DIRITTO DEL DEBITO ALLA QUIETANZA
Dispositivo dell'art. 1199 Codice Civile
Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza (1) [1195, 1196] e farne annotazione (2) sul titolo (3), se questo non è restituito al debitore [2213 2, 2704, 2726]. Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi.
Note
(1) La quietanza dev'essere redatta per iscritto e può consistere anche in dichiarazioni siglate, timbrate o più in generale prive di autografo. Può anche concretizzarsi mediante telegramma, telefax etc.
(2) La quietanza deve indicare, oltre al pagamento ricevuto, il titolo (il motivo) per cui il pagamento è effettuato [v. 1195], altrimenti può sorgere dubbio sull'imputazione [v. 1193].
(3) Ad esempio, sulla cambiale.
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Forma [modifica]
La quietanza deve essere rilasciata in forma scritta: atto pubblico o scrittura privata. Altrimenti sarebbe frustrata la finalità certificativa della stessa. La dottrina ritiene sia sufficiente la provenienza della quietanza dal creditore, anche se non firmata dallo stesso.
Valore giuridico [modifica]
È priva di qualsiasi valore la semplice dicitura "Pagato" riportata nelle bolle di consegna o fatture, ed è comunque interpretabile come un pagamento parziale, e quindi può essere oggetto di contestazioni successive del creditore. Perché l'atto sia valido deve riportare la dicitura "per quietanza" e la firma del creditore. È inammissibile la prova per testimoni finalizzata a smentire il contenuto della quietanza. L'atto di quietanza può essere impugnato solamente quando la parte miri a dimostrare di averlo sottoscritto per violenza o errore di fatto.[1] L'errore invocato deve essere scusabile, inteso vertere su circostanze tali per cui qualunque uomo medio sarebbe caduto in inganno date le circostanze di tempo, modo e luogo in cui l'errore è avvenuto.
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IMPUTAZIONE DEL PAGAMENTO EFFETTUATA DAL CREDITORE E ACQUIESCENZA DEL DEBITORE
Nota a Cass. civ., II sez., sent. 13/12/2005, n. 27405
Nel caso posto all’attenzione della S.C. (1), un debitore che non aveva prontamente contestato l’imputazione del pagamento effettuata dal creditore ed inserita nello stesso documento contenente la quietanza, pretendeva, nonostante fosse trascorso circa un anno dalla suddetta dichiarazione, di attribuire a quel pagamento altro significato, adducendo a fondamento della sua pretesa, che la suddetta dichiarazione di avvenuto pagamento era stata firmata solo dal creditore.
La Cassazione, nel rigettare il ricorso, ribadisce le motivazioni addotte dalla Corte d’appello, ed in particolare il carattere suppletivo dei criteri indicati dal II comma dell’art. 1193 c.c., i quali operano solo se il debitore non si è avvalso della facoltà di dichiarare quale debito intenda soddisfare nei confronti di un medesimo creditore verso il quale ha più debiti, e qualora l’imputazione del pagamento (2) non sia stata fatta dal creditore.
- La questione oggetto della sentenza
La ricorrente, promissaria acquirente in un contratto preliminare di vendita avente ad oggetto il trasferimento di un appartamento, per il quale la medesima aveva già versato, in successive rate, un importo pari alla quasi totalità – a suo dire – del prezzo pattuito dalle parti, ed invano aveva atteso per circa un anno la stipula del contratto definitivo di vendita, conveniva in giudizio gli eredi del promittente alienante, nel frattempo venuto a mancare, chiedendo ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento della proprietà dell’appartamento di cui sopra ed offrendo contestualmente il pagamento del prezzo residuo (importo corrispondente alla decima parte del prezzo dell’immobile pattuito nel preliminare).
I convenuti, costituitisi nel giudizio di primo grado chiedevano il rigetto della domanda attorea e contestavano l’importo indicato dalla parte debitrice a titolo di residuo del prezzo di vendita dell’immobile (in quanto di molto inferiore a ciò che era ancora loro dovuto), dal momento che parte delle somme in precedenza corrisposte dalla promissaria acquirente, erano state versate non a titolo di corrispettivo per la vendita dell’appartamento, ma a titolo di corrispettivo sia per l’esecuzione di modifiche interne effettuate in accordo tra le parti che per la revisione dei prezzi, entrambi attestati da un verbale di consegna firmato da entrambe le parti e da una dichiarazione sottoscritta dal solo promittente alienante.
Mentre in primo grado i giudici accoglievano la domanda della parte debitrice, viceversa i giudici del gravame – ovvero la Corte d’Appello di Catania – davano ragione agli eredi del promittente alienante, in considerazione del fatto che le due scritture menzionate poc’anzi (e cioè il verbale di consegna in cui le parti dichiaravano che i lavori di modificazione interna dell’alloggio rispondevano a quanto richiesto dalla parte debitrice e la dichiarazione sottoscritta dal solo promittente alienante in cui costui attestava l’avvenuto pagamento di una determinata somma da parte del promissario acquirente a titolo di corrispettivo per le modifiche eseguite e di revisione prezzi, nonché in parte a titolo di pagamento per il trasferimento dell’immobile) non erano mai state contestate dalla parte debitrice.
In secondo luogo la Corte d’Appello aveva accertato, sulla base dei documenti prodotti in giudizio dalle parti, che la dichiarazione sottoscritta dal solo promittente alienante e attestante il pagamento di una determinata somma a titolo di corrispettivo per le modifiche eseguite, revisione prezzi e solo in parte pagamento del prezzo dell’immobile, incorporava sia la quietanza liberatoria, sia la dichiarazione di imputazione del pagamento. E pertanto, dal contenuto di questo documento era provato che la parte debitrice avesse estinto il debito sia per l’esecuzione delle migliorie all’alloggio che per la revisione dei prezzi, mentre era rimasta inadempiente all’obbligo di corrispondere l’intero prezzo pattuito per la vendita dell’immobile.
Con atto stragiudiziale, a distanza circa un anno dal preliminare, la parte debitrice, pur non contestando direttamente la suddetta dichiarazione firmata dal solo promittente alienante, aveva diffidato gli eredi del creditore, alla tempestiva stipula dell’atto definitivo di vendita dell’immobile, offrendosi di versare contestualmente solo una parte (circa la decima parte del prezzo complessivo dell’alloggio) di quanto ancora dovuto.
La Corte d’Appello accoglieva le doglianze esposte dalla parte soccombente in primo grado – ovvero la parte promittente alienante - ribadendo i criteri indicati agli artt. 1193 e 1995 del codice civile in tema di imputazione del pagamento.
Infatti il disposto dell’art. 1193, I comma, prevede che sia il debitore avente più debiti della medesima specie nei confronti di uno stesso creditore, a scegliere, dichiarandolo al momento del pagamento, quale debito intenda soddisfare (3). Potendo però accadere che il debitore non si avvalga di questa facoltà, tale scelta - come si desume dall’art. 1195 c.c. - spetta al creditore, il quale nello stesso documento di quietanza, può dichiarare di imputare il pagamento ad uno o più debiti determinati, ed in questo caso la dichiarazione così effettuata deve essere accettata dal debitore.
In tal senso, il giudice del gravame sottolinea come i criteri dettati dal II comma dell’art. 1193 c.c., abbiano valore suppletivo e siano pertanto applicabili solo qualora il debitore non abbia effettuato l’imputazione ed altresì manchi quella effettuata dal creditore.
I giudici di secondo grado concludevano che la mancata tempestiva contestazione da parte del debitore, anche perché non era mai stato dedotto il ricorso al dolo o alla sorpresa dal parte del creditore, faceva sì che il documento costituisse la prova dell’accettazione del debitore all’imputazione operata dal creditore.
La S.C. avallando il ragionamento della Corte d’Appello, ha rigettato il ricorso della parte debitrice, sottolineando come la dichiarazione di imputazione sia negozio giuridico unilaterale in cui il creditore esercita la sua facoltà di scelta, scelta che non presuppone accordo sull’imputazione e pertanto il fatto che tale dichiarazione – inserita nello stesso documento contenente la quietanza, la quale a sua volta soddisfa il principale interesse del debitore a conservare la prova documentale dell’avvenuto pagamento – non venga prontamente contestata dal debitore, le conferisce, proprio in virtù dell’acquiescenza, il valore di prova certa dell’accettazione dell’imputazione effettuata dal creditore.
- Natura e funzione della quietanza
Per le ragioni più svariate il debitore che ha eseguito la prestazione può avere l’esigenza o la necessità di attestare di avere effettuato il pagamento. Sebbene costui potrebbe con ogni mezzo fornire la prova dell’avvenuto pagamento, è evidente come risulti più immediato ed al tempo stesso prudente, che contestualmente al pagamento il debitore ottenga un’attestazione da parte del creditore, mediante dichiarazione unilaterale recettizia, di quanto ha pagato ed eventualmente a quale titolo.
Questa dichiarazione che prende il nome di quietanza, può essere di diritto pretesa dal debitore all’atto del pagamento, tantochè egli si può rifiutare di adempiere in caso contrario (4). Il diritto alla quietanza è infatti espressamente riconosciuto dall’art. 1199 c.c. e soltanto nei “casi – limite” un tale rifiuto può esser valutato alla stregua del principio di correttezza (art. 1175, nn. 1-4, c.c.), come ad es. nell’ipotesi di pagamento talmente inferiore al dovuto che sarebbe assurdo pretendere anche la quietanza (5). Tuttavia il rilascio della quietanza è subordinato sia al pagamento che alla richiesta e all’anticipazione delle spese per la medesima al creditore (art. 1199, co. 1, c.c.).
Occorre aggiungere che all’atto del pagamento non è imposta la restituzione del “titolo”che attesta la nascita del credito, ma il creditore che trattenga il documento presso di sé, deve annotarvi il pagamento ricevuto a richiesta del debitore (6).
Quale dichiarazione unilaterale recettizia ricognitiva, o di scienza, che si riferisce ad un fatto sfavorevole al creditore e favorevole al debitore, la quietanza ha valore di confessione stragiudiziale (7). La sua natura confessoria impedisce di contestare il pagamento con prova testimoniale e pertanto la quietanza costituisce piena prova del fatto che si è ricevuto il pagamento per un determinato ammontare ed eventualmente in base al titolo indicato dal creditore che dichiara di aver ricevuto una determinata somma.
Tuttavia l’esibizione di una quietanza da parte del debitore non esclude l’eventuale permanenza di un debito residuo che il creditore è legittimato a far valere nelle vie ordinarie, in quanto nella quietanza il creditore non è tenuto ad attestare anche che la somma corrisposta corrisponde al contenuto dell’obbligo (8). Il debitore ha infatti soltanto il diritto all’attestazione che si riferisce al pagamento con l’eventuale aggiunta dell’indicazione del titolo del medesimo, ove ne faccia espressamente richiesta.
La natura ed il contenuto legale della quietanza escludono qualsiasi possibilità di confusione con eventuali altre dichiarazioni liberatorie che potrebbero essere contenute nel documento rilasciato al debitore. Mi riferisco in particolare alle cosiddette “dichiarazioni a saldo” (o di non aver nulla a pretendere ulteriormente) che non hanno natura giuridica e non possono pertanto avere il valore probatorio pieno di una confessione stragiudiziale (art. 1988 c.c.), ovvero presuppongono che colui che intende usufruirne fornisca la prova di un preciso intento di estinguere l’obbligazione con atti distinti dalla confessione.
Per quanto riguarda la capacità necessaria per rilasciare la quietanza, è chiaro che occorre la capacità di agire, così come per ogni altra manifestazione di volontà o di scienza che importi la disposizione di diritti.
Quanto alle forme che questa dichiarazione deve avere, l’art. 1199, non dice espressamente nulla a riguardo eccetto il fatto – desumibile dal tenore letterale della norma - di concepire la quietanza come un documento scritto. Pertanto sarà sufficiente che dal contesto della dichiarazione, risulti l’avvenuto pagamento ed il titolo per il quale tale pagamento è avvenuto. In tal senso si ritiene adeguato a costituire una quietanza, l’annotazione “pagato” o simile apposta sulla fattura intestata al debitore e seguita dalla sottoscrizione del creditore medesimo che la fattura ha emesso. Mentre invece, laddove il creditore non rilasci quietanza, deve ritenersi priva di un valore equivalente, l’annotazione di pagamento che il creditore abbia effettuato sul buono di consegna delle merci rimasto in suo possesso (9).
Nel caso posto all’attenzione della S.C., i requisiti necessari per identificare una quietanza in base a quanto esposto sopra, erano tutti contenuti nella dichiarazione sottoscritta dal solo promittente alienante in cui si attestava di aver ricevuto una certa somma dalla parte debitrice e come veniva ripartita la somma ricevuta rispetto ai debiti che il promissario acquirente doveva ancora assolvere nei confronti dell’altra parte. Vi era quindi una precisa imputazione del pagamento, effettuata dal creditore e che il debitore aveva tacitamente accettato, poiché non aveva preteso altra quietanza per diverso titolo, come la legge gli avrebbe consentito.
- L’imputazione del pagamento
Come già sottolineato in precedenza, è al debitore (art. 1193, I comma, c.c.) che viene data in primo luogo facoltà di imputare il pagamento al debito che intende soddisfare nei confronti di un medesimo creditore verso il quale abbia più debiti della stessa specie.
Laddove però costui non eserciti tale facoltà, l’eventuale imputazione spetta al creditore in sede di rilascio della quietanza (così è desumibile dall’art. 1195 c.c.) ed in questo caso, qualora il debitore accetti la quietanza, accetta implicitamente anche la scelta compiuta dal creditore in ordine all’imputazione del pagamento, non potendo più pretendere una diversa imputazione eccetto il caso in cui vi sia stato dolo o sorpresa da parte del creditore.
Dunque il principio del favor debitoris riscontrabile nel disposto di cui all’art. 1193, I co., c.c., viene ulteriormente rafforzato dalla legge quando la facoltà di scelta passa al creditore, e cioè si vuole tutelare comunque il debitore dal creditore che approfitti della sua fiducia come ad es. quando, contrariamente a quanto dichiarato espressamente o indirettamente all’atto dell’accettazione del pagamento, costui indichi poi nella quietanza, una diversa imputazione rispetto a quella dichiarata. Pertanto anche nell’ipotesi di imputazione effettuata dal creditore, il debitore non deve accettare passivamente la scelta così operata , ma può – a sua discrezione – anche rifiutare la quietanza e pretenderne un’altra con una diversa imputazione, quindi l’ultima parola spetta ancora al debitore.
Occorre però ricordare che la facoltà di cui sopra non è altrettanto offerta al debitore nel caso di imputazione del pagamento alle diverse componenti di un debito pecuniario (costituito da capitale, interessi, spese). In tal caso la legge per tutelare il creditore, prevede rigidi criteri (art. 1194 c.c.) ai quali il debitore può derogare solo con il consenso dell’altra parte, e cioè la regola generale è che in tali casi il pagamento venga imputato in primo luogo agli interessi e alle spese e poi al capitale.
Da ultimo, e cioè ove nessuna delle due parti effettui alcuna imputazione di quanto pagato dal debitore, intervengono i criteri suppletivi di cui al II co. dell’art. 1193, c.c. e quindi in primo luogo l’imputazione deve essere fatta al debito scaduto; tra più debiti scaduti a quello meno garantito; quindi tra più debiti ugualmente garantiti al più oneroso per il debitore; ed ancora tra più debiti ugualmente onerosi al più antico ed infine, se tali criteri non consentono un’imputazione, essa dev’essere fatta proporzionalmente ai vari debiti.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Cassazione, il debitore non aveva effettuato alcuna imputazione all’atto del pagamento ed aveva tacitamente accettato l’imputazione effettuata dal creditore nella dichiarazione da lui solo sottoscritta (che in precedenza abbiamo identificato come quietanza in quanto avente tutti i requisiti del documento così denominato dal codice civile). Né il debitore aveva – a distanza di un anno – avanzato ipotesi di dolo o sorpresa da parte del creditore, ma solo indirettamente aveva contestato il fatto che su quel documento vi fosse solo la firma del promittente alienante. La S.C. ha concluso, aderendo alla tesi dei giudici di seconde cure, che il comportamento del debitore integrava pienamente l’ acquiescenza, in quanto pur avendone facoltà, non aveva tempestivamente contestato l’imputazione del pagamento e pertanto l’aveva accettata.
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(1) Cfr. la sentenza integrale con nota di M. Pregno in: http://www.altalex.com/index.php?idnot=10350.
(2) Sul tema dell’imputazione del pagamento, cfr. da ultimo: RODEGHIERO A., L’imputazione del pagamento: fondamenti e disciplina, Padova, 2005. Cfr. inoltre i seguenti: BRECCIA U., Le obbligazioni, Milano, 1991, pp. 563-580; GAZZONI F., Manuale di diritto privato, Napoli, 1998, pp. 558-559; INZITARI B., Obbligazioni: fonti e disciplina generale, in: AA.VV., Istituzioni di diritto privato a cura di Mario Bessone, Torino, 2004, pp. 444-447.
(3) La facoltà di imputare il pagamento a uno fra più debiti, va esercitata e si consuma all’atto del pagamento, una successiva dichiarazione del debitore, sarebbe infatti, giuridicamente inefficace senza il consenso del creditore. (Cass., n. 4435/1996).
(4) BIANCA C. M., L’obbligazione, in Diritto civile, IV , 1990, pp. 328-330; BRECCIA U, op. ult. cit., p. 574.
(5) BRECCIA U., op. ult. cit., p. 574.
(6) BRECCIA U., op. ult. cit., p. 573. In ogni caso la quietanza di per sé è inidonea a comprovare l’esistenza del credito (Cass., 4522/93; 5706/91; 1591/63).
(7) Così Cass., 544/86.
(8) Sul punto cfr. da ultimo: Cass., S.U. civili, sent. 13 maggio 2002, n. 6877.
(9) Così Cass. , n. 3969/1980.
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http://www.e-glossa.it/wiki/quietanza_e_spese_dell'adempimento.aspx
Quietanza e spese dell'adempimento
Autore: Daniele Minussi
Ultima modifica: 03/09/2012
Ai sensi dell'art. 1199 cod. civ. il creditore che riceve il pagamento dal debitore deve, a richiesta e a spese di quest'ultimo, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore.
Il rilascio della quietanza è un obbligo per il creditore qualora venga in tal senso compulsato dal debitore, il quale ha semplicemente la facoltà di effettuarne la richiesta nota1. In ogni caso sarebbe ben possibile alle parti diversamente accordarsi, nel senso dell'impegno da parte del debitore a non richiedere, in relazione a pagamenti da effettuarsi, la relativa quietanza (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 6991/87 ).
Quest'ultima si configura come una dichiarazione unilaterale nota2 avente natura recettizia nota3 che riflette il soddisfacimento del creditore ed avente natura di mera dichiarazione di scienza, priva dunque di effetti negoziali (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 732/03 secondo la quale, tuttavia, non è esclusa la possibilità che la quietanza, in relazione alle espressioni utilizzate o al contesto nel quale venne emessa, possa integrare gli estremi della rinunzia ovvero della transazione). Non è indispensabile l'utilizzo di formule rituali, tuttavia deve emergere chiaramente che il debito è stato pagato: non sarebbe sufficiente l'apposizione della sottoscrizione del creditore in calce alla fattura consegnata al debitore (Cass. Civ. Sez. II, 2298/96). Peraltro essa non richiede formalismi particolari, potendo anche essere contenuta nella fattura inviata al debitore, alla quale sia stata apposta (si intende sottoscritta dal creditore) la semplice dizione "pagato" (Cass. Civ., Sez. II, 22655/11).
La quietanza svolge una funzione probatoria nota4 dell'intervenuto pagamento e, conseguentemente, della liberazione del debitore. Tale funzione probatoria si intreccia con la funzione sostanziale (il fondamento, il titolo dell'obbligazione) nell'ipotesi in cui, come contemplato nell'art. 1199 cod. civ. , sia fatta annotazione dell'intervenuto pagamento (vale a dire sia apposta la quietanza) sull'originale del titolo (ad esempio una cambiale) quando questo non sia fatto oggetto di restituzione al debitore (Cass. Civ. Sez. I, 6365/86 ). Giova rammentare che la restituzione dell'originale del titolo determina una presunzione di pagamento (art. 1237 cod. civ. ) (Cass. Civ. Sez. Unite, 7503/86).
E' possibile per il creditore che abbia rilasciato quietanza provare che il debito non è stato pagato? A tal proposito è stata riconosciuta alla fattura quietanzata valenza di confessione stragiudiziale nota5 , con la conseguenza della irrevocabilità della stessa se non a causa di errore di fatto o violenza (Cass. Civ. Sez. II, 5459/98). E' anche possibile che il creditore dia la prova della non veridicità del fatto di cui alla quietanza (cioè il pagamento). Del tema ci occuperemo specificamente in riferimento al problema della simulabilità di quest'ultima.
Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere anche il pagamento degli interessi (II comma dell'art. 1199 cod. civ.). Conseguentemente la quietanza rilasciata per il capitale, dal momento che il debitore non potrebbe imputare il pagamento al capitale prima che agli interessi (cfr. art. 1194 cod. civ.), determina la presunzione iuris tantum nota6 che il pagamento sia stato effettuato anche per gli interessi.
Ai sensi dell'art. 1200 cod. civ. il creditore che ha ricevuto il pagamento deve altresì consentire la liberazione dei beni dalle garanzie reali che fossero state date per il credito e da ogni altro vincolo che ne limiti comunque la disponibilità: devono dunque essere rese le cose trattenute per diritto di ritenzione, i depositi cautelari, ecc.
Le spese concernenti la quietanza e tutte le altre correlate e necessarie per provvedere al pagamento sono a carico del debitore (art. 1196 cod. civ.), salvo contrario accordo.
Le spese di cui all'art. 1196 cod. civ. vanno tenute ben distinte dalle spese afferenti al contratto dal quale scaturisce il debito il cui pagamento generi successivamente le spese di quietanza.
Si pensi ad una compravendita immobiliare in relazione alla quale ciascuna delle parti debba provvedere al pagamento delle tasse e delle spese che incombono o per legge o per accordo raggiunto tra le parti medesime. Il venditore provvederà alla corresponsione dell'INVIM, delle imposte eventualmente relative alla plusvalenza che si manifesta in esito alla cessione, l'acquirente pagherà l'imposta di registro, di catasto, di trascrizione, gli onorari per la stipula del contratto.
Ipotizziamo che il pagamento debba essere effettuato parzialmente alla scadenza di un mese dall'atto di trasferimento della proprietà: le spese afferenti al correlativo atto di quietanza saranno poste integralmente a carico del debitore (vale a dire l'acquirente).
Occorre cioè non confondere le spese del contratto con le spese della quietanza, disciplinate dall'art. 1196 cod. civ. . In relazione ai vari tipi negoziali spesso la legge appronta norme dispositive concernenti le spese del contratto (cfr. artt. 1475 , 1510 e 1774 cod. civ, si veda anche, in tema di legato, l'art. 672 cod. civ.).
Incollato da <http://www.e-glossa.it/wiki/quietanza_e_spese_dell'adempimento.aspx