SENTENZE PUBBLICATE SULLA BANCA DATI DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E SULLA STAMPA
Link della Banca dati: Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
La banca dati è stata attivata dal Dipartimento della Giustizia Tributaria del MEF il 27 giugno 2024.
L'11/10/2024 è stato fatto il primo monitoraggio comunicando anche che sono state caricate oltre 400.000,00 sentenze.
Finora le sentenze erano disponibili solo per l'agenzia delle entrate, è stato sicuramente un importante passo avanti a favore dei contribuente.
Per leggere tutte le sentenze che ora sono state pubblicate ci vuole tempo quindi il resoconto è veramente parziale.
COMUNICATO STAMPA DEL MINISTERO
Primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito
Comunicato stampa del MEF Dipartimento della Giustizia tributaria del 11/10/2024Pubblicazione del primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.Nei primi tre mesi di avvio del servizio, la banca dati è stato oggetto di circa 37.000 accessi, di cui oltre 16.000 si riferiscono a più consultazioni effettuate dallo stesso utente. Oltre 64.000 sentenze sono state oggetto di visualizzazione e download del relativo documento. Il 14% degli accessi ha registrato una durata superiore a 15 minuti, mentre la permanenza media è stata pari a 8 minuti.
La banca dati è aggiornata con 429.998 sentenze native digitali depositate fino al 30 giugno 2024.
Sono state pubblicate circa 2000 sentenze, leggerle tutte è quasi impossibile.
Con riferimento a quelle esaminate (comunque veramente poche rispetto a quelle ora pubblicate) circa il 70% sono favorevoli alle aziende.
Molte delle sentenze a favore dell'Agenzia delle Entrate riguardano casistiche dove le imprese hanno presentato progetti obbiettivamente poco credibili, non sono quindi considerate nella statistica.
Quando le aziende hanno perso per questioni interpretative le sanzioni sono state tolte perchè la norma è incerta (statuto del contribuente).
Agenzia delle Entrate e Mise tengono ferme le loro posizioni in attesa della pronuncia della Cassazione a cui spetta la decisione finale.
CORTE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO DI ASCOLI PICENO (ha competenza anche nel territorio della Provincia di Fermo) Dopo aver letto diverse sentenze la posizione della commissione tributaria di Ascoli Piceno è chiara:
- Il Manuale di Frascati deve essere applicato (ricorsi persi)
- Il parere del Mise non deve essere richiesto (ricorsi persi)
- Il credito è non spettante, quindi sanzione del 30% invece del 100% (ricorsi vinti)
- La disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa (stauto del contribuente) non viene accolta (ricorsi persi)
Al 29/10/2024 non ho avuto modo di leggere le sentenze ma da una ricerca molto semplice (credito ricerca e sviluppo) la situazione che viene fuori è la seguente, quasi mai a favore del contribuente:
Numero | % | |
Favorevole all'ufficio | 25 | 50% |
Favorevole al contribuente | 4 | 8% |
Giudizio intermedio | 21 | 42% |
Totale | 50 | 100 % |
RICORSI | |||||
VINTI | PERSI |
Vinto e Perso |
Persi ma i progetti erano deboli |
TOTALE | |
Ricorsi primo e secondo gradoNon sono conteggiati i ricorsi persi perchè i progetti sono debolii o per carenze documentali o perchè l'attività non è stata effettivamente svolta. Non sono conteggiati i Ricorsi di Ascoli Piceno |
75 |
25 |
2 |
1 |
104 |
75% |
25% |
100% |
|||
Ricorsi di secondo grado |
9 |
5 |
14 |
||
60% |
40% |
100% |
|||
Applicazione del Manuale di Frascati (primo e secondo grado). Alcuni ricorsi, relativi a progetti veramente interessanti, sono stati vinti per mancanza del parere del Mise anche se viene confermata l'applicazione del Manuale di Frascati. |
35
|
23
|
1 |
58
|
|
60% |
40% |
100% |
|||
Richiesta parere al Mise |
42 |
10 |
52 |
||
80% |
20% |
100% |
|||
Credito non spettane (sanzione del 30% e controllo in 5 anni dalla fruizione) |
18 |
7 |
25 |
||
75% |
25% |
100% |
|||
Disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa |
8 |
4
|
12 |
||
100% |
0% |
100% |
Vinto | Perso | Totale | |
Deve essere emesso l'avviso di accertamento e no l'atto di recupero | 1 | 0 | 1 |
INDICE DELLE SENTENZE CHE SONO STATE CARICATE
COMMISSIONE DI GIUSTIZIA DI SECONDO GRADO
Campania 2024.3865 dell'11/6/2024 - Perso, campionari
Basilicata 2024.61 del 22/2/2024 - Perso
Campania 2023.621 del 29/11/2023 - Vinto
Marche 2023.728 del 21/9/2023 - Vinto
COMMISSIONE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO
2024
Padova 2024.343 del 30.09.2024 - Vinto - Carenza di motivazione
Genova 2024.866 del 30.09.2024 - Vinto - Deve essere richiesto il parere al Mise
Torino 2024.1002 del 26.09.2024 - Ricorso vinto, il credito è non spettante
Firenze 2024.457 del 26.06.2024 - Ricorso perso - Campionari
Campobasso 2024.982 del 24.09.2024 - Vinto
Torino 2024.982 del 24.09.2024 - Ricorso perso
Roma 2024 11465 del 18.09. 2024 - Ricorso perso
Genova 2024.804 del 17.09.2024 - Vinto, deve essere emesso avviso di accertamento
Genova 2024.803 del 17.09.2024 - Vinto, interessanti le motivazioni
Catania 2024.5009 del 18.6.2024 - Perso
Brescia 2024.260 del 12/6/2024 - Vinto
Rimini 87 del 6/6/2024 - Anche sul personale
Brescia 239 del 5/6/ 2024 - Campionario (perso)
Oristano 74 del 3/6/ 2024 - Sentenza scritta molto bene
Bologna 258 del 31/5/2024 - Conguità dei costi
2023
Genova 2023.790 del 4.12.2023 - Vinto
2022
Chieti 2022.454 del 12.12.2022 - Vinto
Reggio Emilia 173 del 14/9/2022 - Alimentare
Bologna 549 del 14/7/2022 - Sentenza vinta richiamata molto spesso
Napoli 4988 del 2/5/2022 - Sentenza spesso richiamata
LAZIO (2° grado) 2024.5657 del 17/9/2024
Importo € 54.000
Ricorso vinto
La mancata indicazione in Unico è motivo di decadenza
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene la Corte che l’appello non sia meritevole di accoglimento.
Le argomentazioni del giudice di prime cure appaiono corrette ed in linea con i principi normativi e giurisprudenziali di riferimento.
Va osservato in fatto come la circostanza che la società contribuente abbia effettuato versamenti di denaro in attività di ricerca e sviluppo sia incontroversa, ciò che - del pari - rende incontrovertibile la circostanza che la stessa abbia con ciò maturato un credito d’imposta proporzionale e corrispondente alla somma versata.
(MANCATA INDICAZIONE NEL QUADRO RU) A fronte di tale incontroverso dato fattuale, l’appellante censura l’utilizzazione del credito in compensazione in quanto non indicato nel quadro RU del modello unico relativo alla dichiarazione dei redditi dell’annualità precedente.
Tanto pur a fronte della dichiarazione integrativa unico 2016, con la quale era per l’appunto spontaneamente integrata tale omissione ed erano pagate le sanzioni previste per la sanatoria degli errori formali.
La dichiarazione integrativa perveniva all’ente impositore prima della comunicazione di irregolarità inviata per il modello unico 2017.
(LE CAUSE DI DECADENZA DEVONO ESSERE TASSATIVE) Del tutto correttamente il giudice di prime cure, facendo ricorso al generale principio della tassatività delle cause di decadenza dal riconoscimento dei benefici fiscali, ha conseguentemente affermato come alcuna norma preveda quale causa di decadenza dal beneficio fiscale invocato dalla società contribuente la mancata compilazione del quadro RU, tanto più che tale omissione - non incidendo direttamente sulla determinazione dei tributi dovuti - ha natura meramente formale ed è punita con sanzioni pecuniarie, nella specie anche corrisposte.
(UN DECADENCA NON PREVISTA PER LEGGE VIOLA LO STATUTO DEL CONTRIBUENTE – LEGITTIMO AFFIDAMENTO) Una decadenza non prevista per legge sarebbe sproporzionata rispetto alla tutela dell’affidamento e della buona fede enunciati nello Statuto del contribuente.
(LE DENUNCE DI REDDITI SONO DICHIARAZIONI DI SCIENZA CHE SONO EMENDABIL) Le argomentazioni del giudice di prime cure appaiono peraltro corrette anche alla luce di una risalente giurisprudenza di legittimità, che ha espresso il principio secondo il quale - stante la natura di dichiarazioni di scienza delle denunce dei redditi, come tali modificabili ed emendabili in presenza di errori – “quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale a una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modello predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione” (cfr. Cass. sez. VI, 13.1.2014, n. 454).
Ebbene, è indubbio che al momento dell’invio della comunicazione di irregolarità per il modello unico 2017 l’amministrazione fosse a conoscenza dell’errore commesso dalla società contribuente, che aveva spontaneamente emendato la dichiarazione precedente, corrispondendo anche la relativa sanzione.
Alla luce delle superiori argomentazioni, la sentenza impugnata si sottrae alle censure dell’appellante e deve essere conseguentemente confermata.
Appare equa la compensazione delle spese di lite anche della presente fase, essendo stato comunque il contenzioso generato da un errore della società contribuente.
GENOVA 2024.803 del 17/9/2024
€ 56.000,00 - settore (videogames e programmi digitali)
Ricorso vinto, interessanti alcune argomentazioni
Non viene fatto riferimento al Manuale di Frascati
Più convinte la documentazione tecnica prodotta dalla ditta
Viene notato un certo pre-giudizio da parte dell’agenzia delle entrate
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorrente_1 srl impugnava nei confronti di Agenzia delle Entrate l’atto di recupero di crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo meglio indicato in epigrafe, relativo all’anno 2018, e concernente € 56.700 di credito d’imposta ed € 56.700 di sanzioni, e quindi, complessivamente di importo pari a € 113.400, oltre agli interessi maturati.
La ricorrente affermava che le attività di ricerca e sviluppo condotte, avevano generato nel 2017 costi per complessivi € 159.500; per altro verso, nel precedente periodo 2012-2014 la società aveva sostenuto, in media, costi di tale natura per € 53.000, con la conseguenza che si era verificato un incremento di spesa di € 106.500, sul quale aveva calcolato il proprio credito d’imposta R&S (ricerca e sviluppo) del 50%, pari ad € 53.250, arrotondato in € 53.000, al quale aveva aggiunto il costo della relativa certificazione, pari a € 3.700, per un totale di credito d’imposta indicato nella dichiarazione dei redditi di € 56.700,00. Tale credito, nel corso del 2018, era stato utilizzato in compensazione dei debiti per versamenti fiscali dovuti, come indicato nell’atto impugnato.
Andando di contrario avviso, l’Agenzia delle Entrate – pur non contestando l’effettività, l’inerenza, la natura e la congruità delle spese di ricerca e sviluppo sostenute nel 2017 – aveva ritenuto che in relazione alle suddette spese non spettasse il credito d’imposta, affermando il mancato concreto ricorrere dei seguenti requisiti, necessari a termini di legge, della a) novità e creatività dell’attività in questione, e del b) rischio finanziario e d’insuccesso tecnico, in particolare in quanto “non sarebbe individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico, che dovrebbe invece caratterizzare tipicamente gli investimenti in ricerca e sviluppo”.
Su detti presupposti, la ricorrente sviluppava motivi di ricorso inerenti
- il difetto di motivazione;
- la mancanza di prova delle contestazioni formulate;
- l’errata applicazione della norma di riferimento;
- il difetto, in ogni caso, delle condizioni per l’applicazione delle sanzioni
L’Agenzia delle Entrate si costituiva contestando in fatto e in diritto il ricorso e, in particolare, nelle proprie controdeduzioni - al netto di amplissimo richiamo alla normativa di settore – giustificava il proprio atto di recupero affermando che nel caso in esame l’attività svolta dalla ricorrente rientrava (INNOVAZIONE DIGITALE) “nell’ordinaria modalità di sviluppo di un prodotto, tanto più di un prodotto digitale, con la conclusione che i progetti risultano “nuovi” solo per l’impresa”.
Considerato che
- (PRINCIPIO DELLA RAGIONE PIU’ LIQUIDA) va ricordato, in termini generali, che per il principio della ragione più liquida la domanda può essere convenientemente decisa sulla base della soluzione di questione assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre secondo l’ordine previsto dall’art. 276c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. (cfr. al riguardo Cass. SS. UU.n. 26242-3/2014);
- il dato normativo di fondamentale rilievo nel caso in esame è costituito dall’art. 3 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 febbraio 2014, n. 9, che al comma 1, nel testo vigente nell’anno 2017, disponeva che “a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020, è attribuito un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”;
- i successivi commi della norma in questione pongono la definizione di “investimento in ricerca e sviluppo”, con estesa indicazione nel cui ambito risulta di preminente rilevanza la “parte” in cui si ammettono (quale presupposto del credito di imposta) attività di ricerca “che, utilizzando conoscenze e capacità esistenti, consente di produrre prodotti nuovi, modificati o migliorati”;
- la decisione nel merito del presente ricorso dipende dalla valutazione della effettiva riconducibilità dell’attività svolta dalla ricorrente – e non contestata dall’ufficio sotto il profilo della effettività, l’inerenza, natura e la congruità delle spese – alla nozione sopra delineata;
- (PRE-GIUDIZIO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE) si tratta, in tutta evidenza e senza il concreto venire in rilievo di questioni interpretative – che veicolerebbero a ben vedere solo un mascherato pre-giudizio – di una mera questione di fatto (sia pure afferente una “definizione giuridica”), che impone all’organo giudicante di valutare se, nel caso in esame, ricorra il necessario, e sopra delineato, carattere di novità dell’attività concretamente condotta dal contribuente;
- (LA DECISIONE E’ INCISA DA UN SUBSTRATO “VALORIALE”) si tratta di decisione che, in ogni caso, rimane incisa da un inevitabile substrato “valoriale”, e ciò a cagione dell’ineliminabile carattere valutativo e soggettivo che la norma impone, facendo riferimento a canoni come quello della novità, miglioramento, et similia;
- nell’operazione in questione, pertanto, questa Corte non può che ancorare la propria decisione ai profili di allegazione tecnica operati, su posizioni evidentemente contrapposte, dalle parti;
- (PIU’ CONVINCENTE LA DOCUMENTAZIONE PRESENTATA DALLA DITTA) ciò posto, ritiene questa Corte che la documentazione offerta da parte ricorrente sia maggiormente convincente e, dunque, condivisibile, in particolare dovendosi evidenziare il vuoto di argomentazione (tecnica o logica) di segno contrario a fronte dell’amplissimo supporto tecnico offerto in produzione dalla ricorrente a sostegno della tesi della novità oggettiva e della potenzialità di sviluppo e innovativa dell’attività di ricerca oggettivamente posta in essere, anche alla luce della peculiarità del settore (videogames e programmi digitali) di riferimento;
GENOVA 2024.804 del 17/9/2024
Importo € 56.000,00
Ricorso vinto
Doveva essere emesso un avviso di accertamento e non un atto di recupero
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorrente_1 srl impugnava nei confronti di Agenzia delle Entrate l’atto di iscrizione a ruolo per “recupero credito di imposta” per l’anno 2018 di cui alla cartella di pagamento n. 048 2023 00225964 92 000, per € 124.705,41 di credito d’imposta, interessi e sanzioni, oltre ad € 5,88 di diritti di notifica.
Evidenziava la ricorrente di aver impugnato, con separato ricorso, l’atto di recupero credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, che costituiva il presupposto logico della cartella di pagamento, e contestava, nel presente giudizio, la decisione di Agenzia delle Entrate di procedere a iscrizione a ruolo, relativa a conforme cartella di pagamento, “a titolo provvisorio e in pendenza di ricorso” della intera pretesa, e dunque della totalità del credito di imposta oggetto di recupero e della totalità delle sanzioni irrogate.
A fondamento dell’impugnazione, la società ricorrente evidenziava
- che l’atto di recupero credito operato dall’ufficio non aveva natura di atto della riscossione ma, essendo in concreto fondato su una valutazione di fatti e interpretazione di norme difforme da quella operata dal contribuente, aveva invece natura di avviso di accertamento, così che in applicazione del disposto di cui all’art.15co.1 del dpr n.602/73, l’iscrizione a ruolo era possibile solo nella misura di un terzo dell’ammontare della pretesa complessiva, con i relativi interessi;
- che, attesa la proposizione di ricorso tributario, non potevano essere riscosse – se non dopo la sentenza di primo grado – le sanzioni irrogate. Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio contestan do in fatto e in diritto il ricorso e concludendo per il rigetto dello stesso.
Considerato che
- la società ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.p.r. n. 602 del 1973, dell’art. 68, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, in quanto – in tesi - l’Agenzia delle Entrate pur in pendenza di impugnazione avverso atto di recupero di credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo, ha iscritto a ruolo a) il 100% della maggior imposta accertata, anziché un terzo della medesima, ex art. 15 del d.p.r. n. 602 del 1973 e dell’art. 68, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992; b) il 100% dei relativi interessi, anziché un terzo degli stessi; c) il 100% delle sanzioni, in violazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 472 del 1997;
- la doglianza si fonda sul presupposto della natura sostanzialmente impositiva – assimilabile a quella di un avviso di accertamento – dell’atto che costituisce il presupposto della iscrizione, e cioè il menzionato atto di recupero oggetto di separato giudizio di impugnazione;
- la doglianza è fondata ove si ponga mente al fatto che “gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell'insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato, al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione” (Cass.n.23289/22), e ricordandosi che per atto di accertamento tributario deve intendersi “ogni atto o provvedimento dell'amministrazione finanziaria, che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo, accertando o dichiarando il debito” (ibidem);
- da quanto sopra esposto consegue che la ratio sottesa alla disposizione di cui all’art.15 del D.P.R. n. 602 del 1973 (contemperamento delle contrapposte esigenze del Fisco, di celere riscossione dei tributi, e del contribuente, di non anticipare il pagamento di somme che all'esito del giudizio tributario potrebbero risultare non dovute) ricorre anche nel caso di atti di diniego o revoca di un credito di imposta, con necessaria interpretazione estensiva e applicazione del menzionato art.15 (cfr. Cass. 3838/2013);
- per altro verso, va sottolineato che ai sensi dell’art.19co.1 d.lgs n.472/97 le sanzioni irrogate, nel ricorrere di una impugnazione, non possono essere riscosse se non dopo la sentenza di primo grado e nei limiti di detta statuizione;
- merita pertanto, in conclusione, accoglimento il ricorso nei termini di cui al dispositivo;
- la ripartizione delle spese di lite è orientata dalla soccombenza, secondo la liquidazione operata in dispositivo;
p.q.m. la Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di Genova, pronunciando definitivamente, disattesa e respinta ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così provvede:
- annulla l’iscrizione a ruolo impugnata ordinandone lo sgravio per la parte eccedente l’importo pari ad un terzo della maggior imposta accertata e relativi interessi;
- condanna Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese di lite in favore di Ricorrente_1; spese liquidate in € 2.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettario al 15%, Iva e Cpa nella misura e con le modalità di legge
ROMA 2024.11465 del 18/9/2024
Importo € 86.000,00 - Software
Perso
Il Manuale di Frascati deve essere applicato
Il parere del Mise non è obbligatorio
Viene richiamata la legge del 2006
Legittimità della retroattività delle leggi
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Il PROGETTO) Premesso che la ditta ricorrente dal 2017 aveva intrapreso un progetto di ricerca e sviluppo denominato Sistema e metodo di guida personalizzata alla scelta dell’ordinazione da un menù, deduceva, genericamente, a sostegno dell’atto introduttivo :
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
(PER L’IMPRESA IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO DA QUANDO E’ STATO TRADOTTO IN ITALIANO) Il ricorrente non entra nel merito del proprio progetto di ricerca per dimostrare la spettanza del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo precompetitivo ricorrendo le condizioni richieste dalla normativa di settore, ma solo sotto un profilo formale contesta la motivazione posta a base dell’atto di recupero facente riferimento esclusivamente ai requisiti richiamati dai manuali di Oslo e Frascati, e, quindi, sostanzialmente operando una loro applicazione retroattiva perché la traduzione in italiano del Manuale di Frascati 2015, autorizzata dall’OCSE, era giurata solo in data 7 dicembre 2021. Ne deduce che al momento delle attività poste in essere dalla società non esisteva una traduzione ufficiale in lingua italiana tale da consentire al contribuente una corretta identificazione della fonte integrativa normativa da porre alla base dell’accertamento fiscale.
Sul punto si osserva che con il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo il legislatore si è posto l’obiettivo di sostenere la competitività delle imprese stimolando lo studio e la speculazione per soluzioni sempre più innovative e creative nell’ambito dei settori interessati.
Infatti, pur senza procedere molto a ritroso, l’art.3 dl. n.145/2013, rubricato Credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, disponeva … l’istituzione di un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo … e considerava quali attività di ricerca e sviluppo :
- lavori sperimentali o teorici … aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;
- ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);
- acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. …;
- produzione collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali. Il comma 4 precisava, poi, che … non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.
(IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) E’ evidente, quindi, che già erano stati enucleati i concetti di alcuni tipi di attività : ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale, mutuati dai criteri definiti a livello internazionale per le rilevazioni statistiche in materia di spese in ricerca e sviluppo (cfr.paragrafo 1.3 punto 15 Comunicazione della Commissione Europea _2014/C 198/01_ del 27 giugno 2014 Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione), criteri analiticamente classificati nel cd. Manuale di Frascati, concernente "Guidelines for Collecting and Reporting Data on Research and Experimental Development", documento che stabiliva la metodologia per raccogliere e utilizzare dati sulla ricerca e sviluppo nei paesi membri dell’OCSE risalente, nella prima elaborazione, al 1963. Le definizioni date in questo Manuale erano state accettate internazionalmente e sono servite e servono, tuttora, come linguaggio comune nelle dissertazioni sulla scienza e tecnologia, divenendo, pertanto, uno standard riconosciuto negli studi di ricerca e sviluppo in tutto il mondo.
(VIENE RICHIAMATA LA LEGGE DEL 2006) Peraltro, in precedenza, anche la disciplina agevolativa (triennio 2007-2009) ex art.1 co.280-283 l.n.296/2006 individuava le attività ammissibili al credito d’imposta con riferimento ai criteri di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale; criteri, poi, recepiti nel decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze n.76 del 28.3.2008, e nella circolare n.46/E del 13.6.2008 l’Agenzia delle Entrate precisava che proprio per … evitare possibili problematiche interpretative legate all'utilizzo di termini di significato non univoco per l'ordinamento nazionale e per l'ordinamento comunitario, l'articolo 2 del decreto ricerca (n. 76 del 2008) elenca analiticamente alle lettere a), b), e c) le tipologie di attività di ricerca e sviluppo ammissibili mutuando le "Definizioni" recate dal paragrafo 2.2. della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (2006/C 323/01) relative, rispettivamente alla "ricerca fondamentale"(lettera e), "ricerca industriale" (lettera f) e "sviluppo sperimentale" (lettera g).
Nella normativa comunitaria sopra richiamata era poi evidenziato che … La parte sovvenzionata del progetto di ricerca deve rientrare pienamente in una o più delle seguenti categorie di ricerca: ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale. Per classificare le diverse attività, la Commissione si basa sulla sua prassi nonché sugli esempi e spiegazioni specifiche fornite nel manuale di Frascati.
(IL MANUALE DI FRASCATI E’ NOTO DA ALMENTO 15 ANNI) E’ di piena evidenza, quindi, come sottolineato dall’ufficio resistente, che sono almeno quindici anni che per il credito d’imposta per ricerca e sviluppo ci si deve riferire al cd. Manuale di Frascati, i cui criteri hanno assunto rilevanza quantomeno dal 2014 per stabilire se le attività che possono godere del credito rientrano in una delle tre categorie di ricerca e sviluppo ivi definite (paragrafo 1.3, punto 15 Comunicazione della Commissione Europea -2014/C 198/01.
(LEGITTIMITA’ DELLE LEGGI ORDINARIE RETROATTIVE) Si aggiunge che, comunque, è stata affermata anche la legittimità delle leggi ordinarie (anche quelle tributarie) retroattive, a condizione che esse: «trovino adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, così da non incidere arbitrariamente sulle posizioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti.» [cfr. Cass. Sez. 5, Ord. n. 5733/2018 _ parte motiva ]
(IL PARERE DEL MISE E’ OBBLIGATORIO) Parimenti non condivisibile la doglianza che sostiene la doverosità da parte dell’ufficio di acquisire il parere preventivo del MISE, atteso che il parere tecnico del MISE è previsto come meramente discrezionale e quindi è una facoltà di cui può avvalersi l’amministrazione finanziaria, ad esempio a fronte di problematiche di grande complessità, ma non un obbligo.
Le argomentazioni sopra esposte portano, altresì, a disattendere l’istanza di sospensione degli effetti esecutivi dell’atto.
La soccombenza radica le spese del giudizio.
TORINO 2024.1002 del 26/9/2024
Importo € 54.240,00
Ricorso vinto
Non può essere applicato retroattivamente un interpello dell’agenzia delle entrate
Il credito è non spettante
MOTIVO DELLA DECISIONE
Nel merito, l’Ufficio ha elaborato i costi del progetto, rideterminando l’agevolazione spettante per le spese sostenute per i progetti di Ricerca & Sviluppo, come segue: • Anno 2012: imputazione di costi per € 256.114,01 (indicati dalla Parte: zero); • Anno 2013: imputazione di costi per € 223.193,37 (indicati dalla Parte: € 171.419,99); • Anno 2014: imputazione di zero costi (indicati dalla Parte: € 171.419,99); • Anno 2015: imputazione di zero costi (indicati dalla parte: € 171.471,00).
La società ricorrente ha considerato i costi effettivamente sostenuti senza computarli in base ai criteri esposti
nella Cir. 5/2016 e Risp. a Interpello n. 86/2019, sulla base del principio della competenza temporale, a
prescindere dalla capitalizzazione e dalle relative quote di ammortamento.
(NON PUO’ ESSERE APPLICATO RETROATTIVAMENTE UN INTERPELLO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE)
Ad avviso di questa Corte, il rilievo elaborato dalla Direzione Regionale sulla base della diversa individuazione temporale dei costi, e in base all’inserimento delle quote di ammortamento dei beni acquistati in epoca precedente al triennio risulta corretto solo in base alla risposta all’interpello n. 86/2019 che è stata fornita dall’Agenzia delle Entrate in data 27/03/2019, data in cui non era conoscibile dalla ricorrente che ha correttamente operato in base alla normativa vigente ratione teporis.
(IL CREDITO E’ NON SPETTANTE)
In diritto, l’Ufficio con l’atto di recupero impugnato ha quantificato il credito inesistente ex art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997 e s.m.i., in euro 54.240,00. La norma di legge citata così recita: “Nel caso di utilizzo di un credito inesistente ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera g-quater), numero 1), del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applica la sanzione pari al settanta per cento del credito utilizzato in compensazione”
La differenza tra crediti d’imposta inesistenti e non spettanti rileva non solo ai fini sanzionatori, ma anche per individuare i tempi entro cui l’Amministrazione finanziaria possa esercitare le azioni di recupero. Ricalcando quanto previsto per le sanzioni amministrative, anche in sede penale si è radicato l’orientamento secondo cui il credito “inesistente” sia riconducibile ad una situazione in cui sia assente il presupposto costitutivo, mentre quello non spettante sarebbe quello in cui il credito utilizzato sia corrispondente dalla realtà fenomenica e giuridica, ma utilizzato in maniera non aderente al dettato normativo. Il discrimine tra le due situazioni deve essere valutato in base alla gravità della violazione che, nel caso di specie appare riconducibile alla situazione collegata ad un utilizzo del credito di imposta effettivamente spettante, ma determinato in maniera non corretta secondo le imputazioni temporali e in base alla già citata risposta ad interpello.
Da quanto espresso il ricorso deve essere accolto in quanto l’atto di recupero impugnato, notificato dalla Direzione Regionale del Piemonte, risulta essere emesso in violazione dell’art. 38 bis del D.P.R. 600/73, oltre il quinquennio dalla data di utilizzo dello stesso. Anche la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenze n. 34419 e n. 34452, depositate l’11 dicembre 2023) ha affermato che il termine di otto anni entro il quale devono essere emessi gli atti di recupero dei crediti di imposta utilizzati in compensazione può essere applicato soltanto per i crediti di imposta “inesistenti”. In questo ambito è recentemente intervenuto il legislatore delegato, coordinando la durata dei termini di controllo dei crediti di imposta utilizzati in compensazione e prevedendone (nell’art. 38-bis del D.P.R. 600 del 1973) un termine differenziato, ma con unico termine iniziale coincidente con la data di utilizzo del credito di imposta.
Sussistono validi motivi per la compensazione delle spese.
CAMPOBASSO 2024.982 del 24/9/2024
Euro 47.000,
Vinto
Il manuale di Frascati non deve essere applicato
Il parere del Mise deve essere richiesto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(I PROGETTI DI RICERCA – CONTESTAZIONE DELL’UFFICIO) Ribadisce che dalla documentazione fornita dalla società è emerso che quest’ultima non ha compiuto attività di ricerca e sviluppo nei termini disciplinati dalla normativa di settore, con la conseguente inesistenza del credito d’imposta maturato e indebitamente utilizzato in compensazione proprio perché inesistente. Ribadisce la legittimità dell’atto impugnato perché l’Ufficio ha esaminato e valutato l’attività svolta dalla ricorrente sulla base dei criteri legislativamente stabiliti all’art. 3, commi 4 e 5, del Decreto-legge n. 145/2015 e dall’art. 2 del decreto attuativo uniche fonti normative applicate nella fattispecie, cui il Manuale di Frascati costituisce supporto tecnico. Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, quindi, il richiamo ai criteri interpretativi contenuti nel Manuale di Frascati, ai fini della eventuale classificazione dell’attività svolta dalla ricorrente come di R&S, è assolutamente legittimo, in quanto i criteri contenuti nello stesso, riconosciuti a livello internazionale, rappresentano un mero supporto tecnico per l’applicazione di parametri legislativamente stabiliti, a livello nazionale, dall’art. 3, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 145/2015 e dall’art. 2 del decreto attuativo. Per il terzo motivo di ricorso, dall’esame della documentazione fornita in riscontro all’invito, si evinceva che la società aveva svolto la seguente attività: “Innovazione di prodotto con lo sviluppo di nuovi impianti e macchinari realizzati per il settore COSMETICO-FARMACEUTICO CHIAMATO BIO-TEC TURBO EMULSORE supportato da nuove e speciali applicazioni digitali integrate”. Tuttavia, dall’analisi della documentazione prodotta all’Ufficio, questi concludeva nel ritenere che la società non avesse condotto un’attività rientrante in quella di ricerca e sviluppo, come legislativamente stabilita, sia sulla base delle criticità rilevate dall’esame della documentazione presentata che in riferimento alla circostanza per cui risultava che il BIO-TEC TURBO EMULSORE fosse un impianto esistente da diversi anni sul mercato. Ribadisce, in questa sede, che il progetto di ricerca della società ricorrente non presenta uno dei principali presupposti richiesti ad una attività per essere classificata come di ricerca e sviluppo, ovvero quello dell’innovazione. Il BIO-TEC TURBO EMULSORE è infatti un impianto esistente da diversi anni sul mercato e tale circostanza esclude che il progetto presentato abbia carattere innovativo, requisito necessario per classificare l’attività come di R&S. A sostegno della propria tesi produce un elenco di siti web in cui sono rinvenibili prodotti simili a quello realizzato dalla ricorrente. Rileva altresì che la DCM, società dedita alla progettazione e realizzazione di macchine automatiche per il settore cosmetico, farmaceutico e alimentare, già nel novembre 2017 pubblicizzava Turbo Emulsori. La stessa Ricorrente_1, nel 2015, in due video su YouTube mostrava l’impianto BIO-TEC TURBO EMULSORE. In merito si rappresenta che le pagine dalla n. 3 alla n. 4 della Relazione R&S, relative al capitolo denominato “Il contesto di riferimento”, sono interamente mutuate dal sito: https://blog.sew.eurodrive.it/4-trend-da-considerare-nel-settore-food. La pagina web sopra indicata è stata pubblicata in data 19/09/2018 su un portale non riconducibile in alcun modo alla Ricorrente_1 Le pagine 5, 6 e 7 relative a “I Progetti di ricerca e sviluppo 2017” sono mutuate dalla Circolare n. 4/E del 30/09/2017. Alle pagine 10 e 11 viene esposta la prima fase del progetto: Scouting Tecnologico, studio sulla integrazione di sistemi e degli attuatori elettromeccanici e digitali, applicazione dei risultati alla ideazione e progettazione di nuovo prodotto. Anche questo punto (fondamentale) della relazione è stato mutuato dal web, all’indirizzo: Sito_Web_1 Le superiori considerazioni pongono in dubbio la genuinità oltre che l’“innovatività” della asserita attività di ricerca e sviluppo svolta dalla ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte, sciolta la riserva formulata nell'udienza del 28 maggio 2024, così decide l'odierna controversia in data 27/08/2024.
Questa Corte desume, dagli atti presenti nel fascicolo processuale, la centralità del c.d. “ Manuale di Frascati ” nell'odierna discussione unitamente alla questione del preventivo parere tecnico del Mi.SE.
(IL MANUALE DEI FRASCATI NON DEVE ESSERE APPLICATO) - Sulla prima questione appare doveroso rilevare che il Legislatore, in occasione della formulazione della nuova edizione del credito d’imposta R&S in vigore a partire dal periodo d’imposta 2020 (art.1, comma 200, Legge n.160 del 27/12/2019 e successive modifiche), ha cercato, sotto il profilo della tecnica redazionale, di realizzare una maggiore puntualità del disposto normativo, anche mediante l’inserimento di diverseindicazioni precedentemente contenute solo nei chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria. Difatti ilLegislatore, al fine di individuare le attività R&S agevolabili, ha effettuano un espresso rinvio alle lett. m), q),
e J) del punto 15 del par.1.3 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C/198/01, nonché ai principi generali e dei criteri contenuti nel “MANUALE DI FRASCATI” e a quelli contenuti nel “MANUALE DI OSLO”. Non deve passare inosservato che per la disciplina agevolativa introdotta dal citato art.3, D.L. n.145/2013, qui in discussione (anni d’imposta 2015-2019), i primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sull'applicazione del “MANUALE DI FRASCATI” come fonte interpretativa della normativa interna, sono stati forniti solo in epoca successiva alla fruizione del beneficio da parte delle imprese (risoluzione n.46/E/2018, risoluzione n.40/E/2019 e la circolare n.8/E/2019). Sulla seconda questione, questo Collegio, rileva che si sta sviluppando e consolidando un filone giurisprudenziale che richiede la necessità di un preventivo parere del Ministero dello Sviluppo Economico, in mancanza del quale l’atto di recupero deve essere annullato (ex multis, Commissione tributaria provinciale di La Spezia sentenza n. 276/01/2022). Tale orientamento pare ancor più fondato se si pensa che, per la speculare materia dell’interpello finalizzato a conoscere se determinati progetti e attività possano rientrare nel novero di quelli oggetto di agevolazione, l’Agenzia delle Entrate ha chiaramente declinato qualsivoglia competenza, rinviando al MISE (circolare 13/E/2017). Non mancano inoltre sentenze pro-contribuente (si veda per es. CTP Bologna 549/04/2022) che evidenziano come l’Amministrazione finanziaria abbia individuato il Manuale di Frascati (edizione 2015, tradotta in modo ufficiale con traduzione giurata in italiano solo a dicembre 2021) quale testo normativo di riferimento per identificare le attività agevolabili, sulla scorta di quanto chiarito, non a caso, dal MISE solo però con la circolare n. 59990 del 09.02.2018. Le contestazioni in discussione nell'odierna controversia, invece, risalgono ad annualità più risalenti ( annualità 2017), in contrasto al principio di affidamento sancito dall’articolo 10 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000). Ancora, non è affatto scontato che si tratti di crediti “inesistenti” (come ritiene l’amministrazione finanziaria) piuttosto che di crediti “non spettanti” (come deciso per es. dalla sentenza CTP Latina, 23.5.2022 n. 610/3/22) e, di conseguenza, non è affatto scontato che l’Agenzia delle Entrate possa invocare il trattamento sanzionatorio più penalizzante (sanzioni dal 100 al 200% invece che del 30%). Tutti questi elementi vanno sicuramente tenuti in considerazione al fine di valutare il caso oggi in discussione, anche in considerazione dell’ammontare degli importi del credito recuperato dall’Amministrazione finanziaria, solitamente su più anni. Quindi appare ragionevole ritenere che, in materia di accertamento per il recupero del credito d’imposta R&S, le valutazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria e addotte come valide motivazioni per sorreggere il disconoscimento dell’agevolazione fiscale – ancorché convincenti, ma pacificamente prive di un parere tecnico del Mi.S.E. – risentono in ogni caso della carenza assoluta di specifiche competenze tecniche in capo all’Ente accertatore e, per questo, rappresentano mere deduzioni di parte inidonee a fondare la legittimità della pretesa impositiva.
(IL PARERE DEL MISE DEVE ESSERE RICHIESTO) - Di conseguenza, dunque, la richiesta del parere Mise da parte dell’Agenzia, sebbene non strettamente obbligatoria per legge, è senz’altro un onere da adempiere, quantomeno tutte le volte che la contestazione non attiene a vizi formali del progetto, ma riguarda proprio le sue caratteristiche tecniche, ovvero, quando la questione controversa attiene alla innovatività (o meno) del progetto stesso. Ne consegue che in mancanza del parere del MISE l’atto non è legittimo e pertanto il ricorso va accolto. L’accoglimento del predetto motivo di impugnazione assorbe gli altri. Spese compensate in ragione della complessità della materia.
Importo 36.700,00
Sviluppo Software
RICORSO VINTO
Deve essere richiesto il parere del Mise
ATTIVITA’ SVOLTA E PROGETTO RELATIVO AL SOFTWARE . La ricorrente ha esposto: di essere società attiva dall’anno 2000 nel settore ICT (Information and Communication Technologies), specializzata nella progettazione e commercializzazione di soluzioni software per il settore doganale e spedizioneristico e più in generale per gli ambiti dei trasporti e della logistica; di avere affrontato, nell’anno 2016, spese documentate per lo sviluppo del c.d. progetto “Prog_1”, nonché per i progetti denominati “Dichiarazioni Doganali”, “DV1-EUR 1” e “Sviluppo modulo interoperabilità per invio/ricezione flussi”; che in particolare il progetto “Prog_1”, concretizzatosi nell’anno 2020, puntava alla realizzazione di un nuovo software verticale – ossia dedicato ad uno specifico ambito – pensato per il settore logistico; di avere dunque maturato, ai sensi dell’art. 3 DL 145 \2013, un credito di imposta pari ad euro 36.700,00, utilizzato in compensazione nel 2017.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Appare opportuno trattare direttamente il merito della controversia, in ossequio al principio della c.d. “ragione più liquida” (cfr. Cass. SS.UU. n. 2642\2014).
L’Agenzia delle Entrate ha contestato la sussistenza dei requisiti di “novità”, e “incertezza” dei progetti di ricerca e sviluppo “de quo”, ritenendo in particolare l’insussistenza, nei progetti presentati da Ric_1, “delle caratteristiche di novità richieste dalla disciplina agevolativa, difettando in essi quella novità in senso assoluto e non relativo, ossia nuovo per l’impresa, quale requisito necessario ai fini della fruizione dell’agevolazione; la configurabilità dell’attività di ricerca e sviluppo effettuata dalla società come “ordinaria”, ossia attività di routine tipica delle imprese operanti nel mercato del software e necessaria all’aggiornamento e/o implementazione dei propri prodotti; la carenza del requisito del rischio finanziario e d’insuccesso tecnico, non essendo individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico, che dovrebbe invece caratterizzare tipicamente gli investimenti in ricerca e sviluppo” (cfr. pag. 14 della comparsa di costituzione e risposta).
Premesso che l’onere della prova grava, nella specie, sull’Agenzia delle Entrate anche ai sensi del comma 5 bis dell’art. 7 d. lgs. 546/92, introdotto dalla L. 130/2022, occorre osservare che le contestazioni degli Uffici, che peccano anche di genericità, non sono supportate dai necessari elementi probatori.
A fronte delle puntuali osservazioni di parte ricorrente, che ha in ricorso fornito un’esauriente esposizione delle caratteristiche dei progetti di ricerca e sviluppo, e dei motivi per cui tali caratteristiche consentirebbero la fruizione del credito di imposta ai sensi dell’art. 3 DL 145 \2013 (argomentazioni supportate da relazioni tecniche) la tesi dell’Agenzia delle Entrate appare apodittica, in mancanza di approfondimenti tecnici, nella specie indispensabili.
Occorre osservare che, secondo l’art 8 DM 27/5/2015, commi 1 e 2, “per la verifica della corretta fruizione del credito d’imposta di cui al presente decreto, l’Agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto. Qualora, nell’ambito delle attività di verifica e di controllo effettuate dall’Agenzia delle entrate, si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, la predetta Agenzia può richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.
Se è vero che la norma pare configurare in termini di facoltà, e non di obbligo, la richiesta di parere al MISE, è anche vero che, nella fattispecie in esame, caratterizzata da elevato tecnicismo, l’assenza di tale parere comporta una carenza probatoria che conduce a ritenere infondata la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate.
La stessa Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 31/E del 23/12/2020 sottolinea “l’opportunità di attivare la suddetta richiesta nelle situazioni caratterizzate da un grado di tecnicismo elevato o dall’assoluta novità delle questione riscontrata”. Il ricorso deve essere accolto. Vista la complessità, la particolarità e la relativa novità della questione, si compensano integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Euro 101.000,00 - Sviluppo Software
Ricorso perso
Il Manuale di Frascati deve essere applicato
Il parere del Mise non deve essere richiesto
MOTIVO DELLA DECISIONE
(ONERE DELLA PROVA A CARICO DEL CONTRIBUENTE) Trattandosi di utilizzo in compensazione di crediti d’imposta, si conviene con l'Ufficio che l’onere di provare l’esistenza del credito stesso grava in capo alla società ricorrente, così come richiesto dalla pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto: «incombe sul contribuente, il quale invochi il riconoscimento di un credito d'imposta, l'onere di provare i fatti costitutivi dell'esistenza del credito, e, a tal fine, non è sufficiente l'esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo» .
(I PROGETTI DI RICERCA) Con il primo progetto (Progr_1), definito come “Progetto di ricerca industriale per lo sviluppo di una rete telematica di controllo e gestione remotizzati degli impianti di riscaldamento”, la Società ha sostenuto di voler realizzare « una piattaforma informatica di congiunzione tra i diversi sistemi di tele gestione in commercio, al fine di poter estrapolare allarmi e informazioni di Metering relative al rendimento termico dell’impianto e poter quindi apportare […] modifiche delle regolazioni necessarie a migliorarne il funzionamento, ottimizzando i consumi e l’impatto ambientale» (così la perizia valutativa redatta dall’ing. Nominativo_1 prodotta in atti dalla Società). Come obiettivo del progetto, è stato indicato quello «di studiare e realizzare un sistema, basato su rete telematica e telemetrica, per il controllo e la gestione da remoto degli impianti energetici, al fine di ottimizzarne la conduzione termica, di ottenere un risparmio energetico e di ottimizzare le tempistiche e le evasioni delle commesse d’intervento».
Secondo quanto riportato nella perizia, l’attività svolta dalla Società nell’ambito di questo progetto nel corso dell’esercizio 2017/2018 riguardava «principalmente la realizzazione di uno studio di fattibilità interno del rinnovamento del proprio processo e dalla realizzazione di un’analisi e di un progetto di intervento da parte del consulente selezionato», mentre “la parte più operativa” (quella di sviluppo e test) sarebbe dovuta proseguire nel corso dell’esercizio successivo (2018/2019). Vedasi allegato n. 3 al ricorso di Controparte;
Con il Programma_2, invece, la Società intendeva rispondere all’esigenza di ampliare i servizi offerti ai condomini nel campo delle forniture di Energia Elettrica; in particolare, la Società, proponendosi ai condomini come unico fornitore/interlocutore sia per la fornitura di metano che per quella di energia elettrica, avrebbe consentito al cliente di avere la possibilità di richiedere una reportistica completa sui consumi. In particolare, l’obiettivo del progetto è stato indicato nella rilevazione delle inefficienze collegate alla c.d. “energia reattiva” e nella offerta di soluzioni alla clientela per la diminuzione e/o eliminazione della dispersione, con conseguente riduzione dei consumi e dei relativi costi del servizio.
(LE INNOVAZIONI DI PROCESSO ED I SOFTWARE NON SONO AMMESSI) L’Ufficio, alla luce della documentazione prodotta dalla Contribuente nel corso dell’istruttoria, con specifico riferimento al Progr_1, ha ritenuto che l’attività svolta non fosse qualificabile, nel suo complesso, come attività di ricerca e sviluppo rilevante ai fini del credito di imposta, ma dovesse più correttamente essere inquadrata nella categoria della c.d. “innovazione di processo” e, in quanto tale, ritenuta non agevolabile. Come rilevato nel corso del controllo, detta attività, difatti, si è sostanziata nella mera realizzazione di un software che utilizza strumenti e tecnologie già esistenti e ampiamente diffusi nel settore in cui la Società opera ; i vari sistemi compresi nel Progr_1 cioè, erano già diffusi anche nel settore di appartenenza alla data di avvio del progetto.
A confermare la correttezza della posizione dell’Ufficio, si osservi come, proprio con riferimento alle attività di sviluppo software, sia intervenuta la circolare del MISE n. 59990 del 9 febbraio 2018 (doc. 9), la quale ha chiarito che anche in tale settore l'applicabilità del credito d'imposta è pur sempre legata allo svolgimento di lavori o progetti tesi al superamento di ostacoli tecnici o scientifici non risolvibili con le conoscenze già disponibili (stato dell'arte nel settore) e ha osservato che, in via generale, le attività volte alla progettazione e realizzazione di software con l'utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, le attività concernenti la personalizzazione di software esistenti e tutte le altre attività riferibili alla manutenzione e all'implementazione degli stessi, così come tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla c.d. gestione applicativa di un software, non rientrano tra le attività di ricerca e sviluppo nell'accezione rilevante agli effetti dell'applicazione del credito d'imposta .
Alla luce di tale chiarimento interpretativo, l’Ufficio ha correttamente ritenuto, sulla base dell'esame della documentazione prodotta, che gli investimenti effettuati dalla Società in attuazione del Progr_1 non potessero nel loro complesso qualificarsi come investimenti in attività di ricerca e sviluppo nell'accezione rilevante ai fini del credito d'imposta, mancando, peraltro, anche i requisiti del rischio dell'insuccesso tecnico e del rischio finanziario, ma rappresentassero, più propriamente, investimenti in capitale fisso (immobilizzazioni immateriali) finalizzati ad incrementare la funzionalità e le prestazioni dei supporti informatici a disposizione dell'azienda.
(LA DITTA HA PRESENTATO UNA PERIZIA GIURATA CHE COMUNQUE RAPPRESENTA UNA SEMPLICE ALLEGAZIONE DIFENSIVA PRIVA DI AUTONOMO VALORE PROBATORIO ) La Società, tuttavia, ha contestato detto recupero, affermando la correttezza del proprio operato. Con il primo punto del ricorso, la Società, rimandando alla memoria difensiva ex art. 12, comma 7, L. 212/2000, ha ribadito in maniera del tutto generica e non circostanziata la propria convinzione di aver correttamente operato, avendo posto in essere, a suo dire, un’attività di ricerca e sviluppo ascrivibile « principalmente» a quelle di “sviluppo sperimentale”. Detta affermazione sarebbe avvalorata dalle conclusioni contenute nella perizia valutativa redatta dall’ing. Nominativo_1 che ha ritenuto ammissibili ai fini del credito d’imposta R&S le attività svolte all’interno del Progetto Progr_1 e del Programma_2.
Parimenti, anche analizzando le conclusioni rassegnate dal consulente di parte, l’ing. Nominativo_1, non si evincono elementi atti a dimostrare la fondatezza di quelle che permangono semplici e generiche affermazioni. In questo senso, occorre peraltro ricordare come la perizia depositata in giudizio non possa essere considerata altro che una «semplice allegazione difensiva […], priva di autonomo valore probatorio», così come costantemente precisato dalla Corte di cassazione con riferimento alle perizie stragiudiziali, ancorché asseverate con giuramento (circostanza, peraltro, non verificatasi nel caso di specie) (ex plurimis, Cass., sez. V, ord., 31.10.2023, n. 30303 – doc. 10; si v. anche, nello stesso senso, Cass., sez. V, 25.12.2018, n. 33503; Cass., sez. V, 9.2.2021, n. 3104; Cass., sez. V, 11.6.2021, n. 16579; Cass., sez. V, 17.6.2021, n. 17396; Cass., sez. V, 11.3.2022, n. 7925; Cass., sez. V, 24.3.2022, n. 9541), e che, in quanto tale, «il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzarne e a confutarne il contenuto, quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni con esso incompatibili (Cass., Sez. 6-2, 9 aprile 2021, n. 9483; Cass., Sez. 1, 20 giugno 2022, n. 19846)».
Ma anche analizzando il contenuto della predetta perizia, non si ricava altro che una sintetica e generica descrizione dei due progetti e affermazioni di principio non supportate da alcun elemento concreto. A titolo esemplificativo, appare sintomatico, in questo senso, il tentativo di supportare il requisito dell’incertezza nei due progetti; nella perizia, infatti, il consulente afferma: «Nello sviluppo dei progetti, a partire dal loro avvio e per tutta la loro durata, non è possibile per la Società prevedere con precisione i costi o i tempi necessari per il raggiungimento dei risultati. Lo stesso raggiungimento dei risultati non è cosa scontata, ma soggetta all’imprevisto o all’insorgere di problematiche per cui serve nuova ricerca inaspettata. Questo fatto è facilmente riscontrabile, per esempio, nella durata dei progetti e nella pluralità delle soluzioni ricercate e testate, di cui è possibile reperire traccia presso gli uffici della Società».
Ebbene, appare evidente come tali affermazioni si risolvano in mere frasi di stile che, peraltro, costituiscono niente più che una parafrasi del contenuto del Manuale di Frascati, e come non siano supportate da alcuna documentazione o dato concreto; in questo senso, si osservi come il perito rimandi a delle improbabili e generiche “tracce” che sarebbero reperibili presso gli uffici della Società, ma che non sono state allegate alla perizia, né sono state successivamente prodotte dalla Società nel corso dell’istruttoria ovvero in sede processuale. Questo modo di procedere, generico, pervade tutta la consulenza tecnica, il cui contenuto, pertanto, non può rivestire alcuna valenza dimostrativa all’interno del presente processo.
IL PARERE DEL MISE NON DEVE ESSERE RICHIESTO Da ultimo, la Ricorrente sostiene, nuovamente in maniera del tutto generica, che l’Agenzia delle Entrate sarebbe priva di competenza in ordine alla qualificazione di una data attività come di “ricerca e sviluppo”. Anche tale affermazione non corrisponde al vero. A tal fine è sufficiente richiamare il comma 10 dell’art. 3 del D.L. 145/2013 che prevede che sia l’Agenzia delle Entrate, a seguito dei controlli, a provvedere al recupero del credito d’imposta indebitamente fruito : «Qualora, a seguito dei controlli, si accerti l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge»; tale circostanza viene ribadita dal Decreto attuativo, il quale, all’art. 8, comma 1, precisa come sia l’Agenzia delle Entrate a effettuare i controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, nonché la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal medesimo decreto .
La pacifica legittimità dell’Agenzia delle Entrate ad effettuare i recuperi in materia di crediti d’imposta per ricerca e sviluppo è, peraltro, stata confermata dalla giurisprudenza di merito (sul punto, tra le più recenti, C.G.T. di primo grado di Napoli, sez. 30, 9.5.2023, n. 8096 ; nello stesso senso si vedano anche, ex plurimis, C.G.T. di primo grado di Napoli, sez. 13, n. 16939 del 5.12.2023 e C.G.T. di primo grado di Rimini, sez. 1, n. 230 del 13.10.2023 – doc. 11).
Pertanto, nessun vizio di motivazione può ravvisarsi in relazione all’atto impugnato, avendo l’Ufficio chiaramente esposto le ragioni di diritto e i presupposti di fatto sui quali si è fondato il recupero, dando conto dell’an e del quantum della pretesa (in questo senso le già richiamate pronunce di merito; in particolare C. G.T. di primo grado di Rimini n. 230/23). Contrariamente a quanto sostiene da ricorrente, i riscontri addotti dall’Ufficio non possono che essere considerati “attendibili”, in quanto fondati sulla stessa documentazione prodotta dalla Società nel corso dell’istruttoria procedimentale; in questo senso, la ricorrente non ha mai sconfessato le contestazioni contenute prima nel PVC e poi nell’avviso di accertamento volte a tacciare di estrema genericità la documentazione prodotta nel corso dell’istruttoria; documentazione dalla quale, come più volte ribadito, non si evincono in alcun modo le ragioni per cui le attività prestate dovrebbero essere ricondotte tra quelle agevolabili secondo la disciplina dei crediti in materia di ricerca e sviluppo.
La perizia valutativa redatta dall’ing. Nominativo_1 (che, come visto, si limita a generiche asserzioni, prive di contenuto dimostrativo), non ha prodotto, o anche solo richiamato testualmente, alcun contratto, documento, ecc. volto a dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti per la concessione dell’agevolazione, pur gravando pacificamente su di essa il relativo onere probatorio . In questo senso, depone anche il decreto attuativo nella parte in cui dà conto della documentazione che i contribuenti debbono produrre a supporto dell’agevolazione; sul punto si è chiaramente espresso il MISE con la già richiamata Circolare 59990 del 2018: «Si richiama, infine, l’attenzione sul fatto che, trattandosi di un incentivo automatico, che non prevede cioè una valutazione a priori dei progetti finanziati da parte dell’ente erogante, ai fini dei successivi controlli sulla corretta applicazione della disciplina, dovrà essere cura dell’impresa che intende avvalersi dell’agevolazione predisporre, oltre alla documentazione obbligatoria concernente l’effettività, la pertinenza e la congruità dei costi, anche un’apposita documentazione concernente l’ammissibilità delle attività di ricerca e sviluppo svolte, dalla quale risultino gli elementi di novità che il progetto intende perseguire, l’individuazione degli ostacoli di tipo tecnico e scientifico al cui superamento sono legati i lavori svolti, l’avanzamento di tali lavori nell’ambito dei periodi d’imposta agevolabili e, nel caso in cui si tratti di innovazioni che si sostanzino in significativi miglioramenti di prodotti già esistenti sul mercato in cui opera l’impresa, l’indicazione degli elementi nei quali si specificano tali miglioramenti» (in questo senso si v. anche C.T.P. di Napoli, sez. 30, 9.6.2023, n. 8096).
(IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) : Con il secondo punto, la Ricorrente richiama la sentenza n. 36/01/2023 emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Torino - nella parte in cui riprende il mero dato testuale delle lett. b) e c) dell’art. 3, comma 4, D.L. 145/2013 (comma nel quale vengono elencate le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta) e- nella parte in cui sembra disconoscere valore normativo vincolante al Manuale di Frascati.
Anche detti riferimenti non appaiono significativi al fine di fondare la riconducibilità delle attività relative ai due progetti nell’ambito di quelle agevolabili.
Ad ogni modo, per quanto qui di rilievo, appare opportuno precisare come il mero richiamo alle lett. b) e c) dell’art. 3, comma 4, D.L. 145/2013, nulla provi in ordine alla riconducibilità delle attività svolte nell’ambito dei due progetti contestati nel novero di quelle di ricerca e sviluppo agevolabili. Erronei appaiono i richiami all’asserita inidoneità del Manuale di Frascati a supportare il recupero. In primo luogo, occorre infatti osservare come il rilievo dell’Ufficio risulti fondato sull’applicazione della normativa di cui all’art. 3 del D.L. 145/2013 e al successivo Decreto attuativo del 27 maggio 2015, sulla base della quale ha ritenuto che le attività dalle quali si è generato il credito d’imposta non rientrassero tra quelle agevolabili. I riferimenti al Manuale di Frascati sono intervenuti a supporto dell’interpretazione della predetta normativa. In ogni caso, non pare possa mettersi in discussione la portata applicativa del predetto Manuale di Frascati.
PADOVA 2024.343 del 30/9/2024
Sviluppo di software
Importo € 99.000,00
Ricorso vinto
Carenza di motivazione senza avere chiesto il parere al Mise che comunque non è obbligatorio
L’innovazione tecnologica è agevolabile
Sviluppo di un software
Sul merito l'Agenzia riporta un passaggio dello stesso fornitore del progetto- Eidon Lab - ( pag.9 estratto atto recupero 2017) ove detto fornitore parla di tecnologie informatiche già note al mercato e adattate alle esigenze del committente. Per il recupero l'Ufficio afferma che non è stato necessario alcun parere tecnico in quanto si è preso atto delle affermazioni del fornitore. Non è obbligatorio il parere del MISE e le sentenze citate dalla Ricorrente non sono definitive e, comunque, ve ne sono altre che considerano facoltativo il parere del MISE.
Nelle controdeduzioni ( cfr pag.16,17,18) l'Ufficio insiste sul fatto che si tratta di modifiche di software già esistenti e che non esiste un progetto innovativo a livello generale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva la Corte che le eccezioni preliminari della Ricorrente sulla qualificazione del credito e conseguente applicazione dei termini ordinari per il recupero, difetto di motivazione, eccesso di potere, obbligatorietà del parere preventivo del MISE , sono infondate e vanno respinte.
Ad avviso della Corte il credito che, secondo l'Ufficio, non rientra nei requisiti dettati dalla norma è un credito che, in mancanza di detti requisiti, deve ritenersi inesistente. L'esigenza di garantire un maggior termine di 8 anni per il recupero difetta nelle ipotesi in cui non si discute "a monte” dell'esistenza dei presupposti dai quali sorge il credito di imposta ( spettanza) , ma solo della sussistenza "a valle" del diritto di utilizzarlo in compensazione. Il legislatore al comma 5 dell'art.13 del dlgs.471/1997 dice che si intende inesistente il credito in relazione al quale manca in tutto o in parte il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36 bis, 36 ter dpr.600/73 e 54 bis dpr.633/72.
(IL PARERE DEL MISE NON E’ OBBLIGATORIO MA L’AGENZIA DELLE ENTRATE DEVE ADEGUATAMENTE MOTIVARE L’ATTO)
Ora nel caso in esame la prospettazione dell'Ufficio parte dalla considerazione, da verificare nel merito, che a monte non vi sono i presupposti per far rientrare il credito nella previsione di legge e,pertanto, è corretto parlare di credito inesistente assistito dal maggior tempo per il recupero. Anche la motivazione non è difettosa o mancante, ma è sufficiente; altra cosa è verificare se detta motivazione costituisce una prova a fondamento del recupero impugnato. La norma non prevede l'obbligo per l'Agenzia di dotarsi preventivamente del parere dell'Organo tecnico, la scelta di non dotarsi è,infatti, discrezionale e avrà effetti, nel merito, sulla prova che l'Agenzia sarà in grado di dare a supporto del recupero. In sostanza l'Agenzia non chiedendo il parere dell'Organo tecnico si assume un rischio. La norma non attribuisce al MISE il compito dell'emissione degli atti di recupero dei crediti inesistenti che sono di competenza dell'Agenzia come prevede il comma 14 lett.d) del D.L. 185/2008 art.27.
(CARENZA DI MOTIVAZIONE) Passando al merito della questione questa Corte ritiene che il recupero dell'Ufficio non sia
sufficientemente provato. L'Ufficio più volte afferma che si è basato su quanto affermato dal fornitore in
merito al fatto che si tratta di tecnologie note che vanno adattate , ma non è mai sceso ad analizzare le
peculiarità del progetto limitandosi ad affermazioni di principio che invece andavano calate nel progetto
ed analizzate a fondo. L'Ufficio non ha considerato che in materia il Ministero dello Sviluppo economico ,
competente a dettare i criteri per la corretta applicazione delle definizioni normative, anche alla luce della
comunicazione della Commissione (2014/C198/01) del 27 giugno 2014, con decreto attuativo del
26/05/2020 ha dettato le istruzioni per la determinazione e la documentazione delle spese ammissibili al
credito di imposta. Detto decreto individua tre attività di ricerca , la ricerca e sviluppo ex art. 2, l'attività di
innovazione tecnologica ex art.3 e l'attività di design e ideazione estetica ex art.4. (SONO AMMESSE LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE) Ebbene il MISE dice
che nell'attività di innovazione tecnologica, nella quale ad avviso della Corte rientra il progetto della
Ricorrente, rientrano i lavori diversi da quelli di ricerca e sviluppo indicati all'art.2 finalizzati alla
realizzazione o all'introduzione di prodotti o processi nuovi o significativamente migliorati rispetto a quelli
già realizzati o applicati dall'impresa. A titolo esemplificativo, afferma il MISE, per prodotti nuovi o
significativamente migliorati si intendono beni o servizi che si differenziano rispetto a quelli già realizzati
dall'impresa , sul piano delle caratteristiche tecniche , dei componenti , dei materiali, del software
incorporato, della facilità di impiego, della semplificazione della procedura di utilizzo, della maggiore
flessibilità o di altri elementi concernenti le prestazioni e le funzionalità; per processi nuovi o
significativamente migliorati, rispetto a quelli già applicati dall'impresa, si intendono processi o metodi di
produzione e di distribuzione e logistica di beni o servizi che comportano cambiamenti significativi nelle
tecnologie, negli impianti, macchinari e attrezzature , nel software, nell'efficienza delle risorse impiegate ,
nell'affidabilità e sicurezza per i soggetti interni o esterni coinvolti nei processi aziendali. Il Mise avverte
che non si considerano i lavori svolti per apportare modifiche o migliorie minori ai prodotti e ai processi
già realizzati o applicati dall'impresa. Ancora il Mise afferma che si considerano attività di innovazione
tecnologica l'introduzione di soluzioni che consentano una integrazione comune dei diversi componenti ,
moduli e sistemi di una architettura aziendale in grado di garantire, tramite l'implementazione di un
modello di dati comune ed il supporto di diversi protocolli ed interfacce , l'interconnessione trasparente,
sicura ed affidabile dei diversi dispositivi hardware e delle applicazioni software. Ancora il MISE ritiene
attività di innovazione tecnologica la digitalizzazione delle integrazioni tra i diversi operatori delle filiere
produttive, la messa a punto di modelli di condivisione delle informazioni, la messa a punto di protocolli e
metodi per il tracciamento dei prodotti all'interno della filiera allo scopo di migliorare la cooperazione e la
resistenza delle filiere.
Da quanto fin qui analizzato risulta chiaro che non basta dire, come fa l'Ufficio, che deve trattarsi di progetti innovativi, perchè rientrano nel credito anche i progetti migliorativi, ovviamente va analizzato in concreto in che cosa consiste il miglioramento e per fare questo occorrono delle competenze specifiche.
(DESCRIZIONE DEL PROGETTO) Nel progetto intitolato studio, progettazione e sviluppo sperimentale di una piattaforma innovativa hybrid cloud computing e dei moduli software prototipali per il controllo integrato dei processi aziendali nel settore della produzione di imballaggi flessibili si dice al punto 5 “obiettivi” che gli obiettivi prefissati con la realizzazione delle attività riguardano la necessità di acquisire , combinare, strutturare ed utilizzare delle conoscenze e delle capacità esistenti di natura scientifica e tecnologica allo scopo di produrre progetti per processi modificati e sensibilmente migliorati con l'introduzione di soluzioni per il controllo integrato dei processi aziendali , che saranno verificate sperimentalmente.
(L’UFFICIO NON HA ESPRESSO UN PARERE TECNICO MA SOLO RIPORTATO LE AFFERMAZIONI DI PARTE) L'Ufficio nelle controdeduzioni afferma di non aver in alcun modo espresso un parere tecnico sulla ricerca svolta dalla Ricorrente, ma ha esclusivamente preso atto delle affermazioni di parte che ha affermato di adattare una tecnologia esistente alle proprie esigenze industriali.
Ora in base ai criteri dati dal MISE per la corretta applicazione in concreto della legge, in parte sopra riportati, è evidente che sono agevolabili anche i miglioramenti e gli adattamenti anche dei software applicati nell'impresa al fine di migliorare la facilità di impiego e /o semplificazione della procedura di utilizzo o per garantire maggiore flessibilità con cambiamenti significativi.
(L’AFFERMAZIONE DI SEMPLICI CONVINZIONI NON E’ SUFFICIENTE) La complessità dell'analisi richiedeva da parte dell'Ufficio un esame analitico del progetto alla luce dei criteri dati dal MISE e non una semplice affermazione di convinzioni non supportate da alcuna dimostrazione concreta ed errate, nel momento in cui considerano agevolabili solo le innovazioni di carattere generale e non quelle che riguardano il committente e la sua azienda.
Il ricorso va, pertanto, accolto nel merito con compensazione delle spese considerata la complessa valutazione di elementi sia giuridici che tecnici collegati alla norma in esame.
FIRENZE 2024.457 del 26/6/2024
Importo € 504.796,00
Campionario settore moda, società in liquidazione
Ricorso perso
Il parere del Mise non è obbligatorio
Si applica il manuale di Frascati
Il credito è inesistente
MOTIVI DELLA DECISIONE
Premesso che l’agevolazione di cui si discute consiste nel riconoscimento di un credito di imposta a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31/12/14 e fino a quello in corso al 31/12/19, ritiene il Collegio che il ricorso - le cui argomentazioni sono state ribadite ed ulteriormente specificate nella memoria difensiva del 12/9/24 - sia destituito di fondamento e che, pertanto, debba essere rigettato.
Invero, infondato è il primo motivo, atteso che l’Agenzia delle Entrate non ha effettuato alcuna valutazione di carattere tecnico, limitandosi a prendere atto - sulla base della documentazione fornita dalla stessa contribuente e dei contraddittori svoltisi nella fase istruttoria - della insussistenza dei presupposti per poter accedere all’agevolazione, tenuto conto della mancanza di un reale progetto di ricerca e sviluppo, essendosi piuttosto in presenza di un’attività di studio e progettazione di nuove collezioni.
(IL PARERE DEL MISE NON E’ OBBLIGATORIO) Dunque, in assenza dell’esercizio di una discrezionalità tecnica, non era obbligatoria l’acquisizione del parere del Mise, rientrando piuttosto detta richiesta nella facoltà dell’Ufficio, che - esercitando un potere discrezionale - ha ritenuto di non avvalersene.
Ciò senza considerare che il motivo è generico, in quanto non indica quali sarebbero state le valutazioni tecniche (che si reputano carenti) compiute da parte resistente.
(Il MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) Destituito di fondamento è anche il secondo motivo, ritenendo il Collegio di dare continuità a quell’orientamento della giurisprudenza di merito secondo il quale, sebbene le indicazioni del Manuale Frascati siano state normativamente consacrate nel 2021, esse devono trovare applicazione anche per gli anni di imposta precedenti, in quanto vi è continuità normativa con il precedente “credito d’imposta per la ricerca scientifica” di cui all’art. 1 D.L. 70/2011. Dunque, se pure non vi fosse un obbligo di legge di rispettare le indicazioni contenute nel manuale di cui si discute, esse costituirebbero, comunque, un criterio orientativo imprescindibile al fine della individuazione degli elementi utilizzabili per valutare se una attività sia qualificabile come di ricerca e sviluppo o meno. Peraltro, ancorare l’attività valutativa dell’amministrazione finanziaria a parametri certi ed obbiettivi è in realtà elemento a favore del contribuente, che in tal modo vede valutata la propria attività sulla base non di elementi discrezionali, che possono talora sfociare dell’arbitrio, ma di elementi certi e obbiettivi, che il legislatore stesso ha successivamente riconosciuto come vincolanti, per cui alcun danno per la ricorrente è dato ravvisare.
Privo di pregio è anche il terzo motivo: le attività qualificabili come ricerca e sviluppo presuppongono il superamento di una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, non banalmente superabili in base allo stato dell’arte del settore di riferimento. Dunque, sono considerate tali quelle volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni. Ne consegue che l’attività di ricerca e sviluppo i) deve essere nuova, deve portare, cioè, a risultati nuovi per le imprese del settore di appartenenza dell’impresa, non anche allo stato di conoscenza proprio dell’impresa stessa; ii) deve essere creativa, nel senso che un progetto di ricerca e sviluppo deve avere come obiettivo la creazione di nuovi concetti o idee che migliorino le conoscenze esistenti, dovendo quindi escludersi qualsiasi modifica di routine di prodotti o processi; iii) deve essere incerta nei tempi di realizzazione, nei costi e nei risultati; iiii) deve essere condotta con sistematicità in modo pianificato, formale, con registrazioni sia del processo seguito, che dei risultati; iiiii) deve, infine, mirare alla produzione di conoscenza trasferibile e/o riproducibile, nel senso che deve consentire ad altri ricercatori di riprodurne i risultati nell’ambito delle loro attività di ricerca e sviluppo, tenuto conto che lo scopo di detta attività è quello di aumentare il patrimonio di conoscenze esistenti. Rientrano, dunque, nell’agevolazione in discorso le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto).
Più in particolare, nello specifico settore produttivo del tessile e della moda, la novità o il significativo miglioramento si traducono nell’introduzione di prodotti tessili e di abbigliamento che abbiano caratteristiche tecniche a) nuove o notevolmente migliorate per la scienza, che comportino un’originalità o un miglioramento significativo in termini assoluti ovvero b) nuove o notevolmente migliorate per il mercato, che comportino, cioè, un’originale o notevolmente migliorata combinazione di prodotti tessili nuovi.
(ATTIVITA’ DI RICERCA E SVILUPPO SVOLTA) Orbene, tali caratteristiche non si rinvengono all’evidenza nel caso di specie, in quanto dalla documentazione prodotta dalla stessa ricorrente risulta che l’obiettivo principale della attività di ricerca e sviluppo della CF&P è stata la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentano elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti, con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme ed ai colori, il cui unico “effetto tecnico” riguarda, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto. Del resto, la relazione tecnica di parte - al di là della terminologia utilizzata - risulta del tutto generica, in quanto non indica quali sarebbero le incertezze scientifiche e tecnologiche superate attraverso l’attività di ricerca.
Anzi, il complessivo esame degli atti consente di affermare che lo scopo ultimo dell’attività di ricerca svolta dalla ricorrente è finalizzato precipuamente all’aggiornamento dei prodotti in modo da soddisfare il mercato. Sul punto, giova evidenziare che, ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del D.L. 145/2013 e dell’articolo 2, comma 2, del decreto attuativo del 27/5/15, non rientrano nel concetto di attività di ricerca e sviluppo “le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti”.
In altri termini, la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentano elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti, con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, il cui unico effetto tecnico riguarda, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto non costituisce attività di ricerca e sviluppo.
(NON E’ STATA ACCOLTA LA RICHIESTA DEL CTU) Quanto alla richiesta istruttoria - avanzata con la memoria del 12/9/24 - di una consulenza tecnica di ufficio, le considerazioni che precedono ne evidenziano la superfluità, in ragione della completezza e del nitore del quadro probatorio cristallizzato in atti. Del resto, la stessa consulenza di parte, al di là della terminologia utilizzata, non prova che sia stata svolta dalla società ricorrente attività di ricerca e sviluppo nei termini sopra specificati.
(IL CREDITO E’ INESISTENTE) Infondato è anche l’ultimo motivo, atteso che il credito portato in compensazione dalla società ricorrente è inesistente. Sul punto, è sufficiente evidenziare che l’art. 13 comma 5 del d. lgs. 471/1997 stabilisce che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
Orbene, nel caso che si sta scrutinando, in assenza del requisito della novità nei termini sopra specificati, manca proprio il presupposto costitutivo del credito, che va dunque considerato inesistente; né il recupero di cui si discute, tenuto conto della complessità della materia e dell’indagine necessaria per verificare la spettanza del credito, poteva essere riscontrato mediante il controllo ai sensi dell’art. 36 bis e 36 ter del D.P.R. n. 600/73.
Peraltro, sul tema oggetto del presente motivo di recente la Suprema Corte nella sua più autorevole composizione (SS. UU. civili n. 34452 del 11/12/23) ha avuto cura di precisare che l’inesistenza consegue, pur in presenza di effettività delle operazioni, anche solo all’assenza di elementi strutturali/costitutivi del credito, mancando i quali lo stesso credito neppure viene ad esistenza (così, nel caso di crediti Ricerca e sviluppo, quello della novità è appunto un elemento strutturale del credito, la cui assenza ne determina l’inesistenza). In particolare, è stato affermato il seguente principio di diritto: in tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, è applicabile la sanzione di cui all'art. 27, comma 18, d.l. n. 185 del 2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall'art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471 del 1997 quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, d.lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 - allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano le sanzioni previste dall'art. 13, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997 ovvero dall'art. 13, comma 4, d.lgs. n. 471 del 1997 come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 qualora ratione temporis applicabile. Nel caso di specie, come si è visto, sussistono entrambi i presupposti di applicabilità dall’art. 13, comma 5, d.lgs. n. 471/97 per l’irrogazione della sanzione nella misura del 100%.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquida in €.5.000,00, oltre spese generali nella misura del 15%.
RIMINI 2024.201 del 12.12.2024
Il sole24ore 23.12.2024
Attività svolte e progetto: una società produttrice di infissi, che aveva sviluppato nuovi prototipi diretti al miglioramento delle caratteristiche costruttive e di montaggio degli infissi e al potenziamento delle proprietà di resistenza agli eventi atmosferici
Ricorso Vinto
Il Manuale di Frascati non deve essere applicato
Il Parere del Mise deve essere richiesto
Non è richiesto l’incremento occupazione
Inoltre, dirimente la considerazione che la disposizione agevolativa preveda la cumulabilità del credito d’imposta, derivante da R&S con il patent box
CATANIA 2024.5009 del 18/6/2024
Importo € 200.000,00
Software
Ricorso perso
Il Manuale di Frascati va applicato
La ditta poteva presentare istanza di interpello
La sanzioni vanno applicate
Approfondito l’obbligo motivazionale
MOTIVI DELLA DECISIONE
- 4. Il ricorso è infondato.
- 5. (OBBLIGO MOTIVAZIONALE) Non hanno pregio il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per l'evidente connessione logica, con cui la ricorrente lamenta che l’atto sarebbe carente sotto il profilo motivazionale
Giova rilevare al riguardo che il vizio – lamentato, peraltro in termini del tutto indeterminati e senza allegare e specificatamente provare quale sia stato il pregiudizio in concreto arrecato al diritto di difesa (cfr. SU, 11722 del 14.5.2010) – non sussiste in quanto, per pacifico orientamento giurisprudenziale, al quale questa Corte ritiene di conformarsi, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Sez. 5, Sentenza n. 21571 del 15/11/2004, Rv. 578031; conforme Sez. 5, Sentenza n. 22841 del 10/11/2010, Rv. 614742).
Detto principio trova particolare applicazione quanto alla cd. motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, atteso che, per la S.C. di Cassazione, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non vige per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione, e ciò vale, a più forte ragione, quando, come nella specie, l’atto di accertamento sia stato motivato con riferimento ad un precedente contraddittorio (cfr. PVC, in atti, n. 144785 del 13/12/2013) avvenuto con il contribuente (sul punto, esplicitamente Sez. 5, Sentenza n. 407 del 14/01/2015, Rv. 634243; cfr., Sez. 5, Sentenza n. 26527 del 17/12/2014, Rv. 633860).
Nel caso di specie, si ritiene che l’Agenzia sia correttamente pervenuta alle conclusioni gravate nella considerazione che il PVC del 07/04/2023 della Guardia di Finanza, alla base del recupero, è stato sottoscritto e consegnato alla ricorrente, legalmente rappresentata dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della società, Rappresentante_1, odierno ricorrente. Sul punto, In tema di avviso di accertamento, la motivazione "per relationem" con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l'Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto adeguatamente motivato l'avviso di accertamento che, richiamando il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, evidenziava che la società contribuente aveva annotato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da altra società "cartiera", così registrando costi indebiti). (Sez. 5, Sentenza n. 32957 del 20/12/2018, Rv. 652115 – 01; conf. Sez. 5, Sentenza n. 30560 del 20/12/2017, Rv. 646303 - 01).
In tema di motivazione per relationem degli atti d'imposizione tributaria, l'art. 7, comma 3, della L. n. 212 del 2000, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. Parimenti l'art. 42, secondo comma, ultima parte, del d.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce che solo se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (Sez. 5, Ordinanza n. 14995 del 15/07/2020, Rv. 658396 – 01; Cass. n. 28713 del 2017; n. 407 del 2015; n. 18073 del 2008);
La ricorrente è stata posta pertanto nella condizione di conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, dapprima in sede amministrativa e quindi nella presente fase contenziosa, nella quale ha presentato un ricorso ampio ed approfondito, imperniato su distinti motivi di doglianza, e sviluppando le proprie argomentazioni per complessive dieci (10) facciate di ricorso.
- 6. Anche il terzo motivo, concernente l’infondatezza nel merito dell’atto impugnato per spettanza del credito di imposta, non coglie il segno
Premette il Collegio che, ai sensi dell’art. 3, d.l. 145/2013, conv., con mod., in l.9/2014 e succ.mod., in vigore dal 01/01/2017, Credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo (“R&S”), in vigore dal 01/01/2017, è attribuito un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015 a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020.
Sulla base di tale dettagliata disciplina, i “lavori” qualificabili “R&S” devono caratterizzarsi, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e di creatività rispetto alle conoscenze già possedute nel settore, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali (ovvero dello “stato dell’arte”) attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche e tecnologiche, a tal uopo producendo un beneficio per l’intera economia. Di contro, non possono considerarsi attività di R&S, ammissibili al credito di imposta, le attività innovative che costituiscono il risultato di un mero utilizzo dello stato dell’arte vigente in un determinato settore di attività e che, pertanto, pur conducendo ad un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, nonché ad un miglioramento dei suoi prodotti e/o processi, non comportino un progresso di conoscenze e di capacità dello stato dell’arte generale.
- 7. Ciò premesso, osserva il Collegio che l’attività di R&S, denominata “Crisafulli 4.0”, nonché gli esiti dalla stessa scaturenti, non presentano i caratteri della novità e della creatività dello stato dell’arte del settore, non avendo comportato alcun beneficio alla economia intera del settore.
(SOFTWARE) A tal proposito si rileva, in linea generale, che le attività volte alla progettazione e realizzazione di software con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, le attività concernenti la personalizzazione di software già esistenti e tutte le altre attività riferibili alla manutenzione ed alla implementazione degli stessi, così come tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla c.d. gestione applicativa di un software, non rientrano tra le attività di R&S nell’accezione e per gli effetti dell’applicazione del credito di imposta.
Condivide al proposito il Collegio il contenuto della Risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019 dell’Agenzia delle entrate, con cui si è evidenziato che devono considerarsi non ammissibili al credito di imposta gli investimenti (attività) riconducibili alla categoria “innovazioni di processo” e quelli riconducibili alla categoria “innovazione della organizzazione”, laddove si intende per “innovazione di processo” “l’applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato”; mentre per “innovazione della organizzazione” si intende “l’applicazione di un nuovo metodo organizzativo nelle pratiche commerciali dell’impresa, nell’organizzazione del luogo di lavoro o nelle relazioni esterne dell’impresa”.
- 8. Nel caso di specie, l’attività intitolata “Analisi, studio e sviluppo software gestionale aziendale all’interno del progetto di Ricerca e Sviluppo Crisafulli 4.0”, considerata dalla ricorrente una attività di R&S ammissibile al credito di imposta di cui all’art. 3 del D.Lgs. 145/2013, non si appaleserebbe come attività nuova e creativa rispetto alle conoscenze già esistenti nel settore (stato dell’arte esistente), né avrebbe sortito effetti migliorativi ed innovativi per la generalità del settore di impresa, limitandosi a generare un miglioramento della organizzazione e gestione dell’attività di impresa propria della Ricorrente_1 , sviluppando conoscenze già acquisite al settore e non creandone di nuove. (V. art. 3 d.l. 145/13 cit, comma 5: Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti).
- 9. (PERIZIA DI PARTE) Né appaiono convincenti, in senso contrario, le conclusioni alle quali perviene la consulenza di parte in atti, nella quale si sostiene che: temi trattati dalla ricerca sono temi di interesse scientifico e classificabile secondo gli standard internazionali e secondo le specifiche declaratorie di settore • L’attività di ricerca svolta dall’azienda si può classificare come un’azione di ricerca afferente a più ambiti disciplinari dalle scienze connesse all’ingegneria ed economia gestionale, alle scienze informatiche con applicazioni nel campo della logistica e dei trasporti. Tutte le attività sono riconducibili ad aree di interesse scientifico e codificate nella classificazione Ford in coerenza con il Manuale di Frascati (riferimento Capitolo 2 punto 2.45) • I progetti devono essere classificati non solo come una mera applicazione o sviluppo di un software o di processi di innovazione, ma di un sistema complesso che ha sviluppato una nuova metodica di lavoro, nuovo non solo per l’azienda ma per il settore di riferimento relativamente alle tematiche di Smart Truck e Smart logistics • E’ presente una grossa mole di letteratura internazionale che testimonia la correttezze del tema scientifico affrontato dall’azienda • L’insieme delle azioni svolte ha determinato un avanzamento di conoscenza, non solo a livello aziendale, ma territoriale, riferito anche a logiche di trasporto e spedizione intermodale. • I progetti di ricerca sono coerenti con il manuale di Frascati e soddisfano la condizione Ldsf calcolata secondo elementi oggettivi: sono soddisfatte quindi le funzioni di: - Grado di novità - Grado di incertezza - Grado di sistematicità - Grado di replicabilità - Grado di originalità/creatività • Le attività sviluppate dall’azienda non sono ordinarie ma rientrano nelle logiche tipiche della ricerca scientifica con fasi sistematiche e con azioni di test, applicazione, progettazione e riformulazione delle ipotesi sperimentali In conclusione, le attività svolte dall’azienda Ricorrente_1 afferiscono in toto alla ricerca e sviluppo.
- 10. Osserva diversamente il Collegio che tali affermazioni, apodittiche e assertorie, non appaiono confortate da un riscontro pratico in ordine alla replicabilità e al concreta avanzamento di conoscenze apportate dal progetto della ricorrente, sia pure a livello territoriale, alle logiche di trasporto e spedizione intermodale.
In particolare, non appaiono sussistenti, nel progetto in questione, i necessari cinque criteri fondamentali che un'attività deve rispettare onde essere qualificata oggettivamente quale "ricerca e sviluppo", vale a dire, essa deve essere: a) nuova; b) creativa; c) incerta; d) sistematica; e) trasferibile e/o riproducibile. Non è stato nemmeno indicato dalla ricorrente quali incertezze scientifiche o tecnologiche - la cui soluzione non sarebbe stata possibile sulla base dello stato dell'arte del settore di riferimento, e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico – siano state risolte attraverso il progetto; quali nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, ovvero quale miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti sia stato conseguito. Non ricorrono pertanto i requisiti di novità e creatività, nonché per il grado di incertezza o rischio d'insuccesso scientifico o tecnologico che implicano che abbia consentito di contribuire all'avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e che, quindi, producendo un beneficio per l'intera economia, abbiano apportato uno sviluppo potenzialmente meritevole di essere incentivato con la concessione di contributi pubblici.
- 12. Né è vano notare che, con la circolare n. 5/E in data 16 marzo 2016 dell'Agenzia dell'Entrate, condivisibile nei contenuti, sono stati forniti chiarimenti in merito ai presupposti soggettivi e oggettivi di accesso al beneficio, alle modalità di calcolo e di utilizzo, nonché in ordine alle ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e agli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito di imposta. Per quanto qui specificamente interessa, si è così stabilito che “Non sono considerate attività di ricerca e sviluppo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 e del comma 2 dell'articolo 2 del decreto attuativo, le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. ... Così delimitato il perimetro oggettivo del credito di imposta, e fermo restando il carattere automatico dello stesso, ulteriori indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali ... ad una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate analiticamente dalle norme richiamate, comportano accertamenti di natura tecnica che in volgono la competenza del Ministero dello Sviluppo economico. (LA DITTA POTEVA PRESENTARE ISTANZA DI INTERPELLO) Pertanto. i soggetti interessati possono presentare. ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000. n. 212. un'istanza di interpello all'Agenzia delle entrate che provvederà ad acquisire il parere del citato Ministero ...”. Tali adempimenti non sono stati curati dalla ricorrente, dal che consegue l’infondatezza della censura.
- 13. (LE SANZIONI VANNO APPLICATE) Circa il quarto motivo, va esclusa, infine, la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza con disapplicazione delle sanzioni irrogate ex art. 6 e 8 del D.lgs. 472/1997. Osserva il Collegio che l’Ufficio ha applicato la sanzione nella misura del 30% del recupero ex art. 13, comma 4, del D.lgs. 472/1997, in quanto la normativa di riferimento non è di dubbia interpretazione, delineando con chiarezza i presupposti e le condizioni al ricorrere dei quali è possibile fruire del credito di imposta. Peraltro, la materia ha formato oggetto da numerosi atti di indirizzo dell’Amministrazione finanziaria, del MI.S.E. che hanno ulteriormente specificato la normativa vigente.
- 14. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Importo € 36.246,00
Impresa di trasporti che ha anche introdotto un software
RICORSO VINTO
Il Manuale di Frascati non viene applicato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Il Decreto Legge 145/2013 ha previsto la possibilità di crediti fiscali per determinate “attività agevolabili” che ricomprendono le attività di innovazione e in particolare la cosiddetta “innovazione di processo”, che consiste, per espressa previsione, nella applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato inclusi cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature e nel software.
Tale definizione, oltre che dalla legge, è prevista dal combinato disposto della Circolare n. 5E/2016 dell’Agenzia delle Entrate, punto 2.1, che a sua volta rinvia alla disciplina degli “aiuti di Stato a favore di ricerca sviluppo e innovazione” di cui alla comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/1).
(AZIENDA DI TRASPORTI) Nel caso di specie, come si evince dalla relazione illustrativa del progetto di “Ricerca e Sviluppo” redatto nell’anno 2017 (cfr. all. 3 di parte ricorrente, documentazione prodotta e non specificamente contestata nei contenuti), la ricorrente opera da diversi anni principalmente nel settore dei trasporti di molteplici varietà di prodotti, della veicolazione di pasti e nei servizi di pulizia, sia civile che industriale.
(INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA CON UN NUOVO SOFTWARE) Al fine di velocizzare e rendere efficiente l’esecuzione dei sopra visti servizi, e mantenere una posizione di mercato strategica, a far data dal 2017 Ricorrente_1 ha deciso di migliorare la propria competitività, attraverso l’offerta di un servizio di trasporto e logistica personalizzato, specifico ed innovativo. Per realizzare tale progetto, la società ricorrente ha elaborato e realizzato nuove modalità operative, introducendo elementi innovativi non soltanto idonei a garantire una più funzionale organizzazione del lavoro, ma anche ad apportare veri e propri cambiamenti pratici nella metodologia di lavoro degli stessi addetti al servizio. Nell’ambito del citato progetto, la società ricorrente si è, così, dotata di un complesso Software dedicato alla gestione “integrata” di tutti gli aspetti amministrativi, manutentivi e logistici afferenti la flotta di automezzi aziendali, utilizzati dalla Cooperativa per l’espletamento dei servizi tanto di pulizia, che di trasporto e veicolazione pasti. Inoltre, sempre nell’ambito di tale progetto, nell’anno 2017 la società ricorrente ha dedicato una parte delle ore lavorative di alcuni soci lavoratori (selezionati in base agli anni di esperienza in azienda e alla qualifica di “responsabile del servizio di trasporto”) alla formazione finalizzata al funzionamento e all’utilizzo del Software in questione.
Ritiene questa Corte che già la sola adozione del sw costituisce un grado di innovazione nell’ambito del processo di servizio a cui è conseguita la riorganizzazione dell’intero sistema, tutte attività che possono essere ricondotte nell’ambito delle attività agevolabili.
Il ricorso va quindi accolto con annullamento dell’atto impugnato
La mancata risposta alle richieste dell’Agenzia da parte della ricorrente, circostanza che ha poi determinato
CAMPANIA 2023.6212 del 9/11/2023
Importo € 124.524,52
Innovazione dei processi aziendali
RICORSO VINTO
Il parere del Mise deve essere richiesto
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Il PARERE DEL MISE DEVE ESSERE RICHIESTO). L’impugnazione proposta è infondata e pertanto meritevole di rigetto. Ed invero, come già statuito anche da questa Corte in fattispecie analoga (cfr. sentenza n. 3780/2023 depositata il 15.06.2023), se da un lato è vero che l’art. 8, comma 2 del D.M. 27/05/2015, contempla solo una facoltà dell’Ufficio di chiedere al competente Ministero di esprimere un parere in ordine a valutazioni di carattere tecnico, dall’altro lato, a fronte di problematiche tecniche di complessità non trascurabile, tale facoltà avrebbe dovuto essere esercitata.
In tal senso si è pronunciata condivisibile giurisprudenza di merito (cfr. Ctp la Spezia Sez. 1 Sentenza n. 276 del 16.09.2022, Ctp Vicenza 365/03/2021, Ctp Ancona 392/02/2021, Ctp Napoli 4988/30/2022; Ctp Roma 5918/22/2022) e, in qualche fattispecie (cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sez. Il, sent., 11 agosto 2021, n. 392), è stata financo evocata la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art. 3, comma 14 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.
In particolare, in una fattispecie quale quella in esame, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto rivendicare il possesso di conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una congrua e tecnicamente appropriata disamina circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta e, in assenza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto sebbene in via facoltativa (ossia, dal Ministero dello Sviluppo Economico), le pur articolate motivazioni esposte nell'atto di recupero (sostanzialmente replicate nelle argomentazioni difensive) “si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva” (così, Comm. trib. prov. Campania Napoli, sez. XXX, sent., 2 maggio 2022, n. 4988).
(LA DITTA HA PRESENTATO UNA PERIZIA) Peraltro, nel caso che ci occupa, la società contribuente ha depositato ben due perizie giurate, a firma del Prof. Nominativo_1 e dell’Ing. Nominativo_2, le cui argomentazioni non sono state adeguatamente confutate dall’Ufficio sotto il profilo squisitamente tecnico.
(IL PROGETTO DELL’AZIENDA – INNOVAZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI) Deve quindi convenirsi nel ritenere che lo scopo principale della MOVI SYSTEM AUTOMATION s.r.l., attraverso il progetto Intra-Muros 2018, sia stato quello di promuovere e realizzare un progetto innovativo per ottimizzare i processi aziendali, migliorare i processi di produzione/assemblaggio, ossia lo sviluppo di metodologie non disponibili sul mercato, ovvero mutuate da altri settori tecnologici, e che i risultati conseguiti durante lo svolgimento del processo di realizzazione del progetto abbiano contribuito ad accrescere il livello complessivo del know-how aziendale, vale a dire in ultima essenza allo sviluppo e l’innovazione del settore.
Tale scenario è, pertanto, in perfetta sintonia con la ratio delle agevolazioni previste per gli investimenti in R&S sanciti dall’art.3 del D.L. 23 dicembre 2013, n.145 e dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (decreto attuativo), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015, nonché ulteriormente specificati dall’Agenzia delle Entrate nelle circolari n.5/E del 16 marzo 2016 e n.13/E del 27 aprile 2017.
Ne deriva, dunque, che il gravame spiegato dalla parte appellante non può trovare accoglimento in quanto infondato e l’atto di appello appare, conseguentemente, meritevole di rigetto, derivandone la conferma dell’impugnata sentenza.
In considerazione dell’assoluta novità delle questioni trattate, si ritengono sussistenti giusti motivi per compensare le spese di lite.
MARCHE 2023.728 del 21/9/2023 - SECONDO GRADO
RICORSO VINTO
Importo € 32.157,00
Richiamo al principio “tempus regit actum”; devono essere applicate le norme in vigore all’epoca, quindi niente manuale di frascati.
Principio specifico per le agevolazioni tributarie rappresentato dal divieto di applicazione analogica di giudicati, di norme o prassi similari.
Il manuale di Frascati non viene citato dalla legge in vigore nel 2015-2016, è stato richiamato solo con la legge n.160 del 2019.
Il credito d’imposta è stato considerato non dovuto e no inesistente, i termini per i controlli è di 5 anni.
Registrazione di disegni e modelli di utilità, brevetto di utilità industriale. Non è necessario un brevetto per invenzione – Il ricorso è stato accolto.
La contestazione della congruità deve essere adeguatamente motivata.
Difetto di motivazione, il ricorso è stato respinto.
Abuso di potere, il ricorso è stato respinto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con tempestivo atto di appello del 07.07.2022, depositato nella segreteria di questa Corte in data 21.07.2022 la (...) srl società appellante, ha impugnato la sentenza n. 246/01/2022 depositata in data 11.04.2022 dalla CGT I° G di Ancona chiedendone in via principale, l'integrale riforma e la conseguente declaratoria di nullità integrale o comunque di annullamento dell'atto di recupero impugnato; in via subordinata, qualora una parte dei costi risultassero inammissibili all'agevolazione, una coerente rideterminazione del recupero d'imposta corrispondente ai costi ritenuti ammissibili, ferma restando l'annullamento della pretesa sanzionatoria; in via gradata di ulteriore subordine, anche in caso di rigetto solo parziale del gravame, dichiarare non dovute le sanzioni, ovvero dichiarare le sanzioni applicabili nella misura del 30% e con tutti i benefici e le riduzioni di legge anche in elazione alla sproporzione di quelle applicate. Il tutto con vittoria delle spese per entrambi i gradi di giudizio.
Si è costituita in giudizio depositando articolate controdeduzioni l'appellata Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Ancona in data 06.10.2022 chiedendo, in conclusione, il rigetto dell'appello e la condanna del ricorrente alle spese di lite del presente grado di giudizio.
In data 28.11.2022, l'appellante ha depositato documentazione integrativa riguardante: la giurisprudenza in materia, una perizia asseverata, e una dispensa del MISE sui brevetti. Ancora in data 09.12.2022 l'appellante ha depositato una memoria di sintesi e di replica richiamandosi alle conclusioni rassegnate con l'atto di appello, che qui possono così sintetizzarsi: tardività e decadenza del recupero; difetto di motivazione; abuso di potere; infondatezza nel merito; invalidità dell'irrogazione sanzionatoria per difetto di motivazione; mancata applicazione delle esimenti; inapplicabilità della sanzione irrogata nella misura del 100% in luogo della sanzione per indebita compensazione pari al 30%; diniego delle attenuanti di legge circa l'applicazione delle sanzioni; ingiusta condanna alle spese. Per effetto del principio devolutivo l'appellante ha riproposto dinanzi a questa Corte tutte le domande del gravame presentato dinanzi al primo giudice e non accolte nella sentenza impugnata che ha rigettato integralmente il ricorso. La complessità degli atti di appello e di controdeduzione impone al giudicante una ricostruzione dettagliata per una migliore comprensione della vicenda per cui si rende necessario ripercorrere in punto di fatto i principali accadimenti che hanno caratterizzato la vicenda processuale. Premesso che a norma dell'art. 8 del D.M. 27 maggio 2015 "Attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo" (GU n.174 del 29-7-2015) L'Agenzia delle Entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al predetto beneficio, in data 31.03.2021 l'ADE ha inviato tramite PEC una richiesta dati e documentazione a norma dell' art. 32 d.p.r.600773 e 51 d.p.r. 633/72 alla società (...) srl.
(CREDITO D’IMPOSTA DI € 32.157,00 RELATIVO AL 2015)
La richiesta era finalizzata all'esame e riscontro della documentazione comprovante il diritto all'ottenimento del credito d'imposta maturato nel periodo d'imposta chiuso al 31.12.2015 (Unico SC 2016); credito che la società ha scomputato in detrazione attraverso la presentazione del modello F24 nel periodo di imposta 2016, col codice tributo 6857, (credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo) per l'importo di Euro 32.157,00.
In risposta alla richiesta formulata dall'Ufficio, con specifico riferimento al credito d'imposta utilizzato nell'anno d'imposta 2016, la contribuente ha presentato la seguente documentazione: relazione tecnica; schede presenze personale e collaboratori qualificati e non; lettere di incarico; contratti di ricerca e relative fatture; prospetti per il calcolo dell'ammortamento degli strumenti di laboratorio e relative fatture di acquisto (per le annualità in cui rilevano); prospetti di calcolo del credito di imposta per R&S spettante; certificazione del revisore di effettività dei costi sostenuti per il credito di imposta per R&S.
Dall'esame della documentazione prodotta l'ufficio addiveniva alla convinzione che l'attività di ricerca svolta dalla contribuente nell'ambito dei progetti in questione non rispettasse i requisiti richiesti per poter accedere alle agevolazioni in materia di ricerca e sviluppo previste dall'art. 3 del D.L. 145/2013, non essendo possibile evincere dalla relazione tecnica esibita "... né il requisito della novità, né la presenza del rischio di insuccesso tecnico (oltreché di tipo finanziario), non essendo individuabile alcun ostacolo scientifico o tecnologico non superabile sulla base dello stato dell'arte del settore e che avrebbe reso necessario lo svolgimento di lavori di ricerca e sviluppo".
Pertanto con atto di recupero n. (...)/2021 notificato in data 31.05.2021 alla società appellante è stato disconosciuto, in quanto ritenuto inesistente, il credito d'imposta per Ricerca e Sviluppo, pari ad Euro 32.157,00, previsto e beneficiato secondo l'appellante, ai sensi e per gli effetti della disposizione contenuta nell'art. 3 del D.L. 145/2013 conv. con L. 190/2014. Tale credito esposto dalla società nel quadro RU della dichiarazione dei redditi presentata per l'anno d'imposta 2015 è stato dalla stessa società interamente utilizzato in compensazione nel successivo anno d'imposta 2016.
Contestualmente al recupero del credito d'imposta L'Agenzia delle Entrate ha irrogato la sanzione prevista dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997 con pena edittale (rafforzata) dal 100% al 200%, dei crediti inesistenti indebitamente utilizzati in compensazione.
Motivi di impugnazione
L'appello ed i motivi di impugnazione.
La contribuente ha impugnato l'atto di recupero dinanzi al giudice di prime cure eccependo:
1) Tardività del recupero e decadenza dall'azione di accertamento. Nel merito illegittimità del recupero, nella convinzione che l'indebito utilizzo del credito d'imposta non sia classificabile nella categoria dell'" inesistenza", ma semmai in quella della "non spettanza" dei crediti contestati, con la conseguenza che nel caso di specie non è applicabile il termine lungo di otto anni previsto dall'art. 27, comma 16, del D.L. 185/2008, per il recupero dei crediti "inesistenti", dovendosi applicare il termine ordinario quadriennale per l'accertamento previsto dall'art. 43 del DPR 600/73 vigente ratione temporis, (2015) con la conseguenza che l'atto di recupero impugnato sarebbe tardivo in quanto emesso oltre il termine del 31.12.2020; termine fissato altresì dall'art. 157, comma 1, del D.L. 34/2020 per gli atti non indifferibili o non urgenti, per i quali i termini decadenziali, calcolati senza tener conto della sospensione per l'emergenza sanitaria prevista dall'art. 67, comma 1, del D.L. 18/2020, scadevano tra l'8 marzo 2020 e il 31.12.2020.
2) Difetto di motivazione l'atto di recupero é immotivato in quanto basato unicamente su mere opinioni personali di "operatori tributari" privi delle competenze tecniche e scientifiche necessarie a valutare i progetti di ricerca". Infatti a riprova della esattezza della propria tesi l'appellante stigmatizza come le relazioni tecnico-esplicative prodotte dalla Società in risposta all'invito dell'Ufficio e riversate in atti processuali siano assolutamente precise e dettagliate e certamente evidenziano tutti gli elementi innovativi di ciascun progetto; le relazioni tecniche prodotte specificano anche in modo chiaro le innovazioni rilevanti ed i miglioramenti significativi raggiunti nei progetti di ricerca e sviluppo interessati dal credito d'imposta recuperato.
3) L'appellante denuncia "abuso di potere" dell'Agenzia delle Entrate in relazione ai poteri di controllo esercitati in quanto i poteri ispettivi normativamente riconosciuti all'Ufficio sarebbero circoscritti al solo riscontro dell'effettivo svolgimento delle attività di R&S ed alla verifica del sostenimento dei relativi costi che ne danno diritto, mentre sarebbero riservate "al MI.S.E. eventuali valutazioni di elevata complessità tecnico/scientifica riguardanti il merito della ricerca e dei risultati raggiunti e, quindi, del diritto all'accesso del credito d'imposta.
4)Infondatezza dell'atto di recupero impugnato nel merito perché tutti e tre i progetti realizzati, che hanno dato vita al credito d'imposta attraverso l'attività di R&S, sarebbero pienamente agevolabili nonché debitamente ed esaustivamente documentati. In particolare, a comprovare i profili di novità necessari per l'ammissibilità all'agevolazione, Controparte deposita le privative industriali ottenute dalla società: Per i progetti 1 ("asta diritta") e 2 (supporto per chitarra"), l'Attestato di registrazione per disegno e modello ornamentale n. (...) Per il progetto 3 ("cavalletto di supporto") il brevetto per modello di utilità industriale n. 20201500008856. A corredo della ricerca svolta la società, inoltre, ha prodotto una apposita relazione tecnica a cura della società (...) s.p.a., redatta in data 21.07.2021, nella quale i tre progetti in questione vengono dettagliatamente descritti, anche con illustrazione fotografica, nelle diverse fasi di ideazione, progettazione, sperimentazione e realizzazione del prodotto finale, evidenziando per ciascun progetto le caratteristiche di novità, creatività, incertezza dei risultati, sistematicità e riproducibilità che, secondo la relatrice peritale, integrerebbero i requisiti necessari per l'ammissibilità all'agevolazione R&S anche secondo le linee guida fornite dal "Manuale Frascati". Nel merito quindi, ritenendo di aver pienamente rispettato gli obblighi documentali richiesti per fruire dell'agevolazione, lamenta la pretestuosità, l'inconferenza e l'irrilevanza delle censure mosse dall'Ufficio in ordine alla insufficienza e/o inattendibilità probatoria della documentazione prodotta, ritenendo infondate anche le anomalie contestate dall'Ufficio in merito all'incongruità dei costi di verniciatura dei prototipi e delle spese sostenute per la certificazione contabile dei costi di ricerca e sviluppo.
5) In fine l'appellante contesta l'illegittimità dell'irrogazione sanzionatoria per difetto di motivazione circa l'inesistenza del credito utilizzato in compensazione, qualificabile semmai come "non spettante"; lamenta inoltre la mancata applicazione delle esimenti previste dall'art. 6, commi 1 e 2, del D.Lgs. 472/1997 (obiettiva incertezza normativa) e dall'art. 10, comma 2, della L. 212/2000 statuto dei diritti del contribuente in materia di tutela dell'affidamento e della buona fede.
6) Contesta in fine la condanna alle spese di giudizio perché ritenuta ingiusta in relazione alla normativa richiamata ed alla incertezza di applicazione della stessa laddove il comportamento della società fosse
confermato illegittimo.
(CONTRODEDUZIONI DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE)
Le controdeduzioni ed i motivi di resistenza.
L'appellata Agenzia delle Entrate D.P. si è costituita in giudizio attraverso le proprie controdeduzioni ed ha insistito per:
1) la piena tempestività dell'accertamento operato in quanto emesso per il recupero di crediti da ritenersi a tutti gli effetti "inesistenti" secondo la definizione puntualmente prevista dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997.
2) L'esaustività e completezza della motivazione dell'atto impugnato, rilevando invece l'insufficiente assolvimento da parte della società contribuente dell'onere probatorio sullo stesso gravante di comprovare la ricorrenza di tutti i requisiti necessari per l'ammissibilità dei costi sostenuti per fruire del credito d'imposta, rimarca l'insufficienza probatoria non sanata neanche con la ulteriore documentazione prodotta in giudizio, ritenuta comunque tardiva.
3) resiste e contesta l'illogicità e l'infondatezza dell'eccezione di abuso di potere per la mancata acquisizione del parere tecnico del MISE (invero previsto dalla norma in via meramente facoltativa e solo per i casi tecnicamente più complessi).
4) Resiste nel merito, per l'assenza dei requisiti necessari per l'ammissione al credito d'imposta controverso dei tre progetti di ricerca che, lungi dall'essere particolarmente innovativi o risolutivi di problematiche scientifiche e/o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe stata possibile sulla base dello stato dell'arte del settore di riferimento, appaiono piuttosto costituire semplici adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, pur in presenza di miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.
Ritiene non rilevanti le privative industriali esitate dalla appellante (brevetto per modello di utilità industriale per il progetto "Cavalletto di supporto" e attestato di registrazione per disegno e modello ornamentale per i progetti "Asta diritta" e "Supporto per chitarra" considerandole, viceversa, quali elementi a sostegno della valutazione effettuata dall'Ufficio dell'Agenzia delle Entrate in ordine allo scarso profilo di innovatività dei progetti a cui si riferiscono.
5) Afferma la piena legittimità delle sanzioni irrogate, perché specificatamente previste in caso di crediti inesistenti, nonché l'assenza dei presupposti per l'applicazione delle esimenti o delle riduzioni invocate dalla contribuente.
(LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA IMPUGNATA)
Il giudice di prime cure attraverso l'impugnata sentenza ha affrontato e deciso tutte le questioni sollevate col ricorso introduttivo secondo il seguente iter logico-giuridico che può così riassumersi:
- a) In merito alla invocata decadenza dal potere di accertamento reputa il Collegio che l'Ufficio non è decaduto dal potere di accertamento dal momento che, nel caso di specie, in considerazione della natura di mero accertamento dell'atto di recupero impugnato e dell'oggetto del recupero impositivo - relativo a crediti ritenuti inesistenti per cui, a giudizio del primo giudicante il recupero operato dall'Ufficio trae fondamento da un controllo di tipo sostanziale e non meramente cartolare, come del resto si desume dal citato l'art.27, comma 16, del D.L. 185/2008, che espressamente estende fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione il termine per la notifica dell'atto di recupero nei casi in cui il credito indebitamente utilizzato in compensazione sia risultato inesistente.
- b) Infondata è, altresì, l'eccezione di nullità per carenza di motivazione, dal momento che la mera disamina dell'atto di recupero consente di verificarne l'adeguata motivazione, in quanto lo stesso si profila sufficientemente esplicativo delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa impositiva.
- c) Ad analoghe conclusioni deve giungersi relativamente alla asserita carenza di potere in capo all'Ufficio e di abuso di potere in ordine all'accertamento.
- d) Passando al merito, nella sentenza impugnata il giudicante ha tenuto nella debita considerazione i chiarimenti interpretativi ripetutamente offerti dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall'Amministrazione Finanziaria con la Circolare 5/E del 16 marzo 2016 - par. 2.2.1, la quale precisa che l'elencazione delle attività ammesse al credito di imposta debba ricalcare sostanzialmente le "Definizioni" riportate nel paragrafo 1.3, punto 15, della vigente "Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione" di cui alla Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 (pubblicata nella GUUE C/198 del 27 giugno 2014) relative, rispettivamente, alle già citate categorie di "ricerca fondamentale" (lettera m), "ricerca industriale" (lettera q) e allo "sviluppo sperimentale" (lettera j). In buona sostanza il primo giudice secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel cosiddetto Manuale di Frascati.
Tanto premesso, appare altresì importante sottolineare che erra il ricorrente oggi appellante allorquando sostiene la illegittimità della verifica condotta dall'Ufficio in ordine alla sussistenza dei presupposti per usufruire dell'agevolazione, essendo legittimo da parte dell'agenzia delle Entrate operare un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che fa valere il credito di imposta, apprezzabili e verificabili anche senza il necessario apporto di "esperti" o di tecnici del settore. Il primo giudice, quindi, nell'analizzare la documentazione versata in atti in relazione al dettato normativo (art.3 d. l.145/2013) ha da un lato rilevato la conformità formale dei tre progetti realizzati dalla (...) S.r.l. ai requisiti richiesti dalla normativa richiamata negli atti di causa, tuttavia dall'altro ha ritenuto l'attività di ricerca e sviluppo svolta e documentata, non idonea a dimostrare l'effettivo impiego del personale interno in attività di ricerca e sviluppo e, soprattutto, non consente di annoverare i progetti tra quelli di carattere innovativo per i quali è concessa la agevolazione, non rientrando nell'elenco dell'art.3 del D.L. 145/2013; in definitiva la Corte di primo grado reputa che i progetti realizzati dalla società ricorrente siano in realtà privi del requisito della "innovatività". Ne consegue che può fondatamente reputarsi che i progetti "asta diritta", "supporto per chitarra" e "cavalletto di supporto" costituiscano meri adattamenti di carattere ordinario di prodotti preesistenti, anche se lo stesso giudice rileva che i progetti esprimono miglioramenti nella tecnica di costruzione o nel design.
5) Relativamente al motivo di gravame inerente le sanzioni irrogate nell'atto di recupero, il primo giudice considera il credito d'imposta inesistente e di conseguenza reputa legittima la sanzione irrogata concludendo che deve intendersi inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articoli 36-bis e 36-ter e al Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 54- bis"; conclude in fine " che sussistendo nel caso di specie entrambi i presupposti richiesti dalla richiamata norma sanzionatoria, atteso che i tre progetti erano privi ab origine dei requisiti necessari ai fini del riconoscimento del credito di imposta la sanzione irrogata nell'atto di recupero deve considerarsi legittimamente applicata.".
Questa Corte letti tutti gli atti del processo udite le parti come rappresentate ed intervenute alla pubblica udienza come da processo verbale redatto chiusa la discussione orale trattiene la causa per la sentenza, riservandosi la decisione.
All'esito della odierna camera di consiglio, la Corte, a scioglimento della riserva che precede osserva:
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'appello merita parziale accoglimento nei limiti di questa motivazione.
La vicenda processuale che la Corte è chiamata a risolvere concerne la speciale normativa di agevolazione tributaria che riconosce un credito d'imposta alle imprese che svolgono attività di "ricerca e sviluppo" nel periodo d'imposta (2015). Le complesse vicende di legittimità e di merito che caratterizzano la contesa tanto in ordine all'"an" dell'agevolazione che al "quantum" e per le relative domande ed eccezioni sollevate, richiedono da parte del giudicante una analisi dei fatti e della normativa applicabile al caso di specie.
(RICHIAMO AL PRINCIPIO “TEMPUS REGIT ACTUM”; DEVONO ESSERE APPLICATE LE NORME IN VIGORE ALL’EPOCA, QUINDI NIENTE MANUALE DI FRASCATI)
Secondo il principio generale del "tempus regit actum", che governa il processo tributario, sulla scorta degli insegnamenti della Corte Costituzionale, anche in relazione allo ius superveniens, le valutazioni della legittimità della richiesta di credito d'imposta formulata dal contribuente e quella dell'atto di accertamento (ergo recupero) emesso dall'Agenzia delle Entrate vanno ricondotte con riguardo alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento delle loro adozioni; vedasi al riguardo (Corte Costituzionale Sent. 49del 2016; Sent.30 del 2016; Sent. 151 del 2014, principio confermato dalla Corte di Cassazione in materia tributaria con giurisprudenza consolidata vedi ex multis Cass. Civ. sent. 3633 /2015; 1476/2015 27525/2014; 15016/2014; 24998/2013.
Ne consegue, quindi, che il giudice è sempre chiamato ad applicare alla fattispecie scrutinanda la normativa pro-tempore vigente ed applicabile per il periodo di imposta oggetto di giudicato.
(PRINCIPIO SPECIFICO PER LE AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE RAPPRESENTATO DAL DIVIETO DI APPLICAZIONE ANALOGICA DI GIUDICATI, DI NORME O PRASSI SIMILARI)
In aggiunta a tale principio generale al caso di specie si applica altresì un ulteriore principio specifico per le agevolazioni tributarie rappresentato dal divieto di applicazione analogica di giudicati, di norme o prassi similari, principio ormai consolidato presso il giudice di legittimità; vedi al riguardo: (Cass sez. Trib. Ordinanza n. 14781 del 10.05.2022).
Orbene nel caso di specie l'agevolazione afferente il credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, di cui è processo, riguarda il periodo di imposta 2015, (periodo di determinazione) nonché il periodo d'imposta 2016 periodo in cui è stato scomputato in detrazione il credito mediante l'utilizzo diretto con il modello F24.
Con riferimento al periodo di imposta (2015-2016) la normativa in vigore per il credito d'imposta R&S era regolamentata dall'articolo 3 del D.L. 145 del 23.12.2013 (G.U.300 del 23.12.2013, convertito nella legge n.9 del 21.02.2014 e successivamente modificato dall'Art. 1 della legge n.190 del23.12.2014 con vigenza al 01.01.2015; norma rimasta in vigore fino al 31.12.2016.
Il predetto art. 3 al comma 14 prevede l'emanazione di una normativa regolamentare, per l'applicazione pratica del credito d'imposta, rimandando, quindi, ad uno specifico decreto attuativo che per quanto qui di interesse è stato emanato tempestivamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze in data 27 maggio 2015 è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 174 del 29 luglio 2015 (attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo).
Pertanto la richiamata normativa applicabile nel periodo di imposta interessato (2015-2016) si completa in fine con la prassi di riferimento, nella circolare n. 5 del 16 Marzo 2016 emanata dalla Agenzia delle Entrate a beneficio degli uffici finanziari e dei contribuenti per una agevole ed uniforme applicazione della nuova normativa riguardante le agevolazioni per il credito d'imposta di attività di ricerca e sviluppo.
Al riguardo, la circolare dell'ADE n.5 del 2016 (citata) fornisce a giudizio di questo giudice, una puntuale e condivisibile ricostruzione della normativa applicabile ratione temporis (2015) al credito d'imposta R&S.
In particolare considerate le modifiche che hanno interessato il predetto art. 3 D.L.145/13 fin dalla sua emanazione , risulta puntuale e condivisibile la considerazione svolta nella premessa di detta circolare in cui si legge: (Pag.4 della circolare 5/16): "A seguito delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2015, il "nuovo" credito di imposta per la copertura finanziaria non si avvale dei fondi strutturali comunitari, ma, tra l'altro, delle risorse liberatesi per effetto della cessazione, alla data del 31 dicembre 2014, del "credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati" di cui all'articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, e del credito di imposta per ricerca e sviluppo di cui all'articolo 1, commi da 95 a 97, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (misura, quest'ultima, anch'essa mai attuata). Il "nuovo" credito di imposta, non soggiacendo più alla limitazione delle risorse, determinata, in passato, dal finanziamento connesso all'utilizzo dei fondi strutturali europei, si caratterizza per una più rapida possibilità di fruizione da parte dei beneficiari, in quanto non è riconosciuto - come nella precedente formulazione - a seguito della presentazione di un'apposita istanza per via telematica, ma è concesso in maniera automatica, a seguito della effettuazione delle spese agevolate. Il novellato articolo 3 riconosce, per i periodi di imposta a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo in corso al 31 dicembre 2019, a tutte le imprese - senza limiti di fatturato e indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato - che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, un credito di imposta pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015."
La normativa applicabile alla agevolazione R&S per il periodo d'imposta (2015-2016) sarà pertanto la seguente:
- Art. 3 del d.l. 145/2013 nel testo novellato dall'art.1 c. 35 L. 190/2014 che al Comma 1 così dispone: "A tutte le imprese indipendentemente dalla forma giuridica dal settore economico in cui operano nonché dai regimi contabili adottati che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31/12/2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019 è attribuito un credito d'imposta nella misura del 25% delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedente a quello in corso al 31 dicembre 2015";
- D.M. 27.05.2015 che per quanto riguarda l'aspetto applicativo della legge (art.3 d.l. n. 145/13), e sulla stregua del comma 14 del predetto art. 3 che richiede l'emanazione di uno specifico decreto ministeriale secondo cui: "con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il ministro dello sviluppo economico sono adottate le disposizioni applicative necessarie nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute le cause di decadenza e revoca del beneficio le modalità di restituzione del credito d'imposta di cui l'impresa ha fruito indebitamente" (comma 14 cit.). Pertanto sulla scorta del D.M. emanato dal ministero dell'Economia e delle Finanze in data 27.05.2015 (G.U.n.174 del 29.07.2015), in attuazione del regolamento per la fruizione del credito d'imposta per attività di R&S l'articolo 2 del citato decreto circoscrive il perimetro delle attività ammissibili a fruire del beneficio del credito d'imposta R&S; la lettera B dell'art. 2 del D.M. precisa che sono ammissibili le attività di: "ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi necessari per la ricerca industriale ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c;. Dal tenore letterale delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti ratione-temporis nonché dalle disposizioni contenute nel decreto ministeriale citato, appare evidente come anche l'attività di R&S rivolta ad ottenere "un miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti" rientri fra le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al beneficio della speciale norma tributaria.
Tanto premesso, quindi, occorre quindi, gradatamente individuare e definire nello specifico e, secondo il giudizio di questa Corte, analizzando caso per caso, l'attività in concreto posta in essere dall'impresa che richiede l'agevolazione, al fine per comprendere se l'attività posta in essere ed i risultati raggiunti contengano tutti gli elementi legali per essere legittimamente identificata in una attività di "ricerca e sviluppo" agevolabile anche quando sia rivolta al miglioramento di prodotti o processi già esistenti in azienda.
(IL MANUALE DI FRASCATI NON VIENE CITATO DALLA LEGGE IN VIGORE NEL 2015-2016, È STATO RICHIAMATO SOLO CON LA LEGGE N.160 DEL 2019)
Al riguardo un contributo tecnico alla materia così complessa e difficile è stato fornito dal cosiddetto "Manuale di Frascati OCSE 2015" documento non richiamato da alcuna disposizione di legge vigente nel 2015-2016 ma che ha trovato una postuma consacrazione legislativa solo con vigenza dal 2021 attraverso il comma 200 dell'articolo 1 della legge n.160 del 27.12.2019 (modificato dalla L.178 del 30.12.2020 Art.1), (legge di previsione del bilancio dello Stato per il triennio finanziario 2020-2022) in cui il legislatore a far data dal 2021, al fine di agevolare l'applicazione del novellato articolo 3 d.l.145/13 modificato a far data dall'01.01.2020 dopo l'ennesima modificazione subita dalla tormentata norma attraverso (L.n.160/2019) il legislatore ha avvertito la necessità di meglio circoscrivere il campo di attività di R&S nel perimetro indicato attraverso la disposizione di legge richiamata del citato comma 200 il quale al riguardo dispone che: "Sono considerate attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d'imposta le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente alle lettere m) q) e j) del punto 15 del paragrafo1.3 della comunicazione della commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 concernente la disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da pubblicare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono dettati i criteri per la corretta applicazione di tali definizioni tenendo conto dei principi generali e dei criteri contenuti nel manuale di Frascati dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Ai fini della determinazione della base di calcolo del credito d'imposta sono considerate ammissibili nel rispetto delle regole generali di effettività pertinenza e congruità.
La modificazione della portata della norma agevolativa per il triennio 2020-2022 e l'emanazione della nuova normativa se da un lato hanno contribuito a chiarire la portata e l'ambito della disposizione agevolativa per il futuro certamente non hanno risolto quelle incertezze che hanno caratterizzato la prima fase applicativa dell'agevolazione. Dal 2021 quindi, tutte le attività di ricerca e sviluppo ammissibili debbono essere caratterizzate da una genesi ricompresa nel perimetro delineato dal comma 200 citato in cui entrano a far parte di diritto i principi ed i riferimenti contenuti nel Manuale di Frascati; un percorso di verifica che seppur di non facile ed immediata comprensione, in definitiva fornisce dal 2021 in poi le coordinate di riferimento, almeno nelle linee essenziali di ammissibilità dei progetti qualificabili come attività di R&S. Tuttavia benché solo dal 2021 la novella si arricchisce delle soprarichiamate disposizioni, la Corte non dubita che anche prima di tale data l'attività di R&S doveva in ogni caso essere ben individuata da specifici progetti accompagnati da tutta la documentazione a corredo dalla legge pro-tempore vigente (art. 3 D.L. 145/13) e (D.M.27.05.2015). Al riguardo questa Corte, intende porre l'accento sul fatto secondo cui le indicazioni fornite nel "Manuale di Frascati" sebbene codificato per gli anni di ricerca e sviluppo successivi (2021-2022) a quello di cui è causa (2015-2016) potevano in ogni caso, laddove conosciute ed applicate, contribuire a fornire una buona base di ragionamento per l' indicazione e per l'individuazione delle attività di ricerca e sviluppo pur in assenza di uno specifico obbligo legislativo al riguardo come invece avvenuto dal 2021 in poi. Secondo le indicazioni fornite dal "manuale" l'attività di ricerca e sviluppo sperimentale (R&S) si identifica in un'attività caratterizzata da un esito finale incerto nel risultato e nel tempo e nelle risorse necessarie per raggiungerlo, risultato che tuttavia raggiunga risultati liberamente trasferiti o trasferibili in un libero mercato; a tal fine l'attività di (R&S) individuata nel "Manuale di Frascati" viene connotata e codificata attraverso l'individuazione sintetica ed esemplificativa dei seguenti requisiti: 1) novità; 2) creatività; 3) incertezza; 4) sistematicità; 5) trasferibilità o riproducibilità.
Il progetto di ricerca e sviluppo in ultima analisi deve rispondere simultaneamente ai principi sopraelencati al fine di identificarsi in una vera e propria attività di ricerca e sviluppo sperimentale. Nel caso di specie il credito d'imposta ricerca e sviluppo è riferito all'anno 2015 e fruito nel periodo d'imposta 2016 per cui esso deve ottemperare agli obblighi di legge pro-tempore vigenti.
Delineato il perimetro legislativo che la Corte intende considerare, per questa sentenza in relazione al periodo di cui è processo (2015-2016); questo collegio precisa preliminarmente che proprio in virtù di quanto disposto dall'articolo 8 comma 1 del D.M. 27.05.2015 in materia di controlli va precisato che: "per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto l'agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio, la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto."; E' evidente come il legislatore abbia voluto all'Agenzia delle Entrate il diritto di svolgere i controlli sulla spettanza dell'agevolazione. Per questa ragione l'Agenzia delle Entrate potrà adottare tutti i provvedimenti che ritiene legittimo utilizzare nell'interesse erariale. Proprio questo diritto riservato all'organo accertatore impone a questo collegio una preliminare riflessione trattandosi di una valutazione che investe l'analisi tanto della legittimità che del merito dell'atto emesso dall'Agenzia delle Entrate, con la sentenza qui impugnato.
(1) In rito l'appellante ripropone dinanzi questa Corte l'eccezione di inammissibilità dell'atto accertativo perché intempestivo; l'azione amministrativa di accertamento del credito d'imposta in vero è stata azionata con la notifica " dell'Atto di Recupero n. (...)" avvenuta in data (25.05.2021) per il periodo di imposta 2015 e secondo l'appellante oltre il termine massimo di decadenza per l'azione di accertamento previsto dall'art. 43 d.p.r. 600/73 entro la data 31.12.2020.
(AVVISO DI ACCERTAMENTO E ATTO DI RECUPERO DEL CREDITO D’IMPOSTA)
Per una ricostruzione esegetica della vicenda processuale occorre innanzitutto approfondire ed analizzare la natura giuridica del titolo impugnato oggetto di questo procedimento rappresentato non da un "avviso di accertamento" ma da un "atto di recupero del credito d'imposta".
In base all'articolo 1, comma 421, della legge n. 311/2004, l'atto di recupero di un credito d'imposta, con cui l'amministrazione finanziaria può procedere alla riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione, nonché delle relative sanzioni e interessi, ha natura prodromica, e non consequenziale, all'avviso di accertamento, per cui l'omessa adozione di quest'ultimo atto impositivo non incide sulla sua legittimità, né comporta alcuna menomazione del diritto di difesa del contribuente, atteso che, come l'avviso di accertamento, anche l'atto di recupero, deve essere motivato con riferimento alle ragioni giuridiche e ai presupposti di fatto dell'azione di recupero e pertanto ha valenza di atto impositivo autonomamente impugnabile ai sensi dell'articolo 19 del Dlgs n. 546/1992. (Corte di Cassazione - ordinanza n. 9437 del 22 maggio 2020).
Secondo il giudice di legittimità, l'equiparazione dell'atto di recupero del credito d'imposta, all'avviso di accertamento, se da un lato ne impone, al pari del secondo, l'obbligo di motivazione, dall'altro gli conferisce l'equipollente valenza accertativa sia nei limiti che nei contenuti "tipici" dell'avviso di accertamento.
(CREDITO D’IMPOSTA INESISTENTE E CREDITO D’IMPOSTA NON DOVUTO)
Col primo motivo di appello viene quindi riproposta l'eccezione decadenziale dell'atto di accertamento in merito alla tempestività del recupero da parte della appellata Agenzia delle Entrate. Sul piano ontologico, questa Corte è chiamata, quindi, in primis a rilevare la differenza fra "credito d'imposta inesistente " e credito d'imposta non spettante" trattandosi di fattispecie diversamente regolamentate dalle disposizioni di legge vigenti in ordine alla decadenza dell'azione accertatrice dell'una rispetto all'altra. In vero" l'inesistenza del credito d'imposta" violazione più grave e dannosa per l'erario sconta un termine più lungo di accertamento rispetto "al credito di imposta non spettante " situazione di merito oggetto di valutazione e congruità sicuramente meno pericolosa in termini di danno erariale. Secondo questo giudice la ragione della corretta differenziazione fra le due fattispecie sanzionatorie sopra richiamate, fonda le proprie ragioni di diritto proprio sulla pericolosità che l'operazione di scomputo del credito d'imposta genera nelle casse dell'erario. Infatti il meccanismo di autotassazione vigente nel nostro sistema di riscossione dei tributi e la possibilità di recupero del credito d'imposta in autotassazione anche con utilizzo orizzontale del credito stesso, consente a qualsiasi contribuente di inserire nel modello F24 qualsiasi somma a scomputo delle imposte dovute sotto forma di credito d'imposta per R&S.
Questo pericolo tanto più grave si palesa quanto maggiori sono gli eventi connessi ai crediti d'imposta; ciò comporta, quindi, la necessità per l'erario di un termine maggiore per accertare ed eventualmente recuperare i crediti d'imposta non spettanti. Per tali patologie in relazione proprio alla gravità non solo il termine di decadenza per l'azione di accertamento deve trovare un tempo maggiore (otto anni) rispetto agli ordinari termini (cinque anni art.43/600) ma anche le sanzioni irrogabili in caso di violazione per "credito d'imposta inesistente" sono più severe di quelle ordinarie elevandosi dal 100% al 200% del credito non spettante.
In definitiva il comportamento tenuto dal contribuente deve essere connotato da elementi di gravità tali da avvicinare lo scomputo del credito d'imposta a palese violazione di legge tale per cui la non spettanza del credito si palesa "icto oculi" senza necessità di ulteriori approfondimenti di merito. Una questione molto delicata dato il confine giuridico che separa le due fattispecie. A tutt'oggi la questione risulta rilevata ed affrontata dal giudice di legittimità che ha rimesso dinanzi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione la vexata quaestio attraverso l'ordinanza interlocutoria della sezione Tributaria della Corte di Cassazione del 02.12.2022 n.35536/2022. Il Supremo collegio dopo aver stigmatizzato la sostanziale differenza fra "credito d'imposta "inesistente" e "non spettante "al riguardo osserva: "L'impostazione della società contribuente trova riscontro in una recente sentenza di questa Corte, per la quale, in tema di compensazione di crediti fiscali "l'applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall'art. 27, comma 16, d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., in l. n. 2 del 1999, presuppone l'utilizzo non già di un mero credito "non spettante", bensì di un credito "inesistente", per tale ultimo dovendo intendersi - anche ai sensi dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, D.Lgs. n. 471 del 1997 (introdotto dall'art. 15, D.Lgs. n. 158 del 2015) - il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (cioè il credito che non è "reale") e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972" (così Cass. n. 34444 del 16/11/2021, alla cui ampia motivazione si rimanda)" "......................omissis....... La superiore sentenza si discosta consapevolmente dall'orientamento tradizionale (Cass. n. 19237 del 02/08/2017 Cass. n. 354 del 13/01/2021), che non distingue tra credito non spettante e credito inesistente, e propone un'interpretazione adeguatrice dell'originario tessuto normativo, letto alla luce delle successive riforme e, in particolare, dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471 del 1997 (introdotto dall'art. 15 del D.Lgs. n. 158 del2015). "...omissis.... Tale interpretazione, tuttavia, richiamata unicamente da Cass. n. 31429 del 25/10/2022, non è stata recepita dalla giurisprudenza successiva di questa Corte, che ha continuato ad accreditare un'esegesi del tessuto normativo che non distingue tra crediti inesistenti e crediti non spettanti e applica, indifferentemente, il termine di decadenza di otto anni, come evincibile dalla seguente massima: "L'art. 27, comma 16, del d.l. n. 185 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 2 del 2009, nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d'imposta inesistenti indebitamente compensati, non intende elevare l'"inesistenza" del credito a categoria distinta dalla "non spettanza" dello stesso (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico- giuridico), ma mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l'investimento che ha generato il credito d'imposta, indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per il comune avviso di accertamento. ".....omissis..." Le considerazioni che precedono in ordine al persistente contrasto interpretativo all'interno della Sezione Tributaria di questa Corte e la rilevanza della questione, idonea a riproporsi in numerosi futuri giudizi, giustificano la decisione del Collegio di trasmettere gli atti al Primo Presidente della Corte di cassazione per l'eventuale rimessione alle Sezioni unite". (Cassazione Ord. 35536/2022 del 02.12.2022).
Preso atto del recente ed attuale orientamento della Corte di Cassazione, questa Corte territoriale di appello non dubita della fondatezza e ragionevolezza della distinzione fra la fattispecie di credito "inesistente" e credito "non spettante"; differenziazione che trova, peraltro, anche riscontro nella interpretazione fornita dalla stessa Agenzia delle Entrate attraverso la richiamata Circolare numero 5 del 16 Marzo 2016 (pag. 70) laddove precisa: "Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca virgola in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36 bis e 36 ter. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, numero 600 e all'articolo 54 bis. Del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, numero 633." In definitiva il giudizio di questa Corte consegue l'interpretazione che il legislatore ha voluto fornire alle due fattispecie anche in termini di decadenza dell'azione di accertamento che trova fondamento giuridico nella ontologica diversità dell'illecito che deve essere contrastato; da un lato. Il credito d'imposta inesistente ed indicato autonomamente dal contribuente nel modello F 24 siccome scomputato direttamente senza alcun controllo; Dall'altro, il credito d'imposta non spettante, frutto di una valutazione "errata" di una agevolazione (credito d'imposta esistente) applicata in modo anche formalmente conforme al dettato normativo ma comunque non spettante. L'accertamento del primo illecito (Credito inesistente.) necessita ovviamente di un tempo di accertamento maggiore (8 anni.) data la gravità e la modalità con cui il credito d'imposta è stato fruito, rispetto ai normali termini di accertamento previsti dall'art. 43 d.p.r.600/73 e 54 D.P.R. 633/772 applicabili invece per il credito d'imposta (non spettante). In definitiva, quindi questa Corte, ritiene di condividere ed uniformarsi per le ragioni sopra esposte, al recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione che ha generato la rimessione della questione al Supremo consesso delle Sezioni Unite del giudice dei giudici. Ne consegue sul punto l'accoglimento del primo motivo d'appello per avere l'appellata Agenzia delle Entrate proceduto al recupero del credito d'imposta "non spettante" oltre l'ordinario termine decadenziale fissato dall'articolo 43 d.p.r. 600/73 attraverso l'atto di recupero del credito d'imposta impugnato. In merito alla data di notifica dell'Atto di recupero del credito d'imposta va rilevato che ai sensi del 115 cpc la data di notifica dell'atto impositivo risulta da un fatto certo e non contestato dalle parti in causa, essendo da tutti individuato nella data 25.05.2021.
(IL CREDITO D’IMPOSTA È STATO CONSIDERATO NON DOVUTO E NO INESISTENTE, IL TERMINI PER I CONTROLLI È DI 5 ANNI)
Pertanto l'atto di accertamento per il recupero del credito "d'imposta inesistente" deve considerarsi fuori termine rispetto all'ordinario termine previsto dall'art. 43/600 -ratione temporis vigente- fissato per il 2015 entro il termine del 31.12.2020, data entro la quale l'Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare un avviso di accertamento piuttosto che un atto di recupero del credito d'imposta volto a contestare nel merito l'attività di R&S svolta dal contribuente qui appellante. Il primo motivo di appello, merita accoglimento.
Non possono trovare accoglimento i motivi di appello n.2 (difetto di motivazione) e n. 3 (Abuso di potere) e sul punto la sentenza impugnata merita di essere confermata anche in grado di appello.
(DIFETTO DI MOTIVAZIONE, IL RICORSO È STATO RESPINTO)
2) In vero quanto al secondo motivo di impugnazione (difetto di motivazione) la Corte osserva come il giudice di prime cure abbia correttamente motivato la sentenza che ha rigettato l'eccezione di nullità qui riproposta dall'appellante in ordine al difetto di motivazione dell'atto di recupero anche in ordine alla sentenza impugnata. Il primo giudice esplicitando le ragioni secondo cui l'atto impositivo doveva essere considerato valido per assenza di vizio motivazionale, lamentato come inesistente dal ricorrente, ha compiutamente esaminato e condiviso le motivazioni esplicitate dall'Agenzia delle Entrate nell'atto di recupero del credito d'imposta a cui ha inteso uniformarsi come appare chiaro nella motivazione della sentenza impugnata. L'accoglimento integrale della motivazione espressa nell'atto di accertamento ed il riferimento a quella, dispensa il giudice dal ripetere il percorso logico-giuridico alla base della motivazione dell'atto ritenuto legittimo. Sul punto l'eccezione del difetto di motivazione, riproposta in appello deve essere respinta e con essa il secondo motivo di impugnazione.
(ABUSO DI POTERE, IL RICORSO È STATO RESPINTO)
3) In merito al terzo motivo di appello (Abuso di potere) come ampiamento argomentato in questa sentenza il decreto ministeriale del 27.05.2015 articolo 8 comma 2 dispone che: qualora nell'ambito di attività di verifica e di controllo effettuate dall'agenzia delle entrate si rendano necessarie valutazioni di carattere tecnico in ordine all'ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti la predetta agenzia può richiedere al ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere." Dal tenore letterale del decreto appare in tutta evidenza come la normativa in vigore non imponesse l'obbligo all'Agenzia delle Entrate di interpellare altri soggetti (MISE) per ciò che concerne il riconoscimento dell'agevolazione trattandosi ai fini dell'accertamento di una facoltà e non di un obbligo. Per ciò che riguarda la piena autonomia accertativa dell'Agenzia delle Entrate in ordine all'accertamento e i controlli; il comma 1 del predetto articolo 8 del d.m. 27.05.2015 dispone che: "Per la verifica della corretta fruizione del credito d'imposta di cui al presente decreto l'agenzia delle entrate effettua controlli finalizzati a verificare la sussistenza delle condizioni di accesso al beneficio la conformità delle attività e dei costi di ricerca e sviluppo effettuati a quanto previsto dal presente decreto." E' evidente, quindi, come l'attività di controllo rappresenti, per riserva di legge, una esclusiva attività di accertamento spettante di diritto all'Agenzia delle Entrate che può sviluppare in piena autonomia o. se lo ritiene necessario, avvalendosi anche di altre strutture della pubblica amministrazione utili e competenti per la motivazione dell'atto di accertamento; ovviamente trattasi di facoltà e non di obbligo e nell'ambito della piena autonomia della formazione dell'atto impositivo l'Agenzia delle Entrate ha, nel caso di specie, correttamente operato senza alcun abuso di potere. Per questa ragione anche il terzo motivo di appello non può trovare accoglimento.
(REGISTRAZIONE DI DISEGNI E MODELLI DI UTILITÀ, BREVETTO DI UTILITÀ INDUSTRIALE. NON È NECESSARIO UN BREVETTO PER INVENZIONE – IL RICORSO È STATO ACCOLTO)
4) Fondato appare il quarto motivo in ordine alla "infondatezza delle ragioni di merito" dell'atto di recupero del credito d'imposta. Il giudice di prime cure ha ritenuto con una motivazione non sorretta da un valido percorso logico-giuridico motivazionale, non spettante l'agevolazione per il riconoscimento del credito d'imposta per la ricerca e lo sviluppo basando principalmente il giudicato sull'analisi del rapporto esistente fra brevettabilità dei progetti e conseguente "innovazione" degli stessi. La ragione che ha condotto i giudici di prime cure al mancato riconoscimento del credito d'imposta per i progetti oggetto di esame si basa sul fatto che gli stessi " siano privi del requisito della innovatività" limitando però l'analisi della ricerca al superfluo rapporto esistente fra la stessa e i diritti di privativa (brevetti) richiesti per gli stessi ed argomentando, di conseguenza che: "la (...) ha ottenuto per i primi due progetti la registrazione per disegni e modelli ornamentali e per il terzo progetto il brevetto di utilità industriale laddove se i progetti fossero stati davvero innovativi avrebbe dovuto ottenere i brevetti di invenzione caratterizzati dalla necessaria ricorrenza di un alto grado di innovazione dell'invenzione presentata alla registrazione e che soprattutto rappresenti una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico mai risolto prima". Una affermazione che non può essere condivisa. E' di tutta evidenza come né la legge (Art.3 D.L.145/13), ratione temporis vigente, né il D.M. (27.05.2015) né la circolare dell'ADE (n. 5 del 2015) né tanto meno il "Manuale di Frascati" richiedono che i progetti di R&S per essere riconosciuti "Innovativi" tali debbano ottenere una privativa industriale di brevetto per "invenzione". Analizzando il merito della vicenda il giudice di prime cure nella motivazione della sentenza impugnata stigmatizza la mancanza del requisito di innovatività" nei progetti indicati di R&S ricavando impropriamente dalla documentazione versata in atti (diritti di privativa industriale quali i brevetti per "modelli di utilità") la prova della mancanza di uno dei requisiti richiesti per l'ammissione al beneficio quale appunto quello della "Innovazione" che, a dire del primo giudice, può essere verificato solo con un brevetto registrato di "invenzione". L'assunto non può essere condiviso in quanto il sito del ministero dello sviluppo economico nell'introduzione riservata all'utilizzo per le piccole e medie imprese di brevetti trattando di brevettazione dei modelli di utilità così precisa:" l'articolo 82 CPI prevede che possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare efficienza o comodità di applicazione o di impiego di macchine o di parti di esse strumenti utensili ovvero oggetti di uso in genere quali nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni disposizioni configurazioni o combinazioni di parti. Per essere protetto con modello di utilità è necessario che il prodotto industriale sia nuovo ed originale che abbia particolare efficacia o comodità); E' evidente, quindi, come il concetto di innovazione debba ricomprendersi tanto nel brevetto di utilità quanto nelle brevetto di invenzione nel senso che senza la novità e l'originalità ergo, l'innovazione, non è possibile ottenere l'iscrizione neanche come brevetto di utilità. Questa conclusione conforta la Corte nella sua interpretazione anche in considerazione delle disposizioni legislative (art 76 CPI) laddove è prevista anche la possibilità di conversione della domanda di brevetto in domanda di modello di utilità e viceversa su sentenza del giudice. (La stessa avvertenza è pubblicata anche nel sito del MISE). In definitiva quindi la registrazione come modello di utilità piuttosto che come invenzione nulla toglie al concetto di "innovazione" che qui interessa, individuando nella tutela legale più limitata quella della registrazione del brevetto di utilità rispetto a quella del brevetto di invenzione; ma ciò rientra nella libera scelta imprenditoriale, non sindacabile dal giudice ai fini dell'agevolazione richiesta per R&S in quanto anche la registrazione del brevetto per "utilità" per essere ottenuta necessita di un prodotto o processo "innovativo". Le controdeduzioni all'appello su questo punto non possono essere condivise per le ragioni sopraesposte in quanto la scelta del tipo di privativa da adottare dal punto di vista privatistico-imprenditoriale non può mai costituire una "ammissione implicita" al mancato riconoscimento del requisito di "novità", laddove peraltro come precisato deve comunque essere rinvenibile anche nel brevetto di "utilità".
(DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ DI R&S SVOLTE)
Approfondendo l'esame del merito delle attività di ricerca e sviluppo dai documenti versati in atti risulta che la società appellante ha prodotto ai sensi Art. 3 D.L. 145/2013, e del D.M. 27/05/2015 in relazione all'attività di ricerca e sviluppo effettuate nel corso del 2015 per i progetti oggetto di R&S agevolata rispettivamente: Progetto 1: Asta dritta - relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze; Progetto 2: Supporti chitarra - relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze; Progetto 3: Cavalletto di supporto -relazione tecnica, tabelle costi e schede presenze. La società inoltre ha prodotto in sede di richiesta dell'agevolazione a sostegno dell'attività svolta la documentazione giustificativa composta da: schema costi personale e collaboratori; prospetto calcolo credito imposta R&S; prospetto calcolo media costi di ricerca e sviluppo anni pregressi 2012 - 2013 - 2014; prospetto di dettaglio riepilogativo dei costi per attività di R&S sostenuti anno 2015 come certificato dall'organo di revisione; contratto di ricerca stipulato con l'impresa "169 Design di Gabriele Santini". Dai documenti in atti risulta, come già rilevato dal primo giudice e non impugnato, che dal punto di vista formale la società appellante ha ottemperato ai precetti normativi in ordine alla produzione e conservazione della documentazione necessaria atta a dimostrare l'attività di R&S svolta nel rispetto della normativa di legge soprarichiamata (art.3 d.l. 145/2013 e D.M. 27.05.2015) e della prassi rappresentata dalla circolare n. 5 /del Marzo 2016 dell'Agenzia delle Entrate. Osserva la Corte come la prassi richiamata (Circ5/2016) sul punto fornisce dettagliate e precise istruzioni operative. (Vedi Par. 7). Per il dettaglio, l'attività svolta nei tre progetti può riassumersi nella descrizione fornita nell'atto di appello che trova riscontro nelle due relazioni tecniche di parte prodotte in giudizio (DOC 6) ((...) spa e Ing. (...)). Dall'esame della documentazione versata in atti oltre alle specifiche tecniche che hanno accompagnato la richiesta agevolazione di R&S ai sensi dell'art.3 d. l.145/13 (ratione temporis vigente) la società appellante ha prodotto due relazioni tecniche ritenute dalla Corte significative per comprendere la vera natura dell'attività svolta sia perché provenienti da soggetti diversi in tempi diversi sia soprattutto perché rassegnano le stesse conclusioni in merito ai risultati conseguiti dai progetti di ricerca. Rimandando nel dettaglio delle relazioni le cui conclusioni sono condivise da questo giudicante va comunque rilevato che la prima, quella della (...) spa (Doc.6), e la seconda -asseverata- quella rilasciata da un tecnico indipendente Ing. (...) (Doc.6) illustrano e specificano nel dettaglio con commenti tecnici e schede di progetti tutti gli elementi di novità e di innovazione, riscontrabili anche attraverso allegata documentazione fotografica a corredo delle innovazioni apportate ai prodotti. In sintesi i tre progetti oggetto della regiudicanda; si declinano in tre specifici prodotti: Progetto 1 (Asta dritta); progetto 2 (supporto per chitarra); progetto 3 (cavalletto di supporto); ("asta dritta"), riguarda aste microfoniche a due braccia collegate da uno snodo centrale adatto a consentire la rotazione del braccio superiore fino a 270°, in modo da renderlo adattabile a vari tipi di ripresa del suono (canto, strumenti, amplificatori, ...); ("supporto per chitarra"), riguardante un supporto universale per chitarra in grado di alloggiare uno o più strumenti anche molto diversi fra loro per forma, peso e dimensione (chitarra classica, acustica, elettrica, basso..), regolabile in altezza, completamente ripiegabile, sostituibile in ogni sua componente, realizzato in materiale altamente resistente (lega di zinco) per sopportare a pesi e sollecitazioni anche rilevanti e adatto ad evitare graffi o altri danneggiamenti agli strumenti; (forcella di base ergonomica; punto di contatto con lo strumento antigraffio e antidanneggiamento; stabilità maggiore rispetto ai prodotti analoghi; alloggiamento universale); ("cavalletto di supporto"), riguarda un supporto innovativo per tastiera e/o altri tipi di strumentazione con regolazione indipendente dei bracci superiori rispetto alle gambe inferiori, in modo da garantire stabilità a qualunque strumento/apparecchiatura di qualsiasi dimensione, ingombro e/o peso ed evitare al musicista di doverne acquistare uno specifico per ogni diverso strumento/apparecchiatura utilizzati. Le relazioni tecniche prodotte hanno entrambi concluso e dimostrato come i tre progetti abbiano anche soddisfatto i requisiti di 1) novità, 2) creatività, 3) incertezza dei risultati; 4) sistematicità 5) riproducibilità, richiesti dal "Manuale di Frascati". La lettura delle relazioni ed il loro dettaglio a cui questa Corte fa riferimento, fugano in definitiva ogni dubbio in merito alla verifica della prova relativa al concetto di "novità" della ricerca svolta. La Corte analizzando la natura soggettiva del richiedente l'agevolazione ha preso anche atto che la (...) ha svolto negli anni precedenti a quello in cui l'agevolazione è stata richiesta (2015-2016) attività costante di ricerca e sviluppo di prodotti rilevando come la ricerca e l'innovazione abbia caratterizzato anche in passato lo svolgimento dell'attività sociale attraverso la registrazione di brevetti nel periodo 1993-2013.
(LA CONTESTAZIONE DELLA CONGRUITA DEVE ESSERE ADEGUATAMENTE MOTIVATA)
Per ciò che concerne l'aspetto formale della documentazione necessaria prevista dall'art 3 del d.l. 145/2013 e D.M. 27.05.2015 già prodotta in sede di controllo non sono state sollevate eccezioni dal parte della appellata Agenzia delle Entrate se non limitatamente (ed in minima parte di valore) alla congruità di alcuni costi (verniciatura 2.581,00 e spese per 1.500,00) costi che tuttavia trovano piena giustificazione nelle perizie redatte e soprattutto non sono confutati da prove contrarie che abbiano una valenza contraddittoria o di smentita tale da rendere fondata l'eccezione dell' Agenzia delle Entrate. La Corte in definitiva ha valutato le relazioni introdotte nel giudizio dall'appellante quali elementi di prova indiziaria e come tali li ha valutati in ordine alla gravità, precisione e concordanza, non attribuendo a ciascuna singola relazione valenza di autonomo elemento di prova ma formando insieme agli altri indizi raccolti dalle altre relazioni e dalla documentazione versata in atti un valido elemento indiziario di prova.
(PRINCIPI DEL GIUSTO PROCESSO EX ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI (CEDU) E GARANTISCE IL PRINCIPIO DI PARITÀ DELLE ARMI PROCESSUALI NONCHÉ LA EFFETTIVITÀ DEL DIRITTO DI DIFESA)
La valenza indiziaria della documentazione prodotta da parte contribuente costituisce una concreta attuazione dei principi del giusto processo ex articolo 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e garantisce il principio di parità delle armi processuali nonché la effettività del diritto di difesa (Cass. Sent.n. 9903/2020). Tale documentazione inoltre non potrà nel processo tributario mai assumere valore di prova neanche se sorretta da asseverazione o giuramento (ex multis Cass. 0rd.14173/2021) ma conserverà valore di prova indiziaria.
(LA DITTA HA PRESENTATO ELABORATI PERITALI ED IL GIUDICE DI SECONDO GRADO NON PUÒ NOMINARE UN CTU PER SOPPERIRE ALLA CARENZA TECNICHE DELLA DOCUMENTAZIONE PRODOTTA DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE)
In definitiva le prove anche indiziarie versate in atti da parte della società appellante e raccolte dalla Corte superano tecnicamente ogni diversa conclusione in tema di attività di R&S svolta dalla (...) per gli anni 2015-2016; viceversa l'appellata Agenzia delle Entrate non ha fornito alcuna prova tecnica idonea a confutare la documentazione prodotta dalla appellante né a smentire la conclusioni rassegnate nei due elaborati peritali che stante la mancanza di prova contraria non autorizzano questo giudice ad adottare alcuna attività istruttoria suppletiva (nomina CTU) ai sensi dell'art 7 D.Lgs. 546/92. Per queste ragioni il quarto motivo di appello deve essere accolto.
5) il quinto motivo di impugnazione relativo alla (invalidità delle sanzioni irrogate) e le conseguenti esimenti invocate nell'atto di appello, vengono assorbiti dall'accoglimento del primo e quarto motivo di gravame che comportando rispettivamente: la nullità dell'atto di recupero per decadenza dell'azione di accertamento (primo motivo); nonché l'annullabilità nel merito dell'atto di recupero per mancanza di valida ed idonea motivazione (quarto motivo) dell'atto di recupero; esonera questa Corte da ulteriori considerazioni al riguardo non essendo applicabili le sanzioni irrogate nell'atto di recupero impugnato.
(LE SPESE SONO STATE COMPENSATE)
Per quanto riguarda le spese di giudizio, l'accoglimento del primo motivo assorbente in ordine degradante gli altri, consente in considerazione delle contrastanti interpretazioni giurisprudenziali citate che hanno condotto a questo giudicato, anche seguito del ricorso alle SSUU della Corte di Cassazione nelle more di questo giudizio, giustificano la compensazione integrale per entrambi i gradi di giudizio delle stesse ai sensi degli articoli 15 D.Lgs. 546/92 e 92 comma 2 c.p.c. applicabile ratione temporis.
P.Q.M.
In parziale accoglimento dell'appello respinge il secondo e terzo motivo di appello; dichiara assorbito il quinto motivo ed in accoglimento del primo motivo di appello dichiara nullo l'atto di recupero impugnato per decadenza dei termini di accertamento; nel merito, in accoglimento del quarto motivo di appello, dichiara illegittimo ed inefficace l'atto di recupero impugnato per le ragioni esposte nella parte motivazionale di questa sentenza. Spese compensate fra le parti per entrambi i gradi di giudizio.
Così deciso Ancona 15 settembre 2023.
CHIETI 2022.454 del 12/12/2022
Importo 154.630,00
Innovazione organizzativa e di processo
Ricorso Vinto
Deve essere richiesto il parere al Mise
Il Manuale di Frascati deve essere applicato
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Fra i motivi di ricorso merita accoglimento, con assorbimento degli altri motivi, quello relativo alla mancanza o apparenza di motivazione dell’atto di recupero, in relazione all’asserita carenza dei requisiti di novità, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità dei risultati conseguiti con l’attività di ricerca e sviluppo.
La materia del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo trova la sua fonte primaria nell’art. 3 del DL n. 145/2013, convertito nella L. n. 9/2014, come modificato dalla L. n. 190/2014 e dalla L. n. 232/2016 e nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 27.05.2015, di attuazione del DL 145/2013.
(IL MANULE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) In particolare l’art. 3 ai commi 4 e 5 del DL n. 145/2013, come successivamente modificato dalla L. 190/2014 e dalla L. n. 232/2016, ha elencato le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito
d’imposta, ricalcando le definizioni di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della “Disciplina degli aiuti di Stato a favore della ricerca sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, pubblicata nella GUEE C/198 del 27.06.2014, la quale, a sua volta, ha mutuato tali definizioni facendo propria quella fondamentale fornita dal Manuale di Frascati, con il quale sono state codificate le regole per classificare un’attività come ricerca e sviluppo, secondo la quale l’attività di ricerca e sviluppo è “il complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze, sia per utilizzare tali conoscenze in nuove applicazioni”.
L’Agenzia delle Entrate, per il tramite della Direzione Regionale Abruzzo, richiedeva alla ricorrente la documentazione concernente le spese relative al personale, ai costi per strumenti e attrezzature di laboratorio, ai costi relativi alla c.d. ricerca “extra muros”, alle spese per competenze tecniche e/o per acquisizioni di privative, nonché relative a eventuali registrazioni di marchi o brevetti.
La ricorrente forniva la documentazione relativa ai lavori svolti nel 2017 e compensati nel 2018 e 2020, comprendenti, oltre alle specifiche delle singole voci di costo con allegata documentazione giustificativa e al calcolo del credito d’imposta, anche le relazioni tecniche di R&S.
(INNOVAZIONE DI PROCESSO ED ORGANIZZATIVA) All’esito dell’esame della documentazione fornita dalla ricorrente, l’Agenzia delle Entrate rilevava che le attività svolte nel corso del 2017 non possedevano i requisiti necessari a farle considerare come attività di ricerca e sviluppo, meritevoli di beneficiare del credito d’imposta, dovendosi piuttosto ricondurre nella categoria della “innovazione di processo” o di “organizzazione” e ciò essenzialmente sulla base della Risoluzione n. 40/E del 02.04.2019, con argomentazioni sicuramente molto diffuse, ma basate anche su valutazioni in buona parte discrezionali dei progetti specifici portati avanti dalla ricorrente, richiamando due pareri del MISE, che avevano negato la natura di attività di ricerca e sviluppo in casi, a detta dell’Ufficio, analoghi a quello oggetto del presente ricorso.
(DEVE ESSERE RICHIESTO IL PARERE AL MISE) La ricorrente con il ricorso confutava le conclusioni cui era giunta l’Agenzia delle Entrate con argomentazioni altrettanto diffuse e articolate, sostenendo, al contrario dell’Ufficio, la natura di attività di ricerca e sviluppo per quelle effettuate nel 2017 e, di conseguenza, la spettanza del credito d’imposta utilizzato, in gran parte nel 2018 e, in minima parte, nel 2020, e sostenendo la necessità del parere tecnico del MISE, peraltro previsto, anche se solo in via facoltativa e non obbligatoria, dall’art. 8 comma 2 del DL 145/2013, per poter motivatamente disconoscere con il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
Sul punto, per quanto già deciso e ben motivato in diverse pronunce della giurisprudenza di merito (CTP Napoli sez. XXX, 2 maggio 2022, n.4988; CTP Vicenza sez. II, 11 gennaio 2022, n.14; CTP Ancona sez. II, 11 agosto 2021, n.392), che questa Corte di Giustizia richiama e condivide, ogniqualvolta la natura tecnica degli accertamenti debba prevalere, la mera facoltà prevista dal comma 2 dell’ art.8 del DM 27.05.2015, attuativo del DL 145/2013–Nel caso in cui si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" in ordine all’ ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere." - esprime in realtà la necessità di una discrezionalità tecnica che non può essere autonomamente esercitata dalla pubblica amministrazione se non attraverso il parere necessario degli organi tecnici e quindi delle strutture in seno al Ministero dello Sviluppo Economico o altri enti pubblici che, se del caso, possono essere chiamati in veste di consulente super partes.
Nella fattispecie, va ribadito che il disconoscimento del credito d’imposta è stato operato dall’Ufficio,
all’esito dell’esame della documentazione, sulla base di valutazioni di massima, non supportate da quegli
elementi tecnici che la materia del contendere in realtà esigeva e, soprattutto, prescindendo dal ricorso al
parere del MISE
Ed infatti, non a caso, qualora si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell'articolo 8 del sopra citato decreto attuativo, attribuisce all'Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere."
Ciò posto, a parere di questa Corte, pur se la richiesta del parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo, nel caso di specie, attesa la notevole complessità delle problematiche tecniche sottese all’esercizio del potere di verifica della sussistenza dei requisiti per poter beneficiare del credito d’imposta, tale facoltà doveva necessariamente essere esercitata, sia perché l'Agenzia delle Entrate non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica, tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell'atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico emesso dall’ organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva.
A tali argomentazioni possono senz'altro affiancarsi quelle svolte dalla giurisprudenza di merito citata dalla ricorrente (in particolare: Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, Sez. II Sentenza n° 392 depositata l’11.08.2021), che è pervenuta alle medesime conclusioni evocando la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'Amministrazione finanziaria in una materia, quale e’ quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle "disposizioni applicative necessarie" nonché delle modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute" e delle "cause di decadenza e revoca del beneficio" (art.3, comma 14, D.L. n° 145 del 2013), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell'esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.
In senso conforme la Comm.Trib. Prov.le di Vicenza Sez. III n° 365 del 09.07.2021 ha sancito che “Ai fini del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all'art.3, D.L. 23 dicembre 2013 n.145, nell'ambito dell'innovazione dei processi produttivi aziendali, gli Uffici non hanno adeguata competenza tecnica per valutare se una spesa possa essere legittimamente ricondotta tra i costi meritevoli di agevolazione, sicché l'Ufficio deve, in tali casi, acquisire autonomamente un preliminare parere tecnico da parte del competente Ministero dello Sviluppo Economico”.
Alla luce di quanto sopra, il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto di recupero impugnato.
Sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese fra le parti, in considerazione della complessità e controvertibilità delle questioni trattate.
Corte di giustizia tributaria di ASCOLI PICENO (ha competenza anche per Fermo)
ASCOLI PICENO 2024.367 del 25/9/2024
Importo € 22.878,00
Ricorso vinto
Credito non spettante
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Sig. Rappresentante_1, in qualità di legale rappresentante della “Ricorrente_1”, rappresentato e difeso come in atti, ha impugnato l’atto di recupero crediti d’ imposta n. TQ3CRT100054, notificato in data 17/11/2022, emesso dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Ascoli Piceno, con il quale si richiede il recupero a tassazione, nel periodo 2016, del “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo”, ex art. 3 D.L. n. 145/2013, per complessivi euro 22.878,00, utilizzato in compensazione nel periodo 2016 e ritenuto dall’Ufficio inesistente, con applicazione delle sanzioni in misura pari al 100% del credito compensato ed interessi per euro 5.420,52, per un complessivo importo pari ad euro 51.185,27.
(COMPENSAZIONE 2016) L'Agenzia delle Entrate ha contestato alla società l'utilizzo in compensazione di crediti fiscali relativi ad attività di Ricerca e Sviluppo, iscritti nei Modelli F24 del 2016 e derivanti da spese sostenute nel 2015. Pur non mettendo in discussione l'effettivo sostenimento dei costi, l'Agenzia ha ritenuto che tali spese non presentavano i requisiti oggettivi che qualificano le attività di "ricerca e sviluppo" e, pertanto, ha considerato i crediti inesistenti.
Si riportano, in sintesi e per quanto di interesse, i motivi del ricorso:
(NON SONO STATI CONTESTATI I COSTI) il ricorrente osserva che l'Agenzia delle Entrate non ha contestato né il sostenimento degli investimenti né la loro qualificazione e natura, riconoscendo, quindi, che i costi sono stati effettivamente sostenuti. La dichiarazione di inesistenza del credito fiscale si fonda unicamente sulla qualificazione delle attività come non rientranti nell'ambito della ricerca e sviluppo. Questo aspetto rileva sia sotto il profilo dell'assenza di adeguate motivazioni alla base del disconoscimento del credito, sia rispetto al regime sanzionatorio applicato; l’Agenzia ha considerato le attività del 2015 come meri miglioramenti di prodotti esistenti e limitate a quell'anno. In realtà, lo sviluppo della (PROGETTO) "Programma_1 " rappresenta un progetto complesso e innovativo, mirato alla realizzazione di un macchinario unico, non presente sul mercato. Il progetto ha coinvolto l'azienda sin dal brevetto ottenuto nel 2008, proseguendo con implementazioni nel 2015 e continuando negli anni successivi, come confermato da perizia tecnica asseverata. Tali attività costituiscono, nel loro insieme, un'unica e continuativa attività di ricerca e sviluppo riferita al bene brevettato;
3), 4), 5), 6) le norme che hanno istituito il credito d’imposta e i documenti di prassi (art. 3, comma 4, lettera b), del D.L. 145/2013; DM 27 maggio 2015 art. 2) prevedevano che potevano considerarsi tra le attività di ricerca e sviluppo, la “ricerca pianificata da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti o permettere un miglioramento dei prodotti esistenti. (PER LA DITTA OCCORRE FAR RIFERIMENTO LA MANUALE DI OSLO) La Circ. 5/2016 richiama la circolare del MISE del 16/04/2009, che faceva riferimento al manuale di Oslo e non al Manuale di Frascati, il quale ai fini del riconoscimento del carattere di ricerca e sviluppo, richiedeva semplicemente che il prodotto o il processo fossero nuovi (oppure significativamente migliorati) per l’azienda e non per l’intera economia. Inoltre, il Manuale di Frascati è stato tradotto in italiano solo il 07/12/2021 e quindi è applicabile solo dal 2022. In ogni caso, le caratteristiche del prodotto realizzato dall’azienda rispettano anche i requisiti previsti dal suddetto Manuale di Frascati;
7), 8), 9) 10), 11) l’Agenzia, non possedendo le necessarie competenze tecniche, avrebbe dovuto richiedere il parere al MISE, altrimenti configurandosi un eccesso di potere da parte dell'Ufficio accertatore;
12) per quanto riguarda le sanzioni applicate dall’Agenzia, il ricorrente contesta che la compensazione di crediti inesistenti sia configurabile solo ove sussista un comportamento fraudolento da parte del contribuente. Qualora, invece, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative riguardanti la presunta carenza dei requisiti oggettivi per beneficiare dell’agevolazione, non si tratta di un credito inesistente, bensì, semmai, di un credito non spettante. Conseguentemente, le sanzioni applicabili sarebbero pari al 30% ex art. 13, comma 1, D. Lgs. 471/1997 e non al 100%. Inoltre, non trova applicazione l’art. 27, comma 16, del D.L. n. 185/2008, che prevede un termine di otto anni dall’utilizzo in compensazione per la notifica dell’accertamento, bensì l’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, il quale, in riferimento al periodo d'imposta per cui il credito è stato dichiarato (anno 2015), rende tardiva la notifica dell’atto contestato, avvenuta in data 17/11/2022.
Il ricorrente conclude il ricorso chiedendo che l’atto impugnato venga dichiarato illegittimo, con vittoria di spese di giudizio.
(IL PROGETTO DI RICERCA) Si è costituita l’Agenzia delle Entrate D.P. di Ascoli Piceno che, nel confermare la legittimità del suo operato, osserva che la macchina denominata “Prog_1”, già prima degli investimenti in R&S, consentiva l’accesso prossimo all’origine degli incendi senza coinvolgere direttamente il personale. Dalla relazione tecnica consegnata all’Ufficio si evince che la macchina, pur essendo già commercializzata, non era dotata di un dispositivo di localizzazione (GPS-GSM) con ricevitore satellitare, il quale avrebbe consentito il rilevamento della posizione e della velocità in remoto, direttamente dalla sala operativa.
(IL PRODOTTO ERA STATO BREVETTATO IN PASSATO) Sulla base delle informazioni acquisite, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il prodotto già brevettato e operativo (nel 2014 sono stati venduti quattro mezzi alla Luo_1 sia stato implementato mediante l’integrazione di un dispositivo di localizzazione noto e ampiamente diffuso. Pertanto, tale intervento non può essere qualificato come attività agevolabile, trattandosi invece di operazioni ordinariamente svolte dall’impresa.
Il credito d'imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, cui la ricorrente ha aderito, è regolato dall'articolo 3 del D.L. n. 145/2013. Le attività ammissibili sono state definite secondo le categorie di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” come specificato nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 relativa agli aiuti di Stato per ricerca, sviluppo e innovazione. Inoltre, al punto 75 della citata Comunicazione 198/01 del 2014, è espressamente precisato che: “Per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, la Commissione si baserà sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell'OCSE”.
L’Agenzia sottolinea che il Manuale di Frascati riveste importanza per le normative agevolative in materia di ricerca e sviluppo, già a partire dalla disciplina introdotta per il triennio 2007-2009. Infatti, al paragrafo 5.1.1 della Comunicazione n. 323/01 (disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione) del 2006, si chiariva che, per classificare le diverse attività, la Commissione poteva fare riferimento agli esempi e alle spiegazioni contenute nel Manuale di Frascati. La stessa ricorrente, nella perizia asseverata, faceva continui riferimenti allo “sviluppo sperimentale” così come inteso dalla Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01, senza mai sollevare dubbi sui contenuti di quest’ultimo.
L’Ufficio, riferendosi alla normativa e ai documenti di prassi sopra citati, ritiene che le attività qualificabili come R &S siano quelle svolte nell’ambito di un processo di innovazione condotto da un’impresa per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento, ossia applicando le tecniche e conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico, con la finalità di pervenire alla realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, oppure al miglioramento sostanziale di prodotti e processi già esistenti.
Secondo l’Agenzia, le attività poste in essere dal ricorrente non presentano le caratteristiche di novità, creatività, e rischio di insuccesso scientifico o tecnologico che di norma implicano. Per tale motivo, ritiene che l’implementazione del veicolo con un dispositivo di geolocalizzazione non possa essere considerata un’attività di R&S ammissibile al credito d’imposta.
Riguardo alle contestazioni circa l’obbligatorietà della richiesta del parere del MISE ed eccesso di potere derivanti da incompetenza tecnica dell’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia rileva che l’ente impositore ha la facoltà ma non l’obbligo, di richiedere il parere tecnico preventivo del MISE.
Per quanto riguarda l’irrogazione delle sanzioni, l’Ufficio, citando anche la sentenza della Cass. sez. penale n. 7615/2022, sostiene che, caso di specie, si tratti di un credito inesistente per l’insussistenza dei presupposti costitutivi necessari per fruire del credito per ricerca e sviluppo. Il credito sarebbe inesistente poiché, in difetto dei requisiti relativi alla novità, creatività, innovazione e rischio di insuccesso dell’attività svolta, non è mai venuto ad esistenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso merita accoglimento per decadenza dei termini d’accertamento.
(IL PARERE DEL MISE E’ FACOLTATIVO) Preliminarmente, riguardo all'eccezione sollevata in merito all’obbligatorietà della richiesta di parere al MISE da parte dell’Agenzia delle Entrate, si osserva che tale richiesta costituisce una mera facoltà per l’Ufficio e non un obbligo, la cui violazione potrebbe comportare la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere. Infatti, l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del medesimo decreto, ai fini della corretta fruizione del credito d’imposta, l’Agenzia delle Entrate verifica la sussistenza delle condizioni previste dalla normativa agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sostenuti, sui quali è stato determinato il credito d’imposta.
Nel caso in cui si rendano necessarie valutazioni tecniche sull'ammissibilità delle attività o sulla pertinenza e congruità dei costi, il comma 2 dell’art. 8 del decreto attuativo conferisce all’Agenzia la facoltà, non l’obbligo, di richiedere il parere del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).
L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito nei confronti della società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti normativi e, solo se lo ritiene necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE.
(IL CREDITO E’ NON SPETTANTE)
Con riguardo ai termini di decadenza per l’azione d’accertamento dell’Erario, si osserva che gli stessi variano in base alla circostanza che i crediti compensati nel modello F24 siano qualificati come “inesistenti” o “non spettanti”. Infatti, si applica il termine di otto anni, di cui all'art. 27, comma 16, D.L. n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente. Questa condizione si realizza, ai sensi dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471 del 1997, allorché ricorrano congiuntamente due requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis DPR n. 633 del 1972.
Nel caso in cui i crediti siano non spettanti, si applicano, invece, i termini ordinari di accertamento previsti dall’art. 43 del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600.
La distinzione tra “crediti inesistenti” e “crediti non spettanti” è stata oggetto di incertezze interpretative nella giurisprudenza tributaria e penale. Secondo un orientamento giurisprudenziale più risalente, le due categorie erano considerate equivalenti. Tuttavia, l’orientamento più recente ha stabilito che le due categorie sono distinte e basate su presupposti diversi.
Questa interpretazione è stata confermata dalle sentenze n. 34419 e 34452 del 2023 delle SS.UU. civili della Corte di Cassazione emesse proprio a seguito dei contrasti interpretativi. Con le suddette sentenze, le Sezioni Unite forniscono alcuni criteri interpretativi utili per l'inquadramento dei crediti come "inesistenti" o "non spettanti".
In primo luogo la S.C. ha stabilito che l'art. 13, comma 5, terzo periodo, del D. Lgs. n. 471 del 1997 ha fornito, per la prima volta, una esplicita definizione positiva di credito inesistente stabilendo che: “Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , e all'art. 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633” . Al contrario, il comma 4 del medesimo articolo fornisce una autonoma definizione di “credito non spettante”, relativo all’utilizzo di un credito esistente in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalla normativa vigente.
Questa distinzione è stata confermata anche in ambito penale (cfr. sentenza Corte Cass.. Sez. III Penale n. 6 del 2024), e, pertanto, è da escludersi che le definizioni in ambito tributario differiscano rispetto a quelle adottate nel diritto penale.
Questa distinzione è stata confermata anche in ambito penale (cfr. sentenza Corte Cass.. Sez. III Penale n. 6 del 2024), e, pertanto, è da escludersi che le definizioni in ambito tributario differiscano rispetto a quelle adottate nel diritto penale.
Il secondo caso risulta, invece, più complesso da definire e riguarda le fattispecie in cui il credito è carente di un elemento costitutivo; in tal caso, la S.C. ha affermato che: “... la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta.
9.4. Con riguardo all’ipotesi sub b), appare necessario in un’ottica sistematica, per la varietà di tipologie di crediti d’imposta, procedere ad un’indagine più analitica al fine di individuare – pur a fronte delle difficoltà derivanti da una normazione di settore spesso variegata e multiforme - i parametri strutturali, di carattere generale, per ritenere esistente un credito di imposta, ossia quali siano gli elementi idonei ad assumere natura costitutiva e quali, invece, abbiano carattere accessorio o riguardino la sola efficacia della pretesa”.
Le fattispecie esaminate dalla Cassazione a titolo esemplificativo sono: 1) l'assenza o la mancata presentazione dell'istanza nei tempi previsti può comportare la perdita del diritto al credito; 2) la previsione di specifici obblighi, che possono essere attivi o passivi (per esempio trasferimento della residenza per le agevolazioni "prima casa", l’obbligo di utilizzare i beni strumentali per la produzione di specifici prodotti editoriali in lingua italiana o di inviare comunicazioni preventive all'Soc_1 per interventi di efficienza energetica). Il mancato rispetto di tali obblighi può portare alla perdita del credito; 3) mancato rispetto dei termini perentori finali entro cui il contribuente deve presentare la richiesta del credito d'imposta.
Questi elementi delineano i crediti inesistenti come situazioni in cui l'assenza di presupposti sostanziali e formali, combinata con comportamenti fraudolenti o gravemente negligenti, porta a un utilizzo del credito del tutto illegittimo. La Cassazione enfatizza che la gravità di tali condotte risiede non solo nella violazione delle norme tributarie, ma anche nella distorsione della realtà economica su cui si basa l'attribuzione del credito, rendendo il credito non solo irregolare ma del tutto inesistente.
In sintesi, i crediti inesistenti rappresentano le ipotesi più evidenti e gravi di utilizzo illecito di agevolazioni fiscali, distinguendosi per l'assenza completa o la simulazione dei requisiti necessari, spesso accompagnate da intenti fraudolenti o ingannevoli; è richiesto, altresì, che l’inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e all'art. 54-bis del DPR n. 633/1972.
Al contrario, devono essere considerati come crediti "non spettanti" quelli per i quali, sebbene sussistano i requisiti soggettivi e oggettivi espressamente previsti dalla normativa di riferimento, il riconoscimento del credito si fondi su circostanze che potrebbero non rientrare nella disciplina attributiva del credito stesso, a causa della mancanza di ulteriori elementi o specifiche qualità richieste ai fini della sua attribuzione.
(IL CREDITO NON PUO’ ESSERE INESISTENTE PERCHE’ LE SPESE SONO STATA EFFETTIVAMENTE SOSTENUTE) La fattispecie in esame, non può essere qualificata come ipotesi di inesistenza assoluta del credito, poiché le spese per l’installazione del dispositivo di tracciamento sono state effettivamente sostenute, come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate. Pertanto, occorre verificare se le attività realizzate dal ricorrente soddisfino i requisiti di novità, creatività e rischio di insuccesso scientifico o tecnologico previsti dalla normativa vigente ratione temporis in materia di ricerca e sviluppo.
L’agevolazione in questione è stata prevista dall’art. 3 del D.L.145/2015 che prevedeva al comma 4 che sono ammissibili al credito d'imposta le seguenti attività di ricerca e sviluppo: a) lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette; b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti; c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati ecc.
Al comma 5. Viene precisato che: “5. Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.”
Il successivo D.M. emanato dal ministero dell'Economia e delle Finanze in data 27.05.2015 - in vigore dal 29/07/2015 - in attuazione del regolamento per la fruizione del credito d'imposta per attività di R& S, all’articolo 2 lettera b) , precisa che sono ammissibili le attività di: "ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi necessari per la ricerca industriale ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);".
(IL MANUALE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) Tale disposizioni sono in linea con quanto stabilito dalla Comunicazione della Commissione Europea “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, n. 198 del 27.6.2014, che definiva “ sviluppo sperimentale “: l'acquisizione, la combinazione, la strutturazione e l'utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e di altro tipo allo scopo di sviluppare prodotti, processi o servizi nuovi o migliorati. Rientrano in questa definizione anche altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernente nuovi prodotti, processi o servizi….. Lo sviluppo sperimentale non comprende tuttavia le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione e servizi esistenti e ad altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentano miglioramenti;”.
La Comunicazione, nel paragrafo 4.5.1.1., al punto 75, rinvia alle ulteriori spiegazioni contenute nel Manuale di Frascati dell’OCSE. Il Manuale di Frascati, sebbene redatto in lingua inglese, era comunque ampiamente conosciuto dagli operatori del settore, e al punto 2.2. definisce lo sviluppo sperimentale come: “...un lavoro sistematico, basato sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze supplementari, che sono finalizzate alla creazione di nuovi prodotti o processi o al miglioramento di prodotti o processi esistenti” . Nel paragrafo 2.34 del capitolo 2.5 viene fatto un esempio di sviluppo sperimentale: "Per esempio, in un processo volto allo sviluppo di una nuova automobile, l’opzione di adottare alcune tecnologie potrebbe essere presa in considerazione e testata per essere usata nell’automobile che è in fase di sviluppo: questa è la fase in cui viene effettuato lo sviluppo sperimentale. Questo porterà a nuovi risultati grazie a nuove applicazioni di alcune conoscenze generali, sarà incerta perché i test potrebbero dare risultati negativi.”.
Alla luce del tenore letterale delle disposizioni legislative e regolamentari “ratione temporis” vigenti, nonché delle indicazioni contenute nel D.M. del 27 maggio 2015 e nel Manuale di Frascati, si rileva che le attività di ricerca e sviluppo finalizzate al miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti rientrano tra le attività ammissibili al beneficio del credito d'imposta previsto dalla normativa tributaria speciale.
In particolare, l'introduzione di un meccanismo di localizzazione nel veicolo rappresenta un miglioramento del prodotto che si inserisce in un processo di ricerca e innovazione condotto dall'impresa. Tale processo vede la partecipazione di personale dipendente che svolge attività specificamente orientate alla ricerca e sviluppo.
Tuttavia, la valutazione circa la possibilità che le modifiche apportate dalla ricorrente possano costituire acquisizione di nuove conoscenze scientifiche o tecnologiche, superando il mero miglioramento funzionale, è rimessa alla discrezionalità degli organi competenti al controllo. Questi ultimi devono fondare il loro giudizio sulle peculiarità del caso concreto, analizzando le specifiche caratteristiche delle attività poste in essere.
(LA RATIO DELLA NORMA E’ QUELLA DI INCENTIVARE LO SVILUPPO) Ne consegue che, qualora l’esito di tale valutazione sia negativo rispetto alla qualificazione delle attività come acquisizione di nuove conoscenze scientifiche o tecnologiche, ciò non può comportare l'accertamento dell'“inesistenza” del credito d’imposta, bensì la semplice “non spettanza” dello stesso. Diversamente, tutti crediti derivanti dalle attività di ricerca e sviluppo non espressamente riconosciute, rischierebbero di essere considerati inesistenti, vanificando la ratio della normativa che è volta ad incentivare lo sviluppo.
Stabilito che il credito compensato non può qualificarsi come “inesistente”, ne consegue che trovano applicazione i termini ordinari di accertamento di cui all'art. 43 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, e non quelli previsti dall'art. 27, comma 17, del D.L. n. 185/2008, il quale dispone che l'atto con cui si recuperano le compensazioni indebite effettuate con crediti inesistenti deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.
Nel caso di specie, l'anno di riferimento è il 2015, ossia l'anno in cui sono state sostenute le spese per ricerca e sviluppo, come stabilito dal Decreto interministeriale del 27 maggio 2015 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015), emanato in attuazione del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, il quale, all'art. 6, comma 1, prevede che: “Il credito d'imposta di cui al presente decreto deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i costi di cui all'art. 4.", e al comma 3: “Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui i costi di cui all'art. 4 sono stati sostenuti.”
L’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, nella sua formulazione applicabile fino all’anno d’imposta 2015, stabiliva che gli avvisi di accertamento potevano essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, e dunque, nel caso di specie, entro il 31 dicembre 2020.
Tuttavia, la normativa introdotta a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19, con l’art. 157 del D.L. n. 34/2020, ha prorogato il termine decadenziale al 28 febbraio 2022 per gli atti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020.
Alla luce di quanto sopra esposto, si rileva la tardività della notifica dell’atto impugnato, effettuata in data 17 novembre 2022.
Restano assorbiti gli altri motivi del ricorso.
Per tutte le motivazioni sopra esposte, il ricorso è accolto. Le spese a carico del soccombente sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M. La Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Ascoli Piceno accoglie il ricorso e dichiara nullo l'atto di recupero impugnato per decadenza dei termini di accertamento e liquida le spese in euro 2.380,00 oltre oneri accessori se dovuti.
229 | 2024 | 28/5/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (Perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (Perso)Il credito è non spettante (Vinto), le sanzioni sono state quindi ridotte al 30% ma non tolte per incertezza normativa |
Importo del credito: € 75.015,00 Attività svolta dall'impresa che opera nel settore aeronautico: La Ricorrente_1 rappresenta una delle realtà più importanti nei servizi tecnici all’industria aereonautica, a quella automobilistica, alla difesa, all’ Oil&Gas e ai sistemi Ropeways con 12 sedi in Luogo_1 e 4 all’estero e si avvale di oltre 500 specialisti investendo sull’innovazione, ogni anno, il 3,5 % del fatturato. Ha ottenuto dalla Borsa Italiana il certificato ELITE che la colloca nelle eccellenze Italiane. Il 28/03/17 taglia l’importante traguardo dell’ingresso in Borsa, quotandosi al mercato AIM. Il Gruppo sviluppa un fatturato di 37 milioni di euro ed è certificata dai diversi organismi indicati. A seguito dei processi di fusione, opera nello sviluppo dell’integrazione e del test di software installati all’interno dei sistemi di bordo dei velivoli civili e militari, nei contenuti multimediali e nelle piattaforme interattive destinate al supporto tecnico e a servizi di training specializzato per la manutenzione e gestione dell’elicottero e nei servizi di progettazione aereonautica a supporto dei costruttori oltre che nella definizione dei contenuti tecnici della documentazione a supporto del velivolo e nella progettazione di parti e componenti dei velivoli. È specializzata anche nella progettazione di sistemi medicali aereonautici e nella personalizzazione dei Kit per aerei adibiti a sorveglianza e videoriprese. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Manuale di Frascati deve essere applicato Riguardo la controversia sull’ammissibilità del credito per R&S, vanno condivise le argomentazioni sviluppate dall’Ufficio a proposito del contenuto della relativa normativa che consente di configurare tale credito d’imposta (esattamente l’art. 3, c. 1 D.L. 145/2013, conv. In L. 9/2014, come successivamente modificato e integrato, e successivo Decreto attuativo del 27/05/2015 del MEF, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico) nonché le linee interpretative alla cui stregua va valutata l’attività di ricerca e sviluppo (si tratta di quelle indicate nel c.d. “Manuale Frascati”, nella circolare n° 59990 del 09/02/2018 del Ministero dello Sviluppo Economico e nella risoluzione n° 40 del 02/04/2019 dell’A.E.). Coerentemente con il significato di “ricerca e sviluppo”, deve trattarsi di progetti che apportano un apprezzabile progresso di novità scientifico-tecnologico per l’intero mercato, e non un mero vantaggio operativo per l’impresa. L’innovazione realizzata non deve significare la semplice utilizzazione o miglioramento di conoscenze già esistenti, ma deve avere quelle caratteristiche di novità che sono richieste dalla normativa. Come è noto l’individuazione delle attività di R&S ammissibili al credito sono state stabilite dal Legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel par, 1.3, punto 5 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01/2014, recante la disciplina degli “aiuti di Stati” a favore della ricerca e sviluppo e innovazione. Al punto 75 della Comunicazione 198/01 del 2014 è espressamente previsto che per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, ci si dovrà basare sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche formulate dal “Manuale Frascati” dell’OCSE. È pur vero che il c.d. “Manuale Frascati” è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi dal 2018 (circ. MISE 59990/2018 e circ. A.E. 46/E/2018), ma è altrettanto incontestabile che tale “Nominativo_2” abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi di ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica (Comunicazione CE 2006/C 323/01 del 30/12/2006- Comunicazione 214/C 198/01 del 27/06/2014 richiamata dalla circ. dell’A.E. 5/E del 16/03/2016- par. 1 . Non è condivisibile, pertanto, che la Società negli anni degli investimenti, non poteva immaginare l’utilizzo dei criteri di classificazione del “Manuale Frascati”. L'ufficio non è obbligato a richiedere il parere al MISE Questa Corte non ritiene che spetti all’organo giudicante valutare se l’A.E. disponga o meno di competenze tecniche e se, quindi, sia necessario avvalersi del supporto di altre Amministrazioni. L’Organo giudicante deve limitarsi, in base agli atti di causa a valutare se l’Amministrazione abbia fatto un corretto uso della sua discrezionalità tecnica, ovvero se l’impianto argomentativo offerto dall’Ufficio sia idoneo a eliminare i dubbi di irragionevolezza e arbitrio del suo operato che deve seguire un percorso logico e non contraddittorio. Sulla presunta violazione dell’art. 3 del D.L. 145/2013 e 8 del D.M. del 27/05/15, per omessa richiesta del parere tecnico del MISE, l’Amministrazione non era preventivamente obbligata a richiedere il suddetto parere, considerato che trattasi di una possibilità, esercitabile in maniera discrezionale e, comunque, solo dove l’Ufficio controlli dell’A.E. si senta impossibilitato, per le circostanze del singolo caso, a svolgere adeguatamente tutte le valutazioni tecniche. La commissione è entrata nel merito tecnico del progetto Venendo alla fattispecie in esame, l’ufficio ha sviluppato una articolata istruttoria svolta sulla documentazione prodotta dalla parte e attentamente valutata, da cui è emerso che i due progetti della Società non potevano beneficiare delle favorevoli condizioni di legge, perché carente dei requisiti prescritti dalla norma. In particolare, come si può desumere dalla motivazione dell’atto, la convinzione è maturata in quanto sul primo progetto “cabinet elettroattuato”, non si riscontrano elementi di novità e di creatività e non si identifica il superamento di quelle incertezze scientifico-tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile con le conoscenze già disponibili nel settore di riferimento. Anche nel secondo progetto “acquisizione video iper-spettrale per elicotteri leggeri”, non si riscontra l’innovazione e la creatività nell’ambito di riferimento, né il superamento di ostacoli ed incertezze che possano produrre un beneficio per l’intera economia, al fine di soddisfare le” caratteristiche qualitative” richieste dalla normativa. Il primo progetto può rappresentare solo un incremento e miglioramento delle funzioni già esistenti dell’oggetto che è già presente negli arredi interni degli elicotteri- automobili- camper – yatch e, anche i materiali utilizzati sono già presenti in molti oggetti di uso comune ed hanno solo la finalità di abbattere i costi di produzione. Alla luce di ciò, tali modifiche che rendono maggiormente funzionante l’oggetto, non rientrano fra le attività agevolabili. Anche il secondo progetto non rileva le qualità evidenziate. La progettazione si sviluppa solo in un supporto per il posizionamento che è già presente sul mercato, nonché i materiali utilizzati sono principalmente l’alluminio che viene usato per le proprie ottime proprietà meccaniche già conosciute. La ditta ha presentato una perizia tecnica che la commissione ha ritenta non idonea Il revisore doveva certificare anche la relazione tecnica ? La documentazione prodotta dalla Società (inclusa la Perizia tecnica dell’esperto, che ricalca quanto già evidenziato nelle relative relazioni dei singoli progetti), non si è dimostrata idonea a supportare quegli elementi di novità e innovazione necessari per superare ostacoli ed incertezze nel proprio ambito e, fra l’altro, non è stata “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o da un professionista iscritto nell’albo dei Revisori, come la norma prevede. Tale professionista avrebbe dovuto attestare la regolarità formale della documentazione contabile e delle effettività dei costi. Inoltre, la successiva relazione prodotta, a seguito del contraddittorio, identica alla certificazione precedentemente esibita, è stata sottoscritta solo dal Legale rappresentante della Società e non anche dal Revisore, per cui non si conosce se tale documentazione si stata esaminata e valutata dall’organo preposto. Il credito è non spettante Il motivo del ricorso che, invece, merita di essere preso in considerazione, è quello relativo alla illegittimità nella parte in cui l’Ufficio irroga la sanzione per utilizzo in compensazione di crediti ritenuti “inesistenti”. Questa Corte, come già si è espressa più volte, ritiene che il caso di inesistenza del credito esprima qualcosa di diverso e grave (operazioni fraudolente fatte a scopo evasivo ecc.) della insussistenza dei requisiti che danno titolo all’agevolazione e giustificano il recupero fiscale. Nel caso, si deve ritenere che l’Ufficio abbia operato correttamente nel recupero, poiché in una fase di controllo successivo non è stata riscontrata la rispondenza dei requisiti di legge per poter beneficiare dell’agevolazione in quanto il progetto è mancante del carattere di innovabilità e sviluppo con portata generale previsto dalla specifica normativa. Tuttavia, tale mancanza ha un aspetto diverso della inesistenza oggettiva del credito legato ad un’attività elusiva /evasiva posta in essere dalla Società, per cui il credito deve considerarsi solo “non spettante” anziché “inesistente” con la conseguente riduzione al 30% della sanzione anziché quella applicata del 100% dall’Ufficio. Per la S.C(cfr. Sent. 3444/2021- 7615/2022 e la recentissima Sent. a SS.UU. 34452/2023), il credito è considerarsi “inesistente” solo al sussistere della duplice condizione di inesistenza totale o parziale del presupposto costitutivo e allorché tale inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli ex artt. 36-bis36-ter DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72. In mancanza la sanzione irrogabile sarà unicamente quella ordinaria , pari al 30%, non potendo trovare applicazione quella più grave pari al 100% ( art. 13,c.5 D.Leg. 471/97). Le sanzioni non sono state comunque azzerate per l'incertezza normativa. |
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230 | 2024 | 28/5/2024 |
L'atto di recupero è stato iscritto nel ruolo straordinario (che è valido solo per i crediti inesistenti) che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi.La ditta ha chiesto la sospensiva per il versamento di questa somma ma non è stata concessa (ricorso perso). |
Importo della contestazione € 43.150,00: La società Ricorrente_1 la cartella di pagamento n. 008 2023 0013554603000, notificata il 22.11.2023, dall’Ente di Riscossione portante le iscrizioni a ruolo straordinario di imposte, sanzioni ed interessi di cui all’atto di recupero crediti n. TQ3CRT300008/2023. In particolare, con l’atto di recupero crediti, impugnato in separato giudizio dalla ricorrente, l’Ufficio avendo acclarato l’assenza dei requisiti per l’esistenza del credito di imposta per ricerca e sviluppo, rilevava l’indebita fruizione del credito de quo per l’ammontare totale di € 351.488,73 e recuperava le indebite compensazioni del credito sorto nell’esercizio 2016 ed utilizzato in compensazione nel 2017 per l’importo di € 43.150,00. La cartelle era stata iscritta a ruolo straordinario che prevede il pagamento dell'intero ammontare delle imposte e delle sanzioni: Contestualmente, l’ufficio formava ed emetteva le partite di ruolo ai sensi del suddetto art. 27, comma 19 del D.L. n. 185/2019, che prevede l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell’art. 15 bis del D.p.r. n. 600/1973 (vale a dire dell’intero ammontare delle imposte e sanzioni, oltre agli interessi) notificate al contribuente con la cartella esattoriale qui impugnata. Il ruolo straordinario è previso solo per il crediti inesistenti: 1) Illegittimità della cartella per violazione dell’art. 27, commi 16 e 19 del D.L. n. 185/2008 e art. 15-bis del DPR n. 602/1973, atteso che l’iscrizione nei ruoli straordinari (e, pertanto, senza accesso alla riscossione frazionata in pendenza di giudizio) di tutti gli importi contenuti in atti di recupero è possibile solo per i crediti c.d. “inesistenti” e non anche per i crediti non spettanti. Richiesta delle sospensiva da parte dell'impresa relativa al versamento dell'intero importo del credito+sanzioni+interessi: Chiedeva nel contempo la sospensione dell’atto impugnato rappresentando, quanto al periculum che l’importo del credito erariale pari ad euro 96.724,20 avrebbe costretto la società a ricorrere al finanziamento bancario, peraltro difficilmente ottenibile, con ulteriori aggravi in termini di interessi passivi e che, in ogni caso, la pendenza del giudizio, in assenza di sospensiva, potrebbe pregiudicare la partecipazione della società alle gare pubbliche e, quindi, precluderle la possibilità di conseguire ricavi per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale. Per i giudici la sospensiva sul versamento dell'intero importo non può essere concessa. Viene riportata la differenza fra Iscrizione a ruolo straordinario e iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio che prevede il solo pagamento di un terzo del credito e degli interessi (con esclusione delle sanzioni). Orbene, ritiene la Corte che in primis non sussistano i presupposti per poter procedere alla invocata sospensiva in difetto dei presupposti di legge e che, invece, ricorrano i presupposti per una definizione del procedimento ai sensi dell’art 47 ter dlgs 546/92. In particolare quanto alla sospensiva deve evidenziarsi che come è noto, il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione della contemporanea sussistenza dei due requisiti previsti dalla legge: a) il "fumus boni iuris": il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato; b) il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente, ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e, quindi, della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute, oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento. Orbene, nel caso in esame, non può dirsi sussistente il requisito del periculum in mora, non ravvisandosi la sussistenza di un danno grave ed irreparabile. A ciò deve aggiungersi che, come si vedrà insussistente è anche il requisito del fumus. A tal riguardo, preliminarmente deve evidenziarsi che dalla lettura congiunta del comma 16 e 19 dell’art 27 del D.L. n. 185/2008 le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16 (utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti), anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Nello specifico l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dall’art.15 bis del d.P.R. 602/1973 consente all’Ufficio di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentito dalla iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio ex art.15 d.P.R. 602/1973. Orbene, il ricorrente contesta il modus procedendi dell’Ufficio, atteso che, a suo dire, non vi sarebbero i presupposti per procedere ad iscrizione nel ruolo straordinario, trovandoci al cospetto di crediti non spettanti e non anche di crediti inesistenti. L’ufficio sostiene l’inammissibilità del ricorso sul presupposto per cui i vizi dedotti dovrebbero farsi valere solo con l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto. Deve innanzitutto osservarsi come l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis consente all'amministrazione finanziaria di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell'intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni) consentito dalla iscrizione nei ruoli ordinari. Il carattere eccezionale di tale procedura giustifica la necessità, prevista dall'art. 11, comma 3, del citato decreto, che sussista un "fondato pericolo per la riscossione" e correlatamente, e come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, fonda l'obbligo dell'Amministrazione di indicare nella cartella le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, tale pericolo è ritenuto sussistente, e non, quindi, aprioristicamente affermato (Cass. n. 22306 del 2021; Cass. n. 12239 del 2017). E' stato affermato, in particolare, che se fosse consentito all'Amministrazione di omettere qualunque motivazione circa i fatti costitutivi della pretesa di riscossione integrale di un credito tributario ancora sub iudice, risulterebbe compromesso il diritto di difesa del contribuente, il quale si vedrebbe costretto ad impugnare la cartella senza conoscere le ragioni (e quindi senza poterle specificamente contestare) per le quali l’Ufficio, sulla base di motivi non palesati, ha ritenuto la sussistenza delle condizioni per procedere alla iscrizione a ruolo straordinario (v. Cass. n. 7795 del 2020). Né, in tal senso, sarebbe rilevante il semplice fatto che la società contribuente sia stata soccombente in primo grado davanti alla Corte di Giustizia Tributaria; come recentemente ribadito dalla Suprema Corte, infatti, l’aver indicato quale possibilità esecutiva, all’interno dell’atto di recupero, la procedura dell’iscrizione al ruolo straordinario ex art. 15bis, determina la mera facoltà di iscrivere le imposte a ruolo straordinario, sempre che sussista il fondato pericolo e sia adeguatamente esplicitato (v. Cass. n. 5779 del 2021). Tuttavia, se quanto sopra concerne la regola, il caso di specie, invece, afferisce alla fattispecie eccezionale di cui all'art. 27 commi 16 e 19 del dl 185/2008, convertito in legge n. 2/2009. In caso di crediti inesistenti, decorso il termine per il pagamento, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (cfr. ex multis Cass 21.4.2017 n. 10112). Dunque, in caso di inesistenza del credito l’Ufficio è obbligato ad usare il ruolo straordinario art. 27 comma 19 del DL 185/2008 in deroga alle normali condizioni di utilizzo dell'iscrizione al ruolo straordinario. Ebbene, non è chi non veda come le ragioni del fondato pericolo per la riscossione che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 gg delle somme dovute in base all’atto di recupero. In definitiva, le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa la pretesa impositiva sono già note al ricorrente, così come le ragioni dell’iscrizione a ruolo straordinaria perché contenute nell’atto impositivo, trattandosi di atto di recupero di crediti ritenuti inesistenti dall’Ufficio, anche se oggetto di impugnazione. Pertanto l’Ufficio, nel caso specifico, si è limitato ad applicare le disposizioni di legge in materia, una volta accertato il mancato pagamento da parte del contribuente delle somme dovute entro il termine di 60 giorni |
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218 | 2024 | 13/5/2024 |
Atto di recupero per crediti inesistenti iscritto al ruolo straordinario che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi (perso) |
Importo del credito € 95.062,02 MOTIVI DELLE DECISIONE Per i crediti inesistenti viene emesso l'atto di recupero iscritto al ruolo straordinario Con il primo, la Società sostiene che non sarebbe ammessa l’iscrizione a ruolo per l’intero ammontare ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, poiché l’atto di recupero deve considerarsi una specie del più ampio genere dell’avviso di accertamento e, essendo stato tale atto oggetto di impugnazione, si deve applicare nel caso specifico la normativa dell’iscrizione a ruolo frazionata ex art. 15 dello stesso decreto presidenziale; inoltre, non sarebbe nemmeno possibile l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi del successivo art. 15-bis, non essendo stata riportata, nella cartella qui impugnata, alcuna motivazione circa la sussistenza di fatti indicativi di un fondato periculum in mora, tale da giustificare la riscossione integrale del credito tributario (comprese le sanzioni), ancorché privo del requisito della definitività. Invero, si osserva che l’atto da cui scaturisce l’iscrizione a ruolo a titolo straordinario è un atto di recupero del credito d’imposta per Ricerca & Sviluppo, essendo stata accertata l’indebita fruizione di un credito d’imposta, per mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi, ed avendo l’Ufficio sostenuto che il credito d’imposta sorto in precedenza ed utilizzato in compensazione nel 2016 e 2017 fosse inesistente e, quindi, dovesse essere recuperato. Ciò premesso, all’ultima pagina dell’atto di recupero crediti, nella sezione rubricata “Riscossione conseguente alla notifica dell'atto di recupero”, è riportata la seguente indicazione: “In caso di mancato versamento diretto l'Ufficio, ai sensi dell'art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008, procede alla riscossione coattiva delle somme complessivamente dovute, maggiorate degli ulteriori interessi maturati, mediante iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell'art. 15-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602”. A sua volta, l’art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008 prevede che, “in caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'Ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'art. 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”. Ebbene, emerge che le ragioni del fondato pericolo per la riscossione, che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario, siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 giorni delle somme dovute in base all’atto di recupero. |
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155 | 2024 | Ascoli Piceno |
Il Manuale di Frascati deve essere applcato (perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)Il credito è non spettante (vinto) |
Importo del credito €155,00 Il Manuale di Frascati deve essere applicato I presupposti su cui si fonda il credito d’imposta sono essenzialmente riconducibili allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo intesa come attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo tecnologico o scientifico, come si evince dalla disciplina normativa contenuta nel d.l. 145/2013 e nel decreto attuativo emanato dal Mef in concerto con il Mise nel 2015 (art.8 D.M. 27.5.2015) e le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” sono contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della commissione UE (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”). Tali definizioni sono sostanzialmente mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati i cui criteri di qualificazione e classificazione costituiscono in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina agevolativa di cui all’art. 3 del citato decreto attuativo del 2015. Invero, al fine di soddisfare le “Caratteristiche qualitative”, richieste dalla normativa, occorre che l’attività sia innovativa in senso assoluto (non solo innovativa per la società, ma per l’intero mercato): ossia deve individuare delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alle capacità che formano lo stato dell’arte del settore e per il cui superamento si è reso, appunto, necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo – elementi, questi, rilevanti per la valutazione della “novità” dei nuovi prodotti o dei nuovi processi. Al contrario, non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Infine per quanto concerne il motivo di ricorso che richiama la non conoscibilità all’epoca delle attività svolte del c.d. “Manuale di Frascati” e l’impropria riconducibilità del relativo contenuto al rango di “fonte del diritto”, la Corte ritiene ragionevole e del tutto condivisibile l’orientamento seguito sul punto dalla prevalente giurisprudenza di merito (in particolare, Corte Tributaria di La Spezia sentenza n.276/22) secondo cui “Se è vero che il Manuale di Frascati è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi solo a partire dal 2018 (cfr. circolare ministeriale MISE 9 febbraio 2018, n. 59990, e circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 46E del 22.06.2018), è altrettanto incontestabile che il Manuale di Frascati abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi in ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica. Si allude sia alla Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01 del 30.12.2006 sia alla più recente Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, comunicazione, quest'ultima, espressamente richiamata dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 5/E del 16.03.2016, par. 2.1. Non è, dunque, condivisibile la tesi della società ricorrente, secondo cui essa non poteva immaginare negli anni 2016, 2017 e 2018 l'utilizzo dei criteri di classificazione definiti dal Manuale di Frascati. Parimenti destituita di fondamento è l'eccezione relativa alla mancata traduzione ufficiale del Manuale di Frascati in lingua italiana. Coglie doppiamente nel segno, l'Agenzia delle Entrate laddove, da un lato, ribadisce che il contenuto del Manuale di Frascati è stato recepito nella normativa comunitaria e nella prassi e, dall'altro, evidenzia che la società ricorrente neppure ha identificato con precisione quale pregiudizio abbia subito per effetto della mancanza di traduzione ufficiale in lingua italiana, posto che ha dimostrato di conoscerne il contenuto (del resto, come detto, ampiamente recepito nella normativa di provenienza eurounitaria). Il progetto riguarda un software In particolare, l’Ufficio ha dato prova di aver analizzato in termini analitici i cinque progetti della Ricorrente_1 i quali sono stati ritenuti ricadere fra le attività di tipo ricorrente o di routine connesse al software non classificabili come R&S, di cui alla citata Circolare ministeriale, atteso che trattasi più propriamente di un aggiornamento dei propri sistemi informatici con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, un’implementazione di sistema informatico già diffuso e nella disponibilità della società, una selezione e messa a punto di framework di migrazione di tecnologie di sviluppo Oracle, superando i limiti delle precedenti tecnologie, quali SQL forms3, in modalità carattere, e il DB Oracle nella versione 9.2, nonché nell’evolvere a tecnologia web la tecnologia client/server di Developer 2000, risalente alla fine degli anni 90. Il parere del Mise non deve essere richiesto Per quanto concerne la lamentata carenza di potere e di conoscenze tecniche da parte dell’Agenzia delle Entrate in ordine alla valutazione dei progetti della società ricorrente la Commissione osserva che la richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione viene sanzionata con la relativa nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, essendo evidente che l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (c.d. decreto attuativo), è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. Il credito è non spettante, le sanzioni vanno ridotto dal 100% al 30% Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni la Commissione osserva, in linea con quanto lamentato dal ricorrente, che in effetti l’art.7 del D.lgs. n.472/92 prevede espressamente alcuni elementi che devono essere presi in considerazione dall’Amministrazione finanziaria in sede di erogazione della sanzione, stabilendo che nel determinare la pena pecuniaria si deve tener conto della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, dell’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché della personalità dell’autore della violazione e delle sue condizioni economiche e sociali. Invero, l’art.13 comma 5 del D.lgs.471/97 prevede che nel “caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi”; in particolare si deve intendere come credito inesistente quello in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controllo di cui agli artt.36 bis e 36 ter del DPR 600/73, e all’art.54 bis DPR 633/72. Questo regime sanzionatorio era stato introdotto dall’art.27 del D.L. 185/2008 per contrastare quei comportamenti connotati da aspetti fraudolenti, in cui l’artificiosa rappresentazione contabile dei crediti in sede di autoliquidazione del debito fosse funzionale ad ostacolare o, comunque, a rendere infruttuosa l’azione di controllo ai danni dell’Erario. Dal canto suo la circolare n.5/E del 16 marzo 2016 precisava che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia stata riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt.36-bis e 36 ter DPR 600/73 e all’art. 54 del DPR 633/72”. In definitiva, la ratio del sistema è volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente “intercettato” mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente si connota per scarsa insidiosità. In tale ottica è ragionevole escludere dall’ambito applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l’inesistenza del credito emerga direttamente dai controlli operati dall’Amministrazione nonché quelle ipotesi di utilizzazione di crediti in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito stesso. In definitiva, in linea con le stesse indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n.36/E dell’8 maggio 2018), la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga “allestito” un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato “artificiosamente” in sede di compilazione del modello F24, sfuggendo così ai controlli dei modelli di dichiarazione dei redditi. Viceversa, qualora, come nel caso di specie, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative concernenti la lamentata carenza dei requisiti oggettivi previsti ex lege per poter beneficiare dell’agevolazione in parola, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente, ma al più quella del credito non spettante. E’indubbio infatti che, laddove il credito di imposta-compensato tramite modelli F24-sia stato correttamente inserito nelle dichiarazioni dei redditi presentate, accompagnato dalla Relazione illustrativa dei progetti come pure dalla certificazione attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento fraudolento, avendo lo stesso fornito , in sede di eventuale verifica, tutta la documentazione comprovante le modalità di calcolo del credito d’imposta, al fine di poter beneficiare a pieno titolo della disciplina agevolativa prevista dal D.L. n.145 del 2013 (cfr. Commissione Tributaria prov. Lazio Roma, sez.XXII, sentenza n.5918/2022). I principi di cui sopra sono stati ripresi recentemente dalla Corte di legittimità che ha avuto modo di chiarire come “In via generale, ai fini della determinazione dell’inesistenza del credito, si possono distinguere le seguenti ipotesi: a) la fattispecie che fonda l’agevolazione o il credito di imposta non è mai venuta ad esistenza ma, semplicemente, è stato solo realizzato un simulacro dei presupposti su cui si fonda la pretesa; b) la fattispecie è carente di un elemento costitutivo; in tal caso la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta. L’ipotesi sub a) è quella più radicale- ma anche di più semplice analisi-per la normale connotazione fraudolenta della condotta, mirata a fornire solo un’ingannevole rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi. In questo caso, l’attività svolta è fittizia perché le attività richieste non sono mai state effettuate” (Cass.S.U. n.34419/23). Nel caso specifico non vi é contestazione circa l’esistenza degli studi e delle ricerche effettuate dalla società ricorrente, ma se ne contesta la portata innovativa; pertanto viene meno uno dei requisiti individuati dalle sezioni Unite della Corte di cassazione per ritenere “inesistente” il credito di imposta. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada accolto solo ed esclusivamente in ragione della lamentela riguardante l’applicazione della sanzione di cui all’art.13 comma 5 del D.lgs. 471/97 e che gli atti vadano conseguentemente annullati limitatamente alle sanzioni che questa Corte ridetermina, per ogni atto, nella minore misura del 30% del credito di imposta utilizzato. |
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131 | 2024 | 22/3/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)Il credito è non spettante (vinto)La disapplicazione delle sanzioni per incertezze normativa non è stata accolta (perso) |
Importo del credito € 73.370,70 Progetto di ricerca Nel 2015 la società ha effettuato investimenti in due progetti di ricerca e sviluppo: 1) creazione di un generatore di energia da cogenerazione basato sul motore Stirling per uso domestico; 2) creazione di un macchinario semovente per la raccolta dei sarmenti di vite, per il quale ha ottenuto un riconoscimento da parte della Associazione_1 Precisa che l’oggetto dell’investimento non è la realizzazione di un motore “Stirling” in quanto tale, ma la sua applicazione nell’ambito della produzione di calore per il riscaldamento domestico, per l’acqua calda e per la generazione di elettricità. Per l’azienda il progetto rientra nel Manuale di Frascati Si sostiene che l’attività posta in essere dalla società è da considerare di ricerca e sviluppo come individuata dal manuale di Frascati, che dispone: “… le prestazioni di ricerca e sviluppo sono spesso incluse nella dicitura generale "progettazione e disegno". Se sono necessari calcoli, progetti, disegni di lavoro e istruzioni per l'uso, la realizzazione e l'esercizio di impianti pilota o prototipi, questi devono essere inclusi nelle attività di ricerca e sviluppo”. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise non è obbligatorio La richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione può essere sanzionata con la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, in quanto l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi del successivo art. 8, comma 1, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del c.d. decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello Sviluppo Economico di esprimere il proprio parere. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito in capo alla società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa di riferimento e, solo qualora lo ritenga necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE. Il Manuale di Frascati deve essere applicato Il Manuale di Frascati rappresenta un documento di supporto per il settore R. & S. e delinea in maniera più specifica le attività riconducibili a tale ambito; nel documento si afferma che risulta rilevante classificare le attività di R. & S. in base al settore della conoscenza in cui vengono condotte, distinguendosi generalmente tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale. Quest’ultimo viene definito come un lavoro sistematico, che si basa sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze aggiuntive, diretto a produrre nuovi prodotti o processi o a migliorare prodotti o processi esistenti. Nella sostanza, quindi, il Manuale in questione non introduce elementi innovativi rispetto allo schema di base già delineato dal Decreto Legislativo n. 145/2013 e dalla Comunicazione C/198 del 2014 emanata dalla Commissione Europea. Le direttive specificate nel Manuale di Frascati, nella circolare del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sopra menzionata e nella Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) conducono alla conclusione che le attività qualificabili come Ricerca e Sviluppo siano riconducibili a quelle poste in essere nel contesto di un processo innovativo intrapreso da un'impresa. Tali attività mirano a superare una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, le cui soluzioni non sarebbero possibili mediante l'applicazione delle tecniche e delle conoscenze già note e disponibili nel settore di riferimento. L'obiettivo finale è conseguire la realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, nonché il miglioramento sostanziale di prodotti e processi preesistenti. Nel caso di specie, risulta necessario stabilire, sulla base della documentazione allegata agli atti, se le attività in concreto realizzate dalla società soddisfino i criteri precedentemente delineati. Il parere del mise non deve essere richiesto Quanto all’onere della prova, è legittimo da parte dell’Agenzia delle Entrate esaminare la sussistenza dei presupposti per poter usufruire dell'agevolazione operando un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che ha richiesto il credito di imposta, anche senza l’intervento del parere tecnico del MISE. Le puntuali osservazioni dell’Agenzia sulla carenza di originalità e dei presupposti per la concessione del beneficio non sono state superate dalle argomentazioni riportate nelle relazioni e nel ricorso né da altra documentazione probatoria. - Riguardo alle eccezioni riguardanti l’onere probatorio rafforzato ex art. 7, comma 5 bis D. Lgs. 546/92, la S.C con l’Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 ha precisato che se è vero che “il comma 5 bis dell'art. 7 d.lgs. n. 546/92, introdotto con l'articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l'onere probatorio gravante in giudizio sull'amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l'inversione dell'onere probatorio” tuttavia “la nuova formulazione legislativa …. non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all'istruttoria dibattimentale un ruolo centrale”. La Corte ha chiarito che questa disposizione non intende sovvertire i principi giuridici preesistenti, brevemente menzionati, ma piuttosto mira a rafforzare la fase di istruttoria nel contesto del processo tributario. In sostanza, essa rappresenta una norma che riconosce e conferma tali principi, contribuendo comunque a fornire una disciplina più completa alla fase istruttoria all'interno del processo tributario. Il credito è non spettante - Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni risulta sostanziale la differenza fra "credito d'imposta " inesistente" e "non spettante”. L’art. 13 del D. Lgs. 471/97 fornisce una definizione di credito non spettante e di credito inesistente: - il comma 4 delinea il credito non spettante come quello relativo all’“utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”; - il comma 5 considera inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica. La S.C di Cassazione, con la sentenza a SS. UU. n. 34419 depositata l'11 dicembre 2023, ha confermato quanto già precisato nelle sentenze n. 34444 e n. 34445 del 2021 e n. 7615/2022, ed interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante. Con la sentenza le Sezioni Unite hanno stabilito che in tema di compensazione di crediti o eccedenze di imposta da parte del contribuente, il credito utilizzato è considerato inesistente, quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi ovvero quando è pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati. In mancanza di anche uno solo dei presupposti, il credito deve considerarsi esistente ma non spettante. Quindi, in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, ossia “priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza” (sentenze Cassazione n. 34444 e 34445 del 2021) deve mancare il presupposto costitutivo, ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente o perché basata su documenti falsi. Nel caso di specie non sono in contestazione le spese che hanno dato origine all'agevolazione né sono stati sollevati dubbi in ordine alla veridicità della documentazione relativa agli investimenti e, pertanto, il credito può essere qualificato come "non spettante". In tale ottica la norma impone che il provvedimento sanzionatorio che irroga la sanzione pari al 100% dell’imposta, debba contenere idonea motivazione in ordine agli elementi soggettivi ed oggettivi che hanno indotto l’Ufficio ad applicare la sanzione prevista per crediti inesistenti. Nel caso di specie l’Ufficio ha affermato che: “Pertanto, con il presente atto, l’Ufficio procede al recupero del credito d’imposta inesistente indebitamente compensato di € 73.371,00, degli interessi dovuti ai sensi dell’art. 20 del DPR 602/1973 e all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del D. Lgs. 471/97, pari al 100% del suddetto credito inesistente, per la quale non è ammessa la definizione agevolata” senza fornire specifica argomentazione in ordine agli ulteriori profili richiesti dalla norma richiamata in materia di provvedimento sanzionatorio, non tenendo conto del fatto che, ad esempio, la ricorrente ha prodotto documentazione (anche se non idonea a provare la spettanza del credito) con cui ha cercato di fornire le spiegazioni richieste in ordine alla riconducibilità delle operazioni nell’ambito della ricerca e dello sviluppo aziendale da cui si poteva evincere la non spettanza dei crediti piuttosto che la loro totale inesistenza. La Corte, pertanto, ritiene applicabile la sanzione prevista per i crediti non spettanti. La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta - La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non può essere accolta non ricorrendo i presupposti delle obiettive condizioni di incertezza normativa previste dall’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 472/97. La normativa ed i documenti di prassi, come sopra già analizzati, emessi anteriormente all’anno 2016, fornivano indicazioni sufficienti per l’identificazione dei requisiti per poter usufruire del credito per le attività di R. & S. Non si ravvisa alcuna incertezza applicativa o oggettiva difficoltà, da parte dei diretti interessati, di valutare quali condotte siano fiscalmente corrette e non sanzionabili. Secondo la Corte di Cassazione, l’incertezza normativa oggettiva che, a norma delle disposizioni appena citate, esime il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferita non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e neppure all’Amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Corte di Cassazione n. 3108/2019). L’ Ordinanza della Cassazione n. 9055/2023 ha esemplificato i "fatti indice", ossia i presupposti fattuali e normativi che il giudice tributario è tenuto a valutare nel loro valore indicativo, al fine di applicare (o meno) la causa di esenzione della responsabilità. Rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. La Corte non ritiene che, nel caso di specie, possano ravvisarsi le condizioni di incertezza sopra delineate (contenuto, oggetto, destinatari della norma tributaria). |
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