Penale tributario

Emissione e utilizzo di fatture false a rischio doppia punibilità

Risponde di entrambi i reati il soggetto che procede in proprio sia all’emissione che all’utilizzazione

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 / Martedì 22 maggio 2012
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Il soggetto che, gestendo di fatto e di diritto più realtà imprenditoriali, da un lato emette e, dall’altro, utilizza fatture relative ad operazioni inesistenti, è punibile sia per la fattispecie di cui all’art. 8 che per quella di cui all’art. 2 del DLgs. 74/2000. La deroga disposta dall’art. 9 del DLgs. 74/2000, infatti, esclude la rilevanza penale del concorso dell’utilizzatore nelle condotte del diverso soggetto emittente, ma non trova applicazione quando la medesima persona proceda in proprio sia all’emissione sia all’utilizzazione delle fatture false.
L’importante precisazione è fornita dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 19247 depositata ieri.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma chiedeva il rinvio a giudizio dell’amministratore della società Alfa (e del suo consulente) per una serie di illeciti penali tributari. In particolare, si contestava l’emissione, in qualità di amministratore di fatto delle società Beta e Gamma, di una serie di fatture relative ad operazioni inesistenti successivamente utilizzate dalla società Alfa. Il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva il giudizio per la fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 del DLgs. 74/2000), ma dichiarava di non doversi procedere in relazione alla fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 del DLgs. 74/2000); ciò in applicazione dell’art. 9 del DLgs. 74/2000, ai sensi del quale l’utilizzatore di fatture false (e chi concorre con il medesimo) non è punibile a titolo di concorso nel reato connotato dall’emissione e, viceversa, che l’emittente di fatture false (e chi concorre con il medesimo) non è punibile a titolo di concorso nel reato connotato dall’utilizzazione. Il Pubblico Ministero proponeva ricorso contro tale decisione, lamentando l’errata applicazione dell’art. 9 del DLgs. 74/2000, non configurandosi un concorso morale dell’utilizzatore con l’emittente, ma l’emissione diretta delle fatture quale “amministratore di fatto” delle società emittenti.

La Suprema Corte reputa fondato il ricorso. Occorre, infatti, considerare l’esistenza di due fattispecie differenti alle quali conseguono due diversi regimi giuridici. La prima è integrata quando due soggetti giuridici diversi e tra loro autonomi definiscono un accordo per la realizzazione di una frode fiscale mediante l’emissione, da una parte, e l’utilizzazione, dall’altra, di fatture false. La seconda risulta integrata quando è lo stesso soggetto giuridico interessato ad utilizzare fatture false a dare luogo anche ad una serie di condotte preparatorie e dissimulatorie (si pensi, ad esempio, al meccanismo tipico delle frodi carosello, che prevede la creazione di soggetti giuridici intermediari che operano come filtro ovvero al ricorso a fatture false infragruppo, con il coinvolgimento di società che fanno capo al medesimo controllante). In relazione alla prima ipotesi, il DLgs. 74/2000, con le indicazioni recate dal citato art. 9, ha inteso attenuare il rigore sanzionatorio cui si era pervenuti nel vigore della L. 516/82, con attribuzione di responsabilità penale sia per l’utilizzazione sia per l’istigazione all’emissione. Il caso in esame, però, non corrisponde a tale fattispecie, ma a quella ulteriore. L’amministratore e il suo consulente, infatti, non avevano agito mediante il raggiungimento di accordi con i soggetti emittenti, ma avevano dato vita e amministrato (di fatto) i soggetti giuridici che avevano emesso le fatture false. Era, cioè, il medesimo soggetto ad aver agito sotto una duplice veste, realizzando una fattispecie non riconducibile all’art. 9 del DLgs. 74/2000 (soluzione condivisa in dottrina; cfr. anche Cass. 20 aprile 2006 n. 13947).

Deve, dunque, affermarsi che la disposizione di cui all’art. 9 del DLgs. 74/2000, contenente una deroga all’art. 110 c.p. in tema di concorso di persone nel reato, escluda la rilevanza penale del concorso dell’utilizzatore nelle condotte del diverso soggetto emittente, ma non trovi applicazione quando la medesima persona proceda in proprio sia all’emissione sia alla successiva utilizzazione di fatture false.

Fattispecie avvinte dal vincolo della continuazione

La correttezza di tale ricostruzione – sottolinea la Suprema Corte – può rinvenirsi nel regime applicabile all’ipotesi in cui l’amministratore della società utilizzatrice porti in contabilità fatture false emesse da una ditta individuale di cui egli stesso sia rappresentante legale. Un’impropria lettura dell’art. 9 del DLgs. 74/2000 condurrebbe ad affermare che la condotta di emissione di fatture false non abbia rilevanza penale, attesa l’identità tra legale rappresentante dell’emittente e dell’utilizzatore, così confondendo nell’unicità della persona fisica i diversi livelli di responsabilità giuridica che, invece, devono essere tenuti distinti. Occorre, quindi, ritenere la persona in questione responsabile sia dell’emissione che dell’utilizzazione, con evidente probabile applicazione dell’istituto della continuazione tra i reati ex art. 81 comma 2 c.p.