(314) Fondi europei e indicatori programmazione 2014-2020: prime riflessioni (www.regioni.it 6/8/2012)

 

 

Fondi europei e indicatori programmazione 2014-2020: prime riflessioni

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(regioni.it) Nella riunione del 25 Luglio la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato un documento contenente le prime riflessioni sull’uso degli indicatori nel prossimo periodo di programmazione 2014 – 2020. Il testo è stato poi inviato ai Ministri Barca, Moavero Milanesi e Gnudi ed è stato pubblicato nella sezione “Conferenze” del sito www.regioni.it .
punto 7c) o.d.g Conferenza Regioni
Questo documento contiene le prime riflessioni delle Regioni italiane sulla predisposizione del sistema di indicatori in vista della programmazione 2014 – 2020. Il documento analizza il ruolo degli indicatori previsto dalla proposta regolamentare della Commissione (cap. 1) e soprattutto dei nuovi indicatori comuni (cap. 2) anche sulla base dell’esperienza europea del Pilot Test (cap. 3) proponendo alcune riflessioni finali (cap. 4.)
Ruolo e uso degli indicatori
Gli indicatori “comuni” (Art. 24.3 Reg. Gen.)
La Commissione Europea propone una lista di indicatori comuni, specificata negli allegati dei regolamenti di ogni Fondo con la funzione di consentire l'aggregazione a livello europeo e la valutazione più efficace dei programmi (Art. 24.3 Reg. Gen.). I core indicators del periodo 2007-2013 vengono sostituiti con i common indicators 2014-2020 (Allegato Reg. FESR). Gli indicatori sono obbligatori per tutti i programmi e le priorità; ad essi vanno ad integrarsi quelli specifici di ciascun Programma.
Un ulteriore contributo all’adozione degli indicatori viene fornito nella Guida Concepts and Recommendations di Dg Regio del Novembre 2011[1].
La relazione fra indicatori e Strategia Europa 2020, basata sulla promozione di una crescita intelligente, sostenibile e strategica, è enunciata dal raggruppamento delle 11 priorità di investimento (o obiettivi tematici) previste nel regolamento generale (Art. 9 Reg. Gen.) e nel regolamento FESR (Art. 5). Le priorità di investimento sono suddivise come segue:
  •                      per la crescita intelligente: priorità 1, 2, 3;
  •                      per la crescita sostenibile: priorità 4, 5, 6, 7;
  •                    per la crescita inclusiva: priorità 8, 9, 10.
Infine sono previsti investimenti per il potenziamento della capacità istituzionale: priorità 11.
Gli indicatori dell'Allegato della Proposta di Regolamento FESR sono raggruppati in 8 categorie (Allegato Reg. FESR) in modalità similari ai core indicators, a questi si aggiunge una nona categoria relativa e specifica per la cooperazione territoriale:
1)           Investimenti produttivi (con il turismo inserito in questa categoria);
2)           Infrastrutture TIC;
3)           Trasporti;
4)           Ambiente;
5)           Ricerca e innovazione;
6)           Energia e cambiamento climatico;
7)           Infrastrutture sociali;
8)           Sviluppo urbano;
9)           Cooperazione Territoriale.
Gli indicatori di risultato (Art. 24 Reg. Gen.)
Al fine di promuovere il miglioramento dell'efficacia e della performance della politica di coesione, oltre la condizionalità, la Commissione propone un approccio:
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più focalizzato e più strategico. Ad esempio ogni priorità dovrà prevedere degli indicatori per valutare il progresso dell'implementazione del programma verso la realizzazione degli obiettivi;
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più orientato ai risultati, attraverso la definizione ex-ante di target e indicatori di risultato misurabili e legati direttamente alla policy; il rafforzamento della valutazione e dell'utilizzo di metodologie rigorose in linea con gli standard internazionali come la valutazione di impatto.
-
In questa ottica, la Proposta di Regolamento Generale prevede l'introduzione di:
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indicatori finanziari, relativi all'allocazione delle spese;
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indicatori output (o di realizzazione), che indicano le realizzazioni fisiche, ovvero ciò che è prodotto direttamente da un PO (ad es. numero di PMI beneficiarie);
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indicatori di risultato, che misurano i progressi nel raggiungimento degli obiettivi, generalmente individuati a livello di priorità (si veda Cap. 4).
Gli impatti dei programmi saranno valutati rispetto agli obiettivi e ai target della strategia Europa 2020, nonché in relazione al PIL e alla disoccupazione (Art. 47 Reg. Gen.). Inoltre, la proposta di nuovo Regolamento Generale delle Politiche di Coesione introduce:
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il quadro di riferimento (performance framework) dei risultati. Tale quadro dovrà fissare le tappe fondamentali (i milestones) per il conseguimento di ciascuna priorità per gli anni 2016 e 2018 (Allegato 1 Reg. Gen.);
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le caratteristiche dei sistemi di premialità e di valutazione della performance ex-post (Artt. 18-20 Reg. Gen.).
Valutazione della performance (Art. 19 Reg. Gen.)
La valutazione della performance viene condotta dalla Commissione europea, in cooperazione con gli Stati membri, sui risultati dei programmi in ciascuno Stato membro nel 2017 e nel 2019 alla luce del quadro di riferimento dei risultati stabilito nel rispettivo contratto di partenariato e nei programmi (Art. 19 Reg. Gen.).  La verifica può dare luogo a:
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l'attribuzione di contributi di premialità a fine periodo sulla base della verifica effettuata nel 2019. A tale scopo è accantonata una riserva del 5% delle risorse assegnate per ciascun Fondo e per Stato membro, escluso l'Obiettivo di Cooperazione Territoriale;
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la modifica da parte della Commissione dei programmi interessati conformemente all'articolo 26, se fornite le informazioni di cui all'articolo 46, paragrafi 2 e 3, dopo che lo Stato Membro ha proposto l'attribuzione della riserva di efficacia ed efficienza;
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le raccomandazioni della Commissione allo Stato Membro qualora la verifica dei risultati effettuata nel 2017 riveli che nell'ambito di una priorità di un programma non siano state conseguite le tappe fondamentali previste per il 2016 (Art. 20 Reg. Gen.). La Commissione può arrivare persino alla sospensione parziale o totale dei pagamenti intermedi o rettifiche finanziarie delle priorità, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi.
Quadro di riferimento dei risultati e “Milestones” (Allegato 1 Reg. Gen.)
L'Allegato 1 del Regolamento Generale indica il metodo per definire il quadro di riferimento dei risultati, costituito dai milestones, recanti informazioni essenziali sui progressi attesi verso il conseguimento degli obiettivi fissati per la fine del periodo interessato. I milestones sono definiti per ciascuna priorità e sono costituiti da: indicatori finanziari e di realizzazione per il 2016; indicatori finanziari, di realizzazione e, se del caso, indicatori di risultato per il 2018; obiettivi fissati per il 2022 (si veda tabella seguente). I milestones individuano obiettivi verificabili oggettivamente, con l'utilizzo di fonti di dati pubbliche e non impongono un onere amministrativo eccessivo.
Tabella 1 – Formato standard per il quadro di riferimento dei risultati

Priorità

Indicatore e unità di misurazione, se del caso

Tappa fondamentale per il 2016

Tappa fondamentale per il 2018

Obiettivo per il 2022

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Proposta di Regolamento Generale - Allegato I
Condizionalità ex ante (Allegato IV Reg. Gen.)
L’Allegato IV evidenzia fra le condizionalità ex-ante generali:
·                     l’esistenza di un sistema statistico, necessario per effettuare valutazioni in merito all’efficacia e all’impatto dei programmi;
·                     l’esistenza di un sistema efficace di indicatori di risultato necessario per monitorare i progressi verso i risultati e per svolgere la valutazione d’impatto.
Per la realizzazione del sistema statistico e del sistema di indicatore dettaglia alcuni criteri per un piano pluriennale per la raccolta puntuale e l’aggregazione dei dati. L’Allegato IV evidenzia anche fra le condizionalità ex-ante tematiche il riferimento a tali sistemi di valutazione ed informazione.
Strategie di sviluppo locale (Art. 29 Reg. Gen.)
Il riferimento all’utilizzo degli indicatori è presente anche all’Art.29 del Regolamento Generale. In particolare la Strategia di Sviluppo Locale deve contenere i seguenti elementi che richiedono un processo di analisi ed anche di elaborazione/proposta di indicatori:
·                     un'analisi SWOT del territorio interessato;
·                     l’indicazione di obiettivi precisi e misurabili per le realizzazioni e i risultati;
·                     la descrizione delle modalità di gestione e sorveglianza della strategia.
Sfide nell'adozione dei nuovi indicatori comuni?
Il Rapporto Barca mette in evidenza le differenti logiche e metodologie che seguono i programmi e/o i Paesi per la selezione e l'uso degli indicatori. Questo emerge in particolare attraverso l’esercizio dei core indicators e la valutazione ex post dei programmi. Gli indicatori variano in parte nella definizione o nell'unità di misura. Questo determina una difficoltà di confrontare i risultati e di valutare le performance regionali in ottica comparata. La nuova Programmazione, nella Proposta del Regolamento FESR, vorrebbe far fronte a tale eterogeneità fornendo una nuova lista di indicatori comuni che consenta di aggregare dati da differenti programmi e paesi.  Confrontando la lista proposta dei common indicators per il periodo 2014-2020 con i core indicators 2007-2013 emerge che tutte le tematiche, tranne l'ambito urbano, erano già affrontate nell’attuale periodo di programmazione. In generale, questo indica che non si è di fronte ad un cambiamento radicale e che non si configurano, nella maggior parte dei casi, ostacoli insormontabili di adozione degli indicatori. Tuttavia, nella lista dei common indicators per il periodo 2014-2020, emergono alcune criticità di utilizzo per le autorità di gestione sia in termini di interpretazione sia di raccolta. Per l’illustrazione di queste specificità, si presenta il caso specifico degli indicatori legati alla ricerca e sviluppo che:
·                    sono riconducibili ad interventi raramente utilizzati (ad es. “Investimenti privati combinati al sostegno pubblico in progetti di R&S o innovazione”);
·                    non prevedono indicatori legati ad alcuni interventi più ricorrenti. A tal proposito potrebbe rivelarsi opportuno inserire indicatori di output tipo “Numero di imprese derivanti da spin-off universitari o da centri di ricerca”  o “Numero delle strutture di ricerca che collaborano con imprese finanziate” e come indicatori di risultato “Risultati di ricerca delle strutture finanziate”, ad esempio in termini di prototipi, metodi, protocolli;
·                    richiedono informazioni non necessariamente e direttamente legate agli interventi od in parte eccedenti la loro portata (ad es. “Numero di personale R&S/ricercatori che operano in infrastrutture per la ricerca recentemente costruite o attrezzate”);
·                    implicano la realizzazione di valutazioni ex post onerose e non coerenti con le tipologie di imprese largamente beneficiarie come le piccole e medie imprese. A titolo di esempio, si cita il caso dell’indicatore “Numero di imprese che hanno introdotto prodotti nuovi o sostanzialmente migliorati, che  costituiscono una novità per il mercato, grazie a  progetti di innovazione o R&S che hanno beneficiato di un sostegno”.
In definitiva però l'adozione dei common indicators potrebbe portare sia ad una diminuzione degli indicatori utilizzati sia ad una maggiore puntualità nella definizione dei fenomeni in osservazione. L'aumento di precisione e la semplificazione sono però possibili alla sola condizione che gli indicatori siano strettamente correlati con:
·                    gli assi prioritari di investimento come elencati dall'art 5. della proposta regolamentare per il FESR;
·                    i codici di spesa delle aree di intervento.
Con riferimento ai soli Programmi di Cooperazione Territoriale Europea (CTE) si rilevano due difficoltà in particolare:
·                     molti degli indicatori previsti non sono adeguati per la CTE perché connessi a rilevanti interventi infrastrutturali (ad es. “Lunghezza totale delle nuove linee ferroviarie” misurata in Km.; “Popolazione addizionale beneficiaria del trattamento delle acque reflue potenziato”);
·                     non si trovano, d’altro canto, indicatori che possano realmente catturare il valore aggiunto transfrontaliero, fatta eccezione per gli indicatori delle due sezioni “Mercato del lavoro” e “Capacità amministrativa-istituzionale”, che tendono ad evidenziare la dimensione della cooperazione orientandosi alla misurazione del numero di partecipanti alle iniziative di mobilità transfrontaliera, alle iniziative occupazionali locali congiunte e alla formazione congiunta.
Gli insegnamenti (esiti) del pilot test
Nell’ambito delle attività del Evaluation Network di DG Regio, è stata predisposta un’attività sperimentale di analisi rispetto ai sistemi degli indicatori post 2013. La Regione Marche e la Regione Sardegna hanno partecipato come caso pilota supportati dall’UVAL. Sulla base degli esiti e delle esperienze del Pilot test, è possibile anticipare alcuni possibili effetti della proposta dei nuovi regolamenti per la politica di coesione, circa il sistema degli indicatori.
Nell’ottica del nuovo orientamento al risultato, l’esercizio del Pilot test prefigura che il nuovo sistema degli indicatori:
dovrebbe
1.
orientarsi alla misurazione dei progressi nel conseguimento dei risultati per il raggiungimento degli obiettivi, a partire dalla conoscenza della situazione di partenza e dalla definizione della direzione auspicata del cambiamento;
2.
basarsi sull’identificazione della direzione auspicata del cambiamento di uno specifico ambito di policy (priorità tematica).  Questo implica la necessità della concentrazione su pochi obiettivi per la limitata capacità del programma di incidere su tutte le variabili individuate all’interno degli Assi. L’identificazione dei risultati scaturirà necessariamente dall'esito di un processo, tecnico, partecipativo e politico, di costruzione di una visione dello sviluppo regionale, con particolare attenzione ad ambiti e tematiche specifiche dei POR;
comporterebbe
1.
una riduzione del numero degli indicatori. La lista elaborata dal Pilot test consente una riduzione sostanziale del numero di indicatori (circa il 40% in meno), dovuta ai nuovi orientamenti comunitari (soprattutto per gli indicatori di risultato) e che potrebbe comportare un minore onere di lavoro a livello di sistema di monitoraggio;
2.
una stretta integrazione con le attività valutative. Nella definizione di ciò che il Programma può “cambiare” sia in termini qualitativi che quantitativi è indispensabile basarsi sull’esperienza del passato e quindi sugli esiti delle valutazioni intermedie (strategiche e operative). Anche la valutazione ex ante giocherà un ruolo particolarmente importante nella “costruzione” del Programma;
potrebbe richiedere
1.
l’adeguamento delle capacità tecniche ed in alcuni casi delle risorse finanziarie. Il nuovo orientamento della Commissione rappresenta un'evoluzione piuttosto che una rivoluzione del sistema degli indicatori, poiché l’attuale prevedeva in parte specifici indicatori che legassero il cambiamento delle variabili di contesto e gli effetti prodotti dal POR. Nonostante questo sembra opportuno prevedere una difficoltà iniziale delle strutture ad adottare il nuovo approccio soprattutto dati i ristretti tempi per la redazione dei nuovi programmi;
2.
una maggiore collaborazione interna ed esterna per la predisposizione di dati e informazioni statistiche ai diversi livelli di governo coinvolti nella programmazione e attuazione dei programmi.
considerazioni finali
L'esercizio del Pilot test, sopra richiamato, consente di avviare ulteriori riflessioni sugli indicatori che possono essere così sintetizzate, attorno alla relazione tra gli indicatori e:
a)           indicatori comuni;
b)           l’identificazione dei risultati.
c)            il sistema di premialità.
Come si è visto nel cap. 2, gli indicatori comuni possono rappresentare un utile strumento per le Autorità di Gestione se sono limitati nel numero e relativi solo agli indicatori di realizzazione. Infatti, gli indicatori di risultato sono il frutto di un processo deliberativo “politico” dove si manifesta l’ownership delle Regioni. Prevedere degli indicatori “comuni” di risultato ridimensionerebbe la portata del tentativo di “responsabilizzare” il decisore politico e banalizzerebbe l’esercizio di proiezione e costruzione di una visione comune.
L’identificazione dei risultati e quindi la relazione policy-indicatore, rappresentano una  sfida, anche culturale, per le autorità regionali di mettere in pratica dei processi adeguati per l’identificazione delle strategie del cambiamento. Questa sfida va però considerata anche alla luce del diverso ammontare di risorse fornito a Regioni più “ricche” ed a Regioni “meno ricche” e alle tipologie specifiche degli interventi. Non è, infatti, sempre agevole catturare effetti di tipo “macro” nelle Regioni “ricche” dove la dotazione dei programmi è esigua sia in termini assoluti che relativi alle economie regionali. È altresì difficile cogliere con un solo indicatore gli esiti di interventi complessi come la progettazione integrata. In questo caso anche l’uso combinato di indicatori di processo, come l’utilizzo del numero di progetti finanziati, potrebbe risultare utile, non tanto ad evidenziare l’elemento della realizzazione quanto piuttosto la dimensione dell’integrazione territoriale.
Esiste una dicotomia all’interno del regolamento nell’uso dell’indicatore di risultato come strumento di programmazione o come strumento di premialità e soprattutto di penalizzazione. Se da una parte il nuovo orientamento dovrebbe spingere le autorità di programma e i decisori ad una maggiore ownership, l’inserimento del performance framework con la minacciosa previsione addirittura di correzioni finanziarie, non può che costringere a comportamenti prudenti e conservatori da parte delle autorità stesse. In altre parole il percorso programmatorio potrebbe essere rivolto più ad evitare i rischi del non raggiungimento degli obiettivi piuttosto che verso la ricerca di cosa può essere realisticamente cambiato. Questo può vanificare l’“orientamento al risultato” in funzione della diminuzione del rischio e ostacolare la costruzione di un clima di mutua fiducia e collaborazione, che dovrebbe caratterizzare la multilevel governance nella Politica di coesione europea.
Roma, 25 luglio 2012


( red / 06.08.12 )