulteriori considerazioni al riguardo non essendo applicabili le sanzioni irrogate nell'atto di recupero impugnato.

(LE SPESE SONO STATE COMPENSATE)

Per quanto riguarda le spese di giudizio, l'accoglimento del primo motivo assorbente in ordine degradante gli altri, consente in considerazione delle contrastanti interpretazioni giurisprudenziali citate che hanno condotto a questo giudicato, anche seguito del ricorso alle SSUU della Corte di Cassazione nelle more di questo giudizio, giustificano la compensazione integrale per entrambi i gradi di giudizio delle stesse ai sensi degli articoli 15 D.Lgs. 546/92 e 92 comma 2 c.p.c. applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

In parziale accoglimento dell'appello respinge il secondo e terzo motivo di appello; dichiara assorbito il quinto motivo ed in accoglimento del primo motivo di appello dichiara nullo l'atto di recupero impugnato per decadenza dei termini di accertamento; nel merito, in accoglimento del quarto motivo di appello, dichiara illegittimo ed inefficace l'atto di recupero impugnato per le ragioni esposte nella parte motivazionale di questa sentenza. Spese compensate fra le parti per entrambi i gradi di giudizio.

Così deciso Ancona 15 settembre 2023.

 


CHIETI 2022.454 del 12/12/2022

Importo  154.630,00

Innovazione organizzativa e di processo

Ricorso Vinto

Deve essere richiesto il parere al Mise

Il Manuale di Frascati deve essere applicato

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Fra i motivi di ricorso merita accoglimento, con assorbimento degli altri motivi, quello relativo alla mancanza o apparenza di motivazione dell’atto di recupero, in relazione all’asserita carenza dei requisiti di novità, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità dei risultati conseguiti con l’attività di ricerca e sviluppo.

La materia del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo trova la sua fonte primaria nell’art. 3 del DL n. 145/2013, convertito nella L. n. 9/2014, come modificato dalla L. n. 190/2014 e dalla L. n. 232/2016 e nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 27.05.2015, di attuazione del DL 145/2013.

(IL MANULE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) In particolare l’art. 3 ai commi 4 e 5 del DL n. 145/2013, come successivamente modificato dalla L. 190/2014 e dalla L. n. 232/2016, ha elencato le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito

d’imposta, ricalcando le definizioni di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della “Disciplina degli aiuti di Stato a favore della ricerca sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, pubblicata nella GUEE C/198 del 27.06.2014, la quale, a sua volta, ha mutuato tali definizioni facendo propria quella fondamentale fornita dal Manuale di Frascati, con il quale sono state codificate le regole per classificare un’attività come ricerca e sviluppo, secondo la quale l’attività di ricerca e sviluppo è “il complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze, sia per utilizzare tali conoscenze in nuove applicazioni”.

L’Agenzia delle Entrate, per il tramite della Direzione Regionale Abruzzo, richiedeva alla ricorrente la documentazione concernente le spese relative al personale, ai costi per strumenti e attrezzature di laboratorio, ai costi relativi alla c.d. ricerca “extra muros”, alle spese per competenze tecniche e/o per acquisizioni di privative, nonché relative a eventuali registrazioni di marchi o brevetti.

La ricorrente forniva la documentazione relativa ai lavori svolti nel 2017 e compensati nel 2018 e 2020, comprendenti, oltre alle specifiche delle singole voci di costo con allegata documentazione giustificativa e al calcolo del credito d’imposta, anche le relazioni tecniche di R&S.

(INNOVAZIONE DI PROCESSO ED ORGANIZZATIVA) All’esito dell’esame della documentazione fornita dalla ricorrente, l’Agenzia delle Entrate rilevava che le attività svolte nel corso del 2017 non possedevano i requisiti necessari a farle considerare come attività di ricerca e sviluppo, meritevoli di beneficiare del credito d’imposta, dovendosi piuttosto ricondurre nella categoria della “innovazione di processo” o di “organizzazione” e ciò essenzialmente sulla base della Risoluzione n. 40/E del 02.04.2019, con argomentazioni sicuramente molto diffuse, ma basate anche su valutazioni in buona parte discrezionali dei progetti specifici portati avanti dalla ricorrente, richiamando due pareri del MISE, che avevano negato la natura di attività di ricerca e sviluppo in casi, a detta dell’Ufficio, analoghi a quello oggetto del presente ricorso.

(DEVE ESSERE RICHIESTO IL PARERE AL MISE) La ricorrente con il ricorso confutava le conclusioni cui era giunta l’Agenzia delle Entrate con argomentazioni altrettanto diffuse e articolate, sostenendo, al contrario dell’Ufficio, la natura di attività di ricerca e sviluppo per quelle effettuate nel 2017 e, di conseguenza, la spettanza del credito d’imposta utilizzato, in gran parte nel 2018 e, in minima parte, nel 2020, e sostenendo la necessità del parere tecnico del MISE, peraltro previsto, anche se solo in via facoltativa e non obbligatoria, dall’art. 8 comma 2 del DL 145/2013, per poter motivatamente disconoscere con il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.

Sul punto, per quanto già deciso e ben motivato in diverse pronunce della giurisprudenza di merito (CTP Napoli sez. XXX, 2 maggio 2022, n.4988; CTP Vicenza sez. II, 11 gennaio 2022, n.14; CTP Ancona sez. II, 11 agosto 2021, n.392), che questa Corte di Giustizia richiama e condivide, ogniqualvolta la natura tecnica degli accertamenti debba prevalere, la mera facoltà prevista dal comma 2 dell’ art.8 del DM 27.05.2015, attuativo del DL 145/2013–Nel caso in cui si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" in ordine all’ ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere." - esprime in realtà la necessità di una discrezionalità tecnica che non può essere autonomamente esercitata dalla pubblica amministrazione se non attraverso il parere necessario degli organi tecnici e quindi delle strutture in seno al Ministero dello Sviluppo Economico o altri enti pubblici che, se del caso, possono essere chiamati in veste di consulente super partes.

Nella fattispecie, va ribadito che il disconoscimento del credito d’imposta è stato operato dall’Ufficio,

all’esito dell’esame della documentazione, sulla base di valutazioni di massima, non supportate da quegli

elementi tecnici che la materia del contendere in realtà esigeva e, soprattutto, prescindendo dal ricorso al

parere del MISE

Ed infatti, non a caso, qualora si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell'articolo 8 del sopra citato decreto attuativo, attribuisce all'Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere."

Ciò posto, a parere di questa Corte, pur se la richiesta del parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo, nel caso di specie, attesa la notevole complessità delle problematiche tecniche sottese all’esercizio del potere di verifica della sussistenza dei requisiti per poter beneficiare del credito d’imposta, tale facoltà doveva necessariamente essere esercitata, sia perché l'Agenzia delle Entrate non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica, tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell'atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico emesso dall’ organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva.

A tali argomentazioni possono senz'altro affiancarsi quelle svolte dalla giurisprudenza di merito citata dalla ricorrente (in particolare: Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, Sez. II Sentenza n° 392 depositata l’11.08.2021), che è pervenuta alle medesime conclusioni evocando la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'Amministrazione finanziaria in una materia, quale e’ quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle "disposizioni applicative necessarie" nonché delle modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute" e delle "cause di decadenza e revoca del beneficio" (art.3, comma 14, D.L. n° 145 del 2013), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell'esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.

In senso conforme la Comm.Trib. Prov.le di Vicenza Sez. III n° 365 del 09.07.2021 ha sancito che “Ai fini del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all'art.3, D.L. 23 dicembre 2013 n.145, nell'ambito dell'innovazione dei processi produttivi aziendali, gli Uffici non hanno adeguata competenza tecnica per valutare se una spesa possa essere legittimamente ricondotta tra i costi meritevoli di agevolazione, sicché l'Ufficio deve, in tali casi, acquisire autonomamente un preliminare parere tecnico da parte del competente Ministero dello Sviluppo Economico”.

Alla luce di quanto sopra, il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto di recupero impugnato.

Sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese fra le parti, in considerazione della complessità e controvertibilità delle questioni trattate.


173 14/9/2022 Reggio Emilia
Settore alimentare
Il manuale di Frascati non deve essere applicato (vinto)
Ricorso vinto anche se cera il parere negativo del Mise

Importo del credito: € 60.234,06

Attività svolta dell’impresa: la produzione e la vendita di paste alimentari,

Parere negativo del Mise

La richiesta dell’AE di un CTU non è stata accolta

Non viene fatto riferimento al Manuale di Frascati ma alla normativa vigente all’epoca

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1- Ricorrente_1, avente come oggetto sociale la produzione e la vendita di paste alimentari, ricorre nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia, avverso atto di recupero di credito d’imposta ex art.3 d.l.n°145/2013 emesso per l’anno d’imposta 2015; ammontare della materia del contendere € 120.468,00; assume l’Agenzia ,nell’atto impugnato, che la Ricorrente avrebbe, illegittimamente, fruito di un credito d’imposta, asseritamente, maturato per attività di ricerca e sviluppo finalizzata alla produzione di nuove paste alimentari dotate di particolari requisiti che ne avrebbero assicurato l’utilizzo, anche, ad una platea di consumatori con particolari problemi di intolleranza alimentare; l’Agenzia motiva questa assunzione sulla base di un parere richiesto al Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) che ne escluderebbe la spettanza, in quanto non rispettoso dei “paletti” posti dal cit.art.3; la Ricorrente grava l’atto sul presupposto della sua illegittimità; infatti lo stesso sarebbe viziato sotto plurimi profili sia pregiudiziali che di merito; in particolare deduce che:*l’Agenzia non avrebbe rispettato i termini di decadenza, non essendo applicabile alla fattispecie il maggior termine di cui all’art.27,comma 16, d.l.n°185/2008;**sarebbe sato violato il principio del contraddittorio endoprocedimentale, poiché non sarebbe stata messa in grado di contraddire in sede per contenziosa le conclusioni del MISE;***nel merito sarebbe confermata la correttezza del suo operato ed il suo buon diritto ad utilizzare il credito maturato stante la chiara dizione della norma e stante il conforme parere tecnico che produce; chiede, infine, in accoglimento del ricorso l’annullamento dell’atto impugnato; vinte le spese; l’intimata Agenzia si costituisce in giudizio con controdeduzioni con cui si riporta, sostanzialmente, alle motivazioni dell’atto impugnato ed al parere del MISE; chiede, infine, il rigetto del ricorso; vinte le spese; la Ricorrente produce memoria con cui contrasta le avverse deduzioni, conferma le conclusioni già viste ed, in subordine ed in via istruttoria, chiede la nomina di un CTU; in sede dibattimentale l’Agenzia si oppone alla nomina del suddetto CTU.

MOTIVI DELLA DECISIONE 2-

In via preliminare va affermato (LA RICHIESTA DEL CTU NON E' STATA ACCOLTA) che questo Giudice non ritiene necessaria la nomina di un CTU non ponendo la fattispecie dedotta in giudizio particolari problemi tecnici che ne comportino la nomina; il ricorso va accolto sul principio della ragione più liquida.

 2.1-Come incontestato in atti, la Ricorrente nell’anno d’imposta 2015 ha sviluppato (PROGETTI) due progetti di attività di ricerca e sviluppo:” consistente in analisi e studi contestualizzati nella progettazione e nello sviluppo di nuovi prodotti alimentari (gnocchi e gnocchi ripieni), distintivi per la ricerca condotta sulle materie prime, per le caratteristiche organolettiche e per le soluzioni tecniche e tecnologiche per essi implementate” indirizzata, in particolare,," per la messa a punto di nuove ricette di prodotti “gluten free” e per il lancio di nuove linee di gnocchi (gnocchi con funghi, al pecorino, integrali, ecc…);” per entrambi i progetti, poi, la Ricorrente sottolinea che”… i contenuti innovativi degli stessi consistono nella creazione di prodotti innovativi di alta qualità, nel miglioramento costante dei prodotti esistenti, nella creazione di ricette esclusive personalizzate sulla richiesta del cliente, utilizzo di ingredienti naturali”; (PARERE NEGATIVO DEL MISE)  il MISE nel suo parere, come riportato nell’atto impugnato, conclude per la non spettanza del credito posto che “… entrambi i descritti progetti non costituiscono progetti di ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini del credito d’imposta; dovendosi più correttamente qualificare come un unico progetto di innovazione commerciale, finalizzato all’ampliamento della gamma dei prodotti offerti dall’impresa (quali, in particolare: gnocchi, gnocchi ripieni, paste fresche e surgelate) e per la cui realizzazione sono state svolte attività rientranti nell’ambito dell’ordinario processo per la produzione di varianti di prodotti alimentari - già ampiamente prodotti e presenti sul mercato sotto varie denominazioni commerciali e diversificazioni dell’offerta -, essenzialmente in termini di gusto e quindi di ingredienti. In tal senso, nell’ambito delle attività descritte nella documentazione tecnica non si rileva lo svolgimento di “lavori” necessari per il superamento di specifiche incertezze od ostacoli di tipo scientifico o tecnologico non superabili o risolvibili in base alle conoscenze e capacità già disponibili nel settore e già facenti parte, peraltro, del know how della medesima impresa”; (NON VIENE FATTO RIFERIMENTO AL MANUALE DI FRASCATI  MA ALLA NORMATIVA  VIGENTE ALL’EPOCA) le considerazioni del MISE non colgono nel segno in quanto si pongono al di fuori del dettato normativo che non condiziona ,almeno per la tipologia di fattispecie dedotta in giudizio, il diritto al credito allo “…svolgimento di lavori…”; l’art 3 cit.al comma 4, per la parte che qui interessa dispone, infatti, che:” 4. Sono ammissibili al credito d'imposta le seguenti attività di ricerca e sviluppo: b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c)”; come sopra ricordato è incontestato in sede di motivazione dell’atto impugnato, e in atti in generale, che i prodotti frutto della ricerca fossero nuovi, cioè non esistenti prima nella gamma commerciale della Ricorrente e tanto basta per affermare il suo buon diritto al credito, essendo anche qua incontestata la sussistenza delle altri condizioni poste dalla norma; né ha fondamento richiamare, in senso contrario, il disposto del 5° comma dell’art.3 cit., secondo cui “5. Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti”, posto che non si tratta di modifiche ordinarie a o periodiche di prodotti già esistenti, ma appunto di nuovi prodotti. 2.2- A tutto ciò consegue in accoglimento del ricorso l’annullamento dell’atto impugnato; stante il serrato dibattito giurisprudenziale originato dalla normativa richiama è giusta la compensazione delle spese di lite.

 

549 14/7/2022 Bologna

Il Manuale di Frascati non deve essere richiesto perché è stato tradotto in Italiano il 7/12/2021 (vinto)

Il parere del Mise deve essere richiesto (vinto)

Il credito è non spettante (vinto)

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso merita di essere accolto.

Nel caso in esame l’attività dell’Ufficio è finalizzata a verificare, non soltanto l’effettività dell’attività svolta ma anche la sussistenza delle componenti che devono caratterizzare la R&S in conformità con le previsioni del Manuale di Frascati, quale fonte primaria per la misurazione delle attività di R&S. Tale Manuale stabilisce che un'attività di ricerca e sviluppo, per esser concepita tale, deve soddisfare cinque criteri fondamentali: deve essere nuova, creativa, incerta, sistematica, trasferibile e/o riproducibile. I cinque i criteri devono essere soddisfatti ogniqualvolta venga intrapresa un'attività di R&S su base continuativa oppure occasionale. L’attività R&S si sostanzia in un complesso di azioni tese alla risoluzione di problematiche tecnico-scientifiche non affrontabili con le conoscenze del momento e capaci pertanto di generare un passo migliorativo rispetto allo stato dell’arte ed un incremento dello stock di saperi a disposizione della comunità. Per raggiungere tale obiettivo, la ricerca e sviluppo può declinarsi nelle seguenti tre tipologie di attività: ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale. Le caratteristiche salienti dell’innovazione sono la novità, ossia che il prodotto, il processo o il servizio devono essere nuovi o migliorati, e l’implementazione che prevede l’introduzione del prodotto innovativo nel mercato o l’utilizzo del processo nella azienda. Al fine di una corretta fruizione del credito d’imposta è pertanto fondamentale inquadrare il grado di significatività dell’innovazione apportata e della relativa distinzione con le attività di routine o di normale sviluppo di prodotto e con le ordinarie attività dell’impresa. (IL MANUALE DI FRASCATI NON PUO’ ESSERE TRADOTTO PERCHE’ E’ STATO TRADOTTO IN ITALIANO IL 7/12/2021)  Risulta altresì che, dal 2022 è a disposizione l’opera tradotta in italiano del Manuale Frascati 2015 autorizzata dall’OCSE. La traduzione in italiano del Manuale di Frascati 2015 è stata giurata ai sensi dell’art. 5 R.D. 9/10/1922 n. 1366, D.P.R. 396/2000, L.445/2000, in data 7 dicembre 2021. Quindi, al momento delle attività poste in essere dalla società non esisteva una traduzione ufficiale in lingua italiana tale da consentire al contribuente una corretta identificazione della fonte integrativa normativa che sta alla base dell’accertamento fiscale. L’Agenzia delle Entrate contesta la legittimità dell’utilizzo del beneficio fiscale in esame in virtù dell’assenza di un pieno riscontro dei criteri mutuati dal sopracitato manuale ed in particolare dell’elemento della novità; il tutto senza ricorrere al parere tecnico del Mi.Se così come previsto dall’art. 8 del D.M. 27.05.2015 in base al quale, nel caso in cui durante le attività di verifica effettuate dall'Agenzia delle Entrate, “si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere”. (DEVE ESSERE CHIESTO IL PARERE DEL MISE)  Il tenore letterale della norma sembrerebbe limitare la discrezionalità tecnica dell’Agenzia delle Entrate la quale non può esercitarla autonomamente senza ottenere il parere necessario degli organi tecnici.

Nei confronti del recente filone accertativo dell’Agenzia si è anche mossa la prima giurisprudenza di merito con le seguenti sentenze. Anzitutto si segnala la sentenza n. 365/3/2021 della CTP di Vicenza in cui i giudici, riscontrando l’assenza di un adeguato rigore tecnico da parte dell’ente, hanno posto un ostacolo all’azione di recupero del credito in quanto riconducibile ad un “eccesso di potere dell’Ufficio”, il quale “avrebbe dovuto acquisire autonomamente un preliminare parere tecnico da parte del competente Ministero dello Sviluppo Economico”. Lungo la stessa linea si pone la sentenza n. 392/2/2021 della CTP di Ancona la quale, partendo dal presupposto che la fruizione del beneficio fiscale è subordinata al riscontro di presupposti quasi sempre di natura tecnologica e di rilevante complessità, statuisce che l’Agenzia delle Entrate non presenta adeguate competenze tecniche e rimarca il fatto che “l’iniziativa del Ministero dello Sviluppo Economico, in materia che competerebbe quanto meno in misura paritaria rispetto al ministero dell’Economia e delle Finanze, non sussiste (nei casi esaminati) e il decreto ministeriale è stato emanato da quest’ultimo Ministero “di concerto” con il Ministero dello Sviluppo Economico”.  (I DOCUMENTI DI PRASSI NON POSSONO ESSERE APPLICATI RETROATTIVAMENTE)  Quanto premesso determina pertanto un chiaro sbilanciamento a favore dei poteri dell’Agenzia delle Entrate in una materia in cui, per motivi oggettivi, il profilo tecnologico è prevalente e spesso complesso Non da ultimo, si segnala la sentenza n. 46 del Tribunale di Aosta depositata l’8.11.2021 , per quanto concerne i requisiti dei manuali di Oslo e Frascati, in cui viene ritenuta insussistente l’indebita fruizione del credito inesistente in quanto i riferimenti ai Manuali sono entrati nella prassi dell’amministrazione soltanto di recente e non possono avere carattere retroattivo. (SONO AMMESSE LE INNOVAZIONI RELATIVE ALLA SOLA AZIENDA) Si ritiene altresì di condividere l’assunto con cui è stato sancito che ai fini della corretta fruizione del credito ricerca e sviluppo, l’innovazione relativa all’investimento può consistere anche nell’adozione di conoscenze e capacità esistenti che comunque apportano una novità per l’impresa. Non deve, quindi, necessariamente trattarsi della creazione di nuove conoscenze nel settore di appartenenza. In tal senso la Cassazione tributaria ha inoltre evidenziato, che soltanto nel 2019 l’Erario ha ristretto i parametri della concessione del credito applicando il Manuale di Frascati, il quale, nell’ambito di un processo di innovazione, non considera tecniche o conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico e tecnologico.

(IL CREDITO E’ NON SPETTANTE) E, per quanto concerne la distinzione tra credito non spettante e credito inesistente fonte di contestazione e di sequele alquanto differenziate sul piano sanzionatorio la Commissione rileva come il dettato normativo dell’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997 individua due elementi, entrambi indispensabili, per qualificare un credito come inesistente: 1) mancanza del presupposto costitutivo del credito, con ciò intendendosi che la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, patrimoniali o finanziari del contribuente; 2) inesistenza del credito non riscontrabile mediante controlli automatizzati o formali dei dati in anagrafe tributaria, ai sensi degli articoli 36-bis, 36-ter D.P.R. 600/1973 e 54-bis D.P.R. 633/1972. Nelle sentenze 34444 e 34445 depositate il 16.11.2021 nonché nella più recente 7615 depositata il 03.03.2022, la Suprema Corte interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante: “in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera”, “ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza””. Secondo la Corte di Cassazione dunque l’emersione della non spettanza del credito d’imposta attraverso il confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti esibiti dal contribuente, è fattispecie da inquadrarsi nell’ambito del credito non spettante. Al contrario, qualora la sussistenza del credito d’imposta risulti comprovata esclusivamente da documentazione falsa, il credito è inesistente in quanto non reale, indipendentemente dall’esposizione in dichiarazione. Nella sentenza 7615/2022 la Corte di Cassazione si è spinta ad analizzare la dicotomia credito inesistente/non spettante anche sul piano dell’elemento soggettivo con effetti antitetici in termini di onere probatorio: l’inesistenza del credito è “salvo prova contraria, un indice rivelatore della coscienza e volontà del contribuente” di creare artificiosamente un credito d’imposta per compensare i debiti; la non spettanza del credito esistente invece comporta la necessità di dimostrare la consapevolezza del contribuente circa la sua non compensabilità.

E’ da porre in evidenza che la società non ha adottato alcun comportamento omissivo o ostruzionistico in grado di rendere difficile, per l’Ufficio, intercettare l’utilizzo del credito d’imposta in oggetto poiché, dal punto di vista formale e sostanziale, la società ha rispettato gli adempimenti alla stessa imposti dalla normativa che disciplina il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo. Esso è stato correttamente indicato nel quadro RU della dichiarazione dei redditi del periodo di competenza e, ciò dimostra, la correttezza e la buona fede che ha caratterizzato il comportamento della ricorrente. Peraltro in allegato si trova ulteriore documentazione probatoria (certificazione del revisore, relazione di R&S dell’ing. Nom_1 ecc.). Al riguardo si sottolinea come appare incongruente parlare di “credito inesistente”, laddove nell’ambito dei controlli il Fisco abbia riscontrato l’esistenza di una effettiva attività posta in essere dall’impresa, la cui spesa è avvalorata dall’apposita certificazione del revisore incaricato

 Si osserva altresì che gli atti di recupero del bonus R&S sono fondati su argomentazioni non inerenti con la qualificazione e la natura stessa dei costi sui quali risulta calcolato il credito d’imposta; in altre parole si fondano non sulla contestazione dell’effettività e quantità dei costi e delle attività sostenute (certamente di pertinenza dell’Amministrazione Finanziaria) ma sulla qualificazione di tali attività nell’ambito della ricerca e sviluppo (la cui competenza è del Mise).

Peraltro non può sottacersi come la società abbia prodotto documentazioni e specifiche relazioni tecnico-professionali descrittive l’attività intrapresa nel particolare campo applicativo, mentre valutazioni di simile tipologia non sono parimenti riscontrate nelle posizioni dell’Agenzia che ha provveduto a elaborare direttamente, unicamente attraverso il proprio organico, il contesto qui oggetto di contenzioso, giungendo a conclusioni, anche di merito, che non provano adeguatamente i fatti contestati.

(IL PARERE DEL MISE DEVE ESSERE RICHIESTO) Deve esser citato il recente filone giurisprudenziale secondo il quale l’’Amministrazione finanziaria, prima di procedere all’emissione dell’atto di recupero, per il disconoscimento del credito di imposta relativo alle spese di ricerca e sviluppo, deve chiedere il parere del MISE. Una recente ed ulteriore sentenza è quella della Commissione Tributaria Provinciale di Roma del 18 maggio 2022, n. 5918. Tuttavia, nello stesso senso si è espressa anche la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli il 2 maggio scorso con la decisione n. 4988/30/22. Secondo la pronuncia dei giudici partenopei si tratta di una materia in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio”.

 

4988 2/5/2022 Napoli

Il parere del Mise deve essere richiesto (vinto)

Contestazioni relative al personale (vinto)

Importo del credito € 156.133,24

Contestazione relativa al personale: Quanto ai costi per il personale, si è accertato che la società, per la realizzazione del progetto, aveva fatto ricorso a propri dipendenti, privi di elevata qualificazione; inoltre è emerso, da dichiarazioni rese da alcuni ex dipendenti ricompresi nel novero di coloro che erano stati coinvolti nello studio di fattibilità del progetto, che essi avevano svolto solo le loro mansioni ordinarie e non avevano percepito redditi ulteriori rispetto a quello di lavoro dipendente per il quale erano stati assunti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Personale: Sotto il primo profilo deve rilevarsi la scarsa significatività del campione rilevato. Infatti, a fronte di un numero di alcune decine di soggetti coinvolti nel progetto, tra coloro che sono stati sentiti, solo quattro (peraltro non del tutto privi di risentimento nei confronti della società, essendo stati colpiti da provvedimento di licenziamento, come evidenziato dalla ricorrente) hanno dichiarato di non aver svolto attività diverse rispetto a quelle ordinarie (dato anche questo comunque non decisivo), mentre altri tre non lo hanno escluso o lo hanno addirittura confermato. Pertanto, a fronte della cospicua documentazione depositata dalla società a dimostrazione delle attività svolte, non adeguatamente smentita nei fatti dall’Agenzia, la Commissione ritiene che non si possa affermare con sufficiente grado di verosimiglianza che il progetto di cui trattasi non sia stato attuato e che i relativi costi siano in concreto inesistenti.

Il parere del Mise deve essere richiesto (la ditta ha presentato un parere di un esperto)

In ogni caso, si rileva che impropriamente l’Ufficio ha adottato le proprie determinazioni prescindendo dal ricorso al parere del MISE e ponendosi autonomamente in contrasto non solo rispetto alle prospettazioni della società oggi ricorrente, ma anche rispetto a quanto affermato da un organismo, quale è l’istituto di ricerca INGENIA, iscritto nell’Elenco dei Laboratori Altamente Qualificati del Ministero della Istruzione, Università, Ricerca, che conclude un diffuso report tecnico-scientifico, emesso il 31.12.2016, affermando “che l’attività svolta dalla Società proponente per la realizzazione della innovazione tecnologica di interesse e il relativo programma di R&S individua la tematica scientifica oggetto della ricerca e sviluppo ed evidenzia elementi di originalità ed innovazione rispetto allo stato dell’arte”

Proprio in considerazione dell’elevato tasso di tecnicismo che caratterizza le valutazioni in ordine alla ammissibilità del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, l’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa, nel contesto della Circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 ha previsto al capitolo 8 in tema di controlli che: << ... ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta.

Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.>>

In ordine a tale disposizione l’Ufficio resistente pone in evidenza che la richiesta di parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo.

Purtuttavia a parere di questa Commissione tale facoltà, a fronte di problematiche tecniche di grande complessità e delle asseverazioni di un organismo di ricerca istituzionalmente riconosciuto, quale è INGENIA, doveva necessariamente essere esercitata, sia perché l’Agenzia delle Entrate non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d’imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell’atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva.

A tali argomentazioni possono senz’altro affiancarsi quelle svolte dalla giurisprudenza di merito citata dalla ricorrente (in particolare: CTP Ancona, Sez. II, Sent., 11/08/2021, n. 392), che è pervenuta alle medesime conclusioni evocando la figura dell’eccesso di potere nell’attività svolta dall’Amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art. 3, c. 14, D.L n. 145/2013), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.

 

 


Corte di giustizia tributaria di ASCOLI PICENO (ha competenza anche per Fermo)

ASCOLI PICENO 2024.367 del 25/9/2024

Importo € 22.878,00

Ricorso vinto

Credito non spettante

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Sig. Rappresentante_1, in qualità di legale rappresentante della “Ricorrente_1”, rappresentato e difeso come in atti, ha impugnato l’atto di recupero crediti d’ imposta n. TQ3CRT100054, notificato in data 17/11/2022, emesso dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Ascoli Piceno, con il quale si richiede il recupero a tassazione, nel periodo 2016, del “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo”, ex art. 3 D.L. n. 145/2013, per complessivi euro 22.878,00, utilizzato in compensazione nel periodo 2016 e ritenuto dall’Ufficio inesistente, con applicazione delle sanzioni in misura pari al 100% del credito compensato ed interessi per euro 5.420,52, per un complessivo importo pari ad euro 51.185,27.

(COMPENSAZIONE 2016) L'Agenzia delle Entrate ha contestato alla società l'utilizzo in compensazione di crediti fiscali relativi ad attività di Ricerca e Sviluppo, iscritti nei Modelli F24 del 2016 e derivanti da spese sostenute nel 2015. Pur non mettendo in discussione l'effettivo sostenimento dei costi, l'Agenzia ha ritenuto che tali spese non presentavano i requisiti oggettivi che qualificano le attività di "ricerca e sviluppo" e, pertanto, ha considerato i crediti inesistenti.

Si riportano, in sintesi e per quanto di interesse, i motivi del ricorso:

(NON SONO STATI CONTESTATI I COSTI) il ricorrente osserva che l'Agenzia delle Entrate non ha contestato né il sostenimento degli investimenti né la loro qualificazione e natura, riconoscendo, quindi, che i costi sono stati effettivamente sostenuti. La dichiarazione di inesistenza del credito fiscale si fonda unicamente sulla qualificazione delle attività come non rientranti nell'ambito della ricerca e sviluppo. Questo aspetto rileva sia sotto il profilo dell'assenza di adeguate motivazioni alla base del disconoscimento del credito, sia rispetto al regime sanzionatorio applicato; l’Agenzia ha considerato le attività del 2015 come meri miglioramenti di prodotti esistenti e limitate a quell'anno. In realtà, lo sviluppo della (PROGETTO)  "Programma_1 " rappresenta un progetto complesso e innovativo, mirato alla realizzazione di un macchinario unico, non presente sul mercato. Il progetto ha coinvolto l'azienda sin dal brevetto ottenuto nel 2008, proseguendo con implementazioni nel 2015 e continuando negli anni successivi, come confermato da perizia tecnica asseverata. Tali attività costituiscono, nel loro insieme, un'unica e continuativa attività di ricerca e sviluppo riferita al bene brevettato;

3), 4), 5), 6) le norme che hanno istituito il credito d’imposta e i documenti di prassi (art. 3, comma 4, lettera b), del D.L. 145/2013; DM 27 maggio 2015 art. 2) prevedevano che potevano considerarsi tra le attività di ricerca e sviluppo, la “ricerca pianificata da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti o permettere un miglioramento dei prodotti esistenti. (PER LA DITTA OCCORRE FAR RIFERIMENTO LA MANUALE DI OSLO)  La Circ. 5/2016 richiama la circolare del MISE del 16/04/2009, che faceva riferimento al manuale di Oslo e non al Manuale di Frascati, il quale ai fini del riconoscimento del carattere di ricerca e sviluppo, richiedeva semplicemente che il prodotto o il processo fossero nuovi (oppure significativamente migliorati) per l’azienda e non per l’intera economia. Inoltre, il Manuale di Frascati è stato tradotto in italiano solo il 07/12/2021 e quindi è applicabile solo dal 2022. In ogni caso, le caratteristiche del prodotto realizzato dall’azienda rispettano anche i requisiti previsti dal suddetto Manuale di Frascati;

7), 8), 9) 10), 11) l’Agenzia, non possedendo le necessarie competenze tecniche, avrebbe dovuto richiedere il parere al MISE, altrimenti configurandosi un eccesso di potere da parte dell'Ufficio accertatore;

12) per quanto riguarda le sanzioni applicate dall’Agenzia, il ricorrente contesta che la compensazione di crediti inesistenti sia configurabile solo ove sussista un comportamento fraudolento da parte del contribuente. Qualora, invece, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative riguardanti la presunta carenza dei requisiti oggettivi per beneficiare dell’agevolazione, non si tratta di un credito inesistente, bensì, semmai, di un credito non spettante. Conseguentemente, le sanzioni applicabili sarebbero pari al 30% ex art. 13, comma 1, D. Lgs. 471/1997 e non al 100%. Inoltre, non trova applicazione l’art. 27, comma 16, del D.L. n. 185/2008, che prevede un termine di otto anni dall’utilizzo in compensazione per la notifica dell’accertamento, bensì l’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, il quale, in riferimento al periodo d'imposta per cui il credito è stato dichiarato (anno 2015), rende tardiva la notifica dell’atto contestato, avvenuta in data 17/11/2022.

Il ricorrente conclude il ricorso chiedendo che l’atto impugnato venga dichiarato illegittimo, con vittoria di spese di giudizio.

(IL PROGETTO DI RICERCA) Si è costituita l’Agenzia delle Entrate D.P. di Ascoli Piceno che, nel confermare la legittimità del suo operato, osserva che la macchina denominata “Prog_1”, già prima degli investimenti in R&S, consentiva l’accesso prossimo all’origine degli incendi senza coinvolgere direttamente il personale. Dalla relazione tecnica consegnata all’Ufficio si evince che la macchina, pur essendo già commercializzata, non era dotata di un dispositivo di localizzazione (GPS-GSM) con ricevitore satellitare, il quale avrebbe consentito il rilevamento della posizione e della velocità in remoto, direttamente dalla sala operativa.

(IL PRODOTTO ERA STATO BREVETTATO IN PASSATO) Sulla base delle informazioni acquisite, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il prodotto già brevettato e operativo (nel 2014 sono stati venduti quattro mezzi alla Luo_1 sia stato implementato mediante l’integrazione di un dispositivo di localizzazione noto e ampiamente diffuso. Pertanto, tale intervento non può essere qualificato come attività agevolabile, trattandosi invece di operazioni ordinariamente svolte dall’impresa.

Il credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, cui la ricorrente ha aderito, è regolato dall'articolo 3 del D.L. n. 145/2013. Le attività ammissibili sono state definite secondo le categorie di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” come specificato nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 relativa agli aiuti di Stato per ricerca, sviluppo e innovazione. Inoltre, al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, è espressamente precisato che: “Per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell'OCSE”.

L’Agenzia sottolinea che il Manuale di Frascati riveste importanza per le normative agevolative in materia di ricerca e sviluppo, già a partire dalla disciplina introdotta per il triennio 2007-2009. Infatti, al paragrafo 5.1.1 della Comunicazione n. 323/01 (disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione) del 2006, si chiariva che, per classificare le diverse attività, la Commissione poteva fare riferimento agli esempi e alle spiegazioni contenute nel Manuale di Frascati. La stessa ricorrente, nella perizia asseverata, faceva continui riferimenti allo “sviluppo sperimentale” così come inteso dalla Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01, senza mai sollevare dubbi sui contenuti di quest’ultimo.

L’Ufficio, riferendosi alla normativa e ai documenti di prassi sopra citati, ritiene che le attività qualificabili come R &S siano quelle svolte nell’ambito di un processo di innovazione condotto da un’impresa per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento, ossia applicando le tecniche e conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, oppure al miglioramento sostanziale di prodotti e processi già esistenti.

Secondo l’Agenzia, le attività poste in essere dal ricorrente non presentano le caratteristiche di novità, creatività, e rischio di insuccesso scientifico o tecnologico che di norma implicano. Per tale motivo, ritiene che l’implementazione del veicolo con un dispositivo di geolocalizzazione non possa essere considerata un’attività di R&S ammissibile al credito d’imposta.

Riguardo alle contestazioni circa l’obbligatorietà della richiesta del parere del MISE ed eccesso di potere derivanti da incompetenza tecnica dell’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia rileva che l’ente impositore ha la facoltà ma non l’obbligo, di richiedere il parere tecnico preventivo del MISE.

Per quanto riguarda l’irrogazione delle sanzioni, l’Ufficio, citando anche la sentenza della Cass. sez. penale n. 7615/2022, sostiene che, caso di specie, si tratti di un credito inesistente per l’insussistenza dei presupposti costitutivi necessari per fruire del credito per ricerca e sviluppo. Il credito sarebbe inesistente poiché, in difetto dei requisiti relativi alla novità, creatività, innovazione e rischio di insuccesso dell’attività svolta, non è mai venuto ad esistenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso merita accoglimento per decadenza dei termini d’accertamento.

(IL PARERE DEL MISE  E’ FACOLTATIVO) Preliminarmente, riguardo all'eccezione sollevata in merito all’obbligatorietà della richiesta di parere al MISE da parte dell’Agenzia delle Entrate, si osserva che tale richiesta costituisce una mera facoltà per l’Ufficio e non un obbligo, la cui violazione potrebbe comportare la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere. Infatti, l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del medesimo decreto, ai fini della corretta fruizione del credito d’imposta, l’Agenzia delle Entrate verifica la sussistenza delle condizioni previste dalla normativa agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sostenuti, sui quali è stato determinato il credito d’imposta.

Nel caso in cui si rendano necessarie valutazioni tecniche sull'ammissibilità delle attività o sulla pertinenza e congruità dei costi, il comma 2 dell’art. 8 del decreto attuativo conferisce all’Agenzia la facoltà, non l’obbligo, di richiedere il parere del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).

L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito nei confronti della società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti normativi e, solo se lo ritiene necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE.

(IL CREDITO E’ NON SPETTANTE)

Con riguardo ai termini di decadenza per l’azione d’accertamento dell’Erario, si osserva che gli stessi variano in base alla circostanza che i crediti compensati nel modello F24 siano qualificati come “inesistenti” o “non spettanti”. Infatti, si applica il termine di otto anni, di cui all'art. 27, comma 16, D.L. n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente. Questa condizione si realizza, ai sensi dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471 del 1997, allorché ricorrano congiuntamente due requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis DPR n. 633 del 1972.

Nel caso in cui i crediti siano non spettanti, si applicano, invece, i termini ordinari di accertamento previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600.

La distinzione tra “crediti inesistenti” e “crediti non spettanti” è stata oggetto di incertezze interpretative nella giurisprudenza tributaria e penale. Secondo un orientamento giurisprudenziale più risalente, le due categorie erano considerate equivalenti. Tuttavia, l’orientamento più recente ha stabilito che le due categorie sono distinte e basate su presupposti diversi.

Questa interpretazione è stata confermata dalle sentenze n. 34419 e 34452 del 2023 delle SS.UU. civili della Corte di Cassazione emesse proprio a seguito dei contrasti interpretativi. Con le suddette sentenze, le Sezioni Unite forniscono alcuni criteri interpretativi utili per l'inquadramento dei crediti come "inesistenti" o "non spettanti".

In primo luogo la S.C. ha stabilito che l'art. 13, comma 5, terzo periodo, del D. Lgs. n. 471 del 1997 ha fornito, per la prima volta, una esplicita definizione positiva di credito inesistente stabilendo che: “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , e all'art. 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” . Al contrario, il comma 4 del medesimo articolo fornisce una autonoma definizione di “credito non spettante”, relativo all’utilizzo di un credito esistente in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalla normativa vigente.

Questa distinzione è stata confermata anche in ambito penale (cfr. sentenza Corte Cass.. Sez. III Penale n. 6 del 2024), e, pertanto, è da escludersi che le definizioni in ambito tributario differiscano rispetto a quelle adottate nel diritto penale.

Questa distinzione è stata confermata anche in ambito penale (cfr. sentenza Corte Cass.. Sez. III Penale n. 6 del 2024), e, pertanto, è da escludersi che le definizioni in ambito tributario differiscano rispetto a quelle adottate nel diritto penale.

Il secondo caso risulta, invece, più complesso da definire e riguarda le fattispecie in cui il credito è carente di un elemento costitutivo; in tal caso, la S.C. ha affermato che: “... la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta.

9.4. Con riguardo all’ipotesi sub b), appare necessario in un’ottica sistematica, per la varietà di tipologie di crediti d’imposta, procedere ad un’indagine più analitica al fine di individuare – pur a fronte delle difficoltà derivanti da una normazione di settore spesso variegata e multiforme - i parametri strutturali, di carattere generale, per ritenere esistente un credito di imposta, ossia quali siano gli elementi idonei ad assumere natura costitutiva e quali, invece, abbiano carattere accessorio o riguardino la sola efficacia della pretesa”.

Le fattispecie esaminate dalla Cassazione a titolo esemplificativo sono: 1) l'assenza o la mancata presentazione dell'istanza nei tempi previsti può comportare la perdita del diritto al credito; 2) la previsione di specifici obblighi, che possono essere attivi o passivi (per esempio trasferimento della residenza per le agevolazioni "prima casa", l’obbligo di utilizzare i beni strumentali per la produzione di specifici prodotti editoriali in lingua italiana o di inviare comunicazioni preventive all'Soc_1 per interventi di efficienza energetica). Il mancato rispetto di tali obblighi può portare alla perdita del credito; 3) mancato rispetto dei termini perentori finali entro cui il contribuente deve presentare la richiesta del credito d'imposta.

Questi elementi delineano i crediti inesistenti come situazioni in cui l'assenza di presupposti sostanziali e formali, combinata con comportamenti fraudolenti o gravemente negligenti, porta a un utilizzo del credito del tutto illegittimo. La Cassazione enfatizza che la gravità di tali condotte risiede non solo nella violazione delle norme tributarie, ma anche nella distorsione della realtà economica su cui si basa l'attribuzione del credito, rendendo il credito non solo irregolare ma del tutto inesistente.

In sintesi, i crediti inesistenti rappresentano le ipotesi più evidenti e gravi di utilizzo illecito di agevolazioni fiscali, distinguendosi per l'assenza completa o la simulazione dei requisiti necessari, spesso accompagnate da intenti fraudolenti o ingannevoli; è richiesto, altresì, che l’inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e all'art. 54-bis del DPR n. 633/1972.

Al contrario, devono essere considerati come crediti "non spettanti" quelli per i quali, sebbene sussistano i requisiti soggettivi e oggettivi espressamente previsti dalla normativa di riferimento, il riconoscimento del credito si fondi su circostanze che potrebbero non rientrare nella disciplina attributiva del credito stesso, a causa della mancanza di ulteriori elementi o specifiche qualità richieste ai fini della sua attribuzione.

(IL CREDITO NON PUO’ ESSERE INESISTENTE  PERCHE’ LE  SPESE SONO STATA EFFETTIVAMENTE SOSTENUTE) La fattispecie in esame, non può essere qualificata come ipotesi di inesistenza assoluta del credito, poiché le spese per l’installazione del dispositivo di tracciamento sono state effettivamente sostenute, come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate. Pertanto, occorre verificare se le attività realizzate dal ricorrente soddisfino i requisiti di novità, creatività e rischio di insuccesso scientifico o tecnologico previsti dalla normativa vigente ratione temporis in materia di ricerca e sviluppo.

L’agevolazione in questione è stata prevista dall’art. 3 del D.L.145/2015 che prevedeva al comma 4 che sono ammissibili al credito d'imposta le seguenti attività di ricerca e sviluppo: a) lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette; b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti; c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati ecc.

Al comma 5. Viene precisato che: “5. Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.”

Il successivo D.M. emanato dal ministero dell'Economia e delle Finanze in data 27.05.2015 - in vigore dal 29/07/2015 - in attuazione del regolamento per la fruizione del credito d'imposta per attività di R& S, all’articolo 2 lettera b) , precisa che sono ammissibili le attività di: "ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi necessari per la ricerca industriale ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);".

(IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) Tale disposizioni sono in linea con quanto stabilito dalla Comunicazione della Commissione Europea “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, n. 198 del 27.6.2014, che definiva “ sviluppo sperimentale “: l'acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l'utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati. Rientrano in questa definizione anche altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernente nuovi prodotti, processi o servizi….. Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti e ad altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentano miglioramenti;”.

La Comunicazione, nel paragrafo 4.5.1.1., al punto 75, rinvia alle ulteriori spiegazioni contenute nel Manuale di Frascati dell’OCSE. Il Manuale di Frascati, sebbene redatto in lingua inglese, era comunque ampiamente conosciuto dagli operatori del settore, e al punto 2.2. definisce lo sviluppo sperimentale come: “...un lavoro sistematico, basato sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze supplementari, che sono finalizzate alla creazione di nuovi prodotti o processi o al miglioramento di prodotti o processi esistenti” . Nel paragrafo 2.34 del capitolo 2.5 viene fatto un esempio di sviluppo sperimentale: "Per esempio, in un processo volto allo sviluppo di una nuova automobile, l’opzione di adottare alcune tecnologie potrebbe essere presa in considerazione e testata per essere usata nell’automobile che è in fase di sviluppo: questa è la fase in cui viene effettuato lo sviluppo sperimentale. Questo porterà a nuovi risultati grazie a nuove applicazioni di alcune conoscenze generali, sarà incerta perché i test potrebbero dare risultati negativi.”. 

Alla luce del tenore letterale delle disposizioni legislative e regolamentari “ratione temporis” vigenti, nonché delle indicazioni contenute nel D.M. del 27 maggio 2015 e nel Manuale di Frascati, si rileva che le attività di ricerca e sviluppo finalizzate al miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti rientrano tra le attività ammissibili al beneficio del credito d'imposta previsto dalla normativa tributaria speciale.

In particolare, l'introduzione di un meccanismo di localizzazione nel veicolo rappresenta un miglioramento del prodotto che si inserisce in un processo di ricerca e innovazione condotto dall'impresa. Tale processo vede la partecipazione di personale dipendente che svolge attività specificamente orientate alla ricerca e sviluppo.

Tuttavia, la valutazione circa la possibilità che le modifiche apportate dalla ricorrente possano costituire acquisizione di nuove conoscenze scientifiche o tecnologiche, superando il mero miglioramento funzionale, è rimessa alla discrezionalità degli organi competenti al controllo. Questi ultimi devono fondare il loro giudizio sulle peculiarità del caso concreto, analizzando le specifiche caratteristiche delle attività poste in essere.

(LA RATIO DELLA NORMA E’ QUELLA DI INCENTIVARE LO SVILUPPO) Ne consegue che, qualora l’esito di tale valutazione sia negativo rispetto alla qualificazione delle attività come acquisizione di nuove conoscenze scientifiche o tecnologiche, ciò non può comportare l'accertamento dell'“inesistenza” del credito d’imposta, bensì la semplice “non spettanza” dello stesso. Diversamente, tutti crediti derivanti dalle attività di ricerca e sviluppo non espressamente riconosciute, rischierebbero di essere considerati inesistenti, vanificando la ratio della normativa che è volta ad incentivare lo sviluppo.

Stabilito che il credito compensato non può qualificarsi come “inesistente”, ne consegue che trovano applicazione i termini ordinari di accertamento di cui all'art. 43 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, e non quelli previsti dall'art. 27, comma 17, del D.L. n. 185/2008, il quale dispone che l'atto con cui si recuperano le compensazioni indebite effettuate con crediti inesistenti deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.

Nel caso di specie, l'anno di riferimento è il 2015, ossia l'anno in cui sono state sostenute le spese per ricerca e sviluppo, come stabilito dal Decreto interministeriale del 27 maggio 2015 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015), emanato in attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, il quale, all'art. 6, comma 1, prevede che: “Il credito d'imposta di cui al presente decreto deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i costi di cui all'art. 4.", e al comma 3: “Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui i costi di cui all'art. 4 sono stati sostenuti.”

L’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, nella sua formulazione applicabile fino all’anno d’imposta 2015, stabiliva che gli avvisi di accertamento potevano essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, e dunque, nel caso di specie, entro il 31 dicembre 2020.

Tuttavia, la normativa introdotta a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19, con l’art. 157 del D.L. n. 34/2020, ha prorogato il termine decadenziale al 28 febbraio 2022 per gli atti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020.

Alla luce di quanto sopra esposto, si rileva la tardività della notifica dell’atto impugnato, effettuata in data 17 novembre 2022.

Restano assorbiti gli altri motivi del ricorso.

Per tutte le motivazioni sopra esposte, il ricorso è accolto. Le spese a carico del soccombente sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M. La Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Ascoli Piceno accoglie il ricorso e dichiara nullo l'atto di recupero impugnato per decadenza dei termini di accertamento e liquida le spese in euro 2.380,00 oltre oneri accessori se dovuti.


 229 2024   28/5/2024 

Il Manuale di Frascati deve essere applicato  (Perso)

Il parere del Mise non deve essere richiesto  (Perso)

Il credito è non spettante (Vinto), le sanzioni sono state quindi ridotte al 30% ma non tolte per incertezza normativa

Importo del credito: € 75.015,00

Attività svolta dall'impresa che opera nel settore aeronautico: La Ricorrente_1 rappresenta una delle realtà più importanti nei servizi tecnici all’industria aereonautica, a quella automobilistica, alla difesa, all’ Oil&Gas e ai sistemi Ropeways con 12 sedi in Luogo_1 e 4 all’estero e si avvale di oltre 500 specialisti investendo sull’innovazione, ogni anno, il 3,5 % del fatturato. Ha ottenuto dalla Borsa Italiana il certificato ELITE che la colloca nelle eccellenze Italiane. Il 28/03/17 taglia l’importante traguardo dell’ingresso in Borsa, quotandosi al mercato AIM. Il Gruppo sviluppa un fatturato di 37 milioni di euro ed è certificata dai diversi organismi indicati. A seguito dei processi di fusione, opera nello sviluppo dell’integrazione e del test di software installati all’interno dei sistemi di bordo dei velivoli civili e militari, nei contenuti multimediali e nelle piattaforme interattive destinate al supporto tecnico e a servizi di training specializzato per la manutenzione e gestione dell’elicottero e nei servizi di progettazione aereonautica a supporto dei costruttori oltre che nella definizione dei contenuti tecnici della documentazione a supporto del velivolo e nella progettazione di parti e componenti dei velivoli. È specializzata anche nella progettazione di sistemi medicali aereonautici e nella personalizzazione dei Kit per aerei adibiti a sorveglianza e videoriprese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Manuale di Frascati deve essere applicato

Riguardo la controversia sull’ammissibilità del credito per R&S, vanno condivise le argomentazioni sviluppate dall’Ufficio a proposito del contenuto della relativa normativa che consente di configurare tale credito d’imposta (esattamente l’art. 3, c. 1 D.L. 145/2013, conv. In L. 9/2014, come successivamente modificato e integrato, e successivo Decreto attuativo del 27/05/2015 del MEF, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico) nonché le linee interpretative alla cui stregua va valutata l’attività di ricerca e sviluppo (si tratta di quelle indicate nel c.d. “Manuale Frascati”, nella circolare n° 59990 del 09/02/2018 del Ministero dello Sviluppo Economico e nella risoluzione n° 40 del 02/04/2019 dell’A.E.).

Coerentemente con il significato di “ricerca e sviluppo”, deve trattarsi di progetti che apportano un apprezzabile progresso di novità scientifico-tecnologico per l’intero mercato, e non un mero vantaggio operativo per l’impresa. L’innovazione realizzata non deve significare la semplice utilizzazione o miglioramento di conoscenze già esistenti, ma deve avere quelle caratteristiche di novità che sono richieste dalla normativa.

Come è noto l’individuazione delle attività di R&S ammissibili al credito sono state stabilite dal Legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel par, 1.3, punto 5 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01/2014, recante la disciplina degli “aiuti di Stati” a favore della ricerca e sviluppo e innovazione. Al punto 75 della Comunicazione 198/01 del 2014 è espressamente previsto che per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, ci si dovrà basare sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche formulate dal “Manuale Frascati” dell’OCSE.

È pur vero che il c.d. “Manuale Frascati” è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi dal 2018 (circ. MISE 59990/2018 e circ. A.E. 46/E/2018), ma è altrettanto incontestabile che tale “Nominativo_2” abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi di ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica (Comunicazione CE 2006/C 323/01 del 30/12/2006- Comunicazione 214/C 198/01 del 27/06/2014 richiamata dalla circ. dell’A.E. 5/E del 16/03/2016- par. 1 . Non è condivisibile, pertanto, che la Società negli anni degli investimenti, non poteva immaginare l’utilizzo dei criteri di classificazione del “Manuale Frascati”.

L'ufficio non è obbligato a richiedere il parere al MISE 

Questa Corte non ritiene che spetti all’organo giudicante valutare se l’A.E. disponga o meno di competenze tecniche e se, quindi, sia necessario avvalersi del supporto di altre Amministrazioni. L’Organo giudicante deve limitarsi, in base agli atti di causa a valutare se l’Amministrazione abbia fatto un corretto uso della sua discrezionalità tecnica, ovvero se l’impianto argomentativo offerto dall’Ufficio sia idoneo a eliminare i dubbi di irragionevolezza e arbitrio del suo operato che deve seguire un percorso logico e non contraddittorio.

Sulla presunta violazione dell’art. 3 del D.L. 145/2013 e 8 del D.M. del 27/05/15, per omessa richiesta del parere tecnico del MISE, l’Amministrazione non era preventivamente obbligata a richiedere il suddetto parere, considerato che trattasi di una possibilità, esercitabile in maniera discrezionale e, comunque, solo dove l’Ufficio controlli dell’A.E. si senta impossibilitato, per le circostanze del singolo caso, a svolgere adeguatamente tutte le valutazioni tecniche.

La commissione è entrata nel merito tecnico del progetto

Venendo alla fattispecie in esame, l’ufficio ha sviluppato una articolata istruttoria svolta sulla documentazione prodotta dalla parte e attentamente valutata, da cui è emerso che i due progetti della Società non potevano beneficiare delle favorevoli condizioni di legge, perché carente dei requisiti prescritti dalla norma.

In particolare, come si può desumere dalla motivazione dell’atto, la convinzione è maturata in quanto sul primo progetto “cabinet elettroattuato”, non si riscontrano elementi di novità e di creatività e non si identifica il superamento di quelle incertezze scientifico-tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile con le conoscenze già disponibili nel settore di riferimento.

Anche nel secondo progetto “acquisizione video iper-spettrale per elicotteri leggeri”, non si riscontra l’innovazione e la creatività nell’ambito di riferimento, né il superamento di ostacoli ed incertezze che possano produrre un beneficio per l’intera economia, al fine di soddisfare le” caratteristiche qualitative” richieste dalla normativa.

Il primo progetto può rappresentare solo un incremento e miglioramento delle funzioni già esistenti dell’oggetto che è già presente negli arredi interni degli elicotteri- automobili- camper – yatch e, anche i materiali utilizzati sono già presenti in molti oggetti di uso comune ed hanno solo la finalità di abbattere i costi di produzione. Alla luce di ciò, tali modifiche che rendono maggiormente funzionante l’oggetto, non rientrano fra le attività agevolabili.

Anche il secondo progetto non rileva le qualità evidenziate. La progettazione si sviluppa solo in un supporto per il posizionamento che è già presente sul mercato, nonché i materiali utilizzati sono principalmente l’alluminio che viene usato per le proprie ottime proprietà meccaniche già conosciute.

La ditta ha presentato una perizia tecnica che la commissione ha ritenta non idonea

Il revisore doveva certificare anche la relazione tecnica ?

La documentazione prodotta dalla Società (inclusa la Perizia tecnica dell’esperto, che ricalca quanto già evidenziato nelle relative relazioni dei singoli progetti), non si è dimostrata idonea a supportare quegli elementi di novità e innovazione necessari per superare ostacoli ed incertezze nel proprio ambito e, fra l’altro, non è stata “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o da un professionista iscritto nell’albo dei Revisori, come la norma prevede. Tale professionista avrebbe dovuto attestare la regolarità formale della documentazione contabile e delle effettività dei costi. Inoltre, la successiva relazione prodotta, a seguito del contraddittorio, identica alla certificazione precedentemente esibita, è stata sottoscritta solo dal Legale rappresentante della Società e non anche dal Revisore, per cui non si conosce se tale documentazione si stata esaminata e valutata dall’organo preposto.

Il credito è non spettante

Il motivo del ricorso che, invece, merita di essere preso in considerazione, è quello relativo alla illegittimità nella parte in cui l’Ufficio irroga la sanzione per utilizzo in compensazione di crediti ritenuti “inesistenti”. Questa Corte, come già si è espressa più volte, ritiene che il caso di inesistenza del credito esprima qualcosa di diverso e grave (operazioni fraudolente fatte a scopo evasivo ecc.) della insussistenza dei requisiti che danno titolo all’agevolazione e giustificano il recupero fiscale.

Nel caso, si deve ritenere che l’Ufficio abbia operato correttamente nel recupero, poiché in una fase di controllo successivo non è stata riscontrata la rispondenza dei requisiti di legge per poter beneficiare dell’agevolazione in quanto il progetto è mancante del carattere di innovabilità e sviluppo con portata generale previsto dalla specifica normativa. Tuttavia, tale mancanza ha un aspetto diverso della inesistenza oggettiva del credito legato ad un’attività elusiva /evasiva posta in essere dalla Società, per cui il credito deve considerarsi solo “non spettante” anziché “inesistente” con la conseguente riduzione al 30% della sanzione anziché quella applicata del 100% dall’Ufficio.

Per la S.C(cfr. Sent. 3444/2021- 7615/2022 e la recentissima Sent. a SS.UU. 34452/2023), il credito è considerarsi “inesistente” solo al sussistere della duplice condizione di inesistenza totale o parziale del presupposto costitutivo e allorché tale inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli ex artt. 36-bis36-ter DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72. In mancanza la sanzione irrogabile sarà unicamente quella ordinaria , pari al 30%, non potendo trovare applicazione quella più grave pari al 100% ( art. 13,c.5 D.Leg. 471/97).

Le sanzioni non sono state comunque azzerate per l'incertezza normativa.

230 2024  28/5/2024 

L'atto di recupero è stato iscritto nel ruolo straordinario (che è valido solo per i crediti inesistenti)  che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi. 

La ditta ha chiesto la sospensiva per il versamento di questa somma ma non è stata concessa (ricorso perso).

Importo della contestazione  € 43.150,00: La società Ricorrente_1 la cartella di pagamento n. 008 2023 0013554603000, notificata il 22.11.2023, dall’Ente di Riscossione portante le iscrizioni a ruolo straordinario di imposte, sanzioni ed interessi di cui all’atto di recupero crediti n. TQ3CRT300008/2023. In particolare, con l’atto di recupero crediti, impugnato in separato giudizio dalla ricorrente, l’Ufficio avendo acclarato l’assenza dei requisiti per l’esistenza del credito di imposta per ricerca e sviluppo, rilevava l’indebita fruizione del credito de quo per l’ammontare totale di € 351.488,73 e recuperava le indebite compensazioni del credito sorto nell’esercizio 2016 ed utilizzato in compensazione nel 2017 per l’importo di € 43.150,00.

La cartelle era stata iscritta a ruolo straordinario che prevede il pagamento dell'intero ammontare delle imposte e delle sanzioni: Contestualmente, l’ufficio formava ed emetteva le partite di ruolo ai sensi del suddetto art. 27, comma 19 del D.L. n. 185/2019, che prevede l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell’art. 15 bis del D.p.r. n. 600/1973 (vale a dire dell’intero ammontare delle imposte e sanzioni, oltre agli interessi) notificate al contribuente con la cartella esattoriale qui impugnata.

Il ruolo straordinario è previso solo per il crediti inesistenti: 1) Illegittimità della cartella per violazione dell’art. 27, commi 16 e 19 del D.L. n. 185/2008 e art. 15-bis del DPR n. 602/1973, atteso che l’iscrizione nei ruoli straordinari (e, pertanto, senza accesso alla riscossione frazionata in pendenza di giudizio) di tutti gli importi contenuti in atti di recupero è possibile solo per i crediti c.d. “inesistenti” e non anche per i crediti non spettanti.

Richiesta delle sospensiva da parte dell'impresa relativa al versamento dell'intero importo del credito+sanzioni+interessi: Chiedeva nel contempo la sospensione dell’atto impugnato rappresentando, quanto al periculum che l’importo del credito erariale pari ad euro 96.724,20 avrebbe costretto la società a ricorrere al finanziamento bancario, peraltro difficilmente ottenibile, con ulteriori aggravi in termini di interessi passivi e che, in ogni caso, la pendenza del giudizio, in assenza di sospensiva, potrebbe pregiudicare la partecipazione della società alle gare pubbliche e, quindi, precluderle la possibilità di conseguire ricavi per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale.

Per i giudici la sospensiva sul versamento dell'intero importo non può essere concessa.

Viene riportata la differenza fra  Iscrizione a ruolo straordinario  e  iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio che prevede il solo pagamento di un terzo del credito e degli interessi (con esclusione delle sanzioni).

Orbene, ritiene la Corte che in primis non sussistano i presupposti per poter procedere alla invocata sospensiva in difetto dei presupposti di legge e che, invece, ricorrano i presupposti per una definizione del procedimento ai sensi dell’art 47 ter dlgs 546/92.

In particolare quanto alla sospensiva deve evidenziarsi che come è noto, il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione della contemporanea sussistenza dei due requisiti previsti dalla legge:

a) il "fumus boni iuris": il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato;

b) il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente, ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e, quindi, della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute, oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento.

Orbene, nel caso in esame, non può dirsi sussistente il requisito del periculum in mora, non ravvisandosi la sussistenza di un danno grave ed irreparabile.

A ciò deve aggiungersi che, come si vedrà insussistente è anche il requisito del fumus.

A tal riguardo, preliminarmente deve evidenziarsi che dalla lettura congiunta del comma 16 e 19 dell’art 27 del D.L. n. 185/2008 le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16 (utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti), anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

Nello specifico l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dall’art.15 bis del d.P.R. 602/1973 consente all’Ufficio di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentito dalla iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio ex art.15 d.P.R. 602/1973.

Orbene, il ricorrente contesta il modus procedendi dell’Ufficio, atteso che, a suo dire, non vi sarebbero i presupposti per procedere ad iscrizione nel ruolo straordinario, trovandoci al cospetto di crediti non spettanti e non anche di crediti inesistenti.

L’ufficio sostiene l’inammissibilità del ricorso sul presupposto per cui i vizi dedotti dovrebbero farsi valere solo con l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto.

Deve innanzitutto osservarsi come l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis consente all'amministrazione finanziaria di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell'intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni) consentito dalla iscrizione nei ruoli ordinari. Il carattere eccezionale di tale procedura giustifica la necessità, prevista dall'art. 11, comma 3, del citato decreto, che sussista un "fondato pericolo per la riscossione" e correlatamente, e come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, fonda l'obbligo dell'Amministrazione di indicare nella cartella le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, tale pericolo è ritenuto sussistente, e non, quindi, aprioristicamente affermato (Cass. n. 22306 del 2021; Cass. n. 12239 del 2017). E' stato affermato, in particolare, che se fosse consentito all'Amministrazione di omettere qualunque motivazione circa i fatti costitutivi della pretesa di riscossione integrale di un credito tributario ancora sub iudice, risulterebbe compromesso il diritto di difesa del contribuente, il quale si vedrebbe costretto ad impugnare la cartella senza conoscere le ragioni (e quindi senza poterle specificamente contestare) per le quali l’Ufficio, sulla base di motivi non palesati, ha ritenuto la sussistenza delle condizioni per procedere alla iscrizione a ruolo straordinario (v. Cass. n. 7795 del 2020). Né, in tal senso, sarebbe rilevante il semplice fatto che la società contribuente sia stata soccombente in primo grado davanti alla Corte di Giustizia Tributaria; come recentemente ribadito dalla Suprema Corte, infatti, l’aver indicato quale possibilità esecutiva, all’interno dell’atto di recupero, la procedura dell’iscrizione al ruolo straordinario ex art. 15bis, determina la mera facoltà di iscrivere le imposte a ruolo straordinario, sempre che sussista il fondato pericolo e sia adeguatamente esplicitato (v. Cass. n. 5779 del 2021).

Tuttavia, se quanto sopra concerne la regola, il caso di specie, invece, afferisce alla fattispecie eccezionale di cui all'art. 27 commi 16 e 19 del dl 185/2008, convertito in legge n. 2/2009. In caso di crediti inesistenti, decorso il termine per il pagamento, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (cfr. ex multis Cass 21.4.2017 n. 10112). Dunque, in caso di inesistenza del credito l’Ufficio è obbligato ad usare il ruolo straordinario art. 27 comma 19 del DL 185/2008 in deroga alle normali condizioni di utilizzo dell'iscrizione al ruolo straordinario.

Ebbene, non è chi non veda come le ragioni del fondato pericolo per la riscossione che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 gg delle somme dovute in base all’atto di recupero.

In definitiva, le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa la pretesa impositiva sono già note al ricorrente, così come le ragioni dell’iscrizione a ruolo straordinaria perché contenute nell’atto impositivo, trattandosi di atto di recupero di crediti ritenuti inesistenti dall’Ufficio, anche se oggetto di impugnazione.

Pertanto l’Ufficio, nel caso specifico, si è limitato ad applicare le disposizioni di legge in materia, una volta accertato il mancato pagamento da parte del contribuente delle somme dovute entro il termine di 60 giorni

 218 2024  13/5/2024 

Atto di recupero per crediti inesistenti iscritto al ruolo straordinario che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi (perso) 

Importo del credito € 95.062,02

MOTIVI DELLE DECISIONE   

Per i crediti inesistenti viene emesso l'atto di recupero iscritto al ruolo straordinario

Con il primo, la Società sostiene che non sarebbe ammessa l’iscrizione a ruolo per l’intero ammontare ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, poiché l’atto di recupero deve considerarsi una specie del più ampio genere dell’avviso di accertamento e, essendo stato tale atto oggetto di impugnazione, si deve applicare nel caso specifico la normativa dell’iscrizione a ruolo frazionata ex art. 15 dello stesso decreto presidenziale; inoltre, non sarebbe nemmeno possibile l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi del successivo art. 15-bis, non essendo stata riportata, nella cartella qui impugnata, alcuna motivazione circa la sussistenza di fatti indicativi di un fondato periculum in mora, tale da giustificare la riscossione integrale del credito tributario (comprese le sanzioni), ancorché privo del requisito della definitività.

Invero, si osserva che l’atto da cui scaturisce l’iscrizione a ruolo a titolo straordinario è un atto di recupero del credito d’imposta per Ricerca & Sviluppo, essendo stata accertata l’indebita fruizione di un credito d’imposta, per mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi, ed avendo l’Ufficio sostenuto che il credito d’imposta sorto in precedenza ed utilizzato in compensazione nel 2016 e 2017 fosse inesistente e, quindi, dovesse essere recuperato.

Ciò premesso, all’ultima pagina dell’atto di recupero crediti, nella sezione rubricata “Riscossione conseguente alla notifica dell'atto di recupero”, è riportata la seguente indicazione: “In caso di mancato versamento diretto l'Ufficio, ai sensi dell'art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008, procede alla riscossione coattiva delle somme complessivamente dovute, maggiorate degli ulteriori interessi maturati, mediante iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell'art. 15-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602”.

A sua volta, l’art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008 prevede che, “in caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'Ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'art. 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”.

Ebbene, emerge che le ragioni del fondato pericolo per la riscossione, che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario, siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 giorni delle somme dovute in base all’atto di recupero.

 155 2024 Ascoli Piceno

Il Manuale di Frascati deve essere applcato (perso)

Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)

Il credito è non spettante (vinto)

Importo del credito €155,00   

Il Manuale di Frascati deve essere applicato

I presupposti su cui si fonda il credito d’imposta sono essenzialmente riconducibili allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo intesa come attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo tecnologico o scientifico, come si evince dalla disciplina normativa contenuta nel d.l. 145/2013 e nel decreto attuativo emanato dal Mef in concerto con il Mise nel 2015 (art.8 D.M. 27.5.2015) e le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” sono contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della commissione UE (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”).

Tali definizioni sono sostanzialmente mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati i cui criteri di qualificazione e classificazione costituiscono in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina agevolativa di cui all’art. 3 del citato decreto attuativo del 2015.

Invero, al fine di soddisfare le “Caratteristiche qualitative”, richieste dalla normativa, occorre che l’attività sia innovativa in senso assoluto (non solo innovativa per la società, ma per l’intero mercato): ossia deve individuare delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alle capacità che formano lo stato dell’arte del settore e per il cui superamento si è reso, appunto, necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo – elementi, questi, rilevanti per la valutazione della “novità” dei nuovi prodotti o dei nuovi processi. Al contrario, non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Infine per quanto concerne il motivo di ricorso che richiama la non conoscibilità all’epoca delle attività svolte del c.d. “Manuale di Frascati” e l’impropria riconducibilità del relativo contenuto al rango di “fonte del diritto”, la Corte ritiene ragionevole e del tutto condivisibile l’orientamento seguito sul punto dalla prevalente giurisprudenza di merito (in particolare, Corte Tributaria di La Spezia sentenza n.276/22) secondo cui “Se è vero che il Manuale di Frascati è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi solo a partire dal 2018 (cfr. circolare ministeriale MISE 9 febbraio 2018, n. 59990, e circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 46E del 22.06.2018), è altrettanto incontestabile che il Manuale di Frascati abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi in ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica. Si allude sia alla Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01 del 30.12.2006 sia alla più recente Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, comunicazione, quest'ultima, espressamente richiamata dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 5/E del 16.03.2016, par. 2.1. Non è, dunque, condivisibile la tesi della società ricorrente, secondo cui essa non poteva immaginare negli anni 2016, 2017 e 2018 l'utilizzo dei criteri di classificazione definiti dal Manuale di Frascati. Parimenti destituita di fondamento è l'eccezione relativa alla mancata traduzione ufficiale del Manuale di Frascati in lingua italiana. Coglie doppiamente nel segno, l'Agenzia delle Entrate laddove, da un lato, ribadisce che il contenuto del Manuale di Frascati è stato recepito nella normativa comunitaria e nella prassi e, dall'altro, evidenzia che la società ricorrente neppure ha identificato con precisione quale pregiudizio abbia subito per effetto della mancanza di traduzione ufficiale in lingua italiana, posto che ha dimostrato di conoscerne il contenuto (del resto, come detto, ampiamente recepito nella normativa di provenienza eurounitaria).

Il progetto riguarda un software

In particolare, l’Ufficio ha dato prova di aver analizzato in termini analitici i cinque progetti della Ricorrente_1 i quali sono stati ritenuti ricadere fra le attività di tipo ricorrente o di routine connesse al software non classificabili come R&S, di cui alla citata Circolare ministeriale, atteso che trattasi più propriamente di un aggiornamento dei propri sistemi informatici con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, un’implementazione di sistema informatico già diffuso e nella disponibilità della società, una selezione e messa a punto di framework di migrazione di tecnologie di sviluppo Oracle, superando i limiti delle precedenti tecnologie, quali SQL forms3, in modalità carattere, e il DB Oracle nella versione 9.2, nonché nell’evolvere a tecnologia web la tecnologia client/server di Developer 2000, risalente alla fine degli anni 90.

Il parere del Mise non deve essere richiesto

Per quanto concerne la lamentata carenza di potere e di conoscenze tecniche da parte dell’Agenzia delle Entrate in ordine alla valutazione dei progetti della società ricorrente la Commissione osserva che la richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione viene sanzionata con la relativa nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, essendo evidente che l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (c.d. decreto attuativo), è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata.

Il credito è non spettante, le sanzioni vanno ridotto dal 100% al 30%

Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni la Commissione osserva, in linea con quanto lamentato dal ricorrente, che in effetti l’art.7 del D.lgs. n.472/92 prevede espressamente alcuni elementi che devono essere presi in considerazione dall’Amministrazione finanziaria in sede di erogazione della sanzione, stabilendo che nel determinare la pena pecuniaria si deve tener conto della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, dell’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché della personalità dell’autore della violazione e delle sue condizioni economiche e sociali.

Invero, l’art.13 comma 5 del D.lgs.471/97 prevede che nel “caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi”; in particolare si deve intendere come credito inesistente quello in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controllo di cui agli artt.36 bis e 36 ter del DPR 600/73, e all’art.54 bis DPR 633/72.

Questo regime sanzionatorio era stato introdotto dall’art.27 del D.L. 185/2008 per contrastare quei comportamenti connotati da aspetti fraudolenti, in cui l’artificiosa rappresentazione contabile dei crediti in sede di autoliquidazione del debito fosse funzionale ad ostacolare o, comunque, a rendere infruttuosa l’azione di controllo ai danni dell’Erario.

Dal canto suo la circolare n.5/E del 16 marzo 2016 precisava che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia stata riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt.36-bis e 36 ter DPR 600/73 e all’art. 54 del DPR 633/72”.

In definitiva, la ratio del sistema è volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente “intercettato” mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente si connota per scarsa insidiosità.

In tale ottica è ragionevole escludere dall’ambito applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l’inesistenza del credito emerga direttamente dai controlli operati dall’Amministrazione nonché quelle ipotesi di utilizzazione di crediti in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito stesso.

In definitiva, in linea con le stesse indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n.36/E dell’8 maggio 2018), la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga “allestito” un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato “artificiosamente” in sede di compilazione del modello F24, sfuggendo così ai controlli dei modelli di dichiarazione dei redditi.

Viceversa, qualora, come nel caso di specie, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative concernenti la lamentata carenza dei requisiti oggettivi previsti ex lege per poter beneficiare dell’agevolazione in parola, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente, ma al più quella del credito non spettante.

E’indubbio infatti che, laddove il credito di imposta-compensato tramite modelli F24-sia stato correttamente inserito nelle dichiarazioni dei redditi presentate, accompagnato dalla Relazione illustrativa dei progetti come pure dalla certificazione attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento fraudolento, avendo lo stesso fornito , in sede di eventuale verifica, tutta la documentazione comprovante le modalità di calcolo del credito d’imposta, al fine di poter beneficiare a pieno titolo della disciplina agevolativa prevista dal D.L. n.145 del 2013 (cfr. Commissione Tributaria prov. Lazio Roma, sez.XXII, sentenza n.5918/2022).

I principi di cui sopra sono stati ripresi recentemente dalla Corte di legittimità che ha avuto modo di chiarire come “In via generale, ai fini della determinazione dell’inesistenza del credito, si possono distinguere le seguenti ipotesi: a) la fattispecie che fonda l’agevolazione o il credito di imposta non è mai venuta ad esistenza ma, semplicemente, è stato solo realizzato un simulacro dei presupposti su cui si fonda la pretesa; b) la fattispecie è carente di un elemento costitutivo; in tal caso la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta. L’ipotesi sub a) è quella più radicale- ma anche di più semplice analisi-per la normale connotazione fraudolenta della condotta, mirata a fornire solo un’ingannevole rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi. In questo caso, l’attività svolta è fittizia perché le attività richieste non sono mai state effettuate” (Cass.S.U. n.34419/23).

Nel caso specifico non vi é contestazione circa l’esistenza degli studi e delle ricerche effettuate dalla società ricorrente, ma se ne contesta la portata innovativa; pertanto viene meno uno dei requisiti individuati dalle sezioni Unite della Corte di cassazione per ritenere “inesistente” il credito di imposta.

Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada accolto solo ed esclusivamente in ragione della lamentela riguardante l’applicazione della sanzione di cui all’art.13 comma 5 del D.lgs. 471/97 e che gli atti vadano conseguentemente annullati limitatamente alle sanzioni che questa Corte ridetermina, per ogni atto, nella minore misura del 30% del credito di imposta utilizzato.

 131 2024 22/3/2024  

Il Manuale di Frascati deve essere applicato (perso)

Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)

Il credito è non spettante (vinto)

La disapplicazione delle sanzioni per incertezze normativa non è stata accolta (perso)

Importo del credito € 73.370,70

Progetto di ricerca

Nel 2015 la società ha effettuato investimenti in due progetti di ricerca e sviluppo: 1) creazione di un generatore di energia da cogenerazione basato sul motore Stirling per uso domestico; 2) creazione di un macchinario semovente per la raccolta dei sarmenti di vite, per il quale ha ottenuto un riconoscimento da parte della Associazione_1

Precisa che l’oggetto dell’investimento non è la realizzazione di un motore “Stirling” in quanto tale, ma la sua applicazione nell’ambito della produzione di calore per il riscaldamento domestico, per l’acqua calda e per la generazione di elettricità.

Per l’azienda il progetto rientra nel Manuale di Frascati

Si sostiene che l’attività posta in essere dalla società è da considerare di ricerca e sviluppo come individuata dal manuale di Frascati, che dispone: “… le prestazioni di ricerca e sviluppo sono spesso incluse nella dicitura generale "progettazione e disegno". Se sono necessari calcoli, progetti, disegni di lavoro e istruzioni per l'uso, la realizzazione e l'esercizio di impianti pilota o prototipi, questi devono essere inclusi nelle attività di ricerca e sviluppo”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il parere del Mise non è obbligatorio

La richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione può essere sanzionata con la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, in quanto l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi del successivo art. 8, comma 1, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del c.d. decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello Sviluppo Economico di esprimere il proprio parere. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito in capo alla società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa di riferimento e, solo qualora lo ritenga necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE.

Il Manuale di Frascati deve essere applicato

Il Manuale di Frascati rappresenta un documento di supporto per il settore R. & S. e delinea in maniera più specifica le attività riconducibili a tale ambito; nel documento si afferma che risulta rilevante classificare le attività di R. & S. in base al settore della conoscenza in cui vengono condotte, distinguendosi generalmente tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale. Quest’ultimo viene definito come un lavoro sistematico, che si basa sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze aggiuntive, diretto a produrre nuovi prodotti o processi o a migliorare prodotti o processi esistenti. Nella sostanza, quindi, il Manuale in questione non introduce elementi innovativi rispetto allo schema di base già delineato dal Decreto Legislativo n. 145/2013 e dalla Comunicazione C/198 del 2014 emanata dalla Commissione Europea.

Le direttive specificate nel Manuale di Frascati, nella circolare del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sopra menzionata e nella Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) conducono alla conclusione che le attività qualificabili come Ricerca e Sviluppo siano riconducibili a quelle poste in essere nel contesto di un processo innovativo intrapreso da un'impresa. Tali attività mirano a superare una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, le cui soluzioni non sarebbero possibili mediante l'applicazione delle tecniche e delle conoscenze già note e disponibili nel settore di riferimento. L'obiettivo finale è conseguire la realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, nonché il miglioramento sostanziale di prodotti e processi preesistenti.

Nel caso di specie, risulta necessario stabilire, sulla base della documentazione allegata agli atti, se le attività in concreto realizzate dalla società soddisfino i criteri precedentemente delineati.

Il parere del mise non deve essere richiesto

Quanto all’onere della prova, è legittimo da parte dell’Agenzia delle Entrate esaminare la sussistenza dei presupposti per poter usufruire dell'agevolazione operando un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che ha richiesto il credito di imposta, anche senza l’intervento del parere tecnico del MISE. Le puntuali osservazioni dell’Agenzia sulla carenza di originalità e dei presupposti per la concessione del beneficio non sono state superate dalle argomentazioni riportate nelle relazioni e nel ricorso né da altra documentazione probatoria.

- Riguardo alle eccezioni riguardanti l’onere probatorio rafforzato ex art. 7, comma 5 bis D. Lgs. 546/92, la S.C con l’Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 ha precisato che se è vero che “il comma 5 bis dell'art. 7 d.lgs. n. 546/92, introdotto con l'articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l'onere probatorio gravante in giudizio sull'amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l'inversione dell'onere probatorio” tuttavia “la nuova formulazione legislativa …. non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all'istruttoria dibattimentale un ruolo centrale”.

La Corte ha chiarito che questa disposizione non intende sovvertire i principi giuridici preesistenti, brevemente menzionati, ma piuttosto mira a rafforzare la fase di istruttoria nel contesto del processo tributario. In sostanza, essa rappresenta una norma che riconosce e conferma tali principi, contribuendo comunque a fornire una disciplina più completa alla fase istruttoria all'interno del processo tributario.

Il credito è non spettante

- Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni risulta sostanziale la differenza fra "credito d'imposta " inesistente" e "non spettante”. L’art. 13 del D. Lgs. 471/97 fornisce una definizione di credito non spettante e di credito inesistente: - il comma 4 delinea il credito non spettante come quello relativo all’“utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”; - il comma 5 considera inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica.

La S.C di Cassazione, con la sentenza a SS. UU. n. 34419 depositata l'11 dicembre 2023, ha confermato quanto già precisato nelle sentenze n. 34444 e n. 34445 del 2021 e n. 7615/2022, ed interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante. Con la sentenza le Sezioni Unite hanno stabilito che in tema di compensazione di crediti o eccedenze di imposta da parte del contribuente, il credito utilizzato è considerato inesistente, quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi ovvero quando è pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati. In mancanza di anche uno solo dei presupposti, il credito deve considerarsi esistente ma non spettante.

Quindi, in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, ossia “priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza” (sentenze Cassazione n. 34444 e 34445 del 2021) deve mancare il presupposto costitutivo, ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente o perché basata su documenti falsi.

Nel caso di specie non sono in contestazione le spese che hanno dato origine all'agevolazione né sono stati sollevati dubbi in ordine alla veridicità della documentazione relativa agli investimenti e, pertanto, il credito può essere qualificato come "non spettante".

In tale ottica la norma impone che il provvedimento sanzionatorio che irroga la sanzione pari al 100% dell’imposta, debba contenere idonea motivazione in ordine agli elementi soggettivi ed oggettivi che hanno indotto l’Ufficio ad applicare la sanzione prevista per crediti inesistenti. Nel caso di specie l’Ufficio ha affermato che: “Pertanto, con il presente atto, l’Ufficio procede al recupero del credito d’imposta inesistente indebitamente compensato di € 73.371,00, degli interessi dovuti ai sensi dell’art. 20 del DPR 602/1973 e all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del D. Lgs. 471/97, pari al 100% del suddetto credito inesistente, per la quale non è ammessa la definizione agevolata” senza fornire specifica argomentazione in ordine agli ulteriori profili richiesti dalla norma richiamata in materia di provvedimento sanzionatorio, non tenendo conto del fatto che, ad esempio, la ricorrente ha prodotto documentazione (anche se non idonea a provare la spettanza del credito) con cui ha cercato di fornire le spiegazioni richieste in ordine alla riconducibilità delle operazioni nell’ambito della ricerca e dello sviluppo aziendale da cui si poteva evincere la non spettanza dei crediti piuttosto che la loro totale inesistenza. La Corte, pertanto, ritiene applicabile la sanzione prevista per i crediti non spettanti.

La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta

- La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non può essere accolta non ricorrendo i presupposti delle obiettive condizioni di incertezza normativa previste dall’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 472/97. La normativa ed i documenti di prassi, come sopra già analizzati, emessi anteriormente all’anno 2016, fornivano indicazioni sufficienti per l’identificazione dei requisiti per poter usufruire del credito per le attività di R. & S. Non si ravvisa alcuna incertezza applicativa o oggettiva difficoltà, da parte dei diretti interessati, di valutare quali condotte siano fiscalmente corrette e non sanzionabili.

Secondo la Corte di Cassazione, l’incertezza normativa oggettiva che, a norma delle disposizioni appena citate, esime il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferita non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e neppure all’Amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Corte di Cassazione n. 3108/2019).

L’ Ordinanza della Cassazione n. 9055/2023 ha esemplificato i "fatti indice", ossia i presupposti fattuali e normativi che il giudice tributario è tenuto a valutare nel loro valore indicativo, al fine di applicare (o meno) la causa di esenzione della responsabilità. Rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. La Corte non ritiene che, nel caso di specie, possano ravvisarsi le condizioni di incertezza sopra delineate (contenuto, oggetto, destinatari della norma tributaria).