SENTENZE PUBBLICATE SULLA BANCA DATI DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E SULLA STAMPA
Link della Banca dati: Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
La banca dati è stata attivata dal Dipartimento della Giustizia Tributaria del MEF il 27 giugno 2024.
L'11/10/2024 è stato fatto il primo monitoraggio comunicando anche che sono state caricate oltre 400.000,00 sentenze.
Finora le sentenze erano disponibili solo per l'agenzia delle entrate, è stato sicuramente un importante passo avanti a favore dei contribuente.
Per leggere tutte le sentenze che ora sono state pubblicate ci vuole tempo quindi il resoconto è veramente parziale.
COMUNICATO STAMPA DEL MINISTERO
Primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito
Comunicato stampa del MEF Dipartimento della Giustizia tributaria del 11/10/2024
Pubblicazione del primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
Nei primi tre mesi di avvio del servizio, la banca dati è stato oggetto di circa 37.000 accessi, di cui oltre 16.000 si riferiscono a più consultazioni effettuate dallo stesso utente. Oltre 64.000 sentenze sono state oggetto di visualizzazione e download del relativo documento. Il 14% degli accessi ha registrato una durata superiore a 15 minuti, mentre la permanenza media è stata pari a 8 minuti.
La banca dati è aggiornata con 429.998 sentenze native digitali depositate fino al 30 giugno 2024.
Sono state pubblicate circa 2000 sentenze, leggerle tutte è quasi impossibile.
Con riferimento a quelle esaminate (comunque veramente poche rispetto a quelle ora pubblicate) circa il 70% sono favorevoli alle aziende.
Molte delle sentenze a favore dell'Agenzia delle Entrate riguardano casistiche dove le imprese hanno presentato progetti obbiettivamente poco credibili, non sono quindi considerate nella statistica.
Quando le aziende hanno perso per questioni interpretative le sanzioni sono state tolte perchè la norma è incerta (statuto del contribuente).
Agenzia delle Entrate e Mise tengono ferme le loro posizioni in attesa della pronuncia della Cassazione a cui spetta la decisione finale.
Dopo aver letto diverse sentenze la posizione della commissione tributaria di Ascoli Piceno è chiara:
- Il Manuale di Frascati deve essere applicato (ricorsi persi)
- Il parere del Mise non deve essere richiesto (ricorsi persi)
- Il credito è non spettante, quindi sanzione del 30% invece del 100% (ricorsi vinti)
- La disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa (stauto del contribuente) non viene accolta (ricorsi persi)
Al 29/10/2024 non ho avuto modo di leggere le sentenze ma da una ricerca molto semplice (credito ricerca e sviluppo) la situazione che viene fuori è la seguente, quasi mai a favore del contribuente:
Numero | % | |
Favorevole all'ufficio | 25 | 50% |
Favorevole al contribuente | 4 | 8% |
Giudizio intermedio | 21 | 42% |
Totale | 50 | 100 % |
RICORSI | |||||
VINTI | PERSI |
Vinto e Perso |
Persi ma i progetti erano deboli |
TOTALE | |
Ricorsi primo e secondo gradoNon sono conteggiati i ricorsi persi perchè i progetti sono debolii o per carenze documentali o perchè l'attività non è stata effettivamente svolta. Non sono conteggiati i Ricorsi di Ascoli Piceno |
67
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22 |
2 |
1 |
93
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75% |
25% |
100% |
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Ricorsi di secondo grado |
8 |
5 |
13 |
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60% |
40% |
100% |
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Applicazione del Manuale di Frascati (primo e secondo grado). Alcuni ricorsi, relativi a progetti veramente interessanti, sono stati vinti per mancanza del parere del Mise anche se viene confermata l'applicazione del Manuale di Frascati. |
32
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20
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1 |
52
|
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60% |
40% |
100% |
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Richiesta parere al Mise |
38
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8 |
46
|
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80% |
20% |
100% |
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Credito non spettane (sanzione del 30% e controllo in 5 anni dalla fruizione) |
17 |
6
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23 |
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75% |
25% |
100% |
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Disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa |
8 |
4
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12 |
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70% |
30% |
100% |
INDICE DELLE SENTENZE CHE SONO STATE CARICATE
Rimini 87 del 6/6/62024 - Anche sul personale
Brescia 239 del 5/6/ 2024 - Campionario (perso)
Oristano 74 del 3/6/ 2024 - Sentenza scritta molto bene
Bologna 258 del 31/5/2024 - Conguità dei costi
Reggio Emilia 173 del 14/9/2022 - Alimentare
Bologna 549 del 14/7/2022 - Sentenza vinta richiesta molto spesso
Corte di giustizia tributaria di ASCOLI PICENO (ha competenza anche per Fermo)
229 | 2024 | 28/5/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (Perso) Il parere del Mise non deve essere richiesto (Perso) Il credito è non spettante (Vinto), le sanzioni sono state quindi ridotte al 30% ma non tolte per incertezza normativa |
Importo del credito: € 75.015,00 Attività svolta dall'impresa che opera nel settore aeronautico: La Ricorrente_1 rappresenta una delle realtà più importanti nei servizi tecnici all’industria aereonautica, a quella automobilistica, alla difesa, all’ Oil&Gas e ai sistemi Ropeways con 12 sedi in Luogo_1 e 4 all’estero e si avvale di oltre 500 specialisti investendo sull’innovazione, ogni anno, il 3,5 % del fatturato. Ha ottenuto dalla Borsa Italiana il certificato ELITE che la colloca nelle eccellenze Italiane. Il 28/03/17 taglia l’importante traguardo dell’ingresso in Borsa, quotandosi al mercato AIM. Il Gruppo sviluppa un fatturato di 37 milioni di euro ed è certificata dai diversi organismi indicati. A seguito dei processi di fusione, opera nello sviluppo dell’integrazione e del test di software installati all’interno dei sistemi di bordo dei velivoli civili e militari, nei contenuti multimediali e nelle piattaforme interattive destinate al supporto tecnico e a servizi di training specializzato per la manutenzione e gestione dell’elicottero e nei servizi di progettazione aereonautica a supporto dei costruttori oltre che nella definizione dei contenuti tecnici della documentazione a supporto del velivolo e nella progettazione di parti e componenti dei velivoli. È specializzata anche nella progettazione di sistemi medicali aereonautici e nella personalizzazione dei Kit per aerei adibiti a sorveglianza e videoriprese. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Manuale di Frascati deve essere applicato Riguardo la controversia sull’ammissibilità del credito per R&S, vanno condivise le argomentazioni sviluppate dall’Ufficio a proposito del contenuto della relativa normativa che consente di configurare tale credito d’imposta (esattamente l’art. 3, c. 1 D.L. 145/2013, conv. In L. 9/2014, come successivamente modificato e integrato, e successivo Decreto attuativo del 27/05/2015 del MEF, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico) nonché le linee interpretative alla cui stregua va valutata l’attività di ricerca e sviluppo (si tratta di quelle indicate nel c.d. “Manuale Frascati”, nella circolare n° 59990 del 09/02/2018 del Ministero dello Sviluppo Economico e nella risoluzione n° 40 del 02/04/2019 dell’A.E.). Coerentemente con il significato di “ricerca e sviluppo”, deve trattarsi di progetti che apportano un apprezzabile progresso di novità scientifico-tecnologico per l’intero mercato, e non un mero vantaggio operativo per l’impresa. L’innovazione realizzata non deve significare la semplice utilizzazione o miglioramento di conoscenze già esistenti, ma deve avere quelle caratteristiche di novità che sono richieste dalla normativa. Come è noto l’individuazione delle attività di R&S ammissibili al credito sono state stabilite dal Legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel par, 1.3, punto 5 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01/2014, recante la disciplina degli “aiuti di Stati” a favore della ricerca e sviluppo e innovazione. Al punto 75 della Comunicazione 198/01 del 2014 è espressamente previsto che per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, ci si dovrà basare sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche formulate dal “Manuale Frascati” dell’OCSE. È pur vero che il c.d. “Manuale Frascati” è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi dal 2018 (circ. MISE 59990/2018 e circ. A.E. 46/E/2018), ma è altrettanto incontestabile che tale “Nominativo_2” abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi di ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica (Comunicazione CE 2006/C 323/01 del 30/12/2006- Comunicazione 214/C 198/01 del 27/06/2014 richiamata dalla circ. dell’A.E. 5/E del 16/03/2016- par. 1 . Non è condivisibile, pertanto, che la Società negli anni degli investimenti, non poteva immaginare l’utilizzo dei criteri di classificazione del “Manuale Frascati”. L'ufficio non è obbligato a richiedere il parere al MISE Questa Corte non ritiene che spetti all’organo giudicante valutare se l’A.E. disponga o meno di competenze tecniche e se, quindi, sia necessario avvalersi del supporto di altre Amministrazioni. L’Organo giudicante deve limitarsi, in base agli atti di causa a valutare se l’Amministrazione abbia fatto un corretto uso della sua discrezionalità tecnica, ovvero se l’impianto argomentativo offerto dall’Ufficio sia idoneo a eliminare i dubbi di irragionevolezza e arbitrio del suo operato che deve seguire un percorso logico e non contraddittorio. Sulla presunta violazione dell’art. 3 del D.L. 145/2013 e 8 del D.M. del 27/05/15, per omessa richiesta del parere tecnico del MISE, l’Amministrazione non era preventivamente obbligata a richiedere il suddetto parere, considerato che trattasi di una possibilità, esercitabile in maniera discrezionale e, comunque, solo dove l’Ufficio controlli dell’A.E. si senta impossibilitato, per le circostanze del singolo caso, a svolgere adeguatamente tutte le valutazioni tecniche. La commissione è entrata nel merito tecnico del progetto Venendo alla fattispecie in esame, l’ufficio ha sviluppato una articolata istruttoria svolta sulla documentazione prodotta dalla parte e attentamente valutata, da cui è emerso che i due progetti della Società non potevano beneficiare delle favorevoli condizioni di legge, perché carente dei requisiti prescritti dalla norma. In particolare, come si può desumere dalla motivazione dell’atto, la convinzione è maturata in quanto sul primo progetto “cabinet elettroattuato”, non si riscontrano elementi di novità e di creatività e non si identifica il superamento di quelle incertezze scientifico-tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile con le conoscenze già disponibili nel settore di riferimento. Anche nel secondo progetto “acquisizione video iper-spettrale per elicotteri leggeri”, non si riscontra l’innovazione e la creatività nell’ambito di riferimento, né il superamento di ostacoli ed incertezze che possano produrre un beneficio per l’intera economia, al fine di soddisfare le” caratteristiche qualitative” richieste dalla normativa. Il primo progetto può rappresentare solo un incremento e miglioramento delle funzioni già esistenti dell’oggetto che è già presente negli arredi interni degli elicotteri- automobili- camper – yatch e, anche i materiali utilizzati sono già presenti in molti oggetti di uso comune ed hanno solo la finalità di abbattere i costi di produzione. Alla luce di ciò, tali modifiche che rendono maggiormente funzionante l’oggetto, non rientrano fra le attività agevolabili. Anche il secondo progetto non rileva le qualità evidenziate. La progettazione si sviluppa solo in un supporto per il posizionamento che è già presente sul mercato, nonché i materiali utilizzati sono principalmente l’alluminio che viene usato per le proprie ottime proprietà meccaniche già conosciute. La ditta ha presentato una perizia tecnica che la commissione ha ritenta non idonea Il revisore doveva certificare anche la relazione tecnica ? La documentazione prodotta dalla Società (inclusa la Perizia tecnica dell’esperto, che ricalca quanto già evidenziato nelle relative relazioni dei singoli progetti), non si è dimostrata idonea a supportare quegli elementi di novità e innovazione necessari per superare ostacoli ed incertezze nel proprio ambito e, fra l’altro, non è stata “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o da un professionista iscritto nell’albo dei Revisori, come la norma prevede. Tale professionista avrebbe dovuto attestare la regolarità formale della documentazione contabile e delle effettività dei costi. Inoltre, la successiva relazione prodotta, a seguito del contraddittorio, identica alla certificazione precedentemente esibita, è stata sottoscritta solo dal Legale rappresentante della Società e non anche dal Revisore, per cui non si conosce se tale documentazione si stata esaminata e valutata dall’organo preposto. Il credito è non spettante Il motivo del ricorso che, invece, merita di essere preso in considerazione, è quello relativo alla illegittimità nella parte in cui l’Ufficio irroga la sanzione per utilizzo in compensazione di crediti ritenuti “inesistenti”. Questa Corte, come già si è espressa più volte, ritiene che il caso di inesistenza del credito esprima qualcosa di diverso e grave (operazioni fraudolente fatte a scopo evasivo ecc.) della insussistenza dei requisiti che danno titolo all’agevolazione e giustificano il recupero fiscale. Nel caso, si deve ritenere che l’Ufficio abbia operato correttamente nel recupero, poiché in una fase di controllo successivo non è stata riscontrata la rispondenza dei requisiti di legge per poter beneficiare dell’agevolazione in quanto il progetto è mancante del carattere di innovabilità e sviluppo con portata generale previsto dalla specifica normativa. Tuttavia, tale mancanza ha un aspetto diverso della inesistenza oggettiva del credito legato ad un’attività elusiva /evasiva posta in essere dalla Società, per cui il credito deve considerarsi solo “non spettante” anziché “inesistente” con la conseguente riduzione al 30% della sanzione anziché quella applicata del 100% dall’Ufficio. Per la S.C(cfr. Sent. 3444/2021- 7615/2022 e la recentissima Sent. a SS.UU. 34452/2023), il credito è considerarsi “inesistente” solo al sussistere della duplice condizione di inesistenza totale o parziale del presupposto costitutivo e allorché tale inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli ex artt. 36-bis36-ter DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72. In mancanza la sanzione irrogabile sarà unicamente quella ordinaria , pari al 30%, non potendo trovare applicazione quella più grave pari al 100% ( art. 13,c.5 D.Leg. 471/97). Le sanzioni non sono state comunque azzerate per l'incertezza normativa. |
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230 | 2024 | 28/5/2024 |
L'atto di recupero è stato iscritto nel ruolo straordinario (che è valido solo per i crediti inesistenti) che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi. La ditta ha chiesto la sospensiva per il versamento di questa somma ma non è stata concessa (ricorso perso). |
Importo della contestazione € 43.150,00: La società Ricorrente_1 la cartella di pagamento n. 008 2023 0013554603000, notificata il 22.11.2023, dall’Ente di Riscossione portante le iscrizioni a ruolo straordinario di imposte, sanzioni ed interessi di cui all’atto di recupero crediti n. TQ3CRT300008/2023. In particolare, con l’atto di recupero crediti, impugnato in separato giudizio dalla ricorrente, l’Ufficio avendo acclarato l’assenza dei requisiti per l’esistenza del credito di imposta per ricerca e sviluppo, rilevava l’indebita fruizione del credito de quo per l’ammontare totale di € 351.488,73 e recuperava le indebite compensazioni del credito sorto nell’esercizio 2016 ed utilizzato in compensazione nel 2017 per l’importo di € 43.150,00. La cartelle era stata iscritta a ruolo straordinario che prevede il pagamento dell'intero ammontare delle imposte e delle sanzioni: Contestualmente, l’ufficio formava ed emetteva le partite di ruolo ai sensi del suddetto art. 27, comma 19 del D.L. n. 185/2019, che prevede l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell’art. 15 bis del D.p.r. n. 600/1973 (vale a dire dell’intero ammontare delle imposte e sanzioni, oltre agli interessi) notificate al contribuente con la cartella esattoriale qui impugnata. Il ruolo straordinario è previso solo per il crediti inesistenti: 1) Illegittimità della cartella per violazione dell’art. 27, commi 16 e 19 del D.L. n. 185/2008 e art. 15-bis del DPR n. 602/1973, atteso che l’iscrizione nei ruoli straordinari (e, pertanto, senza accesso alla riscossione frazionata in pendenza di giudizio) di tutti gli importi contenuti in atti di recupero è possibile solo per i crediti c.d. “inesistenti” e non anche per i crediti non spettanti. Richiesta delle sospensiva da parte dell'impresa relativa al versamento dell'intero importo del credito+sanzioni+interessi: Chiedeva nel contempo la sospensione dell’atto impugnato rappresentando, quanto al periculum che l’importo del credito erariale pari ad euro 96.724,20 avrebbe costretto la società a ricorrere al finanziamento bancario, peraltro difficilmente ottenibile, con ulteriori aggravi in termini di interessi passivi e che, in ogni caso, la pendenza del giudizio, in assenza di sospensiva, potrebbe pregiudicare la partecipazione della società alle gare pubbliche e, quindi, precluderle la possibilità di conseguire ricavi per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale. Per i giudici la sospensiva sul versamento dell'intero importo non può essere concessa. Viene riportata la differenza fra Iscrizione a ruolo straordinario e iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio che prevede il solo pagamento di un terzo del credito e degli interessi (con esclusione delle sanzioni). Orbene, ritiene la Corte che in primis non sussistano i presupposti per poter procedere alla invocata sospensiva in difetto dei presupposti di legge e che, invece, ricorrano i presupposti per una definizione del procedimento ai sensi dell’art 47 ter dlgs 546/92. In particolare quanto alla sospensiva deve evidenziarsi che come è noto, il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione della contemporanea sussistenza dei due requisiti previsti dalla legge: a) il "fumus boni iuris": il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato; b) il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente, ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e, quindi, della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute, oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento. Orbene, nel caso in esame, non può dirsi sussistente il requisito del periculum in mora, non ravvisandosi la sussistenza di un danno grave ed irreparabile. A ciò deve aggiungersi che, come si vedrà insussistente è anche il requisito del fumus. A tal riguardo, preliminarmente deve evidenziarsi che dalla lettura congiunta del comma 16 e 19 dell’art 27 del D.L. n. 185/2008 le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16 (utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti), anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Nello specifico l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dall’art.15 bis del d.P.R. 602/1973 consente all’Ufficio di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentito dalla iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio ex art.15 d.P.R. 602/1973. Orbene, il ricorrente contesta il modus procedendi dell’Ufficio, atteso che, a suo dire, non vi sarebbero i presupposti per procedere ad iscrizione nel ruolo straordinario, trovandoci al cospetto di crediti non spettanti e non anche di crediti inesistenti. L’ufficio sostiene l’inammissibilità del ricorso sul presupposto per cui i vizi dedotti dovrebbero farsi valere solo con l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto. Deve innanzitutto osservarsi come l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis consente all'amministrazione finanziaria di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell'intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni) consentito dalla iscrizione nei ruoli ordinari. Il carattere eccezionale di tale procedura giustifica la necessità, prevista dall'art. 11, comma 3, del citato decreto, che sussista un "fondato pericolo per la riscossione" e correlatamente, e come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, fonda l'obbligo dell'Amministrazione di indicare nella cartella le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, tale pericolo è ritenuto sussistente, e non, quindi, aprioristicamente affermato (Cass. n. 22306 del 2021; Cass. n. 12239 del 2017). E' stato affermato, in particolare, che se fosse consentito all'Amministrazione di omettere qualunque motivazione circa i fatti costitutivi della pretesa di riscossione integrale di un credito tributario ancora sub iudice, risulterebbe compromesso il diritto di difesa del contribuente, il quale si vedrebbe costretto ad impugnare la cartella senza conoscere le ragioni (e quindi senza poterle specificamente contestare) per le quali l’Ufficio, sulla base di motivi non palesati, ha ritenuto la sussistenza delle condizioni per procedere alla iscrizione a ruolo straordinario (v. Cass. n. 7795 del 2020). Né, in tal senso, sarebbe rilevante il semplice fatto che la società contribuente sia stata soccombente in primo grado davanti alla Corte di Giustizia Tributaria; come recentemente ribadito dalla Suprema Corte, infatti, l’aver indicato quale possibilità esecutiva, all’interno dell’atto di recupero, la procedura dell’iscrizione al ruolo straordinario ex art. 15bis, determina la mera facoltà di iscrivere le imposte a ruolo straordinario, sempre che sussista il fondato pericolo e sia adeguatamente esplicitato (v. Cass. n. 5779 del 2021). Tuttavia, se quanto sopra concerne la regola, il caso di specie, invece, afferisce alla fattispecie eccezionale di cui all'art. 27 commi 16 e 19 del dl 185/2008, convertito in legge n. 2/2009. In caso di crediti inesistenti, decorso il termine per il pagamento, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (cfr. ex multis Cass 21.4.2017 n. 10112). Dunque, in caso di inesistenza del credito l’Ufficio è obbligato ad usare il ruolo straordinario art. 27 comma 19 del DL 185/2008 in deroga alle normali condizioni di utilizzo dell'iscrizione al ruolo straordinario. Ebbene, non è chi non veda come le ragioni del fondato pericolo per la riscossione che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 gg delle somme dovute in base all’atto di recupero. In definitiva, le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa la pretesa impositiva sono già note al ricorrente, così come le ragioni dell’iscrizione a ruolo straordinaria perché contenute nell’atto impositivo, trattandosi di atto di recupero di crediti ritenuti inesistenti dall’Ufficio, anche se oggetto di impugnazione. Pertanto l’Ufficio, nel caso specifico, si è limitato ad applicare le disposizioni di legge in materia, una volta accertato il mancato pagamento da parte del contribuente delle somme dovute entro il termine di 60 giorni |
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218 | 2024 | 13/5/2024 | Atto di recupero per crediti inesistenti iscritto al ruolo straordinario che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi (perso) |
Importo del credito € 95.062,02 MOTIVI DELLE DECISIONE Per i crediti inesistenti viene emesso l'atto di recupero iscritto al ruolo straordinario Con il primo, la Società sostiene che non sarebbe ammessa l’iscrizione a ruolo per l’intero ammontare ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, poiché l’atto di recupero deve considerarsi una specie del più ampio genere dell’avviso di accertamento e, essendo stato tale atto oggetto di impugnazione, si deve applicare nel caso specifico la normativa dell’iscrizione a ruolo frazionata ex art. 15 dello stesso decreto presidenziale; inoltre, non sarebbe nemmeno possibile l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi del successivo art. 15-bis, non essendo stata riportata, nella cartella qui impugnata, alcuna motivazione circa la sussistenza di fatti indicativi di un fondato periculum in mora, tale da giustificare la riscossione integrale del credito tributario (comprese le sanzioni), ancorché privo del requisito della definitività. Invero, si osserva che l’atto da cui scaturisce l’iscrizione a ruolo a titolo straordinario è un atto di recupero del credito d’imposta per Ricerca & Sviluppo, essendo stata accertata l’indebita fruizione di un credito d’imposta, per mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi, ed avendo l’Ufficio sostenuto che il credito d’imposta sorto in precedenza ed utilizzato in compensazione nel 2016 e 2017 fosse inesistente e, quindi, dovesse essere recuperato. Ciò premesso, all’ultima pagina dell’atto di recupero crediti, nella sezione rubricata “Riscossione conseguente alla notifica dell'atto di recupero”, è riportata la seguente indicazione: “In caso di mancato versamento diretto l'Ufficio, ai sensi dell'art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008, procede alla riscossione coattiva delle somme complessivamente dovute, maggiorate degli ulteriori interessi maturati, mediante iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell'art. 15-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602”. A sua volta, l’art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008 prevede che, “in caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'Ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'art. 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”. Ebbene, emerge che le ragioni del fondato pericolo per la riscossione, che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario, siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 giorni delle somme dovute in base all’atto di recupero. |
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155 | 2024 | Ascoli Piceno |
Il ManuAle di Frascati deve essere applcato (perso) Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso) Il credito è non spettante (vinto) |
Importo del credito €155,00 Il Manuale di Frascati deve essere applicato I presupposti su cui si fonda il credito d’imposta sono essenzialmente riconducibili allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo intesa come attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo tecnologico o scientifico, come si evince dalla disciplina normativa contenuta nel d.l. 145/2013 e nel decreto attuativo emanato dal Mef in concerto con il Mise nel 2015 (art.8 D.M. 27.5.2015) e le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” sono contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della commissione UE (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”). Tali definizioni sono sostanzialmente mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati i cui criteri di qualificazione e classificazione costituiscono in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina agevolativa di cui all’art. 3 del citato decreto attuativo del 2015. Invero, al fine di soddisfare le “Caratteristiche qualitative”, richieste dalla normativa, occorre che l’attività sia innovativa in senso assoluto (non solo innovativa per la società, ma per l’intero mercato): ossia deve individuare delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alle capacità che formano lo stato dell’arte del settore e per il cui superamento si è reso, appunto, necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo – elementi, questi, rilevanti per la valutazione della “novità” dei nuovi prodotti o dei nuovi processi. Al contrario, non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Infine per quanto concerne il motivo di ricorso che richiama la non conoscibilità all’epoca delle attività svolte del c.d. “Manuale di Frascati” e l’impropria riconducibilità del relativo contenuto al rango di “fonte del diritto”, la Corte ritiene ragionevole e del tutto condivisibile l’orientamento seguito sul punto dalla prevalente giurisprudenza di merito (in particolare, Corte Tributaria di La Spezia sentenza n.276/22) secondo cui “Se è vero che il Manuale di Frascati è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi solo a partire dal 2018 (cfr. circolare ministeriale MISE 9 febbraio 2018, n. 59990, e circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 46E del 22.06.2018), è altrettanto incontestabile che il Manuale di Frascati abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi in ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica. Si allude sia alla Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01 del 30.12.2006 sia alla più recente Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, comunicazione, quest'ultima, espressamente richiamata dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 5/E del 16.03.2016, par. 2.1. Non è, dunque, condivisibile la tesi della società ricorrente, secondo cui essa non poteva immaginare negli anni 2016, 2017 e 2018 l'utilizzo dei criteri di classificazione definiti dal Manuale di Frascati. Parimenti destituita di fondamento è l'eccezione relativa alla mancata traduzione ufficiale del Manuale di Frascati in lingua italiana. Coglie doppiamente nel segno, l'Agenzia delle Entrate laddove, da un lato, ribadisce che il contenuto del Manuale di Frascati è stato recepito nella normativa comunitaria e nella prassi e, dall'altro, evidenzia che la società ricorrente neppure ha identificato con precisione quale pregiudizio abbia subito per effetto della mancanza di traduzione ufficiale in lingua italiana, posto che ha dimostrato di conoscerne il contenuto (del resto, come detto, ampiamente recepito nella normativa di provenienza eurounitaria). Il progetto riguarda un software In particolare, l’Ufficio ha dato prova di aver analizzato in termini analitici i cinque progetti della Ricorrente_1 i quali sono stati ritenuti ricadere fra le attività di tipo ricorrente o di routine connesse al software non classificabili come R&S, di cui alla citata Circolare ministeriale, atteso che trattasi più propriamente di un aggiornamento dei propri sistemi informatici con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, un’implementazione di sistema informatico già diffuso e nella disponibilità della società, una selezione e messa a punto di framework di migrazione di tecnologie di sviluppo Oracle, superando i limiti delle precedenti tecnologie, quali SQL forms3, in modalità carattere, e il DB Oracle nella versione 9.2, nonché nell’evolvere a tecnologia web la tecnologia client/server di Developer 2000, risalente alla fine degli anni 90. Il parere del Mise non deve essere richiesto Per quanto concerne la lamentata carenza di potere e di conoscenze tecniche da parte dell’Agenzia delle Entrate in ordine alla valutazione dei progetti della società ricorrente la Commissione osserva che la richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione viene sanzionata con la relativa nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, essendo evidente che l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (c.d. decreto attuativo), è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. Il credito è non spettante, le sanzioni vanno ridotto dal 100% al 30% Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni la Commissione osserva, in linea con quanto lamentato dal ricorrente, che in effetti l’art.7 del D.lgs. n.472/92 prevede espressamente alcuni elementi che devono essere presi in considerazione dall’Amministrazione finanziaria in sede di erogazione della sanzione, stabilendo che nel determinare la pena pecuniaria si deve tener conto della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, dell’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché della personalità dell’autore della violazione e delle sue condizioni economiche e sociali. Invero, l’art.13 comma 5 del D.lgs.471/97 prevede che nel “caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi”; in particolare si deve intendere come credito inesistente quello in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controllo di cui agli artt.36 bis e 36 ter del DPR 600/73, e all’art.54 bis DPR 633/72. Questo regime sanzionatorio era stato introdotto dall’art.27 del D.L. 185/2008 per contrastare quei comportamenti connotati da aspetti fraudolenti, in cui l’artificiosa rappresentazione contabile dei crediti in sede di autoliquidazione del debito fosse funzionale ad ostacolare o, comunque, a rendere infruttuosa l’azione di controllo ai danni dell’Erario. Dal canto suo la circolare n.5/E del 16 marzo 2016 precisava che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia stata riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt.36-bis e 36 ter DPR 600/73 e all’art. 54 del DPR 633/72”. In definitiva, la ratio del sistema è volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente “intercettato” mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente si connota per scarsa insidiosità. In tale ottica è ragionevole escludere dall’ambito applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l’inesistenza del credito emerga direttamente dai controlli operati dall’Amministrazione nonché quelle ipotesi di utilizzazione di crediti in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito stesso. In definitiva, in linea con le stesse indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n.36/E dell’8 maggio 2018), la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga “allestito” un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato “artificiosamente” in sede di compilazione del modello F24, sfuggendo così ai controlli dei modelli di dichiarazione dei redditi. Viceversa, qualora, come nel caso di specie, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative concernenti la lamentata carenza dei requisiti oggettivi previsti ex lege per poter beneficiare dell’agevolazione in parola, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente, ma al più quella del credito non spettante. E’indubbio infatti che, laddove il credito di imposta-compensato tramite modelli F24-sia stato correttamente inserito nelle dichiarazioni dei redditi presentate, accompagnato dalla Relazione illustrativa dei progetti come pure dalla certificazione attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento fraudolento, avendo lo stesso fornito , in sede di eventuale verifica, tutta la documentazione comprovante le modalità di calcolo del credito d’imposta, al fine di poter beneficiare a pieno titolo della disciplina agevolativa prevista dal D.L. n.145 del 2013 (cfr. Commissione Tributaria prov. Lazio Roma, sez.XXII, sentenza n.5918/2022). I principi di cui sopra sono stati ripresi recentemente dalla Corte di legittimità che ha avuto modo di chiarire come “In via generale, ai fini della determinazione dell’inesistenza del credito, si possono distinguere le seguenti ipotesi: a) la fattispecie che fonda l’agevolazione o il credito di imposta non è mai venuta ad esistenza ma, semplicemente, è stato solo realizzato un simulacro dei presupposti su cui si fonda la pretesa; b) la fattispecie è carente di un elemento costitutivo; in tal caso la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta. L’ipotesi sub a) è quella più radicale- ma anche di più semplice analisi-per la normale connotazione fraudolenta della condotta, mirata a fornire solo un’ingannevole rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi. In questo caso, l’attività svolta è fittizia perché le attività richieste non sono mai state effettuate” (Cass.S.U. n.34419/23). Nel caso specifico non vi é contestazione circa l’esistenza degli studi e delle ricerche effettuate dalla società ricorrente, ma se ne contesta la portata innovativa; pertanto viene meno uno dei requisiti individuati dalle sezioni Unite della Corte di cassazione per ritenere “inesistente” il credito di imposta. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada accolto solo ed esclusivamente in ragione della lamentela riguardante l’applicazione della sanzione di cui all’art.13 comma 5 del D.lgs. 471/97 e che gli atti vadano conseguentemente annullati limitatamente alle sanzioni che questa Corte ridetermina, per ogni atto, nella minore misura del 30% del credito di imposta utilizzato. |
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131 | 2024 | 22/3/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)Il credito è non spettante (vinto)La disapplicazione delle sanzioni per incertezze normativa non è stata accolta (perso) |
Importo del credito € 73.370,70 Progetto di ricerca Nel 2015 la società ha effettuato investimenti in due progetti di ricerca e sviluppo: 1) creazione di un generatore di energia da cogenerazione basato sul motore Stirling per uso domestico; 2) creazione di un macchinario semovente per la raccolta dei sarmenti di vite, per il quale ha ottenuto un riconoscimento da parte della Associazione_1 Precisa che l’oggetto dell’investimento non è la realizzazione di un motore “Stirling” in quanto tale, ma la sua applicazione nell’ambito della produzione di calore per il riscaldamento domestico, per l’acqua calda e per la generazione di elettricità. Per l’azienda il progetto rientra nel Manuale di Frascati Si sostiene che l’attività posta in essere dalla società è da considerare di ricerca e sviluppo come individuata dal manuale di Frascati, che dispone: “… le prestazioni di ricerca e sviluppo sono spesso incluse nella dicitura generale "progettazione e disegno". Se sono necessari calcoli, progetti, disegni di lavoro e istruzioni per l'uso, la realizzazione e l'esercizio di impianti pilota o prototipi, questi devono essere inclusi nelle attività di ricerca e sviluppo”. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise non è obbligatorio La richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione può essere sanzionata con la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, in quanto l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi del successivo art. 8, comma 1, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del c.d. decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello Sviluppo Economico di esprimere il proprio parere. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito in capo alla società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa di riferimento e, solo qualora lo ritenga necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE. Il Manuale di Frascati deve essere applicato Il Manuale di Frascati rappresenta un documento di supporto per il settore R. & S. e delinea in maniera più specifica le attività riconducibili a tale ambito; nel documento si afferma che risulta rilevante classificare le attività di R. & S. in base al settore della conoscenza in cui vengono condotte, distinguendosi generalmente tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale. Quest’ultimo viene definito come un lavoro sistematico, che si basa sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze aggiuntive, diretto a produrre nuovi prodotti o processi o a migliorare prodotti o processi esistenti. Nella sostanza, quindi, il Manuale in questione non introduce elementi innovativi rispetto allo schema di base già delineato dal Decreto Legislativo n. 145/2013 e dalla Comunicazione C/198 del 2014 emanata dalla Commissione Europea. Le direttive specificate nel Manuale di Frascati, nella circolare del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sopra menzionata e nella Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) conducono alla conclusione che le attività qualificabili come Ricerca e Sviluppo siano riconducibili a quelle poste in essere nel contesto di un processo innovativo intrapreso da un'impresa. Tali attività mirano a superare una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, le cui soluzioni non sarebbero possibili mediante l'applicazione delle tecniche e delle conoscenze già note e disponibili nel settore di riferimento. L'obiettivo finale è conseguire la realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, nonché il miglioramento sostanziale di prodotti e processi preesistenti. Nel caso di specie, risulta necessario stabilire, sulla base della documentazione allegata agli atti, se le attività in concreto realizzate dalla società soddisfino i criteri precedentemente delineati. Il parere del mise non deve essere richiesto Quanto all’onere della prova, è legittimo da parte dell’Agenzia delle Entrate esaminare la sussistenza dei presupposti per poter usufruire dell'agevolazione operando un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che ha richiesto il credito di imposta, anche senza l’intervento del parere tecnico del MISE. Le puntuali osservazioni dell’Agenzia sulla carenza di originalità e dei presupposti per la concessione del beneficio non sono state superate dalle argomentazioni riportate nelle relazioni e nel ricorso né da altra documentazione probatoria. - Riguardo alle eccezioni riguardanti l’onere probatorio rafforzato ex art. 7, comma 5 bis D. Lgs. 546/92, la S.C con l’Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 ha precisato che se è vero che “il comma 5 bis dell'art. 7 d.lgs. n. 546/92, introdotto con l'articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l'onere probatorio gravante in giudizio sull'amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l'inversione dell'onere probatorio” tuttavia “la nuova formulazione legislativa …. non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all'istruttoria dibattimentale un ruolo centrale”. La Corte ha chiarito che questa disposizione non intende sovvertire i principi giuridici preesistenti, brevemente menzionati, ma piuttosto mira a rafforzare la fase di istruttoria nel contesto del processo tributario. In sostanza, essa rappresenta una norma che riconosce e conferma tali principi, contribuendo comunque a fornire una disciplina più completa alla fase istruttoria all'interno del processo tributario. Il credito è non spettante - Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni risulta sostanziale la differenza fra "credito d'imposta " inesistente" e "non spettante”. L’art. 13 del D. Lgs. 471/97 fornisce una definizione di credito non spettante e di credito inesistente: - il comma 4 delinea il credito non spettante come quello relativo all’“utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”; - il comma 5 considera inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica. La S.C di Cassazione, con la sentenza a SS. UU. n. 34419 depositata l'11 dicembre 2023, ha confermato quanto già precisato nelle sentenze n. 34444 e n. 34445 del 2021 e n. 7615/2022, ed interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante. Con la sentenza le Sezioni Unite hanno stabilito che in tema di compensazione di crediti o eccedenze di imposta da parte del contribuente, il credito utilizzato è considerato inesistente, quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi ovvero quando è pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati. In mancanza di anche uno solo dei presupposti, il credito deve considerarsi esistente ma non spettante. Quindi, in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, ossia “priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza” (sentenze Cassazione n. 34444 e 34445 del 2021) deve mancare il presupposto costitutivo, ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente o perché basata su documenti falsi. Nel caso di specie non sono in contestazione le spese che hanno dato origine all'agevolazione né sono stati sollevati dubbi in ordine alla veridicità della documentazione relativa agli investimenti e, pertanto, il credito può essere qualificato come "non spettante". In tale ottica la norma impone che il provvedimento sanzionatorio che irroga la sanzione pari al 100% dell’imposta, debba contenere idonea motivazione in ordine agli elementi soggettivi ed oggettivi che hanno indotto l’Ufficio ad applicare la sanzione prevista per crediti inesistenti. Nel caso di specie l’Ufficio ha affermato che: “Pertanto, con il presente atto, l’Ufficio procede al recupero del credito d’imposta inesistente indebitamente compensato di € 73.371,00, degli interessi dovuti ai sensi dell’art. 20 del DPR 602/1973 e all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del D. Lgs. 471/97, pari al 100% del suddetto credito inesistente, per la quale non è ammessa la definizione agevolata” senza fornire specifica argomentazione in ordine agli ulteriori profili richiesti dalla norma richiamata in materia di provvedimento sanzionatorio, non tenendo conto del fatto che, ad esempio, la ricorrente ha prodotto documentazione (anche se non idonea a provare la spettanza del credito) con cui ha cercato di fornire le spiegazioni richieste in ordine alla riconducibilità delle operazioni nell’ambito della ricerca e dello sviluppo aziendale da cui si poteva evincere la non spettanza dei crediti piuttosto che la loro totale inesistenza. La Corte, pertanto, ritiene applicabile la sanzione prevista per i crediti non spettanti. La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta - La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non può essere accolta non ricorrendo i presupposti delle obiettive condizioni di incertezza normativa previste dall’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 472/97. La normativa ed i documenti di prassi, come sopra già analizzati, emessi anteriormente all’anno 2016, fornivano indicazioni sufficienti per l’identificazione dei requisiti per poter usufruire del credito per le attività di R. & S. Non si ravvisa alcuna incertezza applicativa o oggettiva difficoltà, da parte dei diretti interessati, di valutare quali condotte siano fiscalmente corrette e non sanzionabili. Secondo la Corte di Cassazione, l’incertezza normativa oggettiva che, a norma delle disposizioni appena citate, esime il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferita non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e neppure all’Amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Corte di Cassazione n. 3108/2019). L’ Ordinanza della Cassazione n. 9055/2023 ha esemplificato i "fatti indice", ossia i presupposti fattuali e normativi che il giudice tributario è tenuto a valutare nel loro valore indicativo, al fine di applicare (o meno) la causa di esenzione della responsabilità. Rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. La Corte non ritiene che, nel caso di specie, possano ravvisarsi le condizioni di incertezza sopra delineate (contenuto, oggetto, destinatari della norma tributaria). |
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