Il nuovo processo tributario è entrato in vigore il 16.9.2022
NORMATIVA
Comma 5-bis dell'art.7 D.Lgs. 546/1992 così come introdotto dall'articolo 6, comma 1, L. 130/2022
RASSEGNA STAMPA
www.fiscooggi.it 23.9.2022 (Analisi dei primi dubbi applicativi)
Comma 5-bis dell'art.7 D.Lgs. 546/1992 così come introdotto dall'articolo 6, comma 1, L. 130/2022
LEGGE 31 agosto 2022, n.130
Testo in vigore dal: 16-9-2022
Art. 6 Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo n. 546 del 1992 1. All'articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo il comma 5 e' aggiunto il seguente: «5-bis. L'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o e' contraddittoria o se e' comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati».
RASSEGNA STAMPA
www.fiscooggi.it 23.9.2022 (Analisi dei primi dubbi applicativi)
In questo quadro, solo approssimativamente delineato, la riforma del 2022, con l’articolo 6 della legge n. 130/2022, ha introdotto, al più volte richiamato articolo 7 del Dlgs n. 546/1992 il comma 5-bis, che recita: “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati”. Dal tenore letterale della riportata disposizione, alcuni commentatori hanno ritenuto che ne discenderebbe un obbligo, per l’Amministrazione finanziaria, di indicare già in motivazione tutte le prove a sostegno della pretesa erariale e che ogni incompletezza in tal senso, concretizzando un difetto motivazionale, non potrebbe essere sanata nel corso del processo, tanto alla luce dell’orientamento giurisprudenziale prevalente, che preclude l’integrazione della motivazione in sede processuale. Inoltre, da una tale incompletezza ne hanno fatto discendere il potere del giudice di annullare per intero l’atto, senza possibilità che neppure il giudice medesimo, nell’ambito comunque dei fatti dedotti dalle parti, acquisisca i mezzi di prova necessari alla decisione. Una tale conclusione contrasta, innanzitutto, con la natura del processo tributario di legittimità-merito, potendo il giudice, già in sede di cognizione, regolare il rapporto giuridico d’imposta sulla base degli elementi di prova acquisiti anche esercitando i propri poteri istruttori che, tra l’altro, la riforma ha potenziato con l’ammissione della prova testimoniale. Tale ampliamento dei poteri istruttori, che consentono al giudice di accedere al fatto senza il “filtro” documentale, ridonda nettamente contro la tesi, da alcuni paventata, che per effetto della disposizione di cui al nuovo comma 5-bis dell’articolo 7, il processo tributario sarebbe divenuto di mera legittimità-annullamento. In realtà, una cosa è l’obbligo motivazionale, che attiene alla fase amministrativa, altro è l’onere probatorio, che attiene alla fase processuale, tanto è vero che la sopra riportata disposizione è stata inserita nell’ambito del predetto articolo 7 del Dlgs n. 546/1992, che disciplina l’istruttoria processual-tributaria. D’altra parte, l’incipit del comma 5-bis recita: “L’amministrazione prova in giudizio…”. Tale affermazione è coerente con il fatto che, tecnicamente, la prova si forma nel dibattimento, mentre nella fase istruttoria, soprattutto in quella procedimentale, emergono al più elementi indiziari, che poi devono essere tramutati in prova nel processo. Ad esempio, anche le dichiarazioni di terzi menzionate in un Pvc sono connotate da fede privilegiata, esclusivamente con riferimento alla provenienza delle dichiarazioni stesse, ma non con riguardo al loro contenuto, che deve essere provato in giudizio, anche mediante il nuovo mezzo della prova testimoniale. Riguardo alla motivazione dell’atto impugnato, in base all’articolo 3 della legge n. 241/1990 e all’articolo 7 della legge n. 212/2000, l’adempimento dell’obbligo motivazionale è assolto quando viene esternato l’iter logico seguito per addivenire alla determinazione della pretesa erariale, indicata nel dispositivo del provvedimento impositivo. Quindi, la motivazione è una “finestra aperta” sul procedimento amministrativo-tributario, al termine del quale è emesso il provvedimento impositivo. Pertanto, l’obbligo motivazionale si sostanzia nel fornire contezza della connessione logico-giuridica tra gli atti endoprocedimentali che hanno condotto all’adozione del provvedimento impositivo. In sintesi, la motivazione deve rendere intelligibile come dalle fonti di innesco dell’attività accertativa si è passati all’acquisizione degli elementi istruttori, esplicando i criteri di valutazione di tali elementi e, infine, come questo iter sfocia nella quantificazione della pretesa erariale e dei suoi accessori. In sostanza, l’obbligo motivazionale ha a oggetto l’evidenziazione di un percorso logico-giuridico piuttosto che la specifica enunciazione in motivazione di ogni singolo elemento istruttorio. Tanto anche in considerazione della possibilità di motivare “per relationem” ad atti contenenti una pluralità di elementi istruttori, come un Pvc. In sede processuale è (ma è sempre stato!) onere dell’ufficio provare, laddove contestata dal ricorrente, la veridicità e la corretta qualificazione e quantificazione degli elementi acquisiti nell’istruttoria amministrativa, avvalendosi, dal 16 settembre prossimo, anche della prova testimoniale (con le esclusioni sopra riferite), che può essere anche a favore delle ragioni erariali. D’altra parte, è opportuno anche sottolineare, che la riforma in commento non ha abrogato tutto il microsistema di presunzioni semplici, fondate su circostanze gravi precise e concordanti, e neppure le ipotesi più rare di presunzioni “super semplici” (come nei casi di accertamenti “induttivi puri”), che hanno l’effetto di trasferire l’onere probatorio in capo al contribuente. In base alle considerazioni svolte, quindi: 1) la motivazione è idonea a conseguire il suo scopo se è in grado di rendere intellegibile la genesi della pretesa erariale; 2) l’onere della prova deve essere assolto in giudizio da parte dell’ufficio in relazione alle proprie controdeduzioni, che dipendono dalle censure mosse nel ricorso introduttivo. In definitiva, il thema probandum è determinato dalle censure mosse nel ricorso, le quali non sono limitate dagli elementi istruttori (cioè: elementi indiziari e non prove) espressamente enunciati in motivazione, ma si riconnettono al contenuto degli atti endoprocedimentali nel loro complesso, che, comunque, devono essere richiamati in motivazione anche solo mediante un rinvio agli stessi. |
Processo tributario, onere della prova sempre a carico dell'amministrazione finanziaria? - Ec News 30.9.2022
Fanno eccezione tutte quelle ipotesi in cui l’inversione dell’onere della prova è conseguenza di una cd. presunzione legale (relativa o assoluta), dal momento che lo stesso articolo 7, comma 5-bis, D.Lgs. 546/1992 stabilisce che: «Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e … comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale».
A titolo esemplificativo si pensi alla presunzione legale relativa:
- di residenza in Italia per i contribuenti che si sono trasferiti in paradisi fiscali ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, Tuir;
- di imponibilità dei capitali detenuti in paradisi fiscali in assenza di compilazione del quadro RW ex articolo 12 D.L. 78/2009;
- di imponibilità dei movimenti bancari non giustificati ai sensi dell’articolo 32 D.P.R. 600/1973.
In tutti gli altri casi, e quindi anche nella ipotesi di ricorso a presunzioni semplici o semplicissime ai sensi dell’articolo 2729 cod. civ., il giudice sarà chiamato a valutare la fondatezza dell’accertamento senza poter invertire l’onere della prova (dunque, il contribuente non potrà essere gravato di tale onere).
Peraltro, così come espressamente previsto dalla citata novella, qualsiasi prova, e quindi anche la prova presuntiva, dovrà essere puntuale, circostanziata e non contraddittoria.
In difetto di ciò, il giudice non potrà fare altro che procedere con la declaratoria di nullità dell’atto impugnato.
Testo in vigore dal: 19-4-1942
Art. 2729. (Presunzioni semplici). Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.