SENTENZE PUBBLICATE SULLA BANCA DATI DELLA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA E SULLA STAMPA
Link della Banca dati: Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
La banca dati è stata attivata dal Dipartimento della Giustizia Tributaria del MEF il 27 giugno 2024.
L'11/10/2024 è stato fatto il primo monitoraggio comunicando anche che sono state caricate oltre 400.000,00 sentenze.
Finora le sentenze erano disponibili solo per l'agenzia delle entrate, è stato sicuramente un importante passo avanti a favore dei contribuente.
Per leggere tutte le sentenze che ora sono state pubblicate ci vuole tempo quindi il resoconto è veramente parziale.
COMUNICATO STAMPA DEL MINISTERO
Primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito
Comunicato stampa del MEF Dipartimento della Giustizia tributaria del 11/10/2024
Pubblicazione del primo monitoraggio degli accessi alla Banca dati della giurisprudenza tributaria di merito: sito esterno in una nuova scheda.
Nei primi tre mesi di avvio del servizio, la banca dati è stato oggetto di circa 37.000 accessi, di cui oltre 16.000 si riferiscono a più consultazioni effettuate dallo stesso utente. Oltre 64.000 sentenze sono state oggetto di visualizzazione e download del relativo documento. Il 14% degli accessi ha registrato una durata superiore a 15 minuti, mentre la permanenza media è stata pari a 8 minuti.
La banca dati è aggiornata con 429.998 sentenze native digitali depositate fino al 30 giugno 2024.
Sono state pubblicate circa 2000 sentenze, leggerle tutte è quasi impossibile.
Con riferimento a quelle esaminate (comunque veramente poche rispetto a quelle ora pubblicate) circa il 70% sono favorevoli alle aziende.
Molte delle sentenze a favore dell'Agenzia delle Entrate riguardano casistiche dove le imprese hanno presentato progetti obbiettivamente poco credibili, non sono quindi considerate nella statistica.
Quando le aziende hanno perso per questioni interpretative le sanzioni sono state tolte perchè la norma è incerta (statuto del contribuente).
Agenzia delle Entrate e Mise tengono ferme le loro posizioni in attesa della pronuncia della Cassazione a cui spetta la decisione finale.
Dopo aver letto diverse sentenze la posizione della commissione tributaria di Ascoli Piceno è chiara:
- Il Manuale di Frascati deve essere applicato (ricorsi persi)
- Il parere del Mise non deve essere richiesto (ricorsi persi)
- Il credito è non spettante, quindi sanzione del 30% invece del 100% (ricorsi vinti)
- La disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa (stauto del contribuente) non viene accolta (ricorsi persi)
Al 29/10/2024 non ho avuto modo di leggere le sentenze ma da una ricerca molto semplice (credito ricerca e sviluppo) la situazione che viene fuori è la seguente, quasi mai a favore del contribuente:
Numero | % | |
Favorevole all'ufficio | 25 | 50% |
Favorevole al contribuente | 4 | 8% |
Giudizio intermedio | 21 | 42% |
Totale | 50 | 100 % |
RICORSI | |||||
VINTI | PERSI |
Vinto e Perso |
Persi ma i progetti erano deboli |
TOTALE | |
Ricorsi primo e secondo gradoNon sono conteggiati i ricorsi persi perchè i progetti sono debolii o per carenze documentali o perchè l'attività non è stata effettivamente svolta. Non sono conteggiati i Ricorsi di Ascoli Piceno |
67
|
22 |
2 |
1 |
93
|
75% |
25% |
100% |
|||
Ricorsi di secondo grado |
8 |
5 |
13 |
||
60% |
40% |
100% |
|||
Applicazione del Manuale di Frascati (primo e secondo grado). Alcuni ricorsi, relativi a progetti veramente interessanti, sono stati vinti per mancanza del parere del Mise anche se viene confermata l'applicazione del Manuale di Frascati. |
32
|
20
|
1 |
52
|
|
60% |
40% |
100% |
|||
Richiesta parere al Mise |
38
|
8 |
46
|
||
85% |
15% |
100% |
|||
Credito non spettane (sanzione del 30% e controllo in 5 anni dalla fruizione) |
17 |
6
|
23 |
||
80% |
20% |
100% |
|||
Disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa |
8 |
4
|
12 |
||
100% |
0% |
100% |
INDICE DELLE SENTENZE CHE SONO STATE CARICATE
COMMISSIONE DI GIUSTIZIA DI SECONDO GRADO
Campania 2024.3865 dell'11/6/2024 - Perso, campionari
Basilicata 2024.61 del 22/2/2024 - Perso
Campania 2023.621 del 29.11.2023 - Vinto
COMMISSIONE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO
2024
Catania 2024.5009 del 18.6.2024 - Perso
Brescia 2024.260 del 12/6/2024 - Vinto
Rimini 87 del 6/6/62024 - Anche sul personale
Brescia 239 del 5/6/ 2024 - Campionario (perso)
Oristano 74 del 3/6/ 2024 - Sentenza scritta molto bene
Bologna 258 del 31/5/2024 - Conguità dei costi
2023
Genova 2023.790 del 4.12.2023 - Vinto
2022
Chieti 2022.454 del 12.12.2022 - Vinto
Reggio Emilia 173 del 14/9/2022 - Alimentare
Bologna 549 del 14/7/2022 - Sentenza vinta richiamata molto spesso
Napoli 4988 del 2/5/2022 - Sentenza spesso richiamata
CATANIA 2024.5009 del 18/6/2024
Importo € 200.000,00
Software
Ricorso perso
Il Manuale di Frascati va applicato
La ditta poteva presentare istanza di interpello
La sanzioni vanno applicate
Approfondito l’obbligo motivazionale
MOTIVI DELLA DECISIONE
- 4. Il ricorso è infondato.
- 5. (OBBLIGO MOTIVAZIONALE) Non hanno pregio il primo e il secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per l'evidente connessione logica, con cui la ricorrente lamenta che l’atto sarebbe carente sotto il profilo motivazionale
Giova rilevare al riguardo che il vizio – lamentato, peraltro in termini del tutto indeterminati e senza allegare e specificatamente provare quale sia stato il pregiudizio in concreto arrecato al diritto di difesa (cfr. SU, 11722 del 14.5.2010) – non sussiste in quanto, per pacifico orientamento giurisprudenziale, al quale questa Corte ritiene di conformarsi, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’”an” ed il “quantum” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Sez. 5, Sentenza n. 21571 del 15/11/2004, Rv. 578031; conforme Sez. 5, Sentenza n. 22841 del 10/11/2010, Rv. 614742).
Detto principio trova particolare applicazione quanto alla cd. motivazione “per relationem” degli atti d’imposizione tributaria, atteso che, per la S.C. di Cassazione, l’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non vige per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione, e ciò vale, a più forte ragione, quando, come nella specie, l’atto di accertamento sia stato motivato con riferimento ad un precedente contraddittorio (cfr. PVC, in atti, n. 144785 del 13/12/2013) avvenuto con il contribuente (sul punto, esplicitamente Sez. 5, Sentenza n. 407 del 14/01/2015, Rv. 634243; cfr., Sez. 5, Sentenza n. 26527 del 17/12/2014, Rv. 633860).
Nel caso di specie, si ritiene che l’Agenzia sia correttamente pervenuta alle conclusioni gravate nella considerazione che il PVC del 07/04/2023 della Guardia di Finanza, alla base del recupero, è stato sottoscritto e consegnato alla ricorrente, legalmente rappresentata dal Presidente del Consiglio di Amministrazione della società, Rappresentante_1, odierno ricorrente. Sul punto, In tema di avviso di accertamento, la motivazione "per relationem" con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell'esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l'Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto adeguatamente motivato l'avviso di accertamento che, richiamando il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, evidenziava che la società contribuente aveva annotato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse da altra società "cartiera", così registrando costi indebiti). (Sez. 5, Sentenza n. 32957 del 20/12/2018, Rv. 652115 – 01; conf. Sez. 5, Sentenza n. 30560 del 20/12/2017, Rv. 646303 - 01).
In tema di motivazione per relationem degli atti d'imposizione tributaria, l'art. 7, comma 3, della L. n. 212 del 2000, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non trova applicazione per gli atti di cui il contribuente abbia già avuto integrale e legale conoscenza per effetto di precedente comunicazione. Parimenti l'art. 42, secondo comma, ultima parte, del d.P.R. n. 600 del 1973, stabilisce che solo se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale (Sez. 5, Ordinanza n. 14995 del 15/07/2020, Rv. 658396 – 01; Cass. n. 28713 del 2017; n. 407 del 2015; n. 18073 del 2008);
La ricorrente è stata posta pertanto nella condizione di conoscere la pretesa fiscale in tutti i suoi elementi essenziali, dapprima in sede amministrativa e quindi nella presente fase contenziosa, nella quale ha presentato un ricorso ampio ed approfondito, imperniato su distinti motivi di doglianza, e sviluppando le proprie argomentazioni per complessive dieci (10) facciate di ricorso.
- 6. Anche il terzo motivo, concernente l’infondatezza nel merito dell’atto impugnato per spettanza del credito di imposta, non coglie il segno
Premette il Collegio che, ai sensi dell’art. 3, d.l. 145/2013, conv., con mod., in l.9/2014 e succ.mod., in vigore dal 01/01/2017, Credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo (“R&S”), in vigore dal 01/01/2017, è attribuito un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015 a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020.
Sulla base di tale dettagliata disciplina, i “lavori” qualificabili “R&S” devono caratterizzarsi, anzitutto, per la presenza di elementi di novità e di creatività rispetto alle conoscenze già possedute nel settore, contribuendo all’avanzamento delle conoscenze generali (ovvero dello “stato dell’arte”) attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche e tecnologiche, a tal uopo producendo un beneficio per l’intera economia. Di contro, non possono considerarsi attività di R&S, ammissibili al credito di imposta, le attività innovative che costituiscono il risultato di un mero utilizzo dello stato dell’arte vigente in un determinato settore di attività e che, pertanto, pur conducendo ad un ampliamento del livello delle conoscenze o delle capacità della singola impresa, nonché ad un miglioramento dei suoi prodotti e/o processi, non comportino un progresso di conoscenze e di capacità dello stato dell’arte generale.
- 7. Ciò premesso, osserva il Collegio che l’attività di R&S, denominata “Crisafulli 4.0”, nonché gli esiti dalla stessa scaturenti, non presentano i caratteri della novità e della creatività dello stato dell’arte del settore, non avendo comportato alcun beneficio alla economia intera del settore.
(SOFTWARE) A tal proposito si rileva, in linea generale, che le attività volte alla progettazione e realizzazione di software con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, le attività concernenti la personalizzazione di software già esistenti e tutte le altre attività riferibili alla manutenzione ed alla implementazione degli stessi, così come tutte le attività ascrivibili in senso ampio alla c.d. gestione applicativa di un software, non rientrano tra le attività di R&S nell’accezione e per gli effetti dell’applicazione del credito di imposta.
Condivide al proposito il Collegio il contenuto della Risoluzione n. 40/E del 2 aprile 2019 dell’Agenzia delle entrate, con cui si è evidenziato che devono considerarsi non ammissibili al credito di imposta gli investimenti (attività) riconducibili alla categoria “innovazioni di processo” e quelli riconducibili alla categoria “innovazione della organizzazione”, laddove si intende per “innovazione di processo” “l’applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato”; mentre per “innovazione della organizzazione” si intende “l’applicazione di un nuovo metodo organizzativo nelle pratiche commerciali dell’impresa, nell’organizzazione del luogo di lavoro o nelle relazioni esterne dell’impresa”.
- 8. Nel caso di specie, l’attività intitolata “Analisi, studio e sviluppo software gestionale aziendale all’interno del progetto di Ricerca e Sviluppo Crisafulli 4.0”, considerata dalla ricorrente una attività di R&S ammissibile al credito di imposta di cui all’art. 3 del D.Lgs. 145/2013, non si appaleserebbe come attività nuova e creativa rispetto alle conoscenze già esistenti nel settore (stato dell’arte esistente), né avrebbe sortito effetti migliorativi ed innovativi per la generalità del settore di impresa, limitandosi a generare un miglioramento della organizzazione e gestione dell’attività di impresa propria della Ricorrente_1 , sviluppando conoscenze già acquisite al settore e non creandone di nuove. (V. art. 3 d.l. 145/13 cit, comma 5: Non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti).
- 9. (PERIZIA DI PARTE) Né appaiono convincenti, in senso contrario, le conclusioni alle quali perviene la consulenza di parte in atti, nella quale si sostiene che: temi trattati dalla ricerca sono temi di interesse scientifico e classificabile secondo gli standard internazionali e secondo le specifiche declaratorie di settore • L’attività di ricerca svolta dall’azienda si può classificare come un’azione di ricerca afferente a più ambiti disciplinari dalle scienze connesse all’ingegneria ed economia gestionale, alle scienze informatiche con applicazioni nel campo della logistica e dei trasporti. Tutte le attività sono riconducibili ad aree di interesse scientifico e codificate nella classificazione Ford in coerenza con il Manuale di Frascati (riferimento Capitolo 2 punto 2.45) • I progetti devono essere classificati non solo come una mera applicazione o sviluppo di un software o di processi di innovazione, ma di un sistema complesso che ha sviluppato una nuova metodica di lavoro, nuovo non solo per l’azienda ma per il settore di riferimento relativamente alle tematiche di Smart Truck e Smart logistics • E’ presente una grossa mole di letteratura internazionale che testimonia la correttezze del tema scientifico affrontato dall’azienda • L’insieme delle azioni svolte ha determinato un avanzamento di conoscenza, non solo a livello aziendale, ma territoriale, riferito anche a logiche di trasporto e spedizione intermodale. • I progetti di ricerca sono coerenti con il manuale di Frascati e soddisfano la condizione Ldsf calcolata secondo elementi oggettivi: sono soddisfatte quindi le funzioni di: - Grado di novità - Grado di incertezza - Grado di sistematicità - Grado di replicabilità - Grado di originalità/creatività • Le attività sviluppate dall’azienda non sono ordinarie ma rientrano nelle logiche tipiche della ricerca scientifica con fasi sistematiche e con azioni di test, applicazione, progettazione e riformulazione delle ipotesi sperimentali In conclusione, le attività svolte dall’azienda Ricorrente_1 afferiscono in toto alla ricerca e sviluppo.
- 10. Osserva diversamente il Collegio che tali affermazioni, apodittiche e assertorie, non appaiono confortate da un riscontro pratico in ordine alla replicabilità e al concreta avanzamento di conoscenze apportate dal progetto della ricorrente, sia pure a livello territoriale, alle logiche di trasporto e spedizione intermodale.
In particolare, non appaiono sussistenti, nel progetto in questione, i necessari cinque criteri fondamentali che un'attività deve rispettare onde essere qualificata oggettivamente quale "ricerca e sviluppo", vale a dire, essa deve essere: a) nuova; b) creativa; c) incerta; d) sistematica; e) trasferibile e/o riproducibile. Non è stato nemmeno indicato dalla ricorrente quali incertezze scientifiche o tecnologiche - la cui soluzione non sarebbe stata possibile sulla base dello stato dell'arte del settore di riferimento, e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e disponibili in un determinato comparto scientifico o tecnologico – siano state risolte attraverso il progetto; quali nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, ovvero quale miglioramento sostanziale di prodotti o processi già esistenti sia stato conseguito. Non ricorrono pertanto i requisiti di novità e creatività, nonché per il grado di incertezza o rischio d'insuccesso scientifico o tecnologico che implicano che abbia consentito di contribuire all'avanzamento delle conoscenze generali attraverso il superamento di ostacoli o incertezze scientifiche o tecnologiche e che, quindi, producendo un beneficio per l'intera economia, abbiano apportato uno sviluppo potenzialmente meritevole di essere incentivato con la concessione di contributi pubblici.
- 12. Né è vano notare che, con la circolare n. 5/E in data 16 marzo 2016 dell'Agenzia dell'Entrate, condivisibile nei contenuti, sono stati forniti chiarimenti in merito ai presupposti soggettivi e oggettivi di accesso al beneficio, alle modalità di calcolo e di utilizzo, nonché in ordine alle ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e agli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito di imposta. Per quanto qui specificamente interessa, si è così stabilito che “Non sono considerate attività di ricerca e sviluppo, ai sensi del comma 5 dell'articolo 3 e del comma 2 dell'articolo 2 del decreto attuativo, le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. ... Così delimitato il perimetro oggettivo del credito di imposta, e fermo restando il carattere automatico dello stesso, ulteriori indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali ... ad una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate analiticamente dalle norme richiamate, comportano accertamenti di natura tecnica che in volgono la competenza del Ministero dello Sviluppo economico. (LA DITTA POTEVA PRESENTARE ISTANZA DI INTERPELLO) Pertanto. i soggetti interessati possono presentare. ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000. n. 212. un'istanza di interpello all'Agenzia delle entrate che provvederà ad acquisire il parere del citato Ministero ...”. Tali adempimenti non sono stati curati dalla ricorrente, dal che consegue l’infondatezza della censura.
- 13. (LE SANZIONI VANNO APPLICATE) Circa il quarto motivo, va esclusa, infine, la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza con disapplicazione delle sanzioni irrogate ex art. 6 e 8 del D.lgs. 472/1997. Osserva il Collegio che l’Ufficio ha applicato la sanzione nella misura del 30% del recupero ex art. 13, comma 4, del D.lgs. 472/1997, in quanto la normativa di riferimento non è di dubbia interpretazione, delineando con chiarezza i presupposti e le condizioni al ricorrere dei quali è possibile fruire del credito di imposta. Peraltro, la materia ha formato oggetto da numerosi atti di indirizzo dell’Amministrazione finanziaria, del MI.S.E. che hanno ulteriormente specificato la normativa vigente.
- 14. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Importo € 36.246,00
Impresa di trasporti che ha anche introdotto un software
RICORSO VINTO
Il Manuale di Frascati non viene applicato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Il Decreto Legge 145/2013 ha previsto la possibilità di crediti fiscali per determinate “attività agevolabili” che ricomprendono le attività di innovazione e in particolare la cosiddetta “innovazione di processo”, che consiste, per espressa previsione, nella applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato inclusi cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature e nel software.
Tale definizione, oltre che dalla legge, è prevista dal combinato disposto della Circolare n. 5E/2016 dell’Agenzia delle Entrate, punto 2.1, che a sua volta rinvia alla disciplina degli “aiuti di Stato a favore di ricerca sviluppo e innovazione” di cui alla comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/1).
(AZIENDA DI TRASPORTI) Nel caso di specie, come si evince dalla relazione illustrativa del progetto di “Ricerca e Sviluppo” redatto nell’anno 2017 (cfr. all. 3 di parte ricorrente, documentazione prodotta e non specificamente contestata nei contenuti), la ricorrente opera da diversi anni principalmente nel settore dei trasporti di molteplici varietà di prodotti, della veicolazione di pasti e nei servizi di pulizia, sia civile che industriale.
(INNOVAZIONE ORGANIZZATIVA CON UN NUOVO SOFTWARE) Al fine di velocizzare e rendere efficiente l’esecuzione dei sopra visti servizi, e mantenere una posizione di mercato strategica, a far data dal 2017 Ricorrente_1 ha deciso di migliorare la propria competitività, attraverso l’offerta di un servizio di trasporto e logistica personalizzato, specifico ed innovativo. Per realizzare tale progetto, la società ricorrente ha elaborato e realizzato nuove modalità operative, introducendo elementi innovativi non soltanto idonei a garantire una più funzionale organizzazione del lavoro, ma anche ad apportare veri e propri cambiamenti pratici nella metodologia di lavoro degli stessi addetti al servizio. Nell’ambito del citato progetto, la società ricorrente si è, così, dotata di un complesso Software dedicato alla gestione “integrata” di tutti gli aspetti amministrativi, manutentivi e logistici afferenti la flotta di automezzi aziendali, utilizzati dalla Cooperativa per l’espletamento dei servizi tanto di pulizia, che di trasporto e veicolazione pasti. Inoltre, sempre nell’ambito di tale progetto, nell’anno 2017 la società ricorrente ha dedicato una parte delle ore lavorative di alcuni soci lavoratori (selezionati in base agli anni di esperienza in azienda e alla qualifica di “responsabile del servizio di trasporto”) alla formazione finalizzata al funzionamento e all’utilizzo del Software in questione.
Ritiene questa Corte che già la sola adozione del sw costituisce un grado di innovazione nell’ambito del processo di servizio a cui è conseguita la riorganizzazione dell’intero sistema, tutte attività che possono essere ricondotte nell’ambito delle attività agevolabili.
Il ricorso va quindi accolto con annullamento dell’atto impugnato
La mancata risposta alle richieste dell’Agenzia da parte della ricorrente, circostanza che ha poi determinato
CAMPANIA 2023.6212 del 9/11/2023
Importo € 124.524,52
Innovazione dei processi aziendali
RICORSO VINTO
Il parere del Mise deve essere richiesto
MOTIVI DELLA DECISIONE
(Il PARERE DEL MISE DEVE ESSERE RICHIESTO). L’impugnazione proposta è infondata e pertanto meritevole di rigetto. Ed invero, come già statuito anche da questa Corte in fattispecie analoga (cfr. sentenza n. 3780/2023 depositata il 15.06.2023), se da un lato è vero che l’art. 8, comma 2 del D.M. 27/05/2015, contempla solo una facoltà dell’Ufficio di chiedere al competente Ministero di esprimere un parere in ordine a valutazioni di carattere tecnico, dall’altro lato, a fronte di problematiche tecniche di complessità non trascurabile, tale facoltà avrebbe dovuto essere esercitata.
In tal senso si è pronunciata condivisibile giurisprudenza di merito (cfr. Ctp la Spezia Sez. 1 Sentenza n. 276 del 16.09.2022, Ctp Vicenza 365/03/2021, Ctp Ancona 392/02/2021, Ctp Napoli 4988/30/2022; Ctp Roma 5918/22/2022) e, in qualche fattispecie (cfr. Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sez. Il, sent., 11 agosto 2021, n. 392), è stata financo evocata la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'amministrazione finanziaria in una materia, quale è quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle “disposizioni applicative necessarie” nonché delle “modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute” e delle “cause di decadenza e revoca del beneficio” (art. 3, comma 14 del d.l. 23 dicembre 2013, n. 145), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell’esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.
In particolare, in una fattispecie quale quella in esame, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe potuto rivendicare il possesso di conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da permettere una congrua e tecnicamente appropriata disamina circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta e, in assenza di un parere tecnico emesso dall’organo a ciò preposto sebbene in via facoltativa (ossia, dal Ministero dello Sviluppo Economico), le pur articolate motivazioni esposte nell'atto di recupero (sostanzialmente replicate nelle argomentazioni difensive) “si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva” (così, Comm. trib. prov. Campania Napoli, sez. XXX, sent., 2 maggio 2022, n. 4988).
(LA DITTA HA PRESENTATO UNA PERIZIA) Peraltro, nel caso che ci occupa, la società contribuente ha depositato ben due perizie giurate, a firma del Prof. Nominativo_1 e dell’Ing. Nominativo_2, le cui argomentazioni non sono state adeguatamente confutate dall’Ufficio sotto il profilo squisitamente tecnico.
(IL PROGETTO DELL’AZIENDA – INNOVAZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI) Deve quindi convenirsi nel ritenere che lo scopo principale della MOVI SYSTEM AUTOMATION s.r.l., attraverso il progetto Intra-Muros 2018, sia stato quello di promuovere e realizzare un progetto innovativo per ottimizzare i processi aziendali, migliorare i processi di produzione/assemblaggio, ossia lo sviluppo di metodologie non disponibili sul mercato, ovvero mutuate da altri settori tecnologici, e che i risultati conseguiti durante lo svolgimento del processo di realizzazione del progetto abbiano contribuito ad accrescere il livello complessivo del know-how aziendale, vale a dire in ultima essenza allo sviluppo e l’innovazione del settore.
Tale scenario è, pertanto, in perfetta sintonia con la ratio delle agevolazioni previste per gli investimenti in R&S sanciti dall’art.3 del D.L. 23 dicembre 2013, n.145 e dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (decreto attuativo), pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015, nonché ulteriormente specificati dall’Agenzia delle Entrate nelle circolari n.5/E del 16 marzo 2016 e n.13/E del 27 aprile 2017.
Ne deriva, dunque, che il gravame spiegato dalla parte appellante non può trovare accoglimento in quanto infondato e l’atto di appello appare, conseguentemente, meritevole di rigetto, derivandone la conferma dell’impugnata sentenza.
In considerazione dell’assoluta novità delle questioni trattate, si ritengono sussistenti giusti motivi per compensare le spese di lite.
CHIETI 2022.454 del 12/12/2022
Importo 154.630,00
Innovazione organizzativa e di processo
Ricorso Vinto
Deve essere richiesto il parere al Mise
Il Manuale di Frascati deve essere applicato
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato.
Fra i motivi di ricorso merita accoglimento, con assorbimento degli altri motivi, quello relativo alla mancanza o apparenza di motivazione dell’atto di recupero, in relazione all’asserita carenza dei requisiti di novità, incertezza, sistematicità, trasferibilità e riproducibilità dei risultati conseguiti con l’attività di ricerca e sviluppo.
La materia del credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo trova la sua fonte primaria nell’art. 3 del DL n. 145/2013, convertito nella L. n. 9/2014, come modificato dalla L. n. 190/2014 e dalla L. n. 232/2016 e nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 27.05.2015, di attuazione del DL 145/2013.
(IL MANULE DI FRASCATI DEVE ESSERE APPLICATO) In particolare l’art. 3 ai commi 4 e 5 del DL n. 145/2013, come successivamente modificato dalla L. 190/2014 e dalla L. n. 232/2016, ha elencato le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito
d’imposta, ricalcando le definizioni di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della “Disciplina degli aiuti di Stato a favore della ricerca sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, pubblicata nella GUEE C/198 del 27.06.2014, la quale, a sua volta, ha mutuato tali definizioni facendo propria quella fondamentale fornita dal Manuale di Frascati, con il quale sono state codificate le regole per classificare un’attività come ricerca e sviluppo, secondo la quale l’attività di ricerca e sviluppo è “il complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze, sia per utilizzare tali conoscenze in nuove applicazioni”.
L’Agenzia delle Entrate, per il tramite della Direzione Regionale Abruzzo, richiedeva alla ricorrente la documentazione concernente le spese relative al personale, ai costi per strumenti e attrezzature di laboratorio, ai costi relativi alla c.d. ricerca “extra muros”, alle spese per competenze tecniche e/o per acquisizioni di privative, nonché relative a eventuali registrazioni di marchi o brevetti.
La ricorrente forniva la documentazione relativa ai lavori svolti nel 2017 e compensati nel 2018 e 2020, comprendenti, oltre alle specifiche delle singole voci di costo con allegata documentazione giustificativa e al calcolo del credito d’imposta, anche le relazioni tecniche di R&S.
(INNOVAZIONE DI PROCESSO ED ORGANIZZATIVA) All’esito dell’esame della documentazione fornita dalla ricorrente, l’Agenzia delle Entrate rilevava che le attività svolte nel corso del 2017 non possedevano i requisiti necessari a farle considerare come attività di ricerca e sviluppo, meritevoli di beneficiare del credito d’imposta, dovendosi piuttosto ricondurre nella categoria della “innovazione di processo” o di “organizzazione” e ciò essenzialmente sulla base della Risoluzione n. 40/E del 02.04.2019, con argomentazioni sicuramente molto diffuse, ma basate anche su valutazioni in buona parte discrezionali dei progetti specifici portati avanti dalla ricorrente, richiamando due pareri del MISE, che avevano negato la natura di attività di ricerca e sviluppo in casi, a detta dell’Ufficio, analoghi a quello oggetto del presente ricorso.
(DEVE ESSERE RICHIESTO IL PARERE AL MISE) La ricorrente con il ricorso confutava le conclusioni cui era giunta l’Agenzia delle Entrate con argomentazioni altrettanto diffuse e articolate, sostenendo, al contrario dell’Ufficio, la natura di attività di ricerca e sviluppo per quelle effettuate nel 2017 e, di conseguenza, la spettanza del credito d’imposta utilizzato, in gran parte nel 2018 e, in minima parte, nel 2020, e sostenendo la necessità del parere tecnico del MISE, peraltro previsto, anche se solo in via facoltativa e non obbligatoria, dall’art. 8 comma 2 del DL 145/2013, per poter motivatamente disconoscere con il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.
Sul punto, per quanto già deciso e ben motivato in diverse pronunce della giurisprudenza di merito (CTP Napoli sez. XXX, 2 maggio 2022, n.4988; CTP Vicenza sez. II, 11 gennaio 2022, n.14; CTP Ancona sez. II, 11 agosto 2021, n.392), che questa Corte di Giustizia richiama e condivide, ogniqualvolta la natura tecnica degli accertamenti debba prevalere, la mera facoltà prevista dal comma 2 dell’ art.8 del DM 27.05.2015, attuativo del DL 145/2013–Nel caso in cui si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" in ordine all’ ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere." - esprime in realtà la necessità di una discrezionalità tecnica che non può essere autonomamente esercitata dalla pubblica amministrazione se non attraverso il parere necessario degli organi tecnici e quindi delle strutture in seno al Ministero dello Sviluppo Economico o altri enti pubblici che, se del caso, possono essere chiamati in veste di consulente super partes.
Nella fattispecie, va ribadito che il disconoscimento del credito d’imposta è stato operato dall’Ufficio,
all’esito dell’esame della documentazione, sulla base di valutazioni di massima, non supportate da quegli
elementi tecnici che la materia del contendere in realtà esigeva e, soprattutto, prescindendo dal ricorso al
parere del MISE
Ed infatti, non a caso, qualora si rendano necessarie "valutazioni di carattere tecnico" di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell'articolo 8 del sopra citato decreto attuativo, attribuisce all'Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere."
Ciò posto, a parere di questa Corte, pur se la richiesta del parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo, nel caso di specie, attesa la notevole complessità delle problematiche tecniche sottese all’esercizio del potere di verifica della sussistenza dei requisiti per poter beneficiare del credito d’imposta, tale facoltà doveva necessariamente essere esercitata, sia perché l'Agenzia delle Entrate non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica, tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito d'imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell'atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico emesso dall’ organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva.
A tali argomentazioni possono senz'altro affiancarsi quelle svolte dalla giurisprudenza di merito citata dalla ricorrente (in particolare: Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, Sez. II Sentenza n° 392 depositata l’11.08.2021), che è pervenuta alle medesime conclusioni evocando la figura dell'eccesso di potere nell'attività svolta dall'Amministrazione finanziaria in una materia, quale e’ quella che caratterizza la presente controversia, in cui appare particolarmente incisivo il ruolo svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico nella predisposizione delle "disposizioni applicative necessarie" nonché delle modalità di verifica e controllo dell'effettività delle spese sostenute" e delle "cause di decadenza e revoca del beneficio" (art.3, comma 14, D.L. n° 145 del 2013), con conseguente illegittimità di atti impositivi che scaturiscano dell'esercizio di una discrezionalità tecnica non fondata sul parere degli organi tecnici a ciò preposti.
In senso conforme la Comm.Trib. Prov.le di Vicenza Sez. III n° 365 del 09.07.2021 ha sancito che “Ai fini del credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo di cui all'art.3, D.L. 23 dicembre 2013 n.145, nell'ambito dell'innovazione dei processi produttivi aziendali, gli Uffici non hanno adeguata competenza tecnica per valutare se una spesa possa essere legittimamente ricondotta tra i costi meritevoli di agevolazione, sicché l'Ufficio deve, in tali casi, acquisire autonomamente un preliminare parere tecnico da parte del competente Ministero dello Sviluppo Economico”.
Alla luce di quanto sopra, il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto di recupero impugnato.
Sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese fra le parti, in considerazione della complessità e controvertibilità delle questioni trattate.
Corte di giustizia tributaria di ASCOLI PICENO (ha competenza anche per Fermo)
229 | 2024 | 28/5/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (Perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (Perso)Il credito è non spettante (Vinto), le sanzioni sono state quindi ridotte al 30% ma non tolte per incertezza normativa |
Importo del credito: € 75.015,00 Attività svolta dall'impresa che opera nel settore aeronautico: La Ricorrente_1 rappresenta una delle realtà più importanti nei servizi tecnici all’industria aereonautica, a quella automobilistica, alla difesa, all’ Oil&Gas e ai sistemi Ropeways con 12 sedi in Luogo_1 e 4 all’estero e si avvale di oltre 500 specialisti investendo sull’innovazione, ogni anno, il 3,5 % del fatturato. Ha ottenuto dalla Borsa Italiana il certificato ELITE che la colloca nelle eccellenze Italiane. Il 28/03/17 taglia l’importante traguardo dell’ingresso in Borsa, quotandosi al mercato AIM. Il Gruppo sviluppa un fatturato di 37 milioni di euro ed è certificata dai diversi organismi indicati. A seguito dei processi di fusione, opera nello sviluppo dell’integrazione e del test di software installati all’interno dei sistemi di bordo dei velivoli civili e militari, nei contenuti multimediali e nelle piattaforme interattive destinate al supporto tecnico e a servizi di training specializzato per la manutenzione e gestione dell’elicottero e nei servizi di progettazione aereonautica a supporto dei costruttori oltre che nella definizione dei contenuti tecnici della documentazione a supporto del velivolo e nella progettazione di parti e componenti dei velivoli. È specializzata anche nella progettazione di sistemi medicali aereonautici e nella personalizzazione dei Kit per aerei adibiti a sorveglianza e videoriprese. MOTIVI DELLA DECISIONE Il Manuale di Frascati deve essere applicato Riguardo la controversia sull’ammissibilità del credito per R&S, vanno condivise le argomentazioni sviluppate dall’Ufficio a proposito del contenuto della relativa normativa che consente di configurare tale credito d’imposta (esattamente l’art. 3, c. 1 D.L. 145/2013, conv. In L. 9/2014, come successivamente modificato e integrato, e successivo Decreto attuativo del 27/05/2015 del MEF, di concerto con il Ministero dello Sviluppo economico) nonché le linee interpretative alla cui stregua va valutata l’attività di ricerca e sviluppo (si tratta di quelle indicate nel c.d. “Manuale Frascati”, nella circolare n° 59990 del 09/02/2018 del Ministero dello Sviluppo Economico e nella risoluzione n° 40 del 02/04/2019 dell’A.E.). Coerentemente con il significato di “ricerca e sviluppo”, deve trattarsi di progetti che apportano un apprezzabile progresso di novità scientifico-tecnologico per l’intero mercato, e non un mero vantaggio operativo per l’impresa. L’innovazione realizzata non deve significare la semplice utilizzazione o miglioramento di conoscenze già esistenti, ma deve avere quelle caratteristiche di novità che sono richieste dalla normativa. Come è noto l’individuazione delle attività di R&S ammissibili al credito sono state stabilite dal Legislatore ricalcando le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” contenute nel par, 1.3, punto 5 della Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01/2014, recante la disciplina degli “aiuti di Stati” a favore della ricerca e sviluppo e innovazione. Al punto 75 della Comunicazione 198/01 del 2014 è espressamente previsto che per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, ci si dovrà basare sulla propria prassi nonché sugli esempi e le spiegazioni specifiche formulate dal “Manuale Frascati” dell’OCSE. È pur vero che il c.d. “Manuale Frascati” è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi dal 2018 (circ. MISE 59990/2018 e circ. A.E. 46/E/2018), ma è altrettanto incontestabile che tale “Nominativo_2” abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi di ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica (Comunicazione CE 2006/C 323/01 del 30/12/2006- Comunicazione 214/C 198/01 del 27/06/2014 richiamata dalla circ. dell’A.E. 5/E del 16/03/2016- par. 1 . Non è condivisibile, pertanto, che la Società negli anni degli investimenti, non poteva immaginare l’utilizzo dei criteri di classificazione del “Manuale Frascati”. L'ufficio non è obbligato a richiedere il parere al MISE Questa Corte non ritiene che spetti all’organo giudicante valutare se l’A.E. disponga o meno di competenze tecniche e se, quindi, sia necessario avvalersi del supporto di altre Amministrazioni. L’Organo giudicante deve limitarsi, in base agli atti di causa a valutare se l’Amministrazione abbia fatto un corretto uso della sua discrezionalità tecnica, ovvero se l’impianto argomentativo offerto dall’Ufficio sia idoneo a eliminare i dubbi di irragionevolezza e arbitrio del suo operato che deve seguire un percorso logico e non contraddittorio. Sulla presunta violazione dell’art. 3 del D.L. 145/2013 e 8 del D.M. del 27/05/15, per omessa richiesta del parere tecnico del MISE, l’Amministrazione non era preventivamente obbligata a richiedere il suddetto parere, considerato che trattasi di una possibilità, esercitabile in maniera discrezionale e, comunque, solo dove l’Ufficio controlli dell’A.E. si senta impossibilitato, per le circostanze del singolo caso, a svolgere adeguatamente tutte le valutazioni tecniche. La commissione è entrata nel merito tecnico del progetto Venendo alla fattispecie in esame, l’ufficio ha sviluppato una articolata istruttoria svolta sulla documentazione prodotta dalla parte e attentamente valutata, da cui è emerso che i due progetti della Società non potevano beneficiare delle favorevoli condizioni di legge, perché carente dei requisiti prescritti dalla norma. In particolare, come si può desumere dalla motivazione dell’atto, la convinzione è maturata in quanto sul primo progetto “cabinet elettroattuato”, non si riscontrano elementi di novità e di creatività e non si identifica il superamento di quelle incertezze scientifico-tecnologiche, la cui soluzione non sarebbe possibile con le conoscenze già disponibili nel settore di riferimento. Anche nel secondo progetto “acquisizione video iper-spettrale per elicotteri leggeri”, non si riscontra l’innovazione e la creatività nell’ambito di riferimento, né il superamento di ostacoli ed incertezze che possano produrre un beneficio per l’intera economia, al fine di soddisfare le” caratteristiche qualitative” richieste dalla normativa. Il primo progetto può rappresentare solo un incremento e miglioramento delle funzioni già esistenti dell’oggetto che è già presente negli arredi interni degli elicotteri- automobili- camper – yatch e, anche i materiali utilizzati sono già presenti in molti oggetti di uso comune ed hanno solo la finalità di abbattere i costi di produzione. Alla luce di ciò, tali modifiche che rendono maggiormente funzionante l’oggetto, non rientrano fra le attività agevolabili. Anche il secondo progetto non rileva le qualità evidenziate. La progettazione si sviluppa solo in un supporto per il posizionamento che è già presente sul mercato, nonché i materiali utilizzati sono principalmente l’alluminio che viene usato per le proprie ottime proprietà meccaniche già conosciute. La ditta ha presentato una perizia tecnica che la commissione ha ritenta non idonea Il revisore doveva certificare anche la relazione tecnica ? La documentazione prodotta dalla Società (inclusa la Perizia tecnica dell’esperto, che ricalca quanto già evidenziato nelle relative relazioni dei singoli progetti), non si è dimostrata idonea a supportare quegli elementi di novità e innovazione necessari per superare ostacoli ed incertezze nel proprio ambito e, fra l’altro, non è stata “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o da un professionista iscritto nell’albo dei Revisori, come la norma prevede. Tale professionista avrebbe dovuto attestare la regolarità formale della documentazione contabile e delle effettività dei costi. Inoltre, la successiva relazione prodotta, a seguito del contraddittorio, identica alla certificazione precedentemente esibita, è stata sottoscritta solo dal Legale rappresentante della Società e non anche dal Revisore, per cui non si conosce se tale documentazione si stata esaminata e valutata dall’organo preposto. Il credito è non spettante Il motivo del ricorso che, invece, merita di essere preso in considerazione, è quello relativo alla illegittimità nella parte in cui l’Ufficio irroga la sanzione per utilizzo in compensazione di crediti ritenuti “inesistenti”. Questa Corte, come già si è espressa più volte, ritiene che il caso di inesistenza del credito esprima qualcosa di diverso e grave (operazioni fraudolente fatte a scopo evasivo ecc.) della insussistenza dei requisiti che danno titolo all’agevolazione e giustificano il recupero fiscale. Nel caso, si deve ritenere che l’Ufficio abbia operato correttamente nel recupero, poiché in una fase di controllo successivo non è stata riscontrata la rispondenza dei requisiti di legge per poter beneficiare dell’agevolazione in quanto il progetto è mancante del carattere di innovabilità e sviluppo con portata generale previsto dalla specifica normativa. Tuttavia, tale mancanza ha un aspetto diverso della inesistenza oggettiva del credito legato ad un’attività elusiva /evasiva posta in essere dalla Società, per cui il credito deve considerarsi solo “non spettante” anziché “inesistente” con la conseguente riduzione al 30% della sanzione anziché quella applicata del 100% dall’Ufficio. Per la S.C(cfr. Sent. 3444/2021- 7615/2022 e la recentissima Sent. a SS.UU. 34452/2023), il credito è considerarsi “inesistente” solo al sussistere della duplice condizione di inesistenza totale o parziale del presupposto costitutivo e allorché tale inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli ex artt. 36-bis36-ter DPR 600/73 e 54-bis DPR 633/72. In mancanza la sanzione irrogabile sarà unicamente quella ordinaria , pari al 30%, non potendo trovare applicazione quella più grave pari al 100% ( art. 13,c.5 D.Leg. 471/97). Le sanzioni non sono state comunque azzerate per l'incertezza normativa. |
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230 | 2024 | 28/5/2024 |
L'atto di recupero è stato iscritto nel ruolo straordinario (che è valido solo per i crediti inesistenti) che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi.La ditta ha chiesto la sospensiva per il versamento di questa somma ma non è stata concessa (ricorso perso). |
Importo della contestazione € 43.150,00: La società Ricorrente_1 la cartella di pagamento n. 008 2023 0013554603000, notificata il 22.11.2023, dall’Ente di Riscossione portante le iscrizioni a ruolo straordinario di imposte, sanzioni ed interessi di cui all’atto di recupero crediti n. TQ3CRT300008/2023. In particolare, con l’atto di recupero crediti, impugnato in separato giudizio dalla ricorrente, l’Ufficio avendo acclarato l’assenza dei requisiti per l’esistenza del credito di imposta per ricerca e sviluppo, rilevava l’indebita fruizione del credito de quo per l’ammontare totale di € 351.488,73 e recuperava le indebite compensazioni del credito sorto nell’esercizio 2016 ed utilizzato in compensazione nel 2017 per l’importo di € 43.150,00. La cartelle era stata iscritta a ruolo straordinario che prevede il pagamento dell'intero ammontare delle imposte e delle sanzioni: Contestualmente, l’ufficio formava ed emetteva le partite di ruolo ai sensi del suddetto art. 27, comma 19 del D.L. n. 185/2019, che prevede l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell’art. 15 bis del D.p.r. n. 600/1973 (vale a dire dell’intero ammontare delle imposte e sanzioni, oltre agli interessi) notificate al contribuente con la cartella esattoriale qui impugnata. Il ruolo straordinario è previso solo per il crediti inesistenti: 1) Illegittimità della cartella per violazione dell’art. 27, commi 16 e 19 del D.L. n. 185/2008 e art. 15-bis del DPR n. 602/1973, atteso che l’iscrizione nei ruoli straordinari (e, pertanto, senza accesso alla riscossione frazionata in pendenza di giudizio) di tutti gli importi contenuti in atti di recupero è possibile solo per i crediti c.d. “inesistenti” e non anche per i crediti non spettanti. Richiesta delle sospensiva da parte dell'impresa relativa al versamento dell'intero importo del credito+sanzioni+interessi: Chiedeva nel contempo la sospensione dell’atto impugnato rappresentando, quanto al periculum che l’importo del credito erariale pari ad euro 96.724,20 avrebbe costretto la società a ricorrere al finanziamento bancario, peraltro difficilmente ottenibile, con ulteriori aggravi in termini di interessi passivi e che, in ogni caso, la pendenza del giudizio, in assenza di sospensiva, potrebbe pregiudicare la partecipazione della società alle gare pubbliche e, quindi, precluderle la possibilità di conseguire ricavi per lo svolgimento della propria attività imprenditoriale. Per i giudici la sospensiva sul versamento dell'intero importo non può essere concessa. Viene riportata la differenza fra Iscrizione a ruolo straordinario e iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio che prevede il solo pagamento di un terzo del credito e degli interessi (con esclusione delle sanzioni). Orbene, ritiene la Corte che in primis non sussistano i presupposti per poter procedere alla invocata sospensiva in difetto dei presupposti di legge e che, invece, ricorrano i presupposti per una definizione del procedimento ai sensi dell’art 47 ter dlgs 546/92. In particolare quanto alla sospensiva deve evidenziarsi che come è noto, il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione della contemporanea sussistenza dei due requisiti previsti dalla legge: a) il "fumus boni iuris": il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato; b) il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente, ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e, quindi, della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute, oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento. Orbene, nel caso in esame, non può dirsi sussistente il requisito del periculum in mora, non ravvisandosi la sussistenza di un danno grave ed irreparabile. A ciò deve aggiungersi che, come si vedrà insussistente è anche il requisito del fumus. A tal riguardo, preliminarmente deve evidenziarsi che dalla lettura congiunta del comma 16 e 19 dell’art 27 del D.L. n. 185/2008 le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16 (utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti), anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15- bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Nello specifico l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dall’art.15 bis del d.P.R. 602/1973 consente all’Ufficio di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell’intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni), consentito dalla iscrizione nei ruoli a titolo provvisorio ex art.15 d.P.R. 602/1973. Orbene, il ricorrente contesta il modus procedendi dell’Ufficio, atteso che, a suo dire, non vi sarebbero i presupposti per procedere ad iscrizione nel ruolo straordinario, trovandoci al cospetto di crediti non spettanti e non anche di crediti inesistenti. L’ufficio sostiene l’inammissibilità del ricorso sul presupposto per cui i vizi dedotti dovrebbero farsi valere solo con l’impugnazione dell’avviso di accertamento presupposto. Deve innanzitutto osservarsi come l’iscrizione nel ruolo straordinario previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis consente all'amministrazione finanziaria di procedere, sulla base di accertamenti non definitivi, alla riscossione dell'intero importo delle imposte, sanzioni ed interessi, in luogo della riscossione del solo terzo delle imposte e degli interessi (con esclusione delle sanzioni) consentito dalla iscrizione nei ruoli ordinari. Il carattere eccezionale di tale procedura giustifica la necessità, prevista dall'art. 11, comma 3, del citato decreto, che sussista un "fondato pericolo per la riscossione" e correlatamente, e come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, fonda l'obbligo dell'Amministrazione di indicare nella cartella le ragioni per cui, in deroga alla procedura ordinaria, tale pericolo è ritenuto sussistente, e non, quindi, aprioristicamente affermato (Cass. n. 22306 del 2021; Cass. n. 12239 del 2017). E' stato affermato, in particolare, che se fosse consentito all'Amministrazione di omettere qualunque motivazione circa i fatti costitutivi della pretesa di riscossione integrale di un credito tributario ancora sub iudice, risulterebbe compromesso il diritto di difesa del contribuente, il quale si vedrebbe costretto ad impugnare la cartella senza conoscere le ragioni (e quindi senza poterle specificamente contestare) per le quali l’Ufficio, sulla base di motivi non palesati, ha ritenuto la sussistenza delle condizioni per procedere alla iscrizione a ruolo straordinario (v. Cass. n. 7795 del 2020). Né, in tal senso, sarebbe rilevante il semplice fatto che la società contribuente sia stata soccombente in primo grado davanti alla Corte di Giustizia Tributaria; come recentemente ribadito dalla Suprema Corte, infatti, l’aver indicato quale possibilità esecutiva, all’interno dell’atto di recupero, la procedura dell’iscrizione al ruolo straordinario ex art. 15bis, determina la mera facoltà di iscrivere le imposte a ruolo straordinario, sempre che sussista il fondato pericolo e sia adeguatamente esplicitato (v. Cass. n. 5779 del 2021). Tuttavia, se quanto sopra concerne la regola, il caso di specie, invece, afferisce alla fattispecie eccezionale di cui all'art. 27 commi 16 e 19 del dl 185/2008, convertito in legge n. 2/2009. In caso di crediti inesistenti, decorso il termine per il pagamento, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'articolo 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (cfr. ex multis Cass 21.4.2017 n. 10112). Dunque, in caso di inesistenza del credito l’Ufficio è obbligato ad usare il ruolo straordinario art. 27 comma 19 del DL 185/2008 in deroga alle normali condizioni di utilizzo dell'iscrizione al ruolo straordinario. Ebbene, non è chi non veda come le ragioni del fondato pericolo per la riscossione che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 gg delle somme dovute in base all’atto di recupero. In definitiva, le ragioni di fatto e di diritto su cui si basa la pretesa impositiva sono già note al ricorrente, così come le ragioni dell’iscrizione a ruolo straordinaria perché contenute nell’atto impositivo, trattandosi di atto di recupero di crediti ritenuti inesistenti dall’Ufficio, anche se oggetto di impugnazione. Pertanto l’Ufficio, nel caso specifico, si è limitato ad applicare le disposizioni di legge in materia, una volta accertato il mancato pagamento da parte del contribuente delle somme dovute entro il termine di 60 giorni |
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218 | 2024 | 13/5/2024 |
Atto di recupero per crediti inesistenti iscritto al ruolo straordinario che prevede l'immediato versamento del credito+sanzioni+interessi (perso) |
Importo del credito € 95.062,02 MOTIVI DELLE DECISIONE Per i crediti inesistenti viene emesso l'atto di recupero iscritto al ruolo straordinario Con il primo, la Società sostiene che non sarebbe ammessa l’iscrizione a ruolo per l’intero ammontare ai sensi dell’art. 14 del d.P.R. n. 602/1973, poiché l’atto di recupero deve considerarsi una specie del più ampio genere dell’avviso di accertamento e, essendo stato tale atto oggetto di impugnazione, si deve applicare nel caso specifico la normativa dell’iscrizione a ruolo frazionata ex art. 15 dello stesso decreto presidenziale; inoltre, non sarebbe nemmeno possibile l’iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi del successivo art. 15-bis, non essendo stata riportata, nella cartella qui impugnata, alcuna motivazione circa la sussistenza di fatti indicativi di un fondato periculum in mora, tale da giustificare la riscossione integrale del credito tributario (comprese le sanzioni), ancorché privo del requisito della definitività. Invero, si osserva che l’atto da cui scaturisce l’iscrizione a ruolo a titolo straordinario è un atto di recupero del credito d’imposta per Ricerca & Sviluppo, essendo stata accertata l’indebita fruizione di un credito d’imposta, per mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi, ed avendo l’Ufficio sostenuto che il credito d’imposta sorto in precedenza ed utilizzato in compensazione nel 2016 e 2017 fosse inesistente e, quindi, dovesse essere recuperato. Ciò premesso, all’ultima pagina dell’atto di recupero crediti, nella sezione rubricata “Riscossione conseguente alla notifica dell'atto di recupero”, è riportata la seguente indicazione: “In caso di mancato versamento diretto l'Ufficio, ai sensi dell'art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008, procede alla riscossione coattiva delle somme complessivamente dovute, maggiorate degli ulteriori interessi maturati, mediante iscrizione a ruolo straordinaria ai sensi dell'art. 15-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602”. A sua volta, l’art. 27, comma 19, del decreto-legge n. 185/2008 prevede che, “in caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'Ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, le somme dovute in base all'atto di recupero di cui al comma 16, anche se non definitivo, sono iscritte a ruolo ai sensi dell'art. 15-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”. Ebbene, emerge che le ragioni del fondato pericolo per la riscossione, che legittimano l’emissione di un ruolo straordinario, siano già previste dal legislatore laddove stabilisce una specifica procedura rafforzata nel caso di indebita compensazione di crediti qualificabili come inesistenti in mancanza di pagamento da parte del contribuente entro 60 giorni delle somme dovute in base all’atto di recupero. |
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155 | 2024 | Ascoli Piceno |
Il Manuale di Frascati deve essere applcato (perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)Il credito è non spettante (vinto) |
Importo del credito €155,00 Il Manuale di Frascati deve essere applicato I presupposti su cui si fonda il credito d’imposta sono essenzialmente riconducibili allo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo intesa come attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo tecnologico o scientifico, come si evince dalla disciplina normativa contenuta nel d.l. 145/2013 e nel decreto attuativo emanato dal Mef in concerto con il Mise nel 2015 (art.8 D.M. 27.5.2015) e le definizioni di “ricerca fondamentale”, “ricerca applicata” e “sviluppo sperimentale” sono contenute nel paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della commissione UE (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, recante “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”). Tali definizioni sono sostanzialmente mutuate da quelle adottate a livello internazionale per le rilevazioni statistiche nazionali in materia di spese in ricerca e sviluppo, secondo i criteri di classificazione definiti in ambito OCSE e, più in particolare, nel c.d. Manuale di Frascati i cui criteri di qualificazione e classificazione costituiscono in linea di principio fonte interpretativa di riferimento anche agli effetti della disciplina agevolativa di cui all’art. 3 del citato decreto attuativo del 2015. Invero, al fine di soddisfare le “Caratteristiche qualitative”, richieste dalla normativa, occorre che l’attività sia innovativa in senso assoluto (non solo innovativa per la società, ma per l’intero mercato): ossia deve individuare delle incertezze scientifiche o tecnologiche non superabili in base alle conoscenze e alle capacità che formano lo stato dell’arte del settore e per il cui superamento si è reso, appunto, necessario lo svolgimento dei lavori di ricerca e sviluppo – elementi, questi, rilevanti per la valutazione della “novità” dei nuovi prodotti o dei nuovi processi. Al contrario, non si considerano attività di ricerca e sviluppo le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti. Infine per quanto concerne il motivo di ricorso che richiama la non conoscibilità all’epoca delle attività svolte del c.d. “Manuale di Frascati” e l’impropria riconducibilità del relativo contenuto al rango di “fonte del diritto”, la Corte ritiene ragionevole e del tutto condivisibile l’orientamento seguito sul punto dalla prevalente giurisprudenza di merito (in particolare, Corte Tributaria di La Spezia sentenza n.276/22) secondo cui “Se è vero che il Manuale di Frascati è stato esplicitamente richiamato nei documenti di prassi solo a partire dal 2018 (cfr. circolare ministeriale MISE 9 febbraio 2018, n. 59990, e circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 46E del 22.06.2018), è altrettanto incontestabile che il Manuale di Frascati abbia sempre rappresentato il documento al quale si riferisce la Commissione Europea con le comunicazioni istitutive degli incentivi in ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica. Si allude sia alla Comunicazione della Commissione Europea 2006/C 323/01 del 30.12.2006 sia alla più recente Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 198/01 del 27.06.2014, comunicazione, quest'ultima, espressamente richiamata dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 5/E del 16.03.2016, par. 2.1. Non è, dunque, condivisibile la tesi della società ricorrente, secondo cui essa non poteva immaginare negli anni 2016, 2017 e 2018 l'utilizzo dei criteri di classificazione definiti dal Manuale di Frascati. Parimenti destituita di fondamento è l'eccezione relativa alla mancata traduzione ufficiale del Manuale di Frascati in lingua italiana. Coglie doppiamente nel segno, l'Agenzia delle Entrate laddove, da un lato, ribadisce che il contenuto del Manuale di Frascati è stato recepito nella normativa comunitaria e nella prassi e, dall'altro, evidenzia che la società ricorrente neppure ha identificato con precisione quale pregiudizio abbia subito per effetto della mancanza di traduzione ufficiale in lingua italiana, posto che ha dimostrato di conoscerne il contenuto (del resto, come detto, ampiamente recepito nella normativa di provenienza eurounitaria). Il progetto riguarda un software In particolare, l’Ufficio ha dato prova di aver analizzato in termini analitici i cinque progetti della Ricorrente_1 i quali sono stati ritenuti ricadere fra le attività di tipo ricorrente o di routine connesse al software non classificabili come R&S, di cui alla citata Circolare ministeriale, atteso che trattasi più propriamente di un aggiornamento dei propri sistemi informatici con l’utilizzo di tecnologie e conoscenze informatiche già note, un’implementazione di sistema informatico già diffuso e nella disponibilità della società, una selezione e messa a punto di framework di migrazione di tecnologie di sviluppo Oracle, superando i limiti delle precedenti tecnologie, quali SQL forms3, in modalità carattere, e il DB Oracle nella versione 9.2, nonché nell’evolvere a tecnologia web la tecnologia client/server di Developer 2000, risalente alla fine degli anni 90. Il parere del Mise non deve essere richiesto Per quanto concerne la lamentata carenza di potere e di conoscenze tecniche da parte dell’Agenzia delle Entrate in ordine alla valutazione dei progetti della società ricorrente la Commissione osserva che la richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione viene sanzionata con la relativa nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, essendo evidente che l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (c.d. decreto attuativo), è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. Il credito è non spettante, le sanzioni vanno ridotto dal 100% al 30% Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni la Commissione osserva, in linea con quanto lamentato dal ricorrente, che in effetti l’art.7 del D.lgs. n.472/92 prevede espressamente alcuni elementi che devono essere presi in considerazione dall’Amministrazione finanziaria in sede di erogazione della sanzione, stabilendo che nel determinare la pena pecuniaria si deve tener conto della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell’agente, dell’opera da lui svolta per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze, nonché della personalità dell’autore della violazione e delle sue condizioni economiche e sociali. Invero, l’art.13 comma 5 del D.lgs.471/97 prevede che nel “caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi”; in particolare si deve intendere come credito inesistente quello in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controllo di cui agli artt.36 bis e 36 ter del DPR 600/73, e all’art.54 bis DPR 633/72. Questo regime sanzionatorio era stato introdotto dall’art.27 del D.L. 185/2008 per contrastare quei comportamenti connotati da aspetti fraudolenti, in cui l’artificiosa rappresentazione contabile dei crediti in sede di autoliquidazione del debito fosse funzionale ad ostacolare o, comunque, a rendere infruttuosa l’azione di controllo ai danni dell’Erario. Dal canto suo la circolare n.5/E del 16 marzo 2016 precisava che “si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia stata riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt.36-bis e 36 ter DPR 600/73 e all’art. 54 del DPR 633/72”. In definitiva, la ratio del sistema è volta ad evitare che si applichino le sanzioni più gravi quando il credito, pur sostanzialmente inesistente, può essere facilmente “intercettato” mediante controlli automatizzati, nel presupposto che la condotta del contribuente si connota per scarsa insidiosità. In tale ottica è ragionevole escludere dall’ambito applicativo della disposizione tutte quelle ipotesi in cui l’inesistenza del credito emerga direttamente dai controlli operati dall’Amministrazione nonché quelle ipotesi di utilizzazione di crediti in violazione di regole di carattere procedurale non prescritte a titolo costitutivo del credito stesso. In definitiva, in linea con le stesse indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n.36/E dell’8 maggio 2018), la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga “allestito” un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato “artificiosamente” in sede di compilazione del modello F24, sfuggendo così ai controlli dei modelli di dichiarazione dei redditi. Viceversa, qualora, come nel caso di specie, il credito venga disconosciuto per questioni puramente interpretative concernenti la lamentata carenza dei requisiti oggettivi previsti ex lege per poter beneficiare dell’agevolazione in parola, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente, ma al più quella del credito non spettante. E’indubbio infatti che, laddove il credito di imposta-compensato tramite modelli F24-sia stato correttamente inserito nelle dichiarazioni dei redditi presentate, accompagnato dalla Relazione illustrativa dei progetti come pure dalla certificazione attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento fraudolento, avendo lo stesso fornito , in sede di eventuale verifica, tutta la documentazione comprovante le modalità di calcolo del credito d’imposta, al fine di poter beneficiare a pieno titolo della disciplina agevolativa prevista dal D.L. n.145 del 2013 (cfr. Commissione Tributaria prov. Lazio Roma, sez.XXII, sentenza n.5918/2022). I principi di cui sopra sono stati ripresi recentemente dalla Corte di legittimità che ha avuto modo di chiarire come “In via generale, ai fini della determinazione dell’inesistenza del credito, si possono distinguere le seguenti ipotesi: a) la fattispecie che fonda l’agevolazione o il credito di imposta non è mai venuta ad esistenza ma, semplicemente, è stato solo realizzato un simulacro dei presupposti su cui si fonda la pretesa; b) la fattispecie è carente di un elemento costitutivo; in tal caso la verifica richiede l’esegesi puntuale delle norme che istituiscono l’agevolazione, tenuto conto dei principi regolatori della specifica imposta. L’ipotesi sub a) è quella più radicale- ma anche di più semplice analisi-per la normale connotazione fraudolenta della condotta, mirata a fornire solo un’ingannevole rappresentazione dei presupposti di fatto e normativi. In questo caso, l’attività svolta è fittizia perché le attività richieste non sono mai state effettuate” (Cass.S.U. n.34419/23). Nel caso specifico non vi é contestazione circa l’esistenza degli studi e delle ricerche effettuate dalla società ricorrente, ma se ne contesta la portata innovativa; pertanto viene meno uno dei requisiti individuati dalle sezioni Unite della Corte di cassazione per ritenere “inesistente” il credito di imposta. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada accolto solo ed esclusivamente in ragione della lamentela riguardante l’applicazione della sanzione di cui all’art.13 comma 5 del D.lgs. 471/97 e che gli atti vadano conseguentemente annullati limitatamente alle sanzioni che questa Corte ridetermina, per ogni atto, nella minore misura del 30% del credito di imposta utilizzato. |
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131 | 2024 | 22/3/2024 |
Il Manuale di Frascati deve essere applicato (perso)Il parere del Mise non deve essere richiesto (perso)Il credito è non spettante (vinto)La disapplicazione delle sanzioni per incertezze normativa non è stata accolta (perso) |
Importo del credito € 73.370,70 Progetto di ricerca Nel 2015 la società ha effettuato investimenti in due progetti di ricerca e sviluppo: 1) creazione di un generatore di energia da cogenerazione basato sul motore Stirling per uso domestico; 2) creazione di un macchinario semovente per la raccolta dei sarmenti di vite, per il quale ha ottenuto un riconoscimento da parte della Associazione_1 Precisa che l’oggetto dell’investimento non è la realizzazione di un motore “Stirling” in quanto tale, ma la sua applicazione nell’ambito della produzione di calore per il riscaldamento domestico, per l’acqua calda e per la generazione di elettricità. Per l’azienda il progetto rientra nel Manuale di Frascati Si sostiene che l’attività posta in essere dalla società è da considerare di ricerca e sviluppo come individuata dal manuale di Frascati, che dispone: “… le prestazioni di ricerca e sviluppo sono spesso incluse nella dicitura generale "progettazione e disegno". Se sono necessari calcoli, progetti, disegni di lavoro e istruzioni per l'uso, la realizzazione e l'esercizio di impianti pilota o prototipi, questi devono essere inclusi nelle attività di ricerca e sviluppo”. MOTIVI DELLA DECISIONE Il parere del Mise non è obbligatorio La richiesta di parere al MISE è una mera facoltà per l’Ufficio e non costituisce un obbligo la cui violazione può essere sanzionata con la nullità dell’atto di accertamento per carenza di potere, in quanto l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, è legittimata a svolgere l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata. In particolare, ai sensi del successivo art. 8, comma 1, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta. Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del c.d. decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle Entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello Sviluppo Economico di esprimere il proprio parere. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, nell’ambito del controllo esperito in capo alla società ricorrente, è legittimata a valutare autonomamente la sussistenza dei presupposti richiesti dalla normativa di riferimento e, solo qualora lo ritenga necessario, ha facoltà di richiedere il parere al MISE. Il Manuale di Frascati deve essere applicato Il Manuale di Frascati rappresenta un documento di supporto per il settore R. & S. e delinea in maniera più specifica le attività riconducibili a tale ambito; nel documento si afferma che risulta rilevante classificare le attività di R. & S. in base al settore della conoscenza in cui vengono condotte, distinguendosi generalmente tra ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale. Quest’ultimo viene definito come un lavoro sistematico, che si basa sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e produce conoscenze aggiuntive, diretto a produrre nuovi prodotti o processi o a migliorare prodotti o processi esistenti. Nella sostanza, quindi, il Manuale in questione non introduce elementi innovativi rispetto allo schema di base già delineato dal Decreto Legislativo n. 145/2013 e dalla Comunicazione C/198 del 2014 emanata dalla Commissione Europea. Le direttive specificate nel Manuale di Frascati, nella circolare del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) sopra menzionata e nella Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01) conducono alla conclusione che le attività qualificabili come Ricerca e Sviluppo siano riconducibili a quelle poste in essere nel contesto di un processo innovativo intrapreso da un'impresa. Tali attività mirano a superare una o più incertezze di natura scientifica o tecnologica, le cui soluzioni non sarebbero possibili mediante l'applicazione delle tecniche e delle conoscenze già note e disponibili nel settore di riferimento. L'obiettivo finale è conseguire la realizzazione di nuovi prodotti (beni o servizi) o processi, nonché il miglioramento sostanziale di prodotti e processi preesistenti. Nel caso di specie, risulta necessario stabilire, sulla base della documentazione allegata agli atti, se le attività in concreto realizzate dalla società soddisfino i criteri precedentemente delineati. Il parere del mise non deve essere richiesto Quanto all’onere della prova, è legittimo da parte dell’Agenzia delle Entrate esaminare la sussistenza dei presupposti per poter usufruire dell'agevolazione operando un controllo sulle caratteristiche di innovatività dell'investimento realizzato dall'impresa che ha richiesto il credito di imposta, anche senza l’intervento del parere tecnico del MISE. Le puntuali osservazioni dell’Agenzia sulla carenza di originalità e dei presupposti per la concessione del beneficio non sono state superate dalle argomentazioni riportate nelle relazioni e nel ricorso né da altra documentazione probatoria. - Riguardo alle eccezioni riguardanti l’onere probatorio rafforzato ex art. 7, comma 5 bis D. Lgs. 546/92, la S.C con l’Ordinanza n. 31878 del 27 ottobre 2022 ha precisato che se è vero che “il comma 5 bis dell'art. 7 d.lgs. n. 546/92, introdotto con l'articolo 6 della legge n. 130/2022, ha ribadito, in maniera circostanziata, l'onere probatorio gravante in giudizio sull'amministrazione finanziaria in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali, come nel caso di specie, non vi siano presunzioni legali che comportino l'inversione dell'onere probatorio” tuttavia “la nuova formulazione legislativa …. non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all'istruttoria dibattimentale un ruolo centrale”. La Corte ha chiarito che questa disposizione non intende sovvertire i principi giuridici preesistenti, brevemente menzionati, ma piuttosto mira a rafforzare la fase di istruttoria nel contesto del processo tributario. In sostanza, essa rappresenta una norma che riconosce e conferma tali principi, contribuendo comunque a fornire una disciplina più completa alla fase istruttoria all'interno del processo tributario. Il credito è non spettante - Per quanto concerne l’irrogazione delle sanzioni risulta sostanziale la differenza fra "credito d'imposta " inesistente" e "non spettante”. L’art. 13 del D. Lgs. 471/97 fornisce una definizione di credito non spettante e di credito inesistente: - il comma 4 delinea il credito non spettante come quello relativo all’“utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”; - il comma 5 considera inesistente “il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile” mediante la liquidazione automatica. La S.C di Cassazione, con la sentenza a SS. UU. n. 34419 depositata l'11 dicembre 2023, ha confermato quanto già precisato nelle sentenze n. 34444 e n. 34445 del 2021 e n. 7615/2022, ed interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante. Con la sentenza le Sezioni Unite hanno stabilito che in tema di compensazione di crediti o eccedenze di imposta da parte del contribuente, il credito utilizzato è considerato inesistente, quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi ovvero quando è pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati. In mancanza di anche uno solo dei presupposti, il credito deve considerarsi esistente ma non spettante. Quindi, in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera, ossia “priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza” (sentenze Cassazione n. 34444 e 34445 del 2021) deve mancare il presupposto costitutivo, ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente o perché basata su documenti falsi. Nel caso di specie non sono in contestazione le spese che hanno dato origine all'agevolazione né sono stati sollevati dubbi in ordine alla veridicità della documentazione relativa agli investimenti e, pertanto, il credito può essere qualificato come "non spettante". In tale ottica la norma impone che il provvedimento sanzionatorio che irroga la sanzione pari al 100% dell’imposta, debba contenere idonea motivazione in ordine agli elementi soggettivi ed oggettivi che hanno indotto l’Ufficio ad applicare la sanzione prevista per crediti inesistenti. Nel caso di specie l’Ufficio ha affermato che: “Pertanto, con il presente atto, l’Ufficio procede al recupero del credito d’imposta inesistente indebitamente compensato di € 73.371,00, degli interessi dovuti ai sensi dell’art. 20 del DPR 602/1973 e all’irrogazione della sanzione prevista dall’art. 13, comma 5, del D. Lgs. 471/97, pari al 100% del suddetto credito inesistente, per la quale non è ammessa la definizione agevolata” senza fornire specifica argomentazione in ordine agli ulteriori profili richiesti dalla norma richiamata in materia di provvedimento sanzionatorio, non tenendo conto del fatto che, ad esempio, la ricorrente ha prodotto documentazione (anche se non idonea a provare la spettanza del credito) con cui ha cercato di fornire le spiegazioni richieste in ordine alla riconducibilità delle operazioni nell’ambito della ricerca e dello sviluppo aziendale da cui si poteva evincere la non spettanza dei crediti piuttosto che la loro totale inesistenza. La Corte, pertanto, ritiene applicabile la sanzione prevista per i crediti non spettanti. La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non è stata accolta - La richiesta di disapplicazione delle sanzioni non può essere accolta non ricorrendo i presupposti delle obiettive condizioni di incertezza normativa previste dall’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 472/97. La normativa ed i documenti di prassi, come sopra già analizzati, emessi anteriormente all’anno 2016, fornivano indicazioni sufficienti per l’identificazione dei requisiti per poter usufruire del credito per le attività di R. & S. Non si ravvisa alcuna incertezza applicativa o oggettiva difficoltà, da parte dei diretti interessati, di valutare quali condotte siano fiscalmente corrette e non sanzionabili. Secondo la Corte di Cassazione, l’incertezza normativa oggettiva che, a norma delle disposizioni appena citate, esime il contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, richiede una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovvero l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d’interpretazione normativa, riferita non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che, per la loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, e neppure all’Amministrazione finanziaria, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento al quale è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione (Corte di Cassazione n. 3108/2019). L’ Ordinanza della Cassazione n. 9055/2023 ha esemplificato i "fatti indice", ossia i presupposti fattuali e normativi che il giudice tributario è tenuto a valutare nel loro valore indicativo, al fine di applicare (o meno) la causa di esenzione della responsabilità. Rappresenta causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria, la condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione. La Corte non ritiene che, nel caso di specie, possano ravvisarsi le condizioni di incertezza sopra delineate (contenuto, oggetto, destinatari della norma tributaria). |
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