CONSIDERAZIONI DELLO STUDIO
Finalmente è stato firmato il tanto atteso atto di indirizzo sulla distinzione tra crediti inesistenti e crediti non spettanti. Per comprenderne appieno il contenuto, restiamo comunque in attesa della pubblicazione ufficiale.
L’edizione odierna del Il Sole 24 Ore riporta alcune anticipazioni che fanno chiarezza una volta per tutte: “ In questo secondo caso, e dunque qualora la carenza di attività o di altri elementi qualitativi delle attività derivi da una indicazione di un manuale o di una fonte tecnica non espressamente richiamata nella norma primaria o secondaria, la contestazione deve essere declassata a quella di credito non spettante”.
Per il periodo 2015-2019, il Manuale di Frascati non è richiamato da alcuna fonte primaria o secondaria del diritto. Ne consegue che il credito è da considerarsi non spettante e non inesistente, con importanti implicazioni: i controlli possono avvenire entro 5 anni dalla compensazione, e gli esercizi 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019 risultano quindi prescritti, con applicazione della sola sanzione del 30%.
Ora assisteremo probabilmente alla corsa di molti ad “appuntarsi la medaglia al petto”, ma chi segue questa vicenda quotidianamente dal 2019 conosce bene come stanno realmente le cose.
A livello politico, le responsabilità sono da attribuire sia ai governi di centro-sinistra sia a quelli di centro-destra, che hanno consentito:
- Ai burocrati del Ministero delle Imprese di introdurre il Manuale di Frascati con una circolare, che non è fonte del diritto;
- Ai burocrati dell’Agenzia delle Entrate di trattare tutte le imprese come potenziali frodatori, sulla base di un’interpretazione non fondata giuridicamente.
Il merito va riconosciuto alle imprese che hanno avuto il coraggio di affrontare il contenzioso e opporsi a questo strapotere dell’Agenzia delle Entrate, fondato – alla luce dei fatti – sul nulla.
In occasione della scadenza del riversamento del 3 giugno 2025, nel distretto della moda del Fermano si è creata una situazione particolarmente pesante: tutte le aziende sono state sottoposte a controlli e messe con le spalle al muro, con l’aut aut “riversate o riceverete l’atto di recupero” (credito d’imposta + sanzione del 30% + interessi tra il 20% e il 30%).
È scattata così la reazione di alcuni imprenditori – purtroppo pochi – che non hanno accettato questo ricatto, considerando di aver chiesto il credito d’imposta sui campionari inizialmente ammessi dal MISE e dall’Agenzia delle Entrate, ma successivamente esclusi nel 2022 con effetto retroattivo a partire dal 2015.
Nei quindici giorni precedenti la scadenza del 3 giugno, questi imprenditori hanno iniziato a fare pressione sulla politica. Anche in questo caso, con la sola eccezione della Confapi nazionale, sono stati lasciati soli nella loro battaglia. Si sono confrontati con diversi consulenti, e a me è stato chiesto di predisporre un documento di un paio di pagine che descrivesse sinteticamente la situazione. Con questo foglio in mano, hanno bussato a tutte le porte.
A livello nazionale, purtroppo, sono stati gli unici ad alzare la voce. È davvero triste vedere imprenditori, noi consulenti e associazioni di categoria sottomettersi in questo modo, senza il coraggio di reagire, quando tutte le ragioni giuridiche erano dalla nostra parte.
Ora attendiamo l’evolversi della situazione: come dovranno comportarsi le imprese che hanno effettuato il riversamento entro il 3 giugno 2025, relativamente a compensazioni fatte negli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019, che ora potrebbero risultare prescritte?
La richiesta avanzata da questi imprenditori – purtroppo rimasta inascoltata – era quella di prorogare la scadenza del 3 giugno, in attesa della pubblicazione dell’atto di indirizzo, il cui contenuto era stato già preannunciato dal Viceministro Leo a partire da ottobre 2024.