Eutekne Lunedì 13 giugno 2011
Appare possibile applicare le regole del mandato, con fatture emesse dai
fornitori alla rete e riaddebito dalla rete alle singole imprese
/ Gianluca ODETTO
La fiscalità delle reti di imprese è stata esaminata dall’Agenzia delle Entrate con
particolare riferimento all’imposizione sui redditi. Scopo dei chiarimenti emanati, ed in
particolare della circolare n. 15 dello scorso 14 aprile 2011, era soprattutto quello di
chiarire la portata delle agevolazioni previste in questo comparto, prima tra tutte
naturalmente la sospensione d’imposta per gli utili accantonati al fine di finanziare gli
investimenti previsti dal programma comune di rete.
Rimangono, invece, nell’ombra gli aspetti legati all’imposizione indiretta, che più
accompagnano la gestione “ordinaria” della rete. Nel momento in cui le reti acquisiscono
beni o servizi dall’esterno per realizzare tali investimenti (o anche solo per i costi
d’esercizio), non appare chiaro se il terzo possa (o debba) fatturare alla rete, ovvero alle
singole imprese; appare con tutta evidenza la difficoltà di operare nel secondo modo, in
quanto ciò equivarrebbe:
- o a obbligare tale soggetto ad emettere una pluralità di fatture, nei confronti di ciascun
soggetto partecipante, peraltro con criteri di suddivisione dei corrispettivi a lui ignoti;
- oppure a prevedere la fatturazione nei confronti di una sola delle imprese partecipanti
(intuitivamente, la “capofila”), la quale dovrebbe poi riaddebitare parte dei costi alle altre
imprese.
Ci si chiede, pertanto, se sia possibile fatturare alla rete e se, in caso affermativo, quali
possano essere le modalità da seguire.
In primo luogo, va detto che, secondo l’Agenzia delle Entrate, la rete non ha soggettività
passiva ai fini delle imposte sui redditi. Ciò non porta, però, alla conclusione per cui debba
automaticamente mancare anche la soggettività passiva IVA, posto che esistono enti non
soggetti alle imposte sui redditi che sono, però, soggetti passivi IVA (ad esempio, i GEIE).
Appare, pertanto, sostenibile l’ipotesi di dotare la rete di una propria partita IVA, e di
prevedere la fatturazione delle cessioni e delle prestazioni dai terzi alla rete, la quale
provvederà a ripartire i costi secondo i criteri fissati dalle pattuizioni intercorse tra le
imprese.
Mandato senza rappresentanza se la rete agisce in nome proprio
Se la rete agisce in nome proprio, allora è ipotizzabile che i flussi di fatturazione possano
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1 di 2 13/06/2011 9.53avvenire secondo lo schema del mandato senza rappresentanza. In questo modo, come
chiarito dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 377 del 2 dicembre 2002:
- i terzi fatturerebbero alla rete, addebitando l’imposta in base alla natura dei beni o dei
servizi ceduti;
- la rete, a sua volta, rifatturerebbe alle singole imprese, tendenzialmente senza mark up
nei confronti delle medesime (a meno che sia previsto un margine dagli accordi, circostanza
che appare non incompatibile con la struttura del contratto);
- non ci sarebbero problematiche connesse alla presenza di componenti negative che
gravano sulla rete stessa, in quanto il principio che regola il mandato è quello secondo cui le
operazioni compiute si riflettono nella sfera giuridica del mandante (nel caso
considerato, le singole imprese).
Ciò garantirebbe, peraltro, che per eventuali acquisti con IVA indetraibile, la rete non sia
incisa dall’indetraibilità (lo sarebbero, invece, le imprese partecipanti, come precisato in
linea generale per il mandato senza rappresentanza dalla risoluzione dell’Agenzia delle
Entrate n. 10 del 28 gennaio 2005).
Si tratta di una soluzione non incompatibile, peraltro, con le esigenze di rendicontazione
delle spese sostenute, in quanto consentirebbe l’imputazione diretta dei costi alle singole
imprese, in modo non dissimile da quanto avviene nell’ambito dei consorzi (e fatta,
naturalmente, salva la soggettività passiva dei medesimi ai fini delle imposte sui redditi in
qualità di enti commerciali).
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