Pensato principalmente per le Pmi che vogliano affrontare le sfide dell’attuale mercato con nuove formule aggregative senza tuttavia rinunciare alla propria autonomia e specificità, l’istituto della rete è al contempo ed in prospettiva – visti i dati Unioncamere 2011- particolarmente “appetibile” per i professionisti legali e fiscali.
Per i grandi Studi specializzati nella consulenza globale alle aziende, la nuova fattispecie giuridica introdotta nel nostro ordinamento nel 2009 apre infatti una nuova area di practice (integrativa degli altri servizi offerti nell’attività stragiudiziale) destinata nel lungo periodo ad accrescere il proprio peso.
Per i piccoli Studi, data la recente introduzione dell’istituto, è certamente l’occasione per costruire fin da subito un proprio expertice specifico. E tentare di ritagliarsi una propria nicchia per “primeggiare” in mercato di riferimento altamente competitivo.
È un tipico contratto di aggregazione tra imprese con comunione di scopo, che permette ai partecipanti di rete di collaborare mantenendo la propria autonomia e specificità senza realizzare un nuovo soggetto di diritto o una nuova e distinta attività d’impresa. Consente ampie formule ed aggregazioni: può infatti essere sottoscritto da imprese di qualsiasi numero (ne bastano 2), natura (di produzione di beni o servizi, di distribuzione), dimensione (grandi, medie, piccole) e tipo (Spa, Srl, società di persone, cooperative, ditte individuali, imprese no profit, fondazioni). Richiede la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata e contenutisticamente deve contenere il “programma di rete” con l’enunciazione dei diritti/obblighi dei partecipanti e delle modalità di realizzazione del progetto comune.
Tuttavia, la questione dell’applicabilità agli studi legali è tutt’ora controversa. Vediamone le principali difficoltà applicative e le opportunità.